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Autore: shadow_sea    24/02/2015    3 recensioni
Questa storia, ambientata durante lo svolgersi degli avvenimenti narrati in Mass Effect 2, è la prima della trilogia che ho dedicato alla coppia Shepard-Vakarian.
Pubblicata inizialmente un paio di anni fa, ho voluto rivederne alcune parti, fare delle correzioni che mi parevano necessarie, aggiungere o togliere alcuni brani e perfino scrivere nuovi capitoli. Gran parte di questo lavoro mi è stato ispirato da chi mi ha seguito allora ed ha espresso le proprie opinioni. Ed è a tutti coloro che hanno potuto e voluto dedicarmi un po' del loro tempo prezioso che io dedico a mia volta queste pagine, un po' vecchie e un po' nuove, nel nome dell'affetto profondo per Mass Effect che unisce tutti noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
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We Face Our Enemy Together



Breve premessa
Ci sono storie che non finiscono perché non si dimenticano e restano nei nostri cuori. A me è successo con Mass Effect, come immagino sia accaduto a tutti coloro che scrivono in questa sezione o che vagano fra queste pagine alla ricerca di un'avventura sui protagonisti di questo videogame.
E così, a distanza di un paio di anni dalla prima volta in cui mi sono timidamente affacciata su EFP, mi ritrovo a pensare ancora a Shepard e a Garrus, a Joker e a IDA e alle tante altre persone che hanno calcato i ponti della Normandy.
E c'è poi l'insoddisfazione eterna di un autore per ciò che si è scritto un tempo ma che non piace più, per ciò che si sarebbe voluto dire e non si è detto (magari per paura o per semplice dimenticanza), per ciò che si sarebbe potuto descrivere in modo più efficace senza riuscire a capire in quale modo.
Per tutti questi motivi ritorno ancora una volta come autrice: per correggere le mie storie e aggiungere nuovi capitoli, con l'obiettivo di ricordare e sognare insieme.
Non riscriverò tutto da capo, né cancellerò i vecchi capitoli, ma li aggiornerò soltanto, così che restino le recensioni preziose che mi hanno accompagnato in questo lungo viaggio. Spero che questa nuova versione delle mie storie sia più bella e coinvolgente e che vi possa emozionare.
Inizio con questo capitolo di apertura, completamente nuovo, e poi andrò avanti, mettendo fra asterischi il titolo di quelli che avrò revisionato.
Ammetto con sincerità che, rileggendomi, sono impallidita più volte, non solo per gli “orrori” ortografici e grammaticali, ma anche per l'ingenuità di alcuni brani, per le ripetizioni inutili, per la mancanza di stile e per tanti altri motivi.
E chiudo qui questa doverosa premessa, sperando (come sempre in queste occasioni) che qualcuno di voi trovi il tempo e la voglia di lasciare qualche parola di commento.


1. *L'ULTIMA NOTTE SU OMEGA*

Black Hawk Down - Ashes to Ashes



Allontanò l'occhio dal mirino non appena vide il nemico accasciarsi al suolo. Non aveva bisogno di controllarne la morte perché sapeva che il proiettile del fucile di precisione aveva perforato il cranio del ragazzo, l'ultimo superstite di quella bizzarra accozzaglia che le tre organizzazioni criminali di Omega dovevano aver assoldato per una manciata di crediti.
La constatazione dell'evidente peggioramento della qualità degli avversari non riusciva però a rassicurarlo. Sarebbe stato assurdo immaginare che quell'ultima decina di individui impreparati, vestiti con armature di scarto e dotati di armi antiquate potesse metterlo in seria difficoltà. I boss dei Sole Blu, del Branco Sanguinario e degli Eclipse non erano dei modelli di intelligenza, ma avevano abbastanza esperienza pregressa per sapere che quei disperati non avrebbero costituito una vera minaccia. E negli ultimi giorni lui aveva di certo ampliato in misura consistente il loro addestramento sul campo...
Ghignò con soddisfazione al complimento che si era fatto, posò il fucile contro la balaustra che si sporgeva sull'ampia sala sottostante e stiracchiò i muscoli delle gambe, intorpiditi dalla posizione accucciata che aveva costantemente mantenuto nell'ultima mezzora.
Si aspettava una pausa prima del nuovo combattimento, ma non sapeva immaginare quanto sarebbe durata questa volta. Era ormai una settimana che si esercitava più volte al giorno nel tiro a segno contro bersagli viventi e se all'inizio aveva avuto modo di riposare qualche ora fra uno scontro a fuoco e il successivo, nell'ultimo paio di giorni il nemico non gli lasciava abbastanza tempo.
La stanchezza fisica lo cominciava ad impensierire perché rallentava i suoi riflessi e intorpidiva le membra. In più, la scorta di stimolanti era agli sgoccioli, ma anche un turian ben addestrato non poteva fare a meno di dormire dopo giorni e giorni di veglia continua.

