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Autore: rekichan    07/12/2008    2 recensioni
Mi chiamo Martina. Ho trentasette anni. E sono quasi una donna.
Quasi, perché aspetto il permesso della mia psichiatra e il definitivo consenso dei dottori.
Poi, sarò una donna.
Finalmente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14/08/08

14/08/08

Mi chiamo Martina. Ho trentasette anni. E sono quasi una donna.

Quasi, perché aspetto il permesso della mia psichiatra e il definitivo consenso dei dottori.

Poi, sarò una donna.

Finalmente.

19/08/08

Prego Dio perché vada tutto bene.

Oggi è il gran giorno.

Oggi diventerò donna.

20/08/08

L’operazione è stata dolorosa. Mi sembra di essere perennemente seduta su un palo appuntito.

Però è riuscita. Ce l’ho fatta.

Sono una donna.

29/08/08

Vado a far spese.

La mia prima tappa è un negozio di intimo. Compro diversi completi. Forse non avrò occasioni particolari per indossarli, ma li acquisto ugualmente.

Mi piacciono. Mi piace vedere il mio corpo con indosso della biancheria femminile.

Non mi sento più ridicola davanti allo specchio. Sono una persona nuova.

Sono una donna. Una donna vera.

10/09/08

Oggi ho parlato con Cristina, la mia psichiatra.

È contenta per me, per come mi trovo a mio agio con il nuovo corpo.

Per me non è nuovo. È il mio corpo: quello che avrei dovuto avere sin dall’inizio, non fosse stato per quel piccolo errore nel codice genetico che mi ha fatta nascere in un involucro maschile.

Ma adesso quei tempi sono passati. Finalmente ho il mio corpo, la mia vita.

Sono una donna.

17/11/08

Sono andata finalmente a trovare i miei genitori.

Sapevano dell’operazione. Erano contrari.

Non ho ricevuto una loro telefonata il giorno in cui sono – finalmente! – entrata in sala operatoria; né mi hanno chiamata i mesi successivi.

Sono stata io a dover fare il primo passo.

Ed è stato peggio di quanto potessi immaginare.

Mia madre ha pianto, quando ha sentito affermare dalle mie labbra di donna che l’estranea alla porta non era nient’altro che suo figlio.

Mio padre non ha detto nulla. Mi ha fatta entrare e basta.

I suoi occhi sono stati più eloquenti di qualsiasi discorso.

Non sono suo figlio. Non sono il bambino che giocava nel cortile, né il fanciullo che lo accompagnava alle partite di calcio.

Non sono io.

Io sono solo un’estranea che – come in un film di fantascienza di terza categoria – ha preso il posto del suo amato maschietto.

Soffro. Un dolore profondo; intenso.

Viscerale, a dirla tutta. Potrei vomitare lì, in quel salotto; sul tappeto persiano di cui mia madre va tanto fiera. Potrei, ma non lo faccio perché non sarebbero succhi gastrici ad uscire dal mio stomaco, bensì parole.

Domande; questioni a cui non ho mai voluto ottenere risposta o, almeno, non da loro.

Perché non mi accettate? Perché non capite? Perché non rispettate la mia scelta?

Un “perché” gigantesco stuzzica la mia lingua. Preme per urlare; pizzica; fa violenza sulla serrata difesa dei denti.

Ed esce, infine. In un sibilo pacato, totalmente diverso dall’urlo furioso che pareva all’interno delle mie guance.

Non ottengo risposta.

Me ne vado presto. Non penso tornerò mai più da loro.

Guardo con nostalgia la mia casa; quella stessa abitazione dove ho trascorso i miei giorni infantili.

E dove ho scoperto di essere donna.

Non sono riuscita a spiegarlo ai miei. Non sono riuscita a fargli capire che la mia scelta non è una deviazione, ma un rimedio all’errore compiuto dalla Natura stessa.

Io sono donna. Lo sono sempre stata, nonostante il mio corpo maschile.

L’ho compreso presto. Dapprima era un piccolo seme, instillato nel mio essere. Mi faceva sentire fuori posto, come se la forma del mio corpo e della mia anima non combaciassero affatto.

Avevo bisogno di più; necessitavo di mutare l’apparato di carne – per me deforme - che mi conteneva.

E l’ho fatto.

Non ho cambiato me stessa, ma ho solo plasmato il mio contenitore.

È stato una rinascita.

Io, Francesco, adesso Martina, sono stata una donna.

Sono una donna.

Lo sarò.

Sempre.

Note dell’autrice

Questa è una shot scritta per un concorso indetto dall’Università di Siena. Non si è classificata, quindi penso di poterla pubblicare qui. Il concorso prevedeva di analizzare in maniera originale una delle seguenti citazioni:

«Non si nasce donna, si diventa.»

[Simone de Beauvoir]

«Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai.»

[Oriana Fallaci]

«Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile.»

[Charlotte Whilton]

Io avevo scelto la prima. Suppongo di non essere riuscita nell’intento XD. O forse è troppo provocatoria, chi lo sa.

Fatto sta che a me questo racconto piace. È un pezzettino di me e ne vado orgogliosa.

That’s all.

   
 
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