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Autore: VaVa_95    23/02/2015    2 recensioni
Le persone sono complicate. E tutti, ad un certo punto della loro vita, riescono a creare dei demoni che non riescono a domare, neanche per sbaglio.
Questo Matt lo sa bene.
E lo sa bene anche Liz.
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"- Sai, si dice che le storie portino demoni. -
Non aveva ben capito perché aveva detto proprio quella parola. Lui in fondo non la usava. Pensava che essi fossero semplicemente dei brutti pensieri, che prendevano forma solo quando la propria mente lo permetteva. Come diceva sempre a Matt, ogni persona aveva i propri demoni con cui fare i conti".
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota: i fatti riportati a seguire sono completamente immaginari. Scrivo per semplice diletto personale, e i personaggi di cui parlo non mi appartengono.


CAP. 4

 

“Cause I see you, but I can't feel you anymore”
Stone Sour – Hesitate
 
“Yeah, carved right into me  because I am made of scars”
Stone Sour – Made Of Scars
 
 

Novembre 1999
Huntington Beach, California


 
Il lunedì successivo al party di Halloween, che si teneva in genere l’ultimo weekend di ottobre, poteva considerarsi uno dei giorni più critici dell’intero anno scolastico.
C’era sempre qualcosa che caratterizzava le feste della scuola, specialmente se esse erano organizzate non dall’istituzione ma da questa o quella persona che poteva definirsi “popolare”. Come Ophelia Cohen, capitano delle cheerleader e classica persona che organizzava feste definite da urlo ma che in realtà non avevano niente di speciale se non tanto, tantissimo alcol. Dopo di esse, c’era sempre da chiacchierare, anche perché in genere era invitata tutta la scuola (fatta eccezione, ovviamente, per i ragazzi del primo anno), e questo piccolo ma fondamentale fattore provocava la diffusione di un pettegolezzo alla velocità della luce, in ogni angolo dell’edificio. Erano tutti piuttosto sicuri che alcune cose le venissero a sapere persino i professori, tanto se ne parlava.
“Non sai che cosa è successo”, si diceva sempre dopo una festa.
“Ho sentito, ma aggiornami, magari si sa di più”, si rispondeva, ed era lì che partivano i chiacchiericci.
In fondo, di avvenimenti ne succedevano tanti, fin troppi.
Nessuno sapeva perché la festa di Halloween era critica. Forse perché era la prima festa dell’anno e molta gente osservava le nuove dinamiche presenti in questo o in quel gruppo. Oppure perché ci si aggiornava su cosa era successo in estate, in quanto molti avevano faccende irrisolte che si risolvevano quasi miracolosamente con costumi stracciati o rovinati da un’accidentale, ma neanche tanto, versata di punch.
Ah, la scuola superiore.
Come di consueto, a scuola si chiacchierava. E quella volta c’era un gossip davvero succoso per tutti quelli che amavano ficcare il naso nelle faccende private delle cheerleader… ovvero più di tre quarti della scuola. Appena varcata la soglia principale ed essersi trovati nell’atrio, si poteva persino fiutare il grande, se non grandissimo, pettegolezzo.
“Da quando una cheerleader viene scaricata?”, si diceva in giro, a piccoli gruppetti, anche se essi erano consapevoli che tutti stessero parlando della stessa identica cosa.
Già: da quando una cheerleader veniva scaricata? Mai, nella storia di quella scuola superiore, si era sentito un avvenimento del genere, o pressappoco simile. Semplicemente perché era inconcepibile che una ragazza appartenente alla squadra delle cheerleader, e quindi che doveva essere per forza di cose l’apoteosi della perfezione, venisse bellamente piantata in asso.
Ad una festa. Anzi, ad una festa dal calibro di quella di Halloween.
Quando Liz era entrata nell’aula di matematica aveva capito che qualcosa non andava. Era come se i suoi sensori fossero in allerta e avessero cominciato a suonare. Improvvisamente, un flash rosso le passò davanti agli occhi, velocissimo. Il disco rosso. C’era una diceria che veniva usata in guerra, a proposito dello sviluppo di una specie di sesto senso dopo un determinato periodo passato sul campo di battaglia. Una specie di disco rosso passava davanti agli occhi, per avvertire una determinata persona di essere in pericolo. Lei l’aveva appena sentito. Pericolo, pericolo imminente, scappa a gambe levate. Perché si sapeva, l’uomo era un animale, e quando un animale aveva paura scappava. E l’uomo era anche fatto di paura, quindi meglio di così…
Si sedette al solito posto, due file avanti a due banchi vicini ai quali erano sedute due cheerleader, che stavano parlando animatamente. Aveva notato come, alla sua entrata in aula, l’avevano fulminata con lo sguardo. Non aveva capito perché, ma non le interessava nemmeno, in fondo a tratti le cheerleader prendevano di mira qualcuno. La cosa importante era non dar loro corda.
- Ehi – la salutò Jimmy, crollando nel banco di fianco al suo e poggiando la testa su di esso, come se fosse stravolto. Era evidente che fosse stanco.
Ci pensò un attimo: la festa era stata sabato sera, se si era ubriacato la domenica non avevano mai esibizioni, di conseguenza aveva sicuramente avuto tutto il tempo per dormire, eppure… sembrava fosse ancora in preda ai postumi della sbronza.
- Tutto bene? – domandò la giovane, passandogli una mano fra i capelli biondi.
Il batterista la guardò storto, per poi rendersi effettivamente conto che lei non aveva la minima idea del perché fosse così stanco. Si rizzò, stropicciandosi gli occhi azzurri.
- Fammi capire: non lo sai? -
- Che cosa dovrei sapere? -
- Cioè, proprio… neanche sentito? – domandò, leggermente stupito.