“Sei arrivato alla fine, Vakarian” si confessò senza provare alcuna paura. Sapeva che quella missione sarebbe stata l'ultima. Ci sarebbe voluto un bel manipolo di esperti per annientare Jareth, Garm e Tarak, mentre lui aveva cominciato quella folle avventura da solo e da solo l'avrebbe conclusa. Ma era quello il destino che aveva scelto per sé e non aveva rimpianti.
Aveva avuto una vita intensa, colma di soddisfazioni, la maggiore delle quali era stata l'uccisione di Saren. Quella morte valeva tutta la sua esistenza, anche se quel turian era da compatire più che da odiare: era stato manipolato e il vero nemico era ancora là fuori, anche se nessuno voleva credere alla sua esistenza.
Non avevano creduto a Shepard, considerandola una visionaria e ritenendo che il nemico da annientare fossero i Geth, ed era evidente che non avrebbero creduto a nessun altro. Quella storia era troppo grande per gente come lui. Il suo comandante si sarebbe forse aspettato di più dal vecchio Vakarian, ma lui aveva la coscienza a posto: aveva provato a diventare uno Spettro, ma il disgusto per la burocrazia e l'insofferenza verso l'ottusità del Consiglio della Cittadella avevano avuto la meglio sulle sue buone intenzioni.
- Mi spiace, Shepard. La galassia dovrà salvarla qualcun altro - sussurrò a bassa voce, attivando l'ultimo allarme che avrebbe segnalato l'arrivo di una nuova ondata di nemici. Poi salì le scale per riportarsi in posizione.

Apprendere la sua morte era stato uno shock e per parecchio tempo era stato incapace di assimilare la notizia.
Dopo la battaglia della Cittadella, l'Alleanza aveva ordinato a Shepard di pattugliare i cieli per eliminare le ultime sacche di resistenza geth, attribuendo a loro ed al loro defunto capo la responsabilità dell'attacco che aveva decimato migliaia di vittime. E il comandante non aveva avuto scelta: era salita a bordo della Normandy con un equipaggio formato da soli umani. Ma lui, così come Liara, Wrex e Tali, sapeva bene che si sarebbero incontrati nuovamente e che avrebbero combattuto ancora insieme contro i Razziatori. Non c'era stato bisogno di dirselo a parole. Era bastato un semplice sguardo.
Nel frattempo aveva redatto centinaia di rapporti inutili, dato che nessuno si prendeva la briga di leggerli, e aveva chiesto decine di autorizzazioni che nessuno gli firmava, tanto che aveva iniziato seriamente a dubitare che candidarsi a Spettro fosse stata una buona idea. E proprio in quei giorni era arrivata la notizia ufficiale della morte di Shepard, anche se lui non era riuscito a crederci crogiolandosi nel pensiero rassicurante che il Consigliere si fosse sbagliato: lei non poteva morire.
Era stato Joker a mandare in frantumi quelle speranze insensate, quando lo aveva invitato a sedersi in un bar, a due passi da dove si erano incontrati per caso sulla Cittadella. In quel locale fumoso gli aveva confessato il suo rifiuto di abbandonare la nave ormai condannata.
- Le barriere cinetiche erano andate giù dopo i primi colpi, lo scafo era tutto una falla, le armi erano fuori uso e avevamo diversi incendi a bordo. Avevamo ricevuto l'ordine di evacuare la nave e Kaidan stava portando tutti alle navette di emergenza, ma io non riuscivo a decidermi ad abbandonare la Normandy, pensavo di poterla ancora salvare... Se non fossi stato così stupidamente ottuso, il comandante sarebbe ancora in vita - aveva raccontato a fatica, con lo sguardo perso nel nulla. La disperazione del pilota era evidente, così come era chiaro il peso del suo senso di colpa, ma Garrus non era riuscito a trovare una sola parola di conforto. Aveva solo annuito, aveva poggiato sul tavolo il bicchiere con il vino di Palaven che non aveva neppure assaggiato e se n'era andato senza sapere dove.
Quando le gambe lo avevano portato allo spazioporto, per forza di abitudine, aveva preso la prima nave mercantile in partenza, senza curarsi di dove fosse diretta. E così si era ritrovato su Omega.
Passato il primo sgomento, rendendosi conto di non avere più alcuno scopo a cui dedicare i giorni a venire, aveva cominciato a guardarsi attorno e a osservare le condizioni in cui viveva la gente su quella stazione orbitante. Aveva finito per combattere la criminalità su Omega per spirito di giustizia, soddisfatto di poter dare piccole speranze alla gente comune. Ma anche quel compito era ormai terminato, dopo che la sua squadra era stata annientata a tradimento.
Scosse la testa con espressione accigliata: non era il momento opportuno per rivangare inutili ricordi. Doveva restare concentrato.

