Lo so, lo so, questo doveva essere l'ultimo: il climax della storia, la conclusione clamorosa delle avventure di Evelyn, il mirabolante colpo di scena fra Merry e il professore, la furibonda vendetta di Vigo, il flagello della Moldavia... Ah, no, pardon, quello era Ghostbusters II. Beh, comunque, il problema è che, mentre lo stendevo, è diventato troppo lungo. Ma troppo troppo lungo. E intendo, davvero, *davvero* troppo. Tipo 2500 parole... Ho già detto che era troppo lungo?
Quindi, per ovviare a cotanto drammatico inconveniente, ho deciso di tagliarlo in tranci e cospargerlo di panna acida, pancetta e salvia... Cioè, no, no, no, volevo dire, di tagliarlo in più parti e postarlo in due-tre sezioni successive.
Così è più scorrevole. Credo.
Il rimedio, però, come a volte succede è peggiore del male: quindi le tre parti in cui ho diviso il Capitolo Ventesimo temo risulteranno ridicolmente corte. Cercate di perdonarmi alla luce del fatto che, per lo meno, ci ho provato. E prego la gentile giuria di accordarmi un'attenuante perchè sono stupida.
Evelyn entrò nella grande sala al braccio del professore, e
si guardò intorno meravigliata. Il buffet. Ovunque erano appesi festoni rossi e argento,
vischio e agrifoglio spuntavano da ogni parte, e l’ambiente era illuminato da
grandi lampadari: lo splendore era abbacinante, e si rifletteva sui grandi
vetri e sui gioielli delle signore.
Un grande abete, così sovraccarico di decorazioni da pendere
con aria afflitta, dominava un angolo della stanza, ma Evelyn fu affascinata da
un’altra attrazione locale. Il buffet. Su lunghi tavoli coperti da sterminate tovaglie bianche, grossi tranci
di arrosto dorato, foderati di pancetta croccante e salvia, riposavano su
invitanti letti di salsa alla cipolla. Accanto ad essi, deposte in larghi portavivande di ceramica
decorata, catene montuose di patate arrosto franavano dolcemente nei piatti
degli ospiti, sospinte da cucchiai dorati. Cataste di salsicce ripiene, coperte di sugo denso e profumato,
affondavano con aria sonnolenta nel purè di patate, e numerosi tortini di carne scricchiolavano
sotto gli assalti dei coltelli. Fette di salmone affumicato, accompagnate da burro e pepe
rosa, scomparivano nelle bocche degli ospiti accompagnate da fette di morbido
pane nero. Larghi pezzi di porchetta e di cervo arrostito occhieggiavano fra
gli anelli di cipolla fritta, e cubetti di pane fritto nel burro affondavano in ampie coppe fumanti
di zuppa di zucca. < Sugli arrosti di prosciutto, tagliati in fette
spesse e deposti su guanciali di panna acida, luccicavano glasse di
miele dorato. Piatti di anguille affumicate, ostriche bollite e salsa di
gamberetti, sbucavano fra le salsiere d’argento. Pudding alti come collinette erano posati ovunque, la glassa
che digradava dolcemente fino ai piatti di portata filettati in oro. Da grandi
coppe di vetro luccicante, fornite di ramaiolo dorato, veniva attinto dagli
invitati, con rumore di risacca, un flusso costante di punch. Ciotoline di
canditi e frutta secca, crema gialla e mostarda, riempivano gli spazi vuoti fra
le ceste di arance e i budini di fichi al brandy, mentre soffici fette di torta al
rabarbaro spuntavano come margherite fra i cheesecake ai mirtilli e le composte di mele
cotogne. Larghi vassoi di scones burrosi, monumentali vasi di
marmellata, pasticcini di frutta secca e mele caramellate troneggiavano su un
tavolo a parte, accompagnati da fette di formaggio stilton unte e
luccicanti. Miele di castagno, scuro come caramello, colava su di esse in
dense gocce lucenti. Il professor Schrödinger
si guardava intorno con aria ammirata: giovani in abiti pastello, vaporosi come
nuvole, volteggiavano fra le braccia di eleganti cavalieri sulle note di un
valzer viennese. I loro gioielli rilucevano sotto i lampadari, i tacchi delle
loro scarpette da ballo risuonavano sul pavimento di legno. Donne eleganti sedevano,
con delicati bicchieri di champagne in mano, accanto ai rispettivi
accompagnatori, oppure facevano provvista di biscotti su piattini di
porcellana. Anziani corpulenti, che
fumavano il sigaro e bevevano brandy da bicchieri sfaccettati, seduti attorno a
tavolini verdi, scoppiavano frequentemente in sonore risate, mentre le loro
mogli chiacchieravano fitto fitto dietro a ventagli fuori moda. Bambini in
abiti scomodi giocavano sotto i tavoli o si rincorrevano fra i ballerini,
sgranocchiando frutta caramellata o fette di torta. “Non è mag-nifico, Miss
Efelyn?”, chiese, affascinato. Evelyn non staccò gli
occhi dal buffet. C’era anche la gelatina a cubetti, evviva! “Oh, sì che lo è!”, confermò, con
entusiasmo. Il professore si guardò
intorno con nonchalance, cercando Merry
con gli occhi. Indovinando i suoi pensieri, anche Evelyn rivolse la sua
attenzione all’entrata della sala. Dopo averla aiutata a prepararsi, infatti, lei e
Cathy le avevano detto di non preoccuparsi per loro, ed avevano assicurato che
si sarebbero incontrate più tardi al ballo. Ma nessuna delle due
aveva specificato con chi ci sarebbe
andata. Il professore la vide
entrare poco dopo, da sola, fasciata in un tubino nero che la faceva sembrare
ancora più minuta e aggraziata: seguiva la sua amica Cathy, che varcava proprio
in quel momento la porta, tenuta a braccetto da… No. Ma quello era… Quel
giovanotto era proprio… “Damian!”, esclamò Evelyn, stupita quanto lui.