La giovane scosse energicamente la testa, ma il ragazzo aveva attirato la sua curiosità: che cosa avrebbe dovuto sapere? Sicuramente si trattava di qualcosa che era successo alla festa. Ma lei non era andata, come non erano andate Eleanor e Phoebe, del resto. Gli unici che avevano provato a mettere piede in casa Cohen erano stati i membri degli Avenged Sevenfold, anche perché c’era l’alcol, e se una festa aveva i loro amati liquori allora era sicuramente degna di partecipazione.
Non aveva sentito né le ragazze né i componenti della band nel weekend, anche perché l’aveva passato ad organizzare la festa per il sesto compleanno di una loro vicina di casa, che abitava al primo piano, alla quale avevano partecipato molti bambini del vicinato e tutti gli abitanti del condominio. Era stata completamente estraniata dal resto del mondo per due interi giorni.
- Oh. Beh… non so ancora bene come sia successo, ma Matt e Val hanno rotto, sabato sera – annunciò, per poi tornare ad appoggiare la testa sul banco – non ne so ancora molto, resta il fatto che per le prossime settimane Matt sarà praticamente sotto i riflettori. La cosa non gli farà bene. -
Liz rimase per un attimo a bocca spalancata: si erano lasciati? Per quale assurda ragione?
La sua mente tornò indietro a qualche settimana prima, quando aveva avuto quella strana conversazione con Phoebe. No, non era possibile. Si trattava sicuramente di altro.
- Ma… perché? -
- Perché alcune cose devono finire, Lizzie. La loro relazione poi era morta da tempo. Girava tutto intorno al sesso, penso. Credo. Non lo so, penso di essere l’ultimo a cui chiedere, dato che sono amico di entrambi. -
Era vero, anche se, se avesse dovuto scegliere, la ragazza era più che sicura che Matt sarebbe sempre stato la sua scelta. Probabilmente il batterista non se la sentiva di prendere posizioni, non ancora perlomeno. Avrebbe aspettato un po’, avrebbe esaminato la situazione e poi, forse, avrebbe capito da che parte stare. Era quello in fondo il brutto delle rotture: bisognava per forza prendere le parti di qualcuno.
A meno che non fosse stato qualcosa di pacifico…
- A quanto pare alla fine le ha detto “fottiti, Val” – sentì dire da una delle cheerleader dietro di loro, attirando in qualche modo la loro attenzione. Aveva provato a fare il verso al ragazzo anche se chiaramente non aveva la minima idea di come fosse la sua voce.
Evidentemente no, la loro rottura non era stata stile “senza rancore”, con una stretta di mano a seguire.
- Qualsiasi cosa dicano, non girarti verso di loro, per nessuna ragione al mondo  - le sussurrò Jimmy, per poi salutare Eleanor che era appena entrata in classe e alzarsi dalla sedia, in modo da cederle il posto. Le fece cenno di rimanere in silenzio, in quanto qualcuno stava parlando di ciò che era successo il sabato prima e voleva capire se avrebbero ingigantito la cosa oppure no.
La ragazza si sedette al suo posto, senza dire nulla, cominciando anche lei ad ascoltare.
- Povero tesoro. Non se lo meritava di essere scaricata in quel modo così burbero. Anche se io mi chiedo, sinceramente, come mai ha speso così tanto tempo dietro a quel ragazzo. Insomma… - la bionda fece una pausa, abbassando la voce – si sa che non ha un cuore. -
Liz poté giurare di aver visto Jimmy sussultare e stringere le mani a pugno.  La lealtà e lo spiccato senso di protezione che provava nei confronti dei suoi migliori amici in situazioni del genere era più forte che mai.
- Devono ringraziare il fatto di essere donne, altrimenti a quest’ora si sarebbero già trovate per terra con il naso rotto. -
- Stai calmo e vai a sederti – gli ordinò Eleanor, alzando gli occhi al cielo, per poi voltarsi verso l’amica – non dargli retta, lui ne fa un dramma perché Matt è sì suo fratello, ma Val è una sua grande amica. -
- Capisco. -
Era diventata improvvisamente taciturna. Forse perché aveva cominciato ad associare le cose.
- La verità è che Matt voleva rompere con lei già da un po’ e, evidentemente, ha avuto la sua occasione sabato sera. Avrebbe potuto evitare, ma io non sono nella sua testa. Non c’è niente di cui preoccuparsi. -
Sotto molti punti di vista, lei invidiava Eleanor, e uno di quelli era il fatto che conoscesse alla perfezione tutte quelle persone che entrambe ormai frequentavano. Aveva un rapporto unico e speciale con ognuno di loro e sembrava che fosse la sorella di tutti, a giudicare da quanto li conoscesse a fondo. Tutti a parte Brian, dal quale tendeva ad allontanarsi (e lei sapeva anche perché, ma non voleva immischiarsi nemmeno in quello perché, di fatto, ancora non era ben integrata).
Di conseguenza, se lei diceva che non c’era da preoccuparsi, allora non c’era da preoccuparsi davvero.
- La cosa farà scalpore per un po’, e poi… sai come funzionano queste cose. Ho sentito che ci sono stati altri casini e vedrai che dopo si parlerà di quello. -
La ragazza annuì quasi impercettibilmente. La sua interlocutrice le lanciò una strana occhiata, intuendo di dover cambiare argomento. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma in classe fece ingresso la ragazza cui nome era sulla bocca di tutti dall’inizio della giornata. Le due cheerleader che avevano spettegolato fino a un secondo prima si alzarono in piedi e la strinsero in un abbraccio, accompagnandolo con epiteti della peggior specie rivolti a Matt, che ovviamente fecero infuriare ancora di più Jimmy, in ultima fila.
- Non la guardare, non lo farò nemmeno io – disse, per poi salutare il professore che veniva subito dopo la giovane – a differenza di tu sai chi, io ho già deciso da che parte stare. -
La prima cosa che passò per la mente di Liz fu quella di chiedersi se doveva prenderne una anche lei.
 