Se fino a due giorni prima aveva dovuto controllare una vasta zona, ora quell'ultima posizione che aveva conquistato gli garantiva la certezza della direzione da cui sarebbe provenuto il prossimo attacco, ma al contempo gli tagliava qualunque possibilità di fuga: arretrare ulteriormente era fisicamente impossibile ed avanzare avrebbe significato un suicidio certo, perché la mancanza di ripari che lui sfruttava per seminare morte con il fucile di precisione gli si sarebbe rivolta contro.
Forse i boss delle tre organizzazioni criminali che gli stavano dando la caccia avevano deciso di prenderlo per sfinimento ed era quello il motivo per cui si ostinavano a mandargli contro dei poveri incapaci: solo per tenerlo costantemente allerta. O forse quelle ondate, che potevano impensierire un veterano come lui solo per la numerosità dei componenti, erano un semplice diversivo che doveva distrarlo da un attacco strategicamente più efficace.
La questione non aveva però una reale importanza per Garrus perché, in un modo o nell'altro, era ben consapevole che la sua vita era ormai agli sgoccioli. Avrebbe solo fatto in modo di portare con sé, nel regno degli Spiriti, quanti più nemici possibile, per vendicare i compagni uccisi a tradimento.

L'unico rincrescimento che provava nel profondo dell'animo era quello di non poter mettere le mani su Sidonis, vero responsabile della strage della sua squadra.
Sapeva che non avrebbe avuto il privilegio di inquadrare nel mirino del fucile quel maledetto turian. Quel codardo doveva aver lasciato Omega subito dopo aver venduto l'intera squadra al nemico e avrebbe continuato a vivere quando tutti i suoi ex compagni erano ormai morti. E questi pensieri, insopportabili per Garrus, erano anche la vera ragione che lo manteneva allerta e vigile. L'unico motivo che lo spingeva a continuare a lottare era guadagnarsi la possibilità di vendicare i compagni uccisi.

