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Autore: Kveykva    22/02/2015    1 recensioni

A quel punto scattai indietro.
Ma cosa stavo facendo?
Cosa diavolo stavo per fare?
Scesi dal divano, presi la mia borsa e mi diressi verso la porta.
-Em. Em!- mi chiamó Dave.
Aprii la porta ma lui mi prese per un braccio e mi costrinse a girarmi.
-Cosa stai facendo?-
-Me ne sto andando.- gli risposi.
-E perchč te ne stai andando, maledizione!?- mi chiese lui sconvolto.
Non avevo una vera risposta da dargli. Sapevo solo che quello che era quasi successo non sarebbe dovuto succedere mai pił.
Lui mi fissó, e mi sorpresi ancora una volta di quanto fosse bello, anche da arrabbiato com'era.
Era dannatamente bello.
-Non sei tu, Dave, ma...-
-Vuoi sapere una cosa, Emma Bennet? - mi interruppe. -Sei una maledetta stronza.-
Aprii la bocca e rimasi cosģ, scioccata.
L'aveva detto davvero?
-Tu hai bisogno di me.- mi disse.
Riuscii solo a fissarlo.
-Sai che č vero.-
Non seppi dire nulla, mi limitai a stringere i pugni tanto che si sbiancarono le nocche.
Se c'era una cosa che mi mandava in bestia era dare ragione a Dave.
E purtroppo, anche se non ero ancora completamente consapevole, aveva ragione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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-Penso che potrei ammazzarmi.- mugugnó Jay mentre mandava gił un boccone di carne.
-Che succede?- chiedemmo io e Lind.
Lui guardó gił verso la sua forchetta, dove era inforcata una patata arrosto.
Se la rigiró un attimo fra le mani e poi se la cacció in bocca.  
-Doveva essere una bella gita, tutti assieme. Guarda com'č diventata.- 
Annuimmo, in imbarazzo, e la mia mente corse subito ad Andrea, che con ogni probabilitą era su nella nostra camera a piangere.
Non aveva voluto scendere, nemmeno per mangiare: Dio Mio, che situazione di merda.
-Gią.- 
Nonostante fossi a pezzi per Andrea, l'altra parte di me era felice da far schifo: Dave mi aveva detto che sarebbe venuto a salutarmi quella sera.
Supponevo che non dovesse venire in camera, visto che con ogni probabilitą Andrea lo avrebbe ricoperto di insulti come se non ci fosse un domani, anche se non era ovviamente colpa sua.
Tentai di masticare una foglia di insalata ma non so se per l'impazienza o per qualcos'altro non riuscii a mandarla gił.
Dio, ero una fascio di nervi.
-Tutto bene, Emmy?- 
Rivolsi un sorriso educato a Mike: cosa potevo dirgli? Sono a terra per la mia migliore amica ma Dave passa in camera mia stasera? 
-Scusate, non sono di molta compagnia. Vado su a vedere come sta Andrea.- dissi, alzandomi.
Gli altri annuirono, tutti con le facce chine sui propri piatti.
Andai fino all'ascensore, ma era ferma all'ultimo piano quindi mi decisi per le scale; ero decisamente fuori allenamento visto che dopo due piani avevo gią il fiatone. Che vecchia carriola.
Tirai fuori le chiavi dalla tasca e aprii piano la camera, sperando di non fare rumore se Andrea avesse dovuto dormire.
La luce era spenta, ma nel letto non c'era nessuno: la stanza era vuota.
Ma che cavolo..? E Andrea dove si era cacciata?
La paura mi prese allo stomaco con una morsa atroce: dovevo scoprire dov'era. Signore, pregai che non le fosse successo nulla di male. Forse era solo andata a mangiare da qualche parte, cosa probabile visto che era ora di cena.
Sbattei la porta dietro di me, e corsi di nuovo gił al ristorante.
Arrivai col fiatone.
-Ehi che succede?- Robin alzó il capo allarmato.
Anche gli altri si fecero subito sorpresi, e dedussi fosse per la mia faccia sconvolta.
-Emma?- 
-Andrea non č in camera.- sputai tutto d'un fiato.
-Cosa?- fece Lind.
Scossi la testa.
-Sarą a mangiare da qualche altra parte.- mi disse Jay, gią pił tranquillo.
Ma non capiva? Forse lui non l'aveva vista quella mattina: non sembrava nemmeno lei. 
-Ci ho pensato anche io ma..non penso fosse in grado di uscire. Era..distrutta.- mormorai.