 
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Gli unici che erano riusciti a presentarsi in mensa erano stati Johnny, Zacky e Brian. Quando Matt aveva capito che tutti a scuola lo stavano guardando dall’alto in basso non per la sua ultima bravata (e lui ne aveva fatte tante, di conseguenza non si sarebbe nemmeno ricordato quale fosse stata l’ultima) ma perché sapevano, aveva deciso di non andare a prendere il pranzo, anzi, era determinato a lasciare l’edificio il più presto possibile. Quando se ne era andato in direzione del cortile Jimmy si era limitato ad alzare gli occhi al cielo, per poi raggiungerlo a grandi passi. Gli amici non avevano detto niente, ma appena si erano seduti al loro tavolo avevano tirato un sospiro di sollievo, perché se il batterista si fosse presentato in mensa avrebbe fatto una pseudo-strage, in quanto praticamente tutti gli studenti stavano parlando di ciò che era accaduto. Alla festa di Halloween loro c’erano, sapevano che erano successe altre cose ed erano sicuri che di quelle cose si sarebbe parlato in seguito… ma quello, quello era il gossip della settimana.
Nessuno scaricava una cheerleader.
- Che schifo – commentò Phoebe, lanciando un’occhiata al tavolo delle cheerleader dove tutte le attenzioni erano rivolte a Valary. La consolavano, la coccolavano, ogni cinque secondi c’era una persona che la abbracciava… doveva essere snervante.
- Penso che Michelle stia soffocando, dovremmo salvarla? – domandò Eleanor.
Michelle era la sorella gemella di Val, che per tutta mattina aveva cercato di stare il più alla larga possibile da qualsiasi persona presente nella scuola, anche perché lei doveva essere l’unica informata dei fatti. I componenti degli Avenged Sevenfold lì presenti scossero energicamente la testa: nessuno di loro avrebbe fatto un passo verso quel tavolo. La morte, probabilmente, sarebbe stata meno dolorosa a confronto.
Liz era rimasta taciturna per tutto il tempo.
Stava pensando, l’avevano capito tutti.
Johnny aveva provato ad aprire la bocca per chiederle se volesse parlare una volta o due, ma l’aveva richiusa pochi secondi dopo, come se le parole gli fossero morte in gola. Probabilmente il bassista aveva paura che facesse una domanda sulla rottura e loro ne sapevano veramente poco. A parte l’ovvio, s’intende.
Brian non era particolarmente interessato alle reazioni delle cheerleader e compagnia. A lui interessava solo ciò che si pensava nella sua piccola combriccola ed era più che sicuro che tutti si trovavano d’accordo sul fatto che con l’andar del tempo Matt e Valary erano diventati incompatibili. Era vero, lui era particolarmente menefreghista e dell’amore non gliene fregava niente (non doveva fregargliene niente), ma alla fine c’era poco da girarci intorno: le persone cambiano, ed erano cambiati anche loro. Liz avrebbe dovuto esserne al corrente, considerando il fatto che in quel periodo di tempo aveva avuto modo di osservare e comprendere tutte le loro dinamiche di gruppo.
Zacky era preoccupato per l’amica: fra tutti, lui era stato il primo a cui aveva dato un briciolo di fiducia e non voleva che pensasse fosse colpa sua. Perché sì, lui aveva imparato a conoscerla e sapeva che probabilmente si stava convincendo sempre di più su quello. Beh, di fatto, era vero, semplicemente non voleva che si sentisse responsabile della cosa. Il chitarrista si ritrovò a sospirare: ciò che odiava dell’adolescenza erano gli intrighi e i classici amori adolescenziali, che non lasciavano scampo. Tutte le storie finivano male, fine della discussione. Loro avevano evitato il fattore “drammi adolescenziali”, come lo chiamava Jimmy, per un considerevole periodo di tempo. Certo, tutti avevano avuto le loro storie, che potevano anche essere finite male (soprattutto quelle di Brian, quel ragazzo non aveva per niente tatto), ma di fatto nulla era stato così grave da provocare casini all’interno del loro gruppo o vacillamenti vari. Soprattutto, mai così gravi quanto mobilitare tre quarti della scuola. Proprio per quel motivo, lui era convinto che i drammi li avessero evitati. Persino quando era successo quello che era successo – non piaceva a nessuno parlarne e lui non capiva perché – fra Eleanor e Brian si era riusciti a salvare la situazione. Quella volta no. Ma in fondo era normale: si era adolescenti e non si poteva essere stabili in quel periodo della vita. Fine della storia.
- Così impara a fare l’egoista – esclamò Phoebe – e… e… la cheerleader. -
- La cheerleader? – ripeté Johnny, ridacchiando – da quando è un male? -
- Non è un male esserlo, Seward – spiegò la ragazza – è un male prendere tutti i loro comportamenti da perfette figlie di papà che disprezzano tutti quelli che non sono in possesso di… che ne so, qualcosa come una borsa di Gucci, le cosine materiali che hanno loro insomma. -
- Ah beh, allora è tutto chiaro… -
- L’ha fatto per me? -
I tre ragazzi deglutirono rumorosamente, scambiandosi uno sguardo d’intesa. Liz aveva innescato la bomba e ovviamente non c’era modo di disinnescarla. Voleva una risposta e loro avrebbero dovuto dargliela, il problema era sapere che accidenti dovevano dirle. Mentire? E se poi avesse scoperto la verità? E se fosse successo qualcosa? No, era fuori discussione. Ma d’altro canto loro non sapevano che cosa volesse Matt, e quello era un buon motivo per non dirle la verità.
Eleanor lanciò loro un’occhiata che valeva più di mille parole e, anzi, nascondeva anche una minaccia al suo interno.
- Va bene, va bene – esclamò Brian, alzando le braccia come ad arrendersi – l’ha fatto per te. Contenta, possiamo tornare a mangiare? -
- Sei un idiota, Haner – commentò la maggiore delle sorelle Rigby, per poi cominciare a battibeccare con il chitarrista che diceva che era stata lei, con quell’occhiata, a obbligarlo a parlare e che a lui di quelle cose non gli importava niente. Voleva solo che il suo migliore amico, anzi, che suo fratello stesse bene.
Zacky alzò gli occhi al cielo, per poi appoggiare una mano sulla spalla della ragazza, come a confortarla.
- Andiamo, non dirmi che non te ne sei accorta. -
- D-di cosa? -
- Degli sguardi, delle frecciatine, delle battute… persino dei litigi? – domandò Johnny, in tono sarcastico, come se fosse una cosa ovvia.
Ultimamente, aveva avuto occasione di constatare il bassista, i due si ritrovavano spesso in disaccordo, ma lui era più che convinto che tutti quei battibecchi fossero comandati dalla tensione sessuale… o, per dirla in modo un po’ più romantico, dato che Matt era dannatamente preso dalla giovane, essi erano comandati dalla potente attrazione che c’era fra i due. Era matematicamente impossibile che Liz non se ne fosse accorta: in primo luogo era una brava osservatrice, in secondo luogo perché spesso lo assecondava in quelle cose, o cominciava lei. Questo la diceva lunga.
- Sono per te, Lizzie. Si comporta da ragazzina in pieno scompenso ormonale. -
- Quanto sei delicato – commentò il chitarrista, anche se non poté fare a meno di ridacchiare – lascialo stare. -
- Ma… è vero, no? -
- Lo è – si aggiunge Phoebe, dopo aver rinunciato ad ogni tentativo di sedare la lite fra gli altri due, che continuavano a discutere.
- Io non… -
- Vedi questi due? – domandò la giovane, indicando Brian ed Eleanor che sembravano totalmente estraniati da qualsiasi altra conversazione stesse avvenendo al loro tavolo – chiamasi biologia in azione. Tu e Matt siete uguali. Ma senza le parolacce. Oh, e sul fatto che alla fine lui te la dà sempre vinta. -
Liz si ritrovò ad arrossire, per poi tirare uno scapaccione sia a Johnny che a Zacky, che avevano cominciato a ridere.
- Piantatela. -
- Ehi, hai chiesto se era per te, ti abbiamo detto che era per te – esclamò l’amica, anche se non poté fare a meno di appoggiare i gomiti sul tavolo e sporgersi verso la giovane seduta di fronte a lei – ma tu, se si presentasse l’occasione… gli diresti di no? -
Phoebe, come amava dire lei, non era una ficcanaso. Eppure, aveva un debole per quelle storie piene di intrighi. Certo, quando si trattava di relazioni lei si tirava sempre indietro, dicendo che non voleva impegni e che il massimo che poteva fare era una pomiciata – o una ripassata, chi mai lo sapeva? – ogni tanto, niente di più (la verità era che aveva da tempo un ragazzo per la testa, ma nessuno sapeva di chi si trattasse), ma quando si trattava degli altri si trasformava nella regina delle relazioni. O dei casi persi, dipendeva dai punti di vista. La ragazza voleva molto bene a Liz, era palese. Voleva la sua felicità, e certo, se questa avesse comportato anche, come effetto collaterale, una buona quantità di drammi, allora…
Liz scosse energicamente la testa. Ovvio che non gli avrebbe detto di no. Non voleva ammetterlo, ma a lei Matt piaceva, molto anche. Nonostante ultimamente non andassero poi così d’accordo. In fondo fra loro era così, andava a periodi, ma… non immaginava che fosse perché anche a lui piacesse lei. Non l’avrebbe mai nemmeno intuito, anche perché aveva una ragazza e… scosse di nuovo la testa. Ma chi accidenti voleva prendere in giro?
- No. Non lo farei – rispose, dando voce ai suoi pensieri.
- Lo sapevo! – strillò la giovane, battendo le mani entusiasta e facendo alzare gli occhi al cielo agli altri due ascoltatori.
- Vuoi sapere la verità, Liz? – domandò retoricamente Zacky, facendo roteare la forchetta in aria – la verità è che, in circostanze normali, Matt l’avresti trovato libero come l’aria quando ti abbiamo conosciuta. Ma di fatto, la sua relazione con Val è stata normale fino ad un certo punto, poi… -
- Poi lei ha rubato dei soldi al padre per aiutarci con la band e tutto il resto e, anche se non l’ha mai voluto dare a vedere, Matt ha cominciato a sentirsi in debito con lei. Di fatto, la loro relazione sarebbe già finita tempo fa se non fosse per quel piccolo fattore – concluse Johnny al posto dell’amico.
Quella non era poi una cosa così sconosciuta. Il ragazzo le aveva detto del debito, anche se aveva specificato più e più volte che non si sentisse in debito con la giovane. Evidentemente aveva frainteso tutto.
- Ma… io… -
- Penso che sarebbe successo comunque. Che scherzi che gioca il destino. -
Liz avrebbe voluto dirgli che lei non credeva nel destino, ma aveva visto uno strano luccichio negli occhi di Zacky quindi aveva deciso di non dire nulla.
- Io e lui… non funzioneremmo. -
- Chi te lo dice se non ci provi? – domandò il bassista, non potendo fare a meno di guardarla ad occhi spalancati, come se fosse confuso.
- Perché è così. E basta. -
- Beh, allora, buona continuazione con i vostri litigi eccetera eccetera – esclamò Phoebe, alzando gli occhi al cielo, per poi tornare a concentrarsi su chi, effettivamente, in quel gruppo stava litigando.
Lo fecero anche gli altri, perché di fatto Eleanor e Brian che litigavano erano uno spettacolo troppo divertente per essere perso. E poi, tutti ne erano al corrente, Liz non era stupida. Quel che doveva succedere sarebbe successo. Fine della storia.