Interstellar - Main Theme



Butler, Erash, Grundan Krul, Melanis, Mierin, Monteague, Ripper, Sensat, Sidonis, Vortash e Weaver. Erano quelli i nomi che aveva fatto incidere sul visore pochi mesi prima, ma se fosse sopravvissuto abbastanza avrebbe cancellato il nome del vigliaccio che li aveva traditi. Quegli uomini, compagni di tante battaglie, avevano rischiato la propria vita in molte occasioni, uniti da un comune interesse: combattere contro la criminalità dilagante su Omega.
Li aveva reclutati uno ad uno, dapprima quasi per caso, poi con intenzione.
Sidonis era stato il primo ad unirsi a lui nella lotta contro schiavisti, pirati o bande che si erano spinte troppo oltre, era stato il primo a condividere i suoi ideali di vendetta e la sua rabbia contro le ingiustizie.
Erano ancora agli inizi e allora Garrus era solo uno dei tanti turian che si aggirava nei bassifondi confondendosi fra la folla: non era ancora famoso, né gli avevano ancora affibbiato quel soprannome che gli sarebbe rimasto appiccicato addosso.
Un arcangelo con uno stuolo di cherubini attorno, che combatteva rabbiosamente in nome di ideali fuori luogo su quella stazione orbitante. La giustizia, il rispetto del prossimo, le più banali e basilari regole del vivere civile erano state cancellate dai ricordi, lì su Omega, o forse non erano mai esistite.
Aria T'Loak con i suoi scagnozzi ben addestrati ed equipaggiati garantiva un certo ordine sulla stazione, ma nulla di più. E il suo ordine era del tipo che nessuno poteva permettersi di danneggiare i suoi interessi o di interferire con le sue direttive. Se lo si faceva si era morti. Erano regole semplici e comprensibili per chiunque.
L'asari non si era schierata apertamente contro Archangel e la sua banda perché non c'era alcun conflitto diretto fra loro. Era una criminale molto più pericolosa delle bande mercenarie dei Sole Blu, degli Eclipse e del Branco Sanguinario, ma operava su vasta scala e non si sarebbe abbassata a commettere violenze contro civili senza importanza.
Da parte loro, Garrus e la sua squadra avevano inizialmente intrapreso azioni punitive contro criminali da quattro soldi, per vendicare torti subiti da loro stessi in prima persona o dai loro famigliari e per offrire una debole speranza ai troppi indifesi.
Poi le voci erano cominciate a circolare e il turian a capo di quel gruppo di giustizieri implacabili era diventato l'angelo custode dei derelitti e degli oppressi. La sua fama si era sparsa per tutta Omega e molte erano state le persone che avevano cercato aiuto e protezione per ottenere una giustizia che altrimenti sarebbe stata loro negata.

La mano di Garrus si strinse istintivamente sull'impugnatura del fucile non appena scattò uno dei tanti allarmi che aveva sparpagliato nella stanza sottostante poco prima.
Riprese posizione dietro la balaustra saettando lo sguardo in ogni direzione, cercando di capire quante persone gli avessero mandato contro questa volta.
“Ancora dei pivelli” realizzò svogliatamente socchiudendo le palpebre stanche dopo aver osservato il primo terzetto che era entrato nella sala senza la minima precauzione.
Aspettò che avanzassero ancora un poco, prima di prenderli di mira, sicuro che il resto del gruppo si sarebbe mostrato a breve.
Più d'uno non aveva neppure un'armatura completa ed era armato con semplici pistole vecchie di un decennio almeno. Se le rigiravano nervosamente fra le mani come se non sapessero bene cosa farci. Questa volta, però, il gruppo era molto numeroso e tre o quattro di loro erano equipaggiati addirittura con un bazooka. Il resto dei nuovi arrivati aveva dei fucili, di assalto o di precisione, oppure un mitra, ma Garrus dubitava che sapessero maneggiare quelle armi in maniera efficace.
La presenza di una giovanissima ragazza armata solo di un fucile a pompa gli fece scuotere la testa: o era una pazza senza cervello oppure non l'avevano avvertita che il nemico era armato di un fucile di precisione e di uno di assalto, oltre a numerose granate.
In ogni modo valutò che il prossimo scontro non sarebbe stato dei più semplici, anche sottraendo dal totale degli avversari quelli che non erano attrezzati in modo adeguato e quelli la cui esperienza si limitava al tiro a segno in un qualche poligono. Dalla sua postazione sopraelevata, che dominava agevolmente tutta la sala, notava subito i nemici che non mostravano alcuna capacità nel muoversi in un vero campo di battaglia.