-Hai provato a chiamarla?- suggerģ Lindsday.
Mi sbattei una mano sulla fronte: che deficiente! Non c'avevo nemmeno pensato.
Estrassi il cellulare a velocitą supersonica dalla tasca posteriore dei jeans: mi ricordavo come quella stessa mattina Andrea mi avesse preso in giro.
Sembravano passati decenni.
Composi il suo numero: mi morsi un labbro nell'attesa che rispondesse.
Il telefono squilló a vuoto: mi passai una mano nei capelli, nervosa, aspettando ancora un minuto senza che peró nessuna voce giungesse dall'altro capo del cellulare.
-Non risponde.- annunciai ricacciandomi quell'aggeggio in tasca con forza.
Mike mi guardó leggermente esasperato e mise gił la forchetta.
-Io mi calmerei, Emmy, e comunque non penso proprio che le possa essere successo qualcosa.- 
Sbuffai, perchč cosģ non mi aiutava. 
-Ripercorri tutti i suoi spostamenti da quando l'hai vista l'ultima volta: magari riusciremo a capire un po' di pił.- mi spronó gentile Lindsday.
-Č sempre stata in camera, tutto il giorno, quando sono tornata dal museo lei era addormentata quindi sono scesa a cena. Dopo il litigio con Chase...oddio.- 
-Cosa c'č?- gli occhi di Lindsday si adombrarono di colpo.
-Io lo so dov'č, Cristo, č da Chase!- quasi strillai in mezzo al ristorante.
Guardando le facce degli altri ne ebbi la conferma: mi girai correndo verso le prime rampe di scale che vidi e corsi su, al piano dove alloggiava Chase con alcuni della sua confraternita.
L'avrei uccisa con le mie mani se avesse fatto pace con quello schifoso: l'aveva tradita. Santo Dio, non l'avevo mai vista ridotta in quel modo per un ragazzo. Lei era quella spigliata, se con uno non andava sicuramente avrebbe potuto trovarne altri dieci il giorno stesso.
Camera 634. Bussai forte.
Sentii delle voci dentro, mentre cercavo di regolarizzare il respiro e magari togliermi quel l'aria da pazza che avevo sicuramente stampata in faccia.
Purtroppo non mi aprģ né Andrea, né Chase ma un ragazzo piuttosto alto, capelli riccioli scuri e due occhiali da sole addosso. Ma era sera o giorno?
-Sģ?- mi guardó in attesa che parlassi.
-Cerco Andrea Johnson, piccoletta e rossa.- spiegai, cercando di dare la miglior definizione della mia migliore amica: va bene, forse non era il massimo come descrizione ma in quel momento era l'unica cosa decente che mi uscģ dalla bocca.
Il tizio alzó un sopracciglio, e sollevó leggermente l'angolo desto della bocca: mi trovava divertente. 
-E tu chi saresti, scusa?- chiese appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta, togliendosi gli occhiali e appoggiandoseli in testa.
-Potresti solo dirmi se l'hai vista?- insistetti io. Signore, che nervi.
Lui mi guardó con sufficienza ancora qualche istante e poi scrolló le spalle.
-Piccola e rossa hai detto?- 
-Sei sordo, per caso?- replicai.
-Ehi, che caratterino.- commentó con una risatina.
Io lo guardai senza ombra di divertimento, incrociando le braccia al petto.
Lui si fece subito serio.
-Mi sembra fosse qui qualche minuto fa. Č uscita con..-
-Chase?- lo interruppi con voce nervosa.
Lui annuģ.
-Cazzo.- imprecai.
Lui rimane fermo sulla soglia. 
-Quanti minuti fa hai detto?- gli chiesi.
Lui mi guardó, allargando di poc gli occhi.
-Ti sembro un orologio umano?- 
-Ti sembro una che ha tempo da perdere?- 
Questo lo zittģ: spostó il peso del corpo sull'altro piede e aspettó ancora qualche secondo.
Non sapevo esattamente neanche io perché fossi ancora lģ ad aspettare che quell'idiota mi dicesse dove si era cacciata Andrea, ma fatto sta che stavo per andarmene. Magari dopo aver tirato un calcio a quel tipo.
-Io lo so chi sei.- disse invece, squadrandomi.
Oh, no. Cambio di direzione? E questa da dove saltava fuori?
-Davvero? Sono contenta. Ora mi serve che tu mi dica quando hai visto la mia amica per l'ultima volta e se hanno accennato a dove stavano andando.- 
Sentii del rumore da dentro la stanza, e poi una voce.
