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Autore: Cristal_Lily    24/02/2015    2 recensioni
Pensieri, parole, sentimenti, vaneggiamenti di una notte fredda e solitaria. Quando senti il mondo crollarti addosso, quando ti rendi conto che il buio ti divora, cosa senti?
Questo non è altro che uno sfogo, il bisogno strampalato di parlare, di sfogarsi. Non sono altro che parole, probabilmente prive di significato per gli altri. Nulla di più. Semplici pensieri, avvenimenti che possono cambiare profondamente una persona nell'intimo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so neppure perchè lo sto pubblicando, probabilmente tra qualche ora, qualche giorno me ne pentirò. 
Ma d’altro canto, sono anche certa che nessuno leggerà o comunque arriverà alla fine di questo scritto. 
Non saprei neppure come definirlo, se posso davvero definirla una oneshot, probabilmente è totalmente fuori contesto, ma volevo pubblicarlo, volevo farlo. Per quale motivo? Non lo so, non è così interessante, ma avevo voglia di fare qualcosa di diverso dal mio solito. Scrivere mi aiuta, mi fa stare meglio, ed è da tanto che non lo faccio. Dovrei scusarmi con chi segue le mie storie dato che è qualche mese che non scrivo, ma non riesco a scrivere nulla di più allegro. 
Con questo chiudo l'introduzione/commento sul testo. 

* * *

 
Midnight


Il buio l’attorniava, facendole provare la sgradevole sensazione di essere sperduta nel vuoto più totale. 
Gli occhi socchiusi, appena aperti, lo sguardo spento, perso nei meandri della sua mente.
Il silenzio era assoluto, ma cosa si aspettava di sentire?
La notte era inoltrata, tutti dormivano pacati nei loro letti, tranquilli, a sognare. 
Lei invece? Lei era sveglia, lo sguardo pensate, la voglia di dormire ma la mente troppo sveglia e che non le dava tregua, neppure per un secondo. Neppure i suoi sogni erano tranquilli, anche quelli erano popolati da strani incubi, da morte, distruzione e desolazione. 
Forse era semplicemente un modo alternativo per vivere la desolazione che da giorni le appesantiva l’animo?
Voleva dormire. Agognava di riaddormentarsi, di sognare, almeno quelli sapeva che non erano reali, frutto della sua mente contorta. Non riusciva a dar loro un significato e si, spesso avrebbe tanto voluto sapere come mai li faceva. Erano strani, erano terrificanti, eppure li preferiva alla sua vita oramai monotona, che le andava stretta.
Dov’era finita la sua gioia di vivere? Dov’era sparita la voglia di sperimentare, di buttarsi su qualcosa di nuovo? 
Le mancava terribilmente. 
In quel vuoto, in quel buio totale la sua mente non le dava tregua, ma generalmente non le dispiaceva. 
Lei era sempre stata una grande sognatrice, le era sempre piaciuto immaginarsi mondi nuovi, diversi, storie di persone, di amici e d’amore che le regalavano sempre il sorriso.
Shine era sempre stata una persona relativamente solitaria, non per sua scelta in realtà. Aveva sempre amato stare con le persone, ma allo stesso tempo il suo essere chiusa non le permetteva di creare grandi rapporti d’amicizia. Ma ci conviveva. In alternativa le piaceva vivere nei suoi piccoli mondi di fantasia, le bastavano, la facevano stare bene e non era forse quello l’importante? 
Lo faceva da quando aveva otto anni, era tutto nato da un suo sogno e, da quella notte, non era più riuscita a fare a meno di creare, di immaginare, di sognare anche ad occhi aperti. 
Eppure non ci riusciva più. Dove era finita la sua fantasia? Perchè ogni volta che tentava quasi disperatamente di riprendersi quei mondi che le avevano tenuto compagnia per tutti quegli anni  non ci riusciva? 
Lei ne aveva bisogno. 
E mentre guardava quel vuoto desolante, si rese conto che per la prima volta lo sentiva anche dentro di sé. Si era sempre addormentata con il sorriso sulle labbra perchè c’erano i suoi sogni a tenerle compagnia, ma ora..non c’erano neppure più loro. 
Sapeva che tutto quello che sentiva, in quel momento, in realtà non aveva veramente senso e probabilmente anche ingiustificato.
Perchè? Perchè si sentiva così devastata quando, di fatto, la sua vita non era così orribile? 
Aveva una famiglia, aveva un lavoro, non perfetto e non duraturo, ma almeno aveva qualcosa. Aveva degli amici, non erano molti, ma erano fedeli, sapeva che tutto sommato ci sarebbero sempre stati per lei. 
Eppure, in quelle notti silenti il buio e il vuoto si impossessavano della sua mente e nulla più contava. Non vedeva la gioia, non vedeva le belle cose che aveva attorno, no.
Piangeva tutte le notti, da li ad una settimana. Non era passata una singola notte in cui non era riuscita a trattenere quelle maledette lacrime calde, salate, che le solcavano il volto e che la facevano sentire una stupida.
Perchè piangeva per quelle stupidaggini? Perchè doveva sentirsi una nullità? Si sentiva un’ingrata per quello che aveva: sapeva che c’erano persone che erano problemi ben peggiori, non era giustificata nel sentirsi triste per i suoi insignificanti problemi.
Malgrado ciò il buio non le voleva dare tregua, l’oscurità riusciva a mangiare quei piccoli barlumi di luce che aveva, facendola sentire…sopraffatta, malinconica, e stupida. 
Shine, in realtà, non era mai stata una persona semplice, e lei se ne rendeva conto perfettamente. 
Il suo passato aveva influenzato in modo negativo quello che ora, era il suo presente. 
La ragazza tentava sempre, in tutti i modi, di non pensare a quei difetti che la caratterizzavano, e cercava sempre di mostrarsi come una persona allegra, spensierata, piena di gioia. Ma lei non lo era. Non sempre per lo meno. C’era sempre una piccola parte di buio dentro di sè che però tentava di tenere nascosta. 
Ma per lei l’importante era riuscire a celare quel sentimento, cercare di non mostrare le sue debolezze agli altri, non voleva che la compatissero, non aveva bisogno di tutto ciò. Odiava quando le persone tentavano di psicoanalizzarla, quando cercavano di districare quello che lei era in realtà, cercando di interpretarla, come se la conoscessero veramente. Nessuno la conosceva davvero, e non voleva che qualcuno tentasse di carpire quella parte che trovava negativa. Perchè non potevano accontentarsi della luce, dei suoi lati positivi, senza asfissiarla per farla parlare dei propri problemi?
Ecco perchè anche quando non stava bene cercava sempre di far credere agli altri di stare bene.
Eppure..il buio che provava in quelle notti d’inverno, quella desolazione pressante aveva iniziato a stritolarla anche durante il giorno.
Era stato sopportabile quando quella sensazione di solitudine e vuoto l’avevano presa soltanto durante la notte perchè, il giorno dopo, si alzava e la maschera di felicità e di gioia che indossava, non le