Si rese conto del madornale errore che aveva commesso solo qualche minuto più tardi quando, con l'occhio appoggiato sul mirino, vide esplodere la testa dell'assalitore che aveva preso di mira prima che potesse premere il grilletto del fucile di precisione.
Scrutò allora il fondo della sala, immerso in una penombra che confondeva i contorni dei container accatastati contro i muri, e ad un certo punto fu quasi certo di aver notato un movimento.
Spostò rapidamente il fucile sulla destra ed esplose un singolo colpo, uccidendo uno dei nemici armato di bazooka. Per prendere la mira con accuratezza l'uomo era rimasto immobile troppo a lungo, con il capo che sporgeva dal riparo offerto da un tavolo quadrato di metallo. Il colpo del fucile di Garrus lo aveva centrato in pieno viso e gli scudi di protezione del casco non erano stati sufficienti a proteggere l'uomo, che era morto prima che potesse accorgersi di essere stato colpito.
Un paio di secondi dopo anche un ragazzo privo di alcuna protezione in testa, ma munito di un costoso visore, finì in terra senza neppure un lamento, accompagnato solo dal fracasso del fucile di precisione che dalle sue mani ormai aperte piombò sul pavimento.
Garrus lo inquadrò per capire la traiettoria dello sparo che lo aveva centrato alla nuca, poi spostò lentamente il mirino dirigendo l'attenzione ancora una volta verso il fondo della stanza, ma dalla parte opposta rispetto all'occasione precedente.
Di una cosa poteva essere certo: non aveva contato bene le persone che erano entrate nella stanza. Non sapeva se gliene fosse sfuggito soltanto uno, capace di muoversi da un lato all'altro dell'enorme sala con estrema velocità, o se fossero almeno due. In ogni caso qualcuno lo stava aiutando e lo faceva anche maledettamente bene.
“Ok, vediamo” si disse. Prese una delle ultime granate rimaste e la gettò nel centro della stanza, certo che quel diversivo avrebbe fatto gioco anche ai suoi insperati soccorritori.
Con l'occhio premuto contro il mirino, nella confusione che si scatenò all'improvvisa esplosione, individuò una femmina umana strizzata dentro un'improbabile tuta candida che le aderiva al corpo come una seconda pelle ed un salarian dall'aria familiare. Nello stesso momento un lampo di luce azzurra partì dal retro di una cassa appoggiata in terra fra quelle due persone, creando una singolarità biotica qualche decina di metri più avanti e mettendo allo scoperto la ragazza con il fucile a pompa.
Mentre quella poveretta veniva letteralmente fatta saltare in aria da un colpo esplosivo sparato dal salarian, Garrus capì che si trattava addirittura di un trio.
L'improvviso incendio investì buona parte del pavimento della stanza e segnò il momento in cui gli attaccanti vennero presi dal panico e cominciarono a fare movimenti rapidi ma disordinati, come trottole impazzite.
Ancora ignari della propria situazione, gli assalitori dovettero pensare che Archangel avesse minato l'area, senza rendersi conto che erano invece presi fra due fuochi.
Garrus decise che era meglio aumentare la confusione e, imbracciato il fucile d'assalto, sparò numerose raffiche contro il fondo della sala, stando però attento a mantenere un'altezza dal suolo non inferiore a un paio di metri, così da non rischiare di ferire i suoi alleati.
Poi cambiò di nuovo arma e usò il mirino del fucile di precisione per spiare le mosse del trio. Vide che la donna in tuta bianca ed il salarian fissavano attentamente un punto, poi li vide annuire e scattare velocemente in due direzioni opposte, mentre la terza persona, ancora nascosta alla vista, creava una nuova singolarità che iniziò a vorticare sopra un cumulo di vecchi mobili accatastati. In pochi secondi quattro persone persero il riparo e la vita, sotto i colpi esplosivi del salarian e quelli biotici della donna in tuta bianca.
“Due biotici e un piromane sono un aiuto di tutto rispetto” approvò Garrus, piacevolmente colpito dalla rapidità con cui i due alleati tornarono a nascondersi “E' una bella fortuna che quei tre combattano per me”.
Immaginò che si fossero fatti reclutare da una delle tre bande coalizzate solo per venire in suo aiuto, anche se non sapeva chi potesse volerlo fare, ora che tutta la sua squadra era morta.
“E a dirla tutta” ammise con sincerità “nessuno dei miei uomini sarebbe stato così furbo da utilizzare questo trucco, né sarebbe stato capace di combattere con tutta questa maestria”.
Gli era ormai chiaro che le azioni del trio venivano decise dal terzo uomo, l'ombra invisibile, che dimostrava un'esperienza di tutto rispetto, come fu sottolineato ancora una volta da un paio di colpi esplosi con un fucile di precisione: il primo annullò la barriera di protezione dell'armatura di un ragazzo, mentre il secondo lo colpì sulla parte sinistra del petto, perforandogli il cuore.
Istintivamente Garrus alzò un pollice all'insù, fissando il riparo che nascondeva il terzo uomo alla sua vista, così come era solito fare in un tempo ormai lontano, quando combatteva al fianco del comandante della Normandy e si voleva complimentare con lei per un colpo particolarmente preciso.
“Non ti distrarre, ora” si raccomandò, passandosi una mano davanti agli occhi, quasi a scacciare l'immagine di Shepard, mentre si accorgeva che l'ombra aveva usato uno scatto biotico per cambiare posizione e portarsi sulla sinistra della stanza, in una zona ormai libera dal nemico. Nonostante non avesse mai staccato lo sguardo, neppure questa volta Garrus era riuscito a distinguere la sagoma di quel combattente tanto elusivo.