 
 
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Huntington Beach non era una città così sconosciuta, nonostante lei sostenesse a gran voce il contrario. Nel panorama sportivo mondiale era un luogo molto importante per le gare di surf. Ogni anno, la città ospitava una delle più importanti competizioni mondiali di surf. Non era per niente un male, in quanto favoriva il turismo, in più già mesi prima della gara vera e propria arrivavano surfisti da tutte le parti del mondo, per allenarsi. Le esercitazioni poi avvenivano verso sera, quando le onde erano più alte, almeno in quel periodo dell'anno. A lei piaceva andare in spiaggia in quel momento della giornata, dove non c'era nessuno a parte i futuri partecipanti alla competizione e i loro allenatori. Il sole poi cominciava a tramontare, dipingendosi di mille colori. Piano piano, l'azzurro scompariva, lasciando posto a diverse tonalità di giallo, arancione, rosso... poi arrivava il blu, tipico della notte, che portava via ogni colore e stendeva un velo di oscurità sul mare, creando uno spettacolo suggestivo.
Quando staccava dal negozio e non aveva voglia di tornare a casa, la ragazza andava sempre lì. A volte studicchiava, a volte invece preferiva fare fotografie. Non lo ammetteva facilmente, ma la sua passione era quella e, forse, un giorno sarebbe diventata una fotografa. Era solo una sua fantasia, che se si fosse trasformata in realtà a lei non sarebbe certo dispiaciuto.
Prese la macchina fotografica in mano, cercando di catturare le acrobazie dei surfisti. Era difficile, in quanto erano molto veloci, ma lei era brava, molto anche. Non l'avrebbe mai ammesso però, in quanto avrebbe potuto distrarla dal suo obiettivo, ovvero il college. Non che, se avesse scelto la carriera da fotografa, non sarebbe andata al college. Ma sicuramente avrebbe dedicato più tempo alla sua passione che a qualsiasi altra cosa. Preferiva alimentare il desiderio di andarsene, al posto che inseguire quei sogni. Li chiudeva in un cassetto e nascondeva la chiave, in modo da non poterla ritrovare.
- Ehi – la salutò Eleanor, facendola sobbalzare.
Era così immersa nei suoi pensieri che non l'aveva nemmeno vista arrivare. L'aveva notata con la coda dell'occhio poco prima, quando era giunta in spiaggia dopo aver chiuso il negozio (il venerdì lo chiudeva sempre lei, dato che il proprietario andava a casa presto e si fidava della giovane), e si era chiesta che cosa ci facesse lì, ma si era nemmeno presa la briga di salutarla. Al contrario, si era seduta sulla sabbia a una ventina di metri da lei. Dopo una giornata dura e una settimana che lei aveva definito pessima (e stava anche cominciando a perdere la pazienza con alcune persone e il loro atteggiamento nei suoi confronti) aveva bisogno di rimanere da sola, in modo da mettere in ordine i suoi pensieri.
- Ciao – la salutò di rimando, sorridendole appena.
- Che cosa combini qui? Nessun modo migliore per spendere il venerdì sera? -
- No, evidentemente non ne ho trovato nessuno. -
- Stessa cosa vale per me - esclamò la ragazza, facendole l'occhiolino.
Liz sorrise. Nonostante sentisse che, su molte cose, le due potevano considerarsi in competizione, poteva dire che erano davvero simili. Lei era l'unica persona con cui voleva trovare un punto d'incontro e stringere amicizia. Pensava che Eleanor, esattamente come lei, non si faceva conoscere da tante persone, ma che per quelle dava tutta sé stessa.
- Allora, che cosa combini? -
Sicuramente, anche alla giovane sarebbe piaciuto fare amicizia con lei. Lo dimostrava spesso e quello era uno dei metodi classici: provare a impiattare una conversazione dal nulla, anche quando quest'ultima non sarebbe dovuta iniziare, come in quel caso.
Le indicò la macchina fotografica, che probabilmente aveva già notato. In fondo, era una buona osservatrice, proprio come lei.
- Faccio fotografie. Ho questo strano sogno nel cassetto... lascia stare, se ti racconto ti annoio. -
Con sua sorpresa, la sua interlocutrice sorrise, per poi cominciare a frugare nella larga borsa che aveva a tracolla. In pochi secondi tirò fuori una penna, accompagnata da una matita e da una gomma da cancellare. Per ultimo, tirò fuori quello che sembrava un blocco per gli appunti. Gliel'aveva già visto altre volte, in classe o nell'armadietto, ma aveva notato che a scuola non lo apriva mai, di conseguenza non lo usava. Si era chiesta più volte a che cosa servisse, ma aveva deciso di non dire nulla. In fondo, erano affari suoi.
- Questo è la mia passione segreta - annunciò, aprendo il blocco e mostrandogli alcuni disegni.
Poteva dire di capire il perché Jimmy, a volte, la definiva un'artista. Si chiedeva sempre perché, dato che non capiva, ma dato che anche gli altri sembravano fissarlo con aria interrogativa, non si era mai preoccupata di scoprire perché (magari era una cosa loro, che ne sapeva lei?). Quei disegni erano splendidi: alcuni erano paesaggi, altri ritratti, alcuni erano completi mentre altri erano schizzi. Aveva notato che c'erano pochi colori, in quanto la maggior parte di essi, specialmente se si trattava di schizzi, erano fatti a penna.
- Stavo provano a ritrarre il tramonto - spiegò, girando velocemente le pagine e mostrandole l'ultimo schizzo - catturarne un po' l'essenza per poi fare a casa un esperimento con i colori. Ma... non penso sia possibile. È troppo... troppo bello, per essere ritratto, e io non sono poi così brava come sembra. Ma può essere catturato in una fotografia.
Liz alzò lo sguardo su di lei, non potendo fare a meno di sorridere. Se lo immaginava, che avesse capito. Forse un giorno l'avrebbe portata a casa sua e le avrebbe fatto vedere tutte le foto che aveva fatto e sviluppato del tramonto della loro città. Non le piaceva molto vivere lì, ma stendersi sulla sabbia e osservare il sole dare posto alla completa oscurità era meraviglioso, a detta sua. L'aveva sempre affascinata. E pensava che una cosa del genere si potesse osservare solo ad Huntington Beach.
- Tieni, puoi guardarli tutti - disse, porgendole di nuovo il blocco.
La ragazza aveva capito: era un atto di fiducia, quello. Da quando la conosceva, quel quadernetto era come se la trasportasse in una specie di luogo segreto, in un Paese delle Meraviglie tutto suo, dove nessuno poteva entrare. E quel mondo era tutto in quel blocco per gli appunti. Consegnarglielo era come darle fiducia. Era come se le desse il permesso di entrare e conoscerla.
Ci pensò su, per poi aprire e cominciare a sfogliare le pagine e osservare attentamente i disegni. Si fermò quando intercettò un paio di occhi azzurri, che ricoprivano tutta una pagina. Li indicò, per poi voltarsi verso la giovane.
- Jimmy - disse, senza aver bisogno di chiedere conferma - siete molto legati, voi due? -
Eleanor annuì.
- Sono la sua vicina di casa, ma questo lo sai - cominciò - ci conosciamo praticamente da sempre. Non sono figlia unica, e Phoebe non solo è mia sorella, ma è una parte fondamentale di me. Ma Jimmy... Jimmy era il bambino strano della porta accanto. Era molto singolare, fin da piccolissimo viveva a modo suo, seguendo regole sue, senza che gli importasse di niente, e di nessuno. Mi incuriosiva. Un giorno la sua palla finì nel mio giardino, così lui scavalcò per venire a riprendersela. E niente, da allora siamo come fratelli. Anzi, siamo fratelli. Lui è mio fratello maggiore.
Liz si ritrovò ad annuire. Non c'era giorno che Jimmy non la definisse come "mia sorella". Il loro era un legame veramente profondo. Era come se fosse sua sorella davvero.
- La cosa che colpisce di più di Jimmy sono gli occhi, quindi... mi ritrovo spesso a disegnarli.  -
La ragazza tornò a guardare i disegni, curiosa.
Si fermò di nuovo poco dopo, indicando quella che aveva identificato come l'altra faccia della medaglia di Jimmy. Questa volta era un ritratto, uno che lei definiva dei migliori che avesse mai visto.
- Lui me lo spieghi? -
Eleanor arrossì violentemente, distogliendo persino lo sguardo dal ritratto di Brian, cosa che fece ridere la giovane. Doveva immaginarselo.
- M-magari... magari un'altra v-volta - balbettò, scuotendo la testa, come se in quel modo avesse potuto dissolvere il rossore sulle guance.
Non se ne preoccupava: gliel'avrebbe detto davvero, un giorno.
Man mano che le pagine venivano sfogliate, venivano date spiegazioni. E in poco più di due ore Liz aveva imparato a conoscere Eleanor. E, in qualche modo, Eleanor aveva imparato a conoscere Liz.
 
