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Autore: cup of tea    24/02/2015    1 recensioni
La notte di Capodanno, quattro sconosciuti - Rachel Berry, Kurt Hummel, Quinn Fabray e Sam Evans - si ritrovano sul tetto di un palazzo, tutti con lo stesso proposito: buttarsi giù. Ognuno ha i suoi buoni motivi per farla finita, ma la sera si conclude con un nulla di fatto. Anzi, i quattro firmano di un patto che li obbliga a non togliersi la vita almeno fino a San Valentino. Nascerà tra loro un legame, più simile a una costrizione, almeno all'inizio, ma poi sempre più simile a una vera amicizia che li aiuterà ad affrontare le avversità.
(Warning: Samchel)
Liberamente tratto dal film "Non buttiamoci giù" ("A Long Way Down") di Pascal Chaumeil, a sua volta basato sul libro omonimo di Nick Hornby.
[Questa storia partecipa al Glee Big Bang Italia, organizzato da Flan e ALanna]
Dal testo:
"Che ci fa una promettente giovane attrice di Broadway, appena entrata nel pieno della sua fiorente carriera, sul tetto di un palazzo, la notte di Capodanno?
Be’, permettetemi di metterlo subito in chiaro, perché i giornalisti finiscono sempre per alterare la realtà: arriva un momento, nella propria vita, in cui non ce la si fa più."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Quinn Fabray, Rachel Berry, Sam Evans | Coppie: Blaine/Kurt, Puck/Quinn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA TAVOLA DI CUP OF TEA
Ed eccoci arrivati alla terza parte, la mia preferita.
Vi siete ripresi dal Kledding? Perché qui compare Blaine, eh, e il fluff fioccherà come lo zucchero filato!
Buona lettura <3

Cup of tea

 
 
 
PARTE TERZA - This world of little consequence
 

KURT
 
Che bellezza, partire per una vacanza!
Da quanto tempo non lo facevo?
Forse c’era ancora la mamma.
 
Sono nella sala d’aspetto dell’aeroporto con Rachel, Sam e Quinn e siamo pronti per partire per la Florida.
Se vi siete persi qualche pezzo, dopo la disavventura dell’ospedale e della vita sotto i riflettori, abbiamo deciso di scappare dai flash e dai microfoni per regalarci qualche momento di pace. Strano a dirsi, Rachel aveva ragione: i ricavati di quelle settimane infernali sono stati sufficienti a pagare un mese d’affitto per Sam ed essere tranquillo anche per i successivi tre, chiedere una settimana di ferie allo Spotlight per me, e pagare metà delle visite di Quinn – della restante metà si occuperà sua madre. Rachel ha invece deciso di usare la sua parte e qualcosina in più per regalarci un viaggio per farsi perdonare dei ritmi disumani a cui ci ha sottoposti.
Ho notato del tenero tra lei e Sam, anche se sono alquanto bizzarri insieme: lui fa le imitazioni di attori famosi e lei ride come se fossero davvero divertenti; lei fa l’elenco dei premi che ha vinto nella sua carriera e lui l’ascolta interessato. Voglio dire, se non è amore questo…
Non nascondo di essere un po’ invidioso.
Io non ho mai avuto un ragazzo, e ormai ho superato i vent’anni. Non fraintendetemi: qualche flirt l’ho avuto, naturalmente, ma la ragazza con l’apparecchio e le trecce che faceva parte del mio gruppo di taglio e cucito alle medie e il viscido gelataio di mezza età all’incrocio della strada di casa mia è meglio non tenerli in considerazione.
La verità è che la solitudine comincia a pesarmi.
Vorrei conoscere un bel ragazzo, di quelli che ti rapiscono con lo sguardo e ti fanno innamorare con il solo suono della sua voce. Vorrei che fosse uno di quelli che riempiono di regali, non perché ci siano delle occasioni particolari per farli, ma semplicemente perché è bello farseli. Vorrei che fosse bello dentro, ma anche fuori, e che mi facesse sentire ogni giorno speciale e insostituibile.
Ma forse uno così esiste solo nelle favole, mentre nella realtà ci sono solo coppie sgangherate come Rachel e Sam.
Mi ritrovo a guardarli e Quinn intercetta il mio sguardo, comprendendo il mio stato d’animo. Come ha fatto? Sesto senso da donna incinta? Si alza e si siede vicino a me, attaccando con una conversazione che so essere il suo modo per farmi pensare ad altro. Le sono grato.
Poco dopo chiamano il nostro volo e ci alziamo con tanto di bagagli a mano al seguito. La mia stupida malinconia è scomparsa e non vedo l’ora di partire!
 
Atterriamo nell’aeroporto di Fort Myers quando ormai è sceso il buio. Arriviamo all’albergo e ci sistemiamo ognuno nella propria camera – Rachel e Quinn insieme, io e Sam nelle due stanze adiacenti – e poi scendiamo per la cena. Tra una forchettata e l’altra, decidiamo cosa fare domani, e siamo tutti d’accordo con il cominciare con la spiaggia, perché la ragione principale di questa vacanza è recuperare le forze. Ci sarà tempo per lo shopping, le visite turistiche e le escursioni, ma domani sarà solo di totale relax.
 