Si innervosì per quel nuovo insuccesso e decise di dedicarsi allo studio degli altri due compagni, meno sfuggenti. Concluse che la biotica si muoveva sul campo di battaglia con una sicurezza arrogante, anche se forse questo giudizio era imputabile più al suo abbigliamento che alle sue reali movenze. Si chiese se indossava quella tuta attillata nella speranza di distrarre i nemici, ma su Omega gli umani erano in netta minoranza. Ciò che però lo costrinse a riportare lo sguardo sulla donna, di per sé poco interessante, fu il logo esagonale nero dorato che spiccava sul suo petto.
Non avrebbe mai scordato quel marchio, diventato sinonimo di ignominia e di orrore. Ricordò le tante occasioni in cui l'equipaggio della Normandy si era dovuto scontrare contro individui che, grazie agli esperimenti di quella organizzazione, erano stati trasformati in letali mostri mutanti privi di raziocinio e parola.
Passò ad esaminare il salarian e gli ci volle una manciata di secondi prima di riconoscerlo. “E' quel medico fuori di testa” concluse soddisfatto, ricordando un racconto che gli era stato fatto da uno degli uomini della sua squadra, portato in ospedale dopo un conflitto contro un manipolo dei Sole Blu.
- Ho un terribile mal di testa - aveva esordito Ripper entrando nella loro base segreta e spalmandosi sulla poltrona vicino all'ingresso. Garrus lo aveva fissato interdetto, fermando lo sguardo sulla gamba imprigionata nel tutore che avrebbe fatto rinsaldare l'osso fratturato poche ore prima.
- Non la piantava più di chiacchierare quel pazzo di un medico fuori di testa - aveva chiarito il ferito con un sogghigno - Ha smesso solo quando un paio di tossici sono entrati nel suo studio ad armi spianate strillando di volere una confezione di non so quale medicinale. Il dottore non li ha neppure guardati in viso e li ha stesi con due soli colpi, prima ancora che io capissi da dove diavolo avesse tirato fuori la pistola. Poi si è rimesso a cianciare su non so che cazzo di esperimento che non so chi stava conducendo su dei krogan...
- Mi servono dieci minuti di silenzio per riprendermi da quella valanga di chiacchiere - aveva concluso alzando gli occhi verso il soffitto e portandosi le mani contro le orecchie.
Era stato un altro compagno di lotta, forse Weaver, a fornire qualche ulteriore notizia su Mordin Solus, scienziato con ottimo addestramento militare grazie al periodo trascorso nelle forze speciali salarian.
- Ed è proprio questo il motivo per cui davvero pochi oserebbero dargli fastidio - aveva concluso in tono pieno di rispetto - E' capace di sparare prima che uno si renda conto che è armato... ma la sua arma più letale è notoriamente la parlantina. Non smette mai di cianciare o almeno di borbottare fra sé e sé, e lo fa a tambur battente, smozzicando le parole ed abolendo articoli e preposizioni per non perdere tempo prezioso. Un po' come se dovesse condensare tutti i discorsi della vita di una asari nella breve esistenza concessa ad un salarian.