 
Erano le nove e mezza di sera e il quartiere popolare era immerso nel silenzio. Era una serata tranquilla, cosa che ultimamente era rara. Non sapeva bene come e cosa era successo, ma le lotte fra gang sembravano essersi accentuate, e non poco. Lei non ci faceva tanto caso, in quanto, almeno per il momento, non stavano coinvolgendo nessuno.
Liz aprì la porta principale del palazzo, in modo da avviarsi verso l'appartamento. Si voltò verso Eleanor, che l'aveva accompagnata fino a lì. Fortunatamente la sua casa era appena all'inizio del quartiere popolare, di conseguenza non aveva troppi pensieri a lasciarla andare a casa da sola. In caso contrario, avrebbe insistito a farla salire e a chiamare qualcuno in modo da farsi venire a prendere.
- Grazie per la serata. Mi sono divertita. -
La ragazza sorrise.
- Posso dire la stessa cosa – esclamò – sai, sei un buon soldato, Liz. Davvero. -
- Soldato?  - ripeté la ragazza, senza capire.
Eleanor sorrise, di nuovo.
- Un combattente. Che ha coraggio ma non marcia da solo, non ancora. Che ne ha viste davvero tante, ma non abbastanza. Il passo precedente al guerriero, per intenderci. -
Stava usando delle metafore, che lei non riusciva a cogliere bene. Rifletté per qualche secondo: nel corso della sua (per quanto breve) vita, ne aveva passate un po' di tutti i colori. Anzi, poteva dire che già dal giorno della sua nascita ne aveva passate un po' di tutte. Ma, alla fine, quando era stata abbastanza grande per capire, aveva trovato un modo per andare avanti, sempre e comunque.
Era una combattente, quello sicuro.
Era un soldato.
Le sorrise, un sorriso sincero.
- Grazie - esclamò - allora ci vediamo domani in spiaggia? -
L'amica annuì.
- Vieni all'esibizione dei ragazzi domani sera? -
- Devo proprio? -
- A Matt farà piacere. Penso che abbia bisogno della tua presenza. -
Avevano parlato anche di quello, ad un certo punto. Lei però avrebbe sfruttato il concerto della sera successiva per chiarire le cose con lui. Doveva farlo, ne avevano bisogno entrambi.
- Va bene allora. Verrò. -
Eleanor sorrise, per poi salutarla un'ultima volta e avviarsi, quasi di corsa, verso casa.