Ci svegliamo a metà mattina, con calma, e ci ritroviamo a fare colazione al bar della spiaggia. Sappiamo già di vacanza: Rachel indossa un prendisole arcobaleno sopra un bikini fucsia e un cappello di paglia; Quinn si sta cospargendo di crema perché, come me, ha la pelle molto chiara e me ne faccio prestare un po’, perché improvvisamente ho il terrore che quel chilo che ho messo in camera non basti; Sam, infine, indossa già la muta perché, a quanto pare, è davvero un surfista. Rachel gli chiede se più tardi può insegnarle come si fa e lui risponde con entusiasmo. Quinn invece rimarrà a godersi la brezza sotto l’ombrellone, ascoltando la musica con il suo Ipod, e io penso che rimarrò a farle compagnia.
Fino a che non arriva il cameriere con la nostra colazione.
Un angelo dagli occhi color nocciola e dai riccioli scuri domati da un gel al lampone mi abbaglia.
Sono senza parole e credo di avere la bocca aperta, perché Rachel ride e mi dà una gomitata.
«G-grazie.» Balbetto, quando posa il mio cappuccino sul tavolo.
«Figurati.» Risponde facendomi l’occhiolino. «Sono Blaine, comunque.» Si presenta.
«Kurt.» Dico solo, e sento le guance avvampare.
Poi si abbassa verso di me e mi sussurra un «Rilassati», che tutto fa, tranne che rilassarmi.
Scompare dietro il bancone di bambù e io lascio andare il fiato che non mi ero neanche accorto di aver trattenuto.
«Kurt! Ti mangiava con gli occhi!» Commenta Rachel, civettuola.
«Cosa? Ma no… Dici?» Nego, ma spero che abbia ragione.
«Certo!» Conferma Quinn. «Vacci a parlare, dopo. Io posso stare da sola per qualche ora, non dovete farmi da babysitter tutto il tempo. È vacanza per tutti.»
Sono nervoso. Non ho mai flirtato deliberatamente con qualcuno, ma le ragazze mi spingono a divertirmi e a lasciarmi andare, consigliandomi sull’approccio e dandomi spunti per la conversazione. Sembra difficile quanto preparare un sufflè senza che si sgonfi, ma in cucina me la cavo, e magari non sarò tanto male neanche con l’arte della seduzione.
Ma che diavolo dico?
Seduzione? Sexy, io?
Lo è di più un cucciolo di pinguino.
Non credo di potercela fare.
Le ragazze non sentono ragioni e mi lasciano da solo, mentre Sam, annoiato dai nostri pettegolezzi, è già tra le onde da mezzora.
Non ho alternativa che andare a parlare con Blaine.
Blaine.
Il suono del suo nome è avvolgente come una caramella al caffè che si scioglie sulla lingua.
Blaine. Lo ripeto. Blaine.
«Kurt.» Mi chiama lui, e ci manca poco perché trasalisca.
«Ehi, B-Blaine.»
«Stacco fra dieci minuti, ti va di fare una passeggiata sul bagnasciuga?»
È stato decisamente facile. «Certo.» Rispondo, grato di non aver dovuto fare io la prima mossa. Ho un grande sorriso sul viso che non mi sarei nemmeno aspettato.
Mi siedo su uno sgabello con cuscino rosso davanti al bancone, mentre lo aspetto e lo spio di nascosto. Si muove veloce e abile tra i bicchieri da lavare, le ordinazioni da consegnare e gli spiccioli dei resti. Porta al collo una collana di fiori sopra una maglietta bianca, che mi ritrovo vergognosamente a immaginare bagnata. Noto che anche il costume a pantaloncino gli dona come a nessun altro sulla faccia della terra, e, dopo averlo ammirato mentre posa il grembiule sull’attaccapanni e si infila gli occhiali da sole, mi lascio prendere per mano – per mano! – per farmi accompagnare sulla spiaggia.
 
L’acqua è fresca e ci accarezza i piedi a mollo. Siamo seduti su uno scoglio a parlare da un po’ e la cosa strana è che non ci siamo ancora fermati in silenzi imbarazzanti. Abbiamo parlato del più e del meno, del liceo, di come sia stato essere un adolescente gay, di come lo è esserlo ora. È bello confrontarsi con qualcuno che capisce davvero, per una volta. Blaine mi racconta di aver subito atti di bullismo quando frequentava la scuola pubblica e di essersi dovuto trasferire in un istituto privato. Ma è stata la cosa migliore che avesse potuto scegliere, perché dice che alla Dalton – questo è il nome della scuola – ha potuto finire serenamente il suo percorso di studi e diventare addirittura uno dei più popolari. Ci pensate? Bello, carismatico, in divisa e pure gay! Non può essere reale. A parte gli scherzi, mi accorgo di quanto sia anche molto dolce. Mentre parla è misurato, sta attento a ciò che dice, e mi ascolta senza giudicare, anche quando non siamo d’accordo al cento per cento.
Tra le tante altre cose, io gli racconto del nuovo lavoro allo Spotlight Diner e di come mi sia accorto che, invece di gratificarmi, mi senta oppresso e svogliato. Mi ha fatto un’osservazione che mi ha colpito: «Mai fare colloqui di lavoro per posti che non ti interessano. Neanche se quello che desideri non arriva. Se c’è una cosa che ho imparato, vivendo qui da solo, è che non bisogna mai accontentarsi e mai investire energie in ciò che non ci motiva. Sembra banale, ma bisogna piuttosto investirle nei propri sogni, impegnandosi al cento per cento per realizzarli. Non sprecare le tue risorse in lavori per cui tu stesso sei sprecato. Vuoi essere ammesso alla Nyada? Concentrati su questo, o finirai per rimanere bloccato in quel locale senza mai vedere un palco vero.»
Gli chiedo quale sia il suo sogno.
«Non ho grandi aspirazioni di carriera. Sono felice qui, mi piace fare quello che faccio. Ma se c’è una cosa che desidero davvero, nella vita, è incontrare un uomo con cui condividerla fino alla fine. Voglio sposarmi e avere una famiglia, non importa in quale luogo perché se è vero amore lo seguirei in capo al mondo. Sì, direi che mi basterebbe questo.»
Poi, tutto accade velocemente: forse è per come mi sta guardando, o per il fatto che siamo ancora mano nella mano, ma non resisto e lo bacio. Un bacio vero, sulle labbra, di quelli che non avevo mai dato a nessuno. Lo prendo alla sprovvista e per un attimo ho paura di aver esagerato, ma poi risponde restituendomene un altro. Cielo, baciarsi è la cosa più bella del mondo.
 