“Non mi freghi stavolta” pensò Garrus tornando ad esaminare la situazione nella sala sottostante. Inserì una clip speciale nel fucile di precisione, poi usò quello di assalto per freddare con una rapida raffica l'ultimo uomo armato di bazooka che si era appena sporto dal suo riparo e tornò a cambiare l'arma, mettendo l'occhio al mirino e appoggiando delicatamente il dito sul grilletto del fucile di precisione.
Esplose il colpo stordente non appena intravide un movimento, sicuro che gli scudi dell'armatura dell'ombra fossero alzati, e si complimentò con se stesso nel notare che lo aveva centrato alla spalla. La sagoma restò immobile un secondo, poi istintivamente si toccò la parte colpita e scomparve nuovamente alla vista, ma Garrus aveva fatto in tempo a notare che si trattava di una femmina umana.
Sicuro finalmente sulla posizione occupata da quell'ombra sfuggente, le tenne il mirino puntato addosso e questa volta riuscì a vederla distintamente mentre faceva dei cenni con la mano sinistra, impartendo ordini ai suoi due compagni che si separarono e presero ad avanzare.
Fu a quel punto che la donna si guardò attorno poi, rassicurata dall'assenza di minacce immediate, alzò la testa dal riparo e guardò nella direzione di Garrus, probabilmente interdetta per il colpo che le era stato tirato addosso.
Nel mirino del fucile di precisione comparvero nitidamente due occhi verdi che rimasero inquadrati per meno di un secondo. Eppure quel poco tempo fu sufficiente a scombussolare il battito del cuore del turian.
Con l'occhio ancora incollato al mirino e l'esclamazione - Spiriti! - che ancora gli riecheggiava nelle orecchie, Garrus si fece quasi cadere il fucile di mano nel riconoscere il suo vecchio comandante.
Per quanto assurdo potesse sembrare, Shepard era lì: data per morta da un paio di anni, era riemersa da chissà quali luoghi misteriosi per salvargli il culo ancora una volta. Non c'era alcun dubbio.
Era lei, con quei suoi occhi verdi capaci di scrutare tutti i segreti dell'animo altrui, accompagnata, come sempre, dai più improbabili compagni di lotta che si potessero reclutare. Era lei che aveva gestito in modo impeccabile l'attacco, sfruttando al meglio le doti dei suoi alleati, guidandoli al successo con i soliti semplici gesti delle sue mani.
- Spiriti! - ripeté ancora una volta, proprio mentre i tre si mettevano a correre verso i gradini della scala che li avrebbe portati al suo livello.
Li vide spuntare a pochi metri da lui, con le armi ancora spianate. Fu Shepard la prima ad abbassare il fucile, mentre i due compagni posizionati ai suoi fianchi mantenevano una posizione di difesa.
Alla domanda - Archangel? - pronunciata da quella donna, Garrus rispose con il silenzio, alzando solo un dito. Mirò con attenzione all'uomo calvo che si era sporto da dietro una colonna al piano sottostante e lo prese in pieno. Poi si rialzò da terra appoggiandosi al fucile, si tolse il casco che celava le sue fattezze e si sedette sul primo ripiano a portata di mano.
- Shepard - rispose con voce tranquilla, come se si fossero lasciati appena un paio di ore prima.