-Ehi, Cam, ma con chi stai parlando tutto questo tempo?-
-Č Babbo Natale?- chiese un altra.
Dentro ci fu un coro di risate.
Cameron, adesso conoscevo il nome dell'esasperante ragazzo che mi stava davanti, alzó gli occhi al cielo.
-Tu sei la ragazza di Hudson vero? Cattive acque, vedo.- 
Stavo per mollare tutto e andare via ma quel nome mi inchiodó alla porta: diamine, quel ragazzo riusciva a rendermi inquieta anche se non era presente.
Volsi lentamente lo sguardo a Cameron, e vidi che aveva un'espressione compiaciuta, probabilmente sapendo di aver appena trovato il mio punto debole.
L'aveva definito come 'cattive acque'. Cosa intendeva? Avrei dovuto andarmene e cercare Andrea per conto mio, ma sentivo che se fossi rimasta avrei scoperto di pił su Dave.
Cosa dovevo fare? 
-Magari pensavi anche che fosse un bravo ragazzo.- ghignó lui.
Io lo fissai di sbieco.
-Quello che penso non č affar tuo, mi sembra.- ribattei.
-Come pensavo. Tu non hai idea di cosa faccia la notte, Hudson.- 
Alzai di scatto lo sguardo, fissandolo.
Ecco. Ecco cosa volevo sapere. O almeno, una parte di ció che mi sarebbe servito per capire meglio Dave, eppure non potevo essere cosģ esplicita con Cameron. Dovevo giocare coperto.
-Perchč tu lo sai?- chiesi alzando un sopracciglio, sperando che cadesse nella mia trappola.
Lui rise come se stesse parlando con una scema.
-Certo che lo so. La gente per cui lavora da venire i brividi solo a sentirli parlare.-
-Gente?-
-Non li conosco, li ho solo visto qualche volta...Gesł, come fai a non sapere in che giro č immischiato Hudson?- 
-Come fai a non sapere quando chiudere la bocca, Degley?- 
Una mano mi toccó un fianco, attirandomi verso un corpo che capii in un attimo di chi fosse.
La sua voce profonda fece rabbrividire per un attimo Cameron.
-Dave.- lo salutó bofonchiando quello.
Mi girai a fissare il ragazzo dietro di me: la linea della mascella scolpita, le labbra strette in una riga severa e gli occhi socchiusi. Oh oh, era arrabbiato.
-Ti stavo cercando.- riuscii a sussurrare.
Lui volse il suo sguardo su di me, dopo averlo tenuto a lungo su Cameron, il quale, saggiamente, rientró in camera, lasciando peró la porta aperta.
-Come mai?- chiese, ora il tono un po' pił dolce mentre mi giravo completamente verso di lui e le sue mani si intrecciavano fra loro dietro la mia schiena, tenendomi stretta.
Solo in quel momento ricordai per quale ragione ero effettivamente andata alla 634, scossa com'era per le rivelazione su Dave che avei ancora dovuto analizzare.
-Andrea. Non č in camera e al cellulare non risponde.- 
Il suo sguardo si scurģ.
-Pensi che sia con Chase.- disse pił come affermazione che come domanda.
Io annuii.
-Cameron ha detto che li ha visti uscire un po' di tempo fa.- spiegai.
-Non ti ha detto se Chase aveva accennato a dove stavano andando?
-Gliel'ho chiesto anche io.- dissi -Mi ha mandato a quel paese in poche parole.- aggiunsi con una smorfia.
Lui alzó un sopracciglio.
-Č una testa di cazzo Degley, non so neanche perchč sia nella nostra confraternita.- mi disse.
-Lui..- mi bloccai -mi ha detto delle cose.- trovai il coraggio di dire, ma me ne pentii subito.
Stupida! Avrei dovuto aspettare, ragionare, farmi una mia idea e poi dirglielo ma no, Emma Bennet, la dea della deficienza! 
-Quali cose?- domandó subito di fretta, e la sua stretta attorno a me divenne pił rigida. 
Oh merda.
-Io..-
Un rumore di passi accanto a noi ci interruppe.
-Emma?- 
Girai di scatto la testa: Andrea era lģ.
Vicino a lei c'era Chase ma mi imposi di non guardarlo, mentre osservai la mia migliore amica: aveva i capelli rossi completamente crespi e gli occhi pesanti e stanchi.
Le corsi incontro, abbracciandola fortissimo.