***
QUINN
 
Caro Noah…
No, troppo formale.
Noah.
Uhm, non è che mi piaccia troppo.
Mio amato Noah…
Rido da sola, perché non potrei mai scrivere una cosa del genere, e immagino Puck ridere altrettanto nel leggerla.
Non credevo che scrivere una lettera fosse tanto difficile. È più di un’ora che penso alle parole giuste, e sono ancora solo all’inizio; ma non ho alternative, perché se aspetto di prendere la linea telefonica della base militare in cui si trova, rischio di partorire prima che mi risponda qualcuno.
Mordo il tappo della penna. Cerco di farmi guidare da ciò che mi dice il cuore.
 
Ti sembrerà strano ricevere una lettera da parte mia. È la prima che ti scrivo, e so che non avrei dovuto farlo, perché eravamo d’accordo che non ci saremmo cercati fino al tuo ritorno. So che avevi deciso così per lasciarmi vivere la mia vita senza doverti aspettare. So che credi di dover dimostrare a tutti quanto vali – a me e ai miei genitori in particolare - e so che questa è anche l’unica ragione per cui sei partito per l’esercito. Ma permettimi di dirti ciò che penso di tutta questa storia. Non avrei mai dovuto lasciarti andare. Perché non era necessario che dimostrassi niente a nessuno, anche se probabilmente sono io la causa delle tue insicurezze. Sono sempre stata molto esigente e snob, ma la verità è che l’unica persona con cui non avresti mai dovuto sentirti inadeguato sono io, perché ti amo, così come sei. Non te l’ho mai detto, ed è il mio sbaglio più grande.
Ma questa non è l’unica ragione per cui ti scrivo. Non c’è un modo giusto o sbagliato per dirti quello che sto per dirti, perciò scelgo di dirtelo nel modo più diretto possibile, sperando che tu capisca quanto sia difficile per me darti una notizia del genere: sono incinta. Nona settimana. È così, saremo genitori. So cosa stai pensando: come può essere? Probabilmente dovevamo fare più attenzione. Non ti sto chiedendo di tornare, voglio solo renderti partecipe dell’evento perché è giusto che tu lo sappia. Non ho ancora deciso se tenerlo o darlo in adozione, ma l’unica cosa certa è che porterò avanti questa gravidanza. Mia mamma mi sta aiutando. Solo lei, perché mio padre non vive più con noi, e in ogni caso mi avrebbe costretto all’aborto. Mia madre l’ha cacciato di casa dopo averlo beccato con un’altra. Io sono stata ospite di un’amica per qualche tempo, dopo aver tentato il suicidio, ma ora sono tornata a casa. Sono successe tante cose da quando sei partito. Spero di poterti spiegare meglio quando tornerai.
Mi manchi.
Quinn
 
Ripongo la penna nell’astuccio.
Sono stanca come se avessi fatto una corsa in bicicletta. Non rileggo nemmeno quello che ho scritto, perché so che mi pentirei di ogni singola parola e finirei per non inviare nulla. Invece, piego il foglio in quattro e lo infilo nella busta su cui ho già scritto l’indirizzo.
Infilo le infradito per non scottarmi i piedi sulla sabbia bollente del mezzogiorno e tolgo il pareo. È ora di una nuotata rinfrescante.
 