I minuti successivi, carichi di stupore per essersi ritrovati, li passarono nel porsi rapide domande su quanto era avvenuto durante quei due anni di lontananza, ma presto dovettero tornare con la mente alla loro situazione attuale e pensare a come sgombrare la strada dagli assalitori e portarsi in salvo.
L'ondata successiva non tardò infatti ad arrivare. Era costituita da biotiche asari, ingegneri salarian e persino dei mech. Appartenevano tutti alla banda degli Eclipse, come ebbero modo di assicurarsi quando lo stesso Jaroth fece la sua discesa in campo, accompagnato da un enorme mech pesante, quello che Shepard aveva precedentemente sabotato durante il suo avvicinamento verso la posizione di Archangel.
Fu uno scontro duro, che Archangel da solo non avrebbe mai potuto vincere. Se il turian capì che solo l'arrivo di Shepard aveva potuto evitargli di finire i suoi giorni lì su Omega, da parte sua il comandante ebbe modo di notare quanto la presenza di Garrus le rendesse più semplice il combattimento. A differenza di quanto accaduto fino ad allora, non si preoccupò di dare direttive ai suoi compagni, ma una volta memorizzata la posizione del suo vecchio amico, seppe con certezza come si sarebbe potuta muovere senza rischiare di prendersi un colpo.
Quando tutto finì decisero che l'unico modo per trarsi fuori da quella posizione che li teneva parzialmente al sicuro, ma li intrappolava, era quello di dividersi. Shepard se ne andò con la donna in tuta bianca che rispondeva la nome di Miranda e lasciò lì Mordin.
Inizialmente i due furono troppo impegnati a tenere a bada i nemici, ma durante una breve pausa Garrus ebbe modo di scambiare un paio di frasi con lo scienziato, che affermò di conoscerlo di fama come Archangel.
Nonostante il complimento, sentì un'avversione istintiva verso quel dottore, anche se sapeva di dover evitare facili generalizzazioni: se pure non gli piacevano molto i salarian in generale, aveva imparato che non si poteva giudicare un individuo solo per la razza a cui apparteneva. Di sicuro gli umani gli andavano ancora meno a genio, tuttavia se avesse dovuto scegliere fra i suoi conoscenti quello che reputava il suo migliore amico, non avrebbe avuto alcun dubbio a fare il nome del comandante Shepard.
Il fatto che però quel tipo fosse uno scienziato e, a quanto aveva capito, anche il diretto responsabile della genofagia dei krogan, finì per aumentare notevolmente le analogie fra Mordin e Saleon e la sua iniziale repulsione si rafforzò.
Fu quasi sul punto di raccontargli che qualche anno prima aveva conosciuto uno scienziato salarian che si dilettava a usare cavie viventi per far crescere all'interno dei loro corpi degli organi supplementari da poter rivendere sul mercato nero, ma non ne ebbe il tempo perché con l'ultima ondata di nemici, costituita da un branco di varren inferociti, di vorcha e di krogan, arrivò anche Garm, il boss del Branco Sanguinario. Solo il ritorno tempestivo di Shepard e Miranda evitò che quel gigantesco krogan infuriato e con un potere di rigenerazione eccezionale avesse la meglio su di loro.
- Restano ormai soltanto i Sole Blu, probabilmente la banda più pericolosa delle tre - affermò Garrus, e la correttezza di quella dichiarazione risultò evidente fin dall'inizio della nuova battaglia.
Nessuno però rimase ferito e tutto sembrò andare per il meglio fino a quando, uccisa Jentha e tutti i suoi scagnozzi, il campo sembrò ormai libero. Mentre Shepard e i suoi compagni si guardavano attorno alla ricerca di eventuali superstiti, al di là della grande finestra apparve una gunship.
- Archangel! - gridò la voce di Tarak amplificata dall'altoparlante e subito dopo quel veicolo prese a mitragliare l'interno della sala mandando a terra il turian e annientando i suoi scudi protettivi.
Mentre il nemico continuava a gridare frasi di sfida e di scherno, Garrus riuscì a ripararsi dietro un'enorme fioriera. Ma il misero scudo offerto da quell'ammasso di metallo e di terra non poté nulla contro il razzo che seguì appena un istante più tardi.
Dopo aver sbattuto la faccia in terra, il turian capì che non ce l'avrebbe mai fatta a rialzarsi. Sentì sotto di sé il sangue, ma non provava ancora alcun dolore. Era completamente frastornato e fece fatica a ricordare dove fosse e cosa fosse accaduto. Incapace perfino di girarsi, restò con il lato destro del viso premuto contro il pavimento. Con l'occhio sinistro si assicurò che i suoi compagni fossero ancora vivi, mentre le prime ondate di dolore si propagavano ora per tutto il corpo. Forse perse i sensi perché si ridestò d'un tratto, sentendo la voce di Shepard che lo chiamava.
Provò a rispondere senza riuscirci e si contentò di aprire gli occhi, mentre istintivamente la sua mano cercava un contatto con il fucile di precisione che gli era caduto. Avvertì la cessazione del dolore causata dal medigel, o forse dalla morte imminente, e tentò più volte di porre la domanda che gli stava rodendo la mente, perché non voleva morire senza ottenere risposta, ma senza riuscirci. Artigliò l'aria come un naufrago, cercando di restare cosciente mentre la sua mente scivolava lontano.
  
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