Lei sembró stupita sulle prime, ma poi si adattó un po' passivamente al mio abbraccio.
Quando mi staccai, la presi per le spalle.
-Dove eri, Dio Santo, ho perso dieci anni di vita!- strillai.
Le mi fissó con gli occhi sgranati e la bocca mezza aperta, probabilmente senza parole.
-No, va bene, me lo dirai in camera. Magari quando non ci sarą questo coglione in parte a me.- dissi.
Non osservai nemmeno la reazione di Chase, non me ne fregava NULLA.
Lei abbassó gli occhi.
-Andiamo in camera.- dissi piano, prendendola per mano. 
Mi girai verso i due ragazzi che ora ci stavano fissando. 
Dave mimó con le labbra un "dopo" ed io annuii impercettibilmente.
Guidai Andrea verso camera nostra, senza dire una parola ed entrammo.
Lei si sedette pesantemente sul letto, e si mise le mani sul viso. Respiró.
Chiusi la porta a chiave e mi inginocchiai davanti a lei, mettendo le mani sulle sue ginocchia.
-De.- la chiamai.
Lei non rispose, rimase cosģ.
-De, raccontami.- 
Lei alzó lo sguardo, uno sguardo pieno di agonia: Dio Mio, non l'avevo mai vista cosģ.
-Io lo amo, Emma.- disse singhiozzando.
-No, Andrea. Non puoi amare una persona del genere.- 
-Ma lo faccio! L'ho fatto e continuo a farlo.-
-Okay, okay un passo alla volta. Dove siete andati e cosa vi siete detti.-
Lei prese un respiro e sciolse le spalle.
-Un'ora fa č venuto a bussare qui. All'inizio non volevo neppure guardarlo ma..lo sai come vanno queste cose. Gli ho aperto e lui..Emma mi si č inginocchiato davanti a chiedermi scusa! Sembrava distrutto, te lo giuro, non l'avevo mai visto cosģ.-
Io annuii, non ancora convinta.
-Stavamo dando spettacolo, la gente passava e ci vedeva quindi siamo passati per camera sua e poi siamo usciti dall'hotel e abbiamo parlato. Lui mi ama ancora, Emma. Dice che č stato un coglione ma vuole riprovarci.-
-Ti prego, Andrea. Devi ripensarci: guarda come ti ha trattato.-
-Gli ho gią detto di sģ, Emma.- disse lei con tono grave, leggermente colpevole. 
Strabuzzai gli occhi. In circostante normali mi sarei arrabbiata cosģ tanto da non parlare per giorni: l'aveva tradita con una zoccola qualunque! Ma visto com'era ridotta non riuscii a sgridarla. Riuscii solo ad abbracciarla pił forte che potei.
-Io voglio solo che tu sia felice.- le sussurrai.
-Anche io.- 
Quando ci staccammo le asciugai una lacrima che le era scappata e le sorrisi.
-Sei la migliore Emma.- 
-Anche tu.- 
In quel momento la porta tremó sotto due colpi.
-Ehi, chi č BigFoot?- ridacchiai, facendo ridere anche Andrea, cercando di alleggerire l'atmosfera.
Mi alzai e andai ad aprire.
-Oh, Dave.- 
Avrei voluto darmi una botta in testa: mi aveva detto che sarebbe venuto!
Lui piegó la testa di lato, guardandomi. Era illegale essere cosģ belli, sul serio: non si poteva.
Avrei usato l'aggettivo 'perfetto' per un attore, o una star ma lui era di un altro pianeta.
-Ci sei?- disse solo. 
Annuii, e mi girai in fretta verso Andrea che fece di sģ con la testa, regalandomi un piccolo sorriso.
Presi su il giubbino marrone corto e me lo infilai: prima di uscire dalla porta lanciai un bacio alla mia migliore amica.
Solo quando sentii il 'click' della porta che si chiudeva, realizzai che mi trovavo sul serio da sola con Dave. 
Oddio.
Mi girai a guardarlo e notai che mi stava fissando.
-Vieni.- disse, e mi prese per mano.
Cosa, cosa, COSA? Il solo contatto con la sua mano mi stava mandando fuori di testa. Mi corsero dei brividi lungo la schiena, che cercai di ignorare mentre mi guidava fuori dall'entrata dell'albergo fino a sedersi su due panchine in un giardinetto vicino.
O meglio, io mi sedetti, mentre lui rimase in piedi davanti a me e dire che mi sovrastava era poco.
-Suppongo che tu voglia sapere qualcosa.- esordģ.