***
SAM
 
«Coraggio, ce la puoi fare.» Incoraggio Rachel, sdraiata sulla tavola da surf sulla sabbia.
«Non possiamo entrare in acqua, adesso?» Si lamenta.
«No, fino a che non avrai imparato il movimento alla perfezione. Non voglio che ti faccia male quando arriverà l’onda.»
«D’accordo,» cede.
Si concentra e passa dalla posizione prona a quella in ginocchio, per poi tirarsi su in piedi. Posiziona correttamente un piede davanti all’altro, ma la vedo ancora piuttosto rigida. Allora la fermo e mi metto dietro di lei, invitandola con leggeri tocchi a lasciare andare le spalle e a rilassare le braccia. Ha la pelle calda e profuma di crema solare e salsedine, e in bikini mi fa un certo effetto. Mi stacco subito da lei per evitare certi imbarazzi, ma lei sembra quasi dispiaciuta. O forse è una mia speranza.
«Sei pronta!» Annuncio.
Andiamo con le nostre tavole sul pelo dell’acqua e poi remiamo con le mani per qualche metro. Attendiamo l’onda giusta scherzando e schizzandoci, ma quando arriva ci concentriamo seriamente. Lascio che sia lei a prenderla, consigliandole le mosse giuste, ma la prima volta cade quasi subito.
«Non preoccuparti,» dico quando riemerge dall’acqua, «è normale. Riprova.»
Ripetiamo i movimenti e riprova ad alzarsi con l’onda successiva. Va già meglio di prima.
«Hai visto?! Hai un talento naturale!»
Esulta per non essere caduta e poi mi invita a prendere la prossima.
Non me lo faccio ripetere due volte. Mi alzo sulla tavola e mi lascio scivolare sulla cresta godendomi gli spruzzi freschi e salati e l’aria salmastra che mi investe, fino a che non arrivo quasi a riva. Da lontano la vedo applaudire e mi rimetto a remare fino a lei.
«Che maestro eccellente che ho!» Scherza, ma sono lusingato.
«Ti va qualcosa da bere? È quasi l’ora di pranzo.» Propongo.
«Perché no?» Sorride.
«E ti va di cenare con me, stasera?»
«Ovvio, mangiamo sempre tutti insieme.»
«No, Rachel… intendevo… solo io e te.»
«Oh. Ehm, d’accordo. Mi piacerebbe molto.»
 
***
RACHEL
 
«Come sto?» Indosso un abito nero semplice ma d’effetto, con una scollatura sulla schiena, ampia ma non volgare, e lungo fin sopra il ginocchio. Mi guardo nello specchio della nostra camera d’albergo, e intravedo l’espressione perplessa di Quinn riflessa dietro di me.
«Non male.» Commenta.
«Solo?» Sono delusa, voglio fare bella figura con Sam. D’altronde è il nostro primo appuntamento.
«Manca qualcosa.» Suggerisce Kurt. Cerca nel mio portagioie un accessorio che possa completare il look, e propone una collana luminosa. Il risultato è davvero convincente. Infilo i sandali alti che ho comprato questo pomeriggio in un negozietto carino in paese e mi ravvivo i capelli.
«Magnifica.» Commenta Kurt, sincero. «Ora tocca a me.»
Quinn si lascia cadere sul letto, stufa. «Ragazzi, mi farete venire le carie con tutti questi vostri appuntamenti.»
«Non essere cattiva, Quinn. Piuttosto, che ci dici della lettera a Noah?» Le chiedo. Spero proprio che le cose con quel ragazzo vadano per il meglio. Non l’ho mai visto, non so che tipo sia, ma da come l’ha descritto Quinn, sembra davvero tenere molto a lei.
«Affrancata e spedita. Quel che succederà ora non dipende più da me.»
Kurt intanto esce dal bagno con un completo di sua creazione, eccentrico ma non esagerato, e decisamente trendy.
«Stai benissimo!» Mi complimento con lui. Poi il suo cellulare squilla e ci annuncia che Blaine è arrivato, ed entra in fibrillazione.
«Vai, divertiti!» lo incoraggio. Ci abbraccia ed esce.
Poco dopo bussano alla porta e, quando apro, trovo un mazzo di splendidi fiori fuori ad aspettarmi. Da dietro sbuca Sam, elegante e fascinoso, e mi sfugge un gridolino. «Sono bellissimi!»
«Tu sei bellissima.» Mi risponde.
«E a me sta per venire il vomito.» Commenta acidamente Quinn. Decido di ignorarla.
«Starai bene da sola, per questa sera?» Le chiedo, con un piede già fuori dalla porta.
«Ma certo, tranquilla, ho un milione di cose da fare.» Mi risponde continuando a fissare il soffitto dal letto. Allunga un braccio sul comodino e prende il suo Ipod, poi si infila le cuffiette e non ci saluta neanche.
Mi dispiace lasciarla sola, ma si tratta solo di una sera, e ho davvero voglia di passare un po’ di tempo con Sam. Metto a tacere la coscienza e mi chiudo la porta alle spalle.
«Dove andiamo?» chiedo.
«Lo scoprirai.»