 
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Valary DiBenedetto era sempre stata una ragazza semplice, o almeno lo era stata finché non aveva messo piede nella Huntington Beach High School.
Che la scuola superiore cambi le persone in modo radicale è un dato di fatto. Nessuno riesce a scampare alla cosa. Forse non si tratta della scuola superiore in sé, ma delle aspettative che una persona si fa di essa. Ci si aspetta il bulletto di turno, i giocatori di football che prendono per i fondelli chi non fa sport, le cheerleader perfette, gli emarginati, i nerd... non ci si aspetta la normalità, alla scuola superiore, mai.
Come tutti, anche lei pensava di entrare in una specie di giungla chiamata liceo. Non aveva però trovato un brutto ambiente, o almeno era quello che lei credeva. Forse perché, essendo bella e atletica, era riuscita ad entrare a far parte della squadra delle cheerleader. O forse perché, presto, si era subito identificata e confusa con la massa, a differenza di altra gente che aveva preferito non tradire sé stessa. In realtà lei sapeva che l'avevano fatto lo stesso, perché si è adolescenti e l'adolescenza è un periodo davvero critico per tutti quanti.
Ma la popolarità e l'ammirazione da parte di molti studenti l'aveva resa un po' più semplice, almeno per lei.
Fino ad allora.
- Tieni, la cioccolata fa sempre bene - esclamò sua sorella gemella, mettendole fra le mani una tazza fumante e distogliendola dal flusso dei suoi pensieri.
Michelle DiBenedetto non era solo sua sorella, era anche la sua migliore amica. Le due avevano condiviso tutto fin dal primo giorno e niente e nessuno avrebbe mai potuto rompere il loro profondo legame. Si diceva che i gemelli avevano un legame molto più profondo che i normali fratelli, ma sulla cosa si stavano ancora compiendo studi. Per lei non erano necessari, era così e basta, avrebbe potuto testimoniarlo.
Nonostante avessero un bellissimo rapporto, però, le due erano completamente diverse. Innanzitutto, Michelle era molto più estroversa e spigliata. Anche lei era una cheerleader e, esattamente come la sorella, aveva preso alcuni loro comportamenti, come la cura maniacale dei dettagli. A differenza di tutte le altre però, lei non stava poi così attenta a tutto ciò che succedeva a scuola. Non le interessava prendere in giro la ragazza di turno (anzi, per lei provava compassione, perché non era giusto, era un'adolescente come tutte loro e un trattamento del genere non se lo meritava), non le interessava attirare l'attenzione su di sé alle feste in modo da essere sulla bocca di tutti il giorno dopo, tantomeno essere filata da questo o quel giocatore di questa o quella squadra della scuola – quelli di football e di basket erano i più quotati, ma a lei non importava nemmeno di questo. Era come se tutto le scivolasse addosso come acqua. Era una ragazza semplice, era giovane e non voleva cacciarsi nei casini né attivare modalità per cacciarsi nei casini in futuro.
Sua sorella però era diversa e lei lo sapeva. E sapeva che aveva creato, in quell'ambiente, dei legami quantomeno indissolubili. Uno di quelli era stato con Matt. A dirla tutta, le gemelle DiBenedetto erano già amiche di Jimmy da tempo, da quando abitavano in fondo alla sua via. I bambini si riunivano spesso a giocare per la strada e loro non facevano certo eccezione. Lui era il bambino che viveva a modo suo, che tutti segretamente ammiravano anche se i genitori lo etichettavano come “scapestrato”.
“Lo vedi quello? Ecco, non devi diventare così”, dicevano tutti, ma i Sullivan avevano sempre avuto un alto livello di pazienza e di ciò che diceva la gente a loro non importava quel granché.
Jimmy era amico di tutti i bambini della via, di conseguenza anche loro, e lo era stato finché i coniugi DiBenedetto non si erano affermati in città e non avevano deciso di cambiare casa, in modo da averne una più grande e in un quartiere più affermato. Così si erano trasferiti nella zona definita “in” di Huntington Beach, sulle colline, poco lontana da Fountain Valley. Non era un luogo poi così felice, considerando il fatto che se si scendeva verso destra si finiva nel quartiere popolare. Le ultime ville sulla collina lo potevano anche scorgere dalle finestre, e le gemelle DiBenedetto si erano sempre chieste come quelle persone potessero vivere con sé stesse, conoscendo la realtà, che era proprio sotto i loro occhi. Non avevano più visto nessuno dei bambini del quartiere per circa tre anni, poi era iniziato il liceo e si sa che alla scuola pubblica ci si ritrova un po' tutti. Jimmy era più grande di loro e di conseguenza era già dentro da un po'. Le aveva riconosciute e proprio per quel motivo le aveva salutate calorosamente, come se non fossero passati davvero tre anni, poi le aveva condotte dalla sua piccola combriccola, introducendole a tutte, persino ad Eleanor che le conosceva già. Era incredibile quanto fosse cambiata la prima delle sorelle Rigby, ma al tempo stesso era incredibile come fossero cambiate loro. Nonostante la diversità, erano andate d'accordo con i cinque ragazzi che rappresentavano la rovina della scuola. Soprattutto, Val e Matt si erano ritrovati in sintonia. Avevano cominciato come amici, ed era come se entrambi avessero trovato la propria metà migliore. Ma dopo qualche mese avevano provato a cominciare una relazione, perché pensavano fosse giusto così. Avevano tirato avanti fino ad allora e per Michelle era già fin troppo, dato che era la stata la prima a capire, dopo due anni di relazione, che i due cominciavano ad essere troppo diversi. Avevano resistito per un altro anno e mezzo, poi era successo ciò che lei aveva mentalmente predetto.
E sua sorella stava male, quindi era suo dovere cercare di tirarla su di morale.
- Mi ha mollata al party di Halloween. Cosa peggiore, mi ha mollata per una sgualdrina del quartiere popolare. -
Michelle alzò gli occhi al cielo. Con il passare degli anni, come tutti, Val aveva preso alcuni dei comportamenti classici delle cheerleader, come quello di non apprezzare appieno chi era diverso da loro. Non era al livello delle altre, che disprezzavano qualsiasi essere vivente che non portasse una divisa di questa o quella squadra della scuola, ma non ci era poi nemmeno così lontana.
- Andiamo, non è per quello. -
- Certo che è per quello. L'ha sempre guardata in quel... modo. Una volta guardava me così. -
La sorella la strinse in un abbraccio. Non sapeva bene che cosa dirle, dato che secondo lei si sarebbero lasciati comunque, eventualmente. Quella ragazza, Liz o come si chiamava, aveva solo accelerato il processo. E poi, non era nemmeno tanto male, da quel che sembrava. Certo, le aveva soffiato il ragazzo, quindi per la sorella era automaticamente il nemico, ma... in circostanze normali, probabilmente le due sarebbero anche diventate amiche. Anche se sua sorella aveva la leggera tendenza a montarsi la testa. Quel che faceva Matt e per cui lei era immensamente grata era tenerla con i piedi per terra.
- Su, basta piangersi addosso. Gliela dai vinta, così. Alzati di qui, vestiti e usciamo un po'. Devi far vedere che stai bene. E poi vedrai, andrà meglio. Te lo garantisco. -
- Non capisci, Chel - disse la giovane, tirando un sospiro - io sono innamorata per davvero. -
L'amore adolescenziale però era un concetto tutto da capire. C'era chi riusciva a trovare l'amore della propria vita. I loro genitori l'avevano fatto in fondo, si erano conosciuti al liceo e si erano sposati dopo il secondo anno di college, all'età di vent'anni. Ma per molti altri non era così. Molti vivevano storie che potevano considerarsi importanti, ma alla fine trovavano la persona giusta per loro molto tempo dopo, magari al lavoro. Certo, Matt era stato importante, era stato il suo primo amore e avrebbe sempre provato un forte sentimento d'affetto nei suoi confronti. Ma si sarebbe trattato solo di quello.
- Tesoro, siamo complicati. Non dire questo, lui... è stato il tuo primo amore, è vero. Ma ci sono altri ragazzi. E lì fuori c'è la persona giusta per te, te lo garantisco. Chiusa una porta, si apre un portone. -
Val annuì leggermente, anche se Michelle sentiva di non averla convinta. Poco male, aveva tempo per farlo. Prima o poi, Matt sarebbe uscito dalla mente della sorella.
Prima o poi.