Cavolo, dritti al punto.
Annuii.
-Č per quello che ti ha detto Degley?- 
-Anche.- 
Lui sospiró.
-Che cosa vuoi che ti dica?- domandņ, anche leggermente esasperato.
-Voglio che tu ti fidi di me.-
-Mi fido di te.-
-Non č vero.-
-Sģ, invece.-
-No invece, perché io sono nella situazione che anche un tuo compagno  di confraternita ne sa pił di me.- 
Lui stette silenzioso, guardandosi le scarpe.
-Dave.- 
Non rispose.
-Hai detto che volevi cominciare qualcosa. Hai detto 'proviamoci e basta', ma cosa stiamo provando davvero? A dirci bugie?- 
-Non ti ho mai detto bugie, Emma.- ma il tono con cui lo disse non mi convinse.
Alzai un sopracciglio.
-Ma mi nascondi le cose.- continuai.
-Fidati che non vorresti pił vedermi se ti dicessi davvero tutto.- replicó con un tono ferito e gelido allo stesso tempo.
Mi alzai, e lottando contro la paura, gli presi il viso fra le mani. 
Lui spalancó gli occhi, con un'aria sorpresa da quel contatto.
-Io non scapperó da te, Dave, qualsiasi cosa tu possa dirmi. Non lo faró. Ficcatelo in quella testa.- 
Dave mi incatenó con un sguardo cosģ intenso da farmi vacillare, ma io non abbassai lo sguardo. Stavo facendo sul serio e volevo che lui lo capisse.
Dopo un interminabile minuto, annuģ impercettibilmente.
Feci un passo indietro, e mi risedetti con le gambe che tremavano un po'.
-Cameron ha detto che giri in cattive acque. Cosa vuol dire?-  
-Non posso dirti tutto, Emma. Neanche se volessi.- 
-Non puoi?- domandai scettica.
-Non posso.- replicó lui duramente, alzando il mento.
-Allora dimmi quello che puoi.- 
-Io..- si passó una mano fra i capelli frustrato. 
-Lavoro per un tipo, un certo Lerry, lui č a capo di un'...organizzazione.-
Dio, sembrava cosģ teso e a disagio.
-Quale organizzazione?- chiesi pił dolcemente.
Lui mi guardó con calma, le labbra serrate in una linea.
-Se sanno che te l'ho detto, mi ammazzano.- disse sottovoce, stringendo le mani in due pugni stretti.
-Come faranno a saperlo? Siamo in un altro paese e a chi vuoi che lo dica io?-
-Č solo che non voglio metterti in pericolo.- 
-Smettila, Dave.- dissi con un tono comunque comprensivo.
-Che organizzazione č?- domandai ancora, stavolta intenzionata ad avere una risposta.
Lui aspettó un altro minuto.
-Droga.- disse semplicemente. 
Un colpo al cuore. Droga? Cosa? No, Dave non poteva essere in quel giro. Non poteva e basta.
Lo guardai, sperando che si mettesse a ridere o che dicesse 'sto scherzando Yankee' ma tutto quello che trovai furono due occhi verdi che mi fissavano, muti.
-T-tu..- balbettai -vendi..- non riuscii a finire la frase.
-No, no assolutamente.- si affrettó a dire lui, e fece un passo verso di me.
-Io devo solamente..mettere ko le persone che non sono pił gradite.- spiegó lui, forzando la mascella come se ogni parola gli costasse uno sforzo enorme.
-Mettere ko?- chiesi incredula.
Lui sospiró.
-Ti stai spaventando. Te l'avevo detto che l'avresti fatto.- disse lui, e fece per voltarsi.
-No.- replicai. -Non me ne sto andando. Solo che..io non voglio che tu lo faccia, Dave. Potresti..-
-Farmi male?- ghignó lui amaramente.
-Si.- dissi in un sussurro e in quel momento mille immagini e frasi mi si affollarono nel cervello.
Dave in mensa, con il viso coperto di lividi, quella sera al supermercato dove mi aveva salvata e quei ragazzi che lo chiamavano, tutte le volte che doveva 'andare via' di notte.
Ecco dove andava. Andava a mettere 'ko' le persone.
-Perchč lo fai?- 
Quella domanda riassumeva tutto: perchč essere costantemente in pericolo, rischiare la vita quasi ogni sera? 
Lui mi fissó, e sapevo che stava per dirmelo. Lo sapevo da come i suoi occhi tremarono leggermente.
-Sto cercando mio padre.- 
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