Camminiamo un po’ sul lungo mare fino al ristorante costruito sul molo. È illuminato da fitti fili di lucine e, di fronte all’insegna elegante, mi brillano gli occhi. L’aria è fresca ma non fa freddo, perciò ci facciamo dare un tavolo all’esterno, proprio a picco sul mare. È molto suggestivo, e il rumore delle onde ha un effetto rilassante su di me. Quando ci accomodiamo, Sam fa l’imitazione del cameriere dall’accento inglese che ci ha consegnato i menu. Rido, ma ho paura che possano sentirci perché non voglio fare brutte figure.
Fortunatamente, il quartetto di archi incaricato di creare l’atmosfera attacca con il proprio spettacolo e qualcuno applaude, altri scattano delle foto e nessuno pare curarsi di noi.
Ordiniamo dell’aragosta, che Sam mi confessa di non aver mai mangiato. Gli spiego come tagliarla e come pulirla, ma è davvero molto goffo e si macchia la camicia nonostante il tovagliolo appeso al collo. Non trattengo un risolino perché la scena è stata buffa, ma in qualche angolo della mia memoria mi appare l’immagine di Finn, goffo solo quando cercava di ballare. Il paragone spunta spontaneo e incontrollabile, odioso e inevitabile. Cerco di mettere a tacere una vocina che mi dice che Sam non sarà mai Finn, che non sarò mai felice come quando stavo con lui, e che Sam e io siamo troppo diversi.
Mi prende una mano, ungendomela con la sua dopo che ha toccato l’aragosta. «Tutto bene?» Mi chiede. Forse ha notato il cambio di espressione sul mio viso e mi ricordo quanto mi piace questo suo lato: si accorge sempre di ciò che accade agli altri. È la persona più altruista e dolce che conosca, e merita di sapere la verità.
«Sam… fino a un paio di mesi fa, ero fidanzata.»
«Oh.»
«Cioè… fidanzata-fidanzata. Avremmo dovuto sposarci.» Ritira la mano lentamente e sento la mia improvvisamente più fredda.
«E poi cos’è successo?» chiede, sinceramente interessato.
«Incidente stradale, morto sul colpo.» Rispondo con un filo di voce.
«Mi dispiace tanto, Rachel.»
«Tranquillo, sto imparando a conviverci.»
«È Per questo che…»
«Già.» So che voleva chiedermi se fosse questa la ragione del mio tentato suicidio. «Ti prego, ora non guardarmi in modo diverso.»
«Diverso come?»
«Con compassione. Come si guarda una povera vedova con istinti autolesionisti e suicidi, giovane ma già vecchia dentro.»
«Rachel,» mi riprende la mano, «l’unica cosa che vedo io è una donna forte, piena di speranza e voglia di ricominciare. Che sia con me o con qualcun altro, voglio che tu sia felice.»
Sorrido alle sue parole.
«Sei molto dolce.»
Imita lo slogan di una marca di dolciumi e sdrammatizza la nostra conversazione. Fortunatamente, per merito suo, questa piccola parentesi non ha guastato l’atmosfera della serata. Finiamo la nostra cena in allegria e poi ci regaliamo una passeggiata sul lungomare. L’umidità della sera ora comincia a farsi sentire e Sam mi porge la sua giacca, come nel più vecchio dei cliché. Nell’aiutarmi ad infilarla, mi circonda in un abbraccio caldo e forte, che mi lascia senza fiato per un momento. Siamo fermi, molto vicini, e solo stando così mi accorgo di quanto sia alto e robusto in confronto a me. Mi sento come se avessi finalmente un sostegno, dopo quello che mi sembra un sacco di tempo. Sarà colpa del vino, ma allungo una mano e accarezzo il suo petto attraverso la camicia, caldo del sole che ha preso oggi. Corro su, fino al colletto, e lui non dice una parola, né fa un gesto. Proseguo sul collo, e lo vedo deglutire; percorro con le dita la linea del mento, su fino all’orecchio sinistro. E poi lo faccio: afferro più saldamente il suo collo e mi arrampico fino alla sua bocca, per accarezzarla con la mia. Le sue braccia si stringono intorno alla mia vita e alle mie spalle, e mi bacia a sua volta. Il vento ci scompiglia i capelli, ma siamo troppo impegnati per accorgerci del fastidio. Baciare Sam è… strano. La sua bocca è diversa da quella di Finn, le sue mani sono diverse dalle sue, il suo corpo non lo conosco. Ma è… bello.
Torniamo in albergo senza smettere di baciarci, ridere e sbandare, ma quest’ultimo dettaglio credo sia anche dovuto all’alcol. In un attimo ci ritroviamo senza vestiti nella sua camera e continuo a chiedermi se sia la cosa giusta, se non sia meglio aspettare ancora o se questo possa considerarsi tradire Finn. Ma lui è talmente bello e dolce, e io non mi sento così felice da troppo tempo. Mi lascio andare e io e Sam facciamo l’amore.
 