 
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- Ti ho trovato finalmente! -
Liz non sapeva perché era così allegra, o comunque così entusiasta di averlo trovato. Era un locale piccolo e c'era poca gente, in più il cantante era alto più di un metro e ottanta, di conseguenza si distingueva dalla massa.
Matt le sorrise, per poi tornare a guardare la sua birra come se fosse la cosa più interessante del mondo. Non sembrava intenzionato a parlare, ma era ciò che voleva fare lei. Che aveva bisogno di fare lei.
Voleva capire un paio di cose. In più, non ce la faceva più a sostenere tutte quelle frecciatine, quegli ammiccamenti, quelle parole non dette. Lei non era così, lei era una che metteva subito le cose in chiaro. E se il ragazzo non ne era capace non le importava.
Avevano appena concluso un'esibizione e non era andata nel migliore dei modi, almeno per il cantante. C'era poca gente e lui aveva passato davvero una brutta, bruttissima settimana, sia a scuola che a casa. Nella prima si era ritrovato addosso gli sguardi di tutti, i chiacchiericci alle spalle, i pettegolezzi. Nella seconda invece la madre e la sorella bofonchiavano un “le cose belle le butta sempre via”, mentre il padre urlava loro di lasciarlo in pace, che era ancora giovane e di conseguenza non doveva per forza impegnarsi. Il fatto che Gary lo difendesse dagli altri membri della famiglia non era poi così un buon segno.
Non era dell'umore adatto per parlare di una cosa del genere, ma a Liz non importava più di tanto. Aveva dovuto imparare ad essere egoista, e quello era uno dei momenti in cui doveva esserlo.
- Quindi... ho sentito che... -
- No, anche tu no. -
- Lo faccio perché sono... - si interruppe, pensando al fatto che la parola "amica" non le si addiceva.
Non sapeva più che ruolo aveva, nella vita del ragazzo. Negli ultimi giorni della settimana poi era stata additata anche lei, come se tutti sapessero, e la cosa non l'aveva fatta sentire poi così bene. Lei passava inosservata, l'aveva sempre fatto.
Certo, la notizia della rottura avrebbe fatto scalpore per altre due, massimo tre settimane (se proprio si voleva essere esagerati e pessimisti al contempo), poi si sarebbe passati ad altro, perché in fondo si trattava di adolescenti e di dramma ce n'era uno al giorno.
- Beh, insomma. Lo faccio perché voglio sapere come stai. -
- Sto bene. -
Quella era una bugia. Non era stato bene. Non si poteva stare bene quando si chiudeva una relazione che, a giudicare da quanto era durata, doveva essere stata molto, molto importante. Perché lei la vedeva così: stare quattro anni con una persona significava in automatico che quella persona fosse importante, se non di più. Forse... forse era anche innamorato.
- Sicuro? In queste situazioni non si sta bene. -
- E tu che ne sai? - ribatté, acido.
Lei ne sapeva eccome, ma quello non era il momento giusto per dire una cosa del genere. Anche perché Matt aveva nei suoi confronti uno spiccato senso di protezione. Ed era anche geloso, le avevano detto le amiche. Quindi era meglio non dire niente in quell'occasione.
Liz alzò le braccia, come in segno di resa.
- Non volevo farti arrabbiare. Volevo solo capire. -
- Non c'è niente da capire, Elizabeth, te lo garantisco. -
La ragazza avrebbe voluto aprire bocca solo per dirgli di non chiamarla in quel modo, ma si trattenne, anche perché teso com'era sarebbe scoppiato un litigio. Un altro. Non sapeva nemmeno come erano finiti per litigare, poi, ora che ci pensava bene.
- Beh, ma... almeno sapere che cosa è successo e magari sapere come stai io... -
- Ripeto: sto bene. -
- Ma Val... -
Il ragazzo scosse energicamente la testa.
- Non mi importa di lei. Non più. -
Liz ci pensò un attimo.
- Perché... perché sei così cattivo? -
Non era riuscita a buttare giù la frase in altro modo. “Cattivo”, aveva detto, come se fosse una bambina che chiedeva ad un grande il perché di certi comportamenti che lei non capiva. Oppure che dava del pestifero ad un altro bambino che non la faceva giocare con questo o quel gioco.
E poi, lei lo sapeva che non era cattivo. Non poteva ancora dire di conoscerlo a fondo, in quanto una persona si capiva e si scopriva andando avanti con gli anni, ma lei lo sapeva, se lo sentiva che aveva un grande cuore.
Il ragazzo sorrise, non uno dei suoi sorrisi sinceri, ma un sorrisetto quasi sadico, che fece comparire una fossetta sulla guancia destra. Tornò a guardare la sua birra, per poi afferrarla e prendere un sorso di essa.
- Perché il modo migliore per non ritrovarsi il cuore spezzato è pretendere di non averne uno. -
L'aveva detto con una semplicità quasi disarmante. Era come se fosse consapevole di non averlo, o perlomeno cercava di non farlo vedere, perché alla fine si trattava di quello, perché affezionarsi alle persone non era la scelta giusta, non per lui almeno.
Eppure, senza i suoi migliori amici sarebbe morto. Di conseguenza doveva pur sentire qualcosa.
E per lei? Liz lo sapeva che per lei provava qualcosa. Se non un sentimento, almeno un'emozione.
- Allora guardami – disse improvvisamente, come in un moto di rabbia – guardami negli occhi e dimmi che per me non provi niente. Se non vuoi avere un cuore, la cosa verrà da sé. -
Per un attimo, solo per un attimo, un lampo di stupore attraversò gli occhi del ragazzo. Non sapeva bene cosa gli stesse passando per la testa: aveva cominciato ad osservarla intensamente, come se volesse fare qualcosa, qualcosa che non era giusto ma che moriva dalla voglia di fare da tempo.
Con un movimento fulmineo, Matt si avvicinò a lei, prendendole il volto fra le mani. Altrettanto velocemente, fece unire le loro labbra, con forza, forse quasi con disperazione. Come se fosse una cosa che doveva fare, dalla quale dipendeva la sua vita.
Dopo la sorpresa iniziale, però, la ragazza non poté fare a meno di ricambiare. Perché alla fine anche lei non voleva nient'altro che quello da tempo, ormai.
- Non farmi rispondere adesso – le sussurrò, non appena le loro labbra si furono staccate – perché tu non sai... non sai nemmeno cosa... -
Non riuscì a finire la frase. Le loro labbra erano troppo vicine e, era palese, lui non vedeva l'ora di baciarle di nuovo, come se avesse la sensazione che dopo quella sera fra loro non sarebbe più successo niente.
Un altro bacio, e questa volta la ragazza non fu colta alla sprovvista.