***
KURT
 
Con Blaine andiamo in un locale gay.
Secondo lui, almeno una volta nella vita devo entrarci, anche solo per realizzare che non mi piace il genere.
E invece… mi piace! Dappertutto ci sono drag queen travestite da Tina Turner e Cher, e la musica è trascinante. Ordiniamo due Shirley Temple al bancone e facciamo commenti sui ragazzi che ballano in pista e quelli che ci lanciano occhiate eloquenti dall’altra parte del locale. Blaine continua a farmi complimenti e mi riempie di lusinghe; addirittura sfila da un vaso un asfodelo giallo e me lo infila nel taschino della giacca, dicendo che un look come il mio merita un fiore che lo completi.
Le luci verdi e rosse lampeggiano a ritmo delle canzoni di Liza Minnelli in versione disco cantate al karaoke e bastano quelle a farmi girare la testa. Ma non mi sento per niente stanco e dopo aver finito i nostri analcolici invito Blaine a ballare. Mi sto accorgendo di quando sia facile e naturale fare le cose con lui: non ho nessuna inibizione, né paura di fare brutte figure, perché sento che, in qualche modo, Blaine è troppo carino e gentile per farmi sentire in imbarazzo. Balliamo per un po’, ridendo e scatenandoci, e appena si libera il palco, saliamo per esibirci nella nostra versione di Just Can’t Get Enough. Non sapevo che Blaine cantasse così bene! È la serata più bella della mia vita.
Alla fine, Blaine mi chiede se voglio andare a casa sua e la serata più bella della mia vita si trasforma nel mio incubo peggiore. Non fraintendetemi, Blaine non c’entra. C’entro solo io con le mie stupide paure e il mio sex appeal inesistente. Perché mi invita a casa sua? Cosa si aspetta? Non voglio perderlo di già, ma non voglio neppure… avete capito. Insomma, ho imparato a baciare solo oggi, mi sembra un po’ presto per tutto il resto.
«Kurt, stai bene?»
«S-sì…»
«Allora, che ne dici?»
Non ce la faccio. «Blaine, io… non so se è una buona idea.»
Sembra confuso. «No?»
«No… cioè… sì, sarebbe una meravigliosa idea per concludere una serata perfetta in modo perfetto…»
«…ma?»
«Ma non credo di essere pronto.»
Blaine diventa paonazzo. «Oh, okay, scusami, che idiota che sono.» Non mi guarda neanche, da quanto si sente in colpa. Non nascondo di essere sollevato dalla sua reazione.
«Non preoccuparti, anzi scusami tu.»
«Non devi scusarti.» Mi prende le mani con le sue. «È bello che tu voglia aspettare.» Mi bacia. «E, se tu vuoi, aspetterò con te.»
Okay, questa mi sembra una dichiarazione. Lo è, vero? Ha sottointeso che vuole stare come me, giusto? Ho il cuore che mi scoppia nel petto.
«Lo vorrei tanto.» Sussurro.
Mi bacia ancora, più profondamente.
«Allora cosa ti va di fare?» Mi chiede.
Be’, dopo un bacio così, direi che la cosa che voglio fare sarebbe una contraddizione con quello che gli ho risposto prima, perciò mi mordo la lingua per non dire cose di cui potrei pentirmi. Ad ogni modo, il fatto che lui sia così corretto con me, così comprensivo e dolce, mi fa pensare che, se vuole davvero stare con me, merita di sapere la verità.
«Blaine, devo dirti una cosa.»
«Ma certo, dimmi.»
«Ho tentato il suicidio a Capodanno.»
Non risponde, ma continua ad accarezzarmi le mani.
«Non sono così disinvolto con la mia sessualità come lo sei tu. Non sono un represso, e so che non c’è nulla da nascondere, né di cui vergognarsi, ma non sono neanche uno che gira a testa alta e confessa a tutti di essere gay. Credo che sia perché voglio proteggere le persone che mi vogliono bene, per via delle offese a mio padre. Ho tentato il suicidio perché ero sfinito.»
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
«Mia madre. E le tre persone matte e meravigliose con cui sono venuto qui.»
Mi fissa per un momento, poi mi risponde: «Vieni. Ti porto in un posto.»
Non ho idea di dove voglia portarmi, ma lo seguo fuori dal locale senza esitazioni. È bastato un giorno per fidarmi di questo ragazzo e innamorarmi di lui.
L’aria si è fatta umida e camminiamo vicini per le strade, fino a che arriviamo in un piccolo parco intitolato a un certo Gary Spencer.
«Chi era?» Chiedo.
«Un ragazzo che conoscevo.»
«Cosa gli è successo?»
«È stato ucciso a suon di botte solo perché gay.»
Rimango in silenzio, perché non c’è nulla che possa dire di fronte a una morte simile. Sento la rabbia di Blaine scorrergli per tutto il corpo e posso solo immaginare cosa possa voler dire perdere un amico in questo modo.
«Sai cosa faccio, quando sento di essere arrivato al limite? Quando credo che non ci sia più nulla da fare e mi viene voglia di farla finita? Penso a Gary. Penso che devo continuare a vivere per rispetto nei suoi confronti. Lui non avrebbe mai voluto morire, e invece è proprio quello che è successo. Io devo continuare a combattere perché è l’unico modo per rendergli giustizia.»
Ha ragione. Per quanto tutto questo discorso possa sembrare un rimprovero per ciò che avevo intenzione di fare, non riesco ad arrabbiarmi con Blaine. Lui prova ogni giorno ciò che provo io, e questo mi fa sentire meno sbagliato, meno solo, e anche più forte. Da oggi mi ricorderò di questo momento ogni volta che avrò voglia di cedere alla cattiveria della gente. Sfilo l’asfodelo giallo dal mio taschino e lo incastro nella targa dedicata a Gary Spencer, e poi osserviamo in silenzio il risultato, con la testa di Blaine sulla mia spalla.
«D’accordo, al bando la tristezza. Cosa vuoi fare ora?» Mi chiede a un certo punto, recuperata la sua vitalità di sempre.
Ora so benissimo cosa voglio fare: «Se sei d’accordo, vorrei raccontare ciò che ho imparato stasera a tre quasi suicidi di mia conoscenza.»
Blaine sorride. «Andiamo.»
 
 
***
QUINN
 
Guardo l’orologio: 23:23.
“Esprimi un desiderio, Quinn.”
Non sentirmi sola, per una volta.
Ed è buffo, perché non sono affatto sola: come possiamo dimenticarci che nella mia pancia sta crescendo un piccolo essere umano?
Guardo lo schermo del cellulare, ma non c’è ragione di farlo, dal momento che mia madre ha già telefonato e nessun altro sembra aver bisogno di me.
Sì, sto facendo la melodrammatica, è vietato?
Sbuffo, annoiata.
Poi qualcuno bussa e accendo in fretta il televisore, apro un libro qualsiasi e infilo le cuffie nelle orecchie: voglio dare l’impressione di aver avuto molto da fare. Probabilmente sarà Rachel che torna in camera dopo una serata penosa, e finalmente spettegoleremo di qualcosa di interessante. «Avanti,» rispondo, svogliata.
Con mia grande sorpresa, entrano invece Kurt e Blaine.
«Ragazzi,» li saluto. «È un po’ presto per voler fare le cose in tre, non credete?»
«Smettila, Quinn.» Mi zittisce Kurt. Credevo avesse molto più senso dell’umorismo, sono delusa.
«Di cosa avete bisogno, allora?»
«Indossa qualcosa di pesante e prendi una coperta. Dormiamo in spiaggia.»
«Ragazzi, ma è contro la legge! Mi meraviglio di voi!» Li canzono un po’, ma solo per nascondere il mio entusiasmo. Per quanto fare la terza incomoda non sia proprio in cima alla lista delle cose che mi piace fare, sono felice di non passare la notte a piangermi addosso.
«Ti va o no?»
Mi alzo e afferro al volo la felpa dei Cheerios e la coperta del letto. «Sono pronta.» Dico, chiudendo la porta a chiave. Quella della camera di fronte, invece, si apre, rivelando una Rachel dai capelli scompigliati e un Sam su di giri. «Impossibile, qui qualcuno sta organizzando un pigiama party sotto le stelle senza di noi!» Si lamenta scherzando Rachel.
«Saremmo venuti a chiamarvi, ma avevamo paura di disturbare.» Spiega Blaine.
«E noi invece non ci saremmo persi questa cosa per nulla al mondo.» Risponde Sam.
«A cosa dobbiamo una proposta simile?» chiedo, curiosa.
«Sentivo semplicemente il bisogno di condividere con voi un momento di riflessione, una volta tanto, e non ho avuto nessuna idea migliore che farlo con le onde dell’oceano di sottofondo, per quanto smielato sia.» Confessa Kurt, non senza imbarazzo.
«Non è smielato, Kurt. È bellissimo.» Lo rassicura Rachel, accarezzandogli un braccio.
«D’accordo, allora. Questo sarà il primo pigiama party del Club dei Suicidi e del suo membro onorario Blaine!» Annuncia Kurt. Mi astengo dal fare qualsiasi battuta su “membri” vari, e lo seguiamo fuori dall’albergo, esultando.
Ho l’impressione che sarà una notte che non dimenticherò.
 
***
RACHEL
 
Dormire in spiaggia è meno entusiasmante di quanto si possa pensare: l’aria è umida e fredda, il rumore del mare diventa molesto e impedisce di dormire, gli insetti sono più attivi che di giorno e la notte non è così buia come la si immagina. Rimpiango di non essermi portata anche la mascherina per proteggere gli occhi, insieme alla coperta, il maglione, il cuscino, la spazzola, l’antizanzare e i marshmellow.
Ma, in fondo, è divertente.
Blaine russa un po’, ma è quel russare di una persona che dorme pacificamente, che non sveglieresti per nulla al mondo. Ho visto Kurt felice di dormire – se ha dormito davvero – accoccolato a lui. Quinn sembra un angelo, come sempre, anche struccata e arruffata. E Sam… dio, più lo guardo e più mi torna in mente cosa abbiamo fatto ieri sera, e più mi sento dannatamente in colpa. Sono una persona orribile, mi vantavo tanto di quanto amassi Finn e di come fosse l’amore della mia vita, ma ho impiegato non più di un paio di mesi a trovarmi un sostituto.
Odio la notte. Chiunque abbia detto che “porta consiglio”, è un emerito idiota.
 
«Tutto okay?» Mi chiede Quinn. «Non parli da almeno mezzora, e per quanto sia un sollievo non sentire il suono della tua voce di tanto in tanto, ci fai preoccupare.»
Io, Quinn e Kurt siamo al chiosco sulla spiaggia a fare colazione, mentre Blaine e Sam, che hanno scoperto di avere molte cose in comune, sono andati in fumetteria a cercare non so quale numero di non so quale graphic novel sui supereroi.
«Sì, scusate, è solo che… è per via di Sam.» Confesso.
«Che c’è che non va? Sembravate molto affiatati.» Chiede Kurt.
«E lo siamo!» Non ho dubbi su questo. «Ma non riesco ad essere felice fino in fondo, perché Sam non è Finn ed è strano per me stare con un’altra persona, soprattutto così presto.»
Ciò che mi dice Quinn, oltre che sorprendentemente saggio, mi fa riflettere: «Rachel, ne hai passate tante. Per quanto stare con Sam ti possa sembrare strano, per quanto siate due persone completamente diverse, per quanto inaspettato sia questo vostro sentimento, non è troppo presto. Se ti fa stare bene, se sei felice, non è tradire la memoria di Finn. Sono sicura che vorrebbe vederti felice anche lui, piuttosto che saperti vicina al suicidio. Goditi questa felicità con Sam, e non sentirti in colpa.»
«È vero! Iniziare una relazione è come comprare un nuovo cd. Lo vedi dall’altra parte del negozio, non l’avevi mai preso in considerazione e non sei sicura che ti piacerà, ma trascorri un po’ di tempo con lui e imparate ad amarvi, o una cosa del genere.» Interviene Kurt.
L’immagine, per quanto strampalata, mi piace. «Detta così non sembra poi così terribile.»
«Non lo è.» Conferma Kurt.
«E tu quando sei diventato un esperto in amore? Che fossi un romanticone lo sapevamo, ma non ti sembra di esagerare con le metafore?» La solita Quinn…
«L’amore mi rende una persona poetica.» Risponde Kurt, e lei lo guarda storto, prima di tornare a me: «E poi non state mica decidendo di sposarvi e metter su famiglia: puoi anche goderti questa cosa senza ansie, anche solo per vedere come va.»
Ci penso un po’ su. In effetti non sembra esserci nulla di male. Devo solo imparare a mettere a tacere qualsiasi pensiero che mi impedisca di essere serena. Sam sembra davvero un bravo ragazzo, potrebbe funzionare. Lui, almeno, si merita che io mi impegni.
 