Note dell'autrice:

Ma buongiorno, lettori *le lanciano verdure marce addosso*
Lo so, lo so, ad aggiornare ci ho messo una vita, ma... non potevo fare niente, senza il mio amato computer. E adesso che è tornato dal tecnico come nuovo (su per giù, ehm), finalmente posso pubblicare il nuovo capitolo di questa fanfiction. Del mio piccolo esperimento.
Che dire, di questo capitolo? Beh, penso che le canzoni all'inizio, entrambe degli Stone Sour, siano un indicatore di ciò che succede. La rottura, l'essere fatti di cicatrici... il bacio finale, che è un po' come una rinascita. Beh, penso che il bacio fosse quasi scontato, si sapeva in fondo, no? Ma come andranno le cose, per questi due? Eheheh.
Poi, che altro c'è in questo capitolo? Beh, innanzitutto, Eleanor e Liz cominciano a legare un po'. Ammetto che ho amato plasmare questi due personaggi, e volevo creare un punto d'incontro fra loro fin dall'inizio. E questo incontro c'è in una parola sola: soldato. Che cosa significa, però? Questo verrà scoperto nel prossimo capitolo. Sostanzialmente, un soldato è un combattente. Tutti, sotto un certo punto di vista, siamo soldati. Andiamo avanti e affrontiamo le difficoltà della vita di giorno in giorno, giusto?
Per quanto riguarda la piccola comparsa di Michelle: tralasciando il fatto che la adoro (come del resto adoro Val, ma questo l'ho già detto in note precedenti), mi sembrava giusto inserire anche lei. C'è sua sorella gemella, una piccola comparsa era il minimo.

Non sapendo bene che cosa aggiungere, mi ritiro nel mio angolino buio.
Ringrazio di cuore le persone che hanno recensito la storia e chi l'ha messa fra le seguite, le preferite e le ricordate. Se il capitolo vi è piaciuto, o anche no (sì, rimango un'amante delle critiche), lo lasciate un commentino per farmelo sapere? *occhi da cucciolo*

Aggiornerò presto, lo prometto.
Al prossimo capitolo!
Kisses,
Vava_95

P.S. in caso vogliate contattarmi, oltre a scrivermi una mail qui su EFP, potete farlo anche su twitter: @SayaEchelon95
  
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