Quando i ragazzi tornano dalla loro ricerca, decido di mettere subito in pratica i miei propositi. Salto al collo di Sam, prendendolo alla sprovvista, e lo bacio teneramente.
«Ehi, quanto entusiasmo!» Commenta quando lo lascio libero.
«Sono solo felice di vederti. Hai voglia di fare una passeggiata?»
«Ma certo.»
Salutiamo gli altri e rimaniamo d’accordo di ritrovarci per pranzo.
Io e Sam giriamo un po’ per il paese, entrando nei negozietti più caratteristici e comprando i souvenir più assurdi. Ci facciamo delle foto ricordo all’ombra di un parco e sotto il sole del molo. È un perfetto secondo appuntamento, naturale e spontaneo oltre ogni mia aspettativa, ma a un certo punto, Sam mi chiede: «Rachel, sei sicura che vada tutto bene?»
«Sì che va tutto bene, perché me lo chiedi?»
Ci pensa un momento, ma poi decide di non dirmelo. «Niente, lascia stare. Sono solo un po’ paranoico.»
«Sam, credimi, è tutto okay. Ieri sera è stata una serata fantastica: tutto quello che abbiamo fatto – tutto – è stato perfetto. Tu sei meraviglioso e voglio davvero che questa cosa funzioni. Tu… mi fai sentire bene.»
Mi abbraccia e mi bacia, più tranquillo. Ma all’improvviso si blocca.
«Sam?» Lo richiamo all’ordine.
Lui mi ignora e va verso una panchina su cui le pagine di un giornale scandalistico svolazzano al vento leggero. Lo raccoglie e ne legge la prima pagina.
Gli amori segreti di Rachel Berry.
Voglio morire. Non può essere. Cosa ci fa una mia foto in prima pagina, CON FINN?!
Fisso la pagina come se il contenuto potesse magicamente cambiare, come se, al posto di “Rachel Berry”, comparisse il nome di Lady Gaga, o Katy Perry. L’articolo parla di me, parla di Finn, parla di Sam. Parla di come mi circondi di morte o di come io condizioni le persone e le porti a volersi togliere la vita. Come mi è già capitato di affermare, i giornalisti finiscono sempre per alterare la realtà. È un pezzo piuttosto polemico e offensivo e mi viene da piangere, ma il vero motivo per cui mi è impossibile trattenere le lacrime è che non sono riuscita a mantenere neanche l’unica promessa che avevo fatto a Finn: proteggerlo dai paparazzi e dai giornali. Strappo la pagina senza pensarci due volte e me ne vado via correndo, lontano da tutti.
«Rachel!» Mi chiama Sam, seguendomi. Non mi fermo, non voglio vedere nessuno!
«RACHEL!» È più veloce di me e mi raggiunge, afferrandomi per un braccio.
«Lasciami, Sam!»
«No, devi calmarti! Sapevamo che poteva succedere, abbiamo rilasciato interviste per un mese!»
«Cosa vuoi dire, che sono stata io a creare tutto questo casino?! Non ho mai parlato di Finn! Non ho idea di come sia potuto accadere!»
«Non sto dicendo che è colpa tua! Io…»
«Ah, no? E allora di chi è, Sam? Dimmelo, di chi è?!» E poi ho un’illuminazione. Una tremenda, quanto inconfutabile illuminazione. «Siete stati voi.» Sussurro.
«Come?»
«Siete stati voi! Eravate gli unici a sapere la verità! Eravate gli unici a cui ho raccontato una cosa così intima! Io mi fidavo!» Mi scrollo dalla presa di Sam e ricomincio a correre, sconvolta e furiosa.
«RACHEL!»
 
Come hanno potuto? Mi asciugo le lacrime mentre riempio la valigia con gli abiti alla rinfusa. Non posso crederci, ci dev’essere un errore, come ho potuto essere così cieca? Recupero dal bagno le mie creme e lo spazzolino e butto anche quelli nella tasca del beauty-case. Questa doveva essere una vacanza, per la miseria! Doveva essere rilassante e rigenerativa, e invece si è rivelata tremendamente distruttiva.
Come hanno potuto? Continuo a chiedermelo senza trovare una spiegazione plausibile. Io volevo bene ad ognuno di loro… sono perfino andata a letto con Sam! Voglio sprofondare.
Prendo la valigia e la borsa e, prima di uscire, il mio sguardo cade sul calendario appeso alla parete della stanza.
È il sette febbraio.

 
 
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LA TAVOLA DI CUP OF TEA – parte 2
Se non ne avete ancora abbastanza di matrimoni, banchetti e ricevimenti – e io credo proprio di no :P – qui potete trovare la mia fic per la Klaine Wedding Challenge, indetta da Ginny_Potter e Flan.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3031751&i=1
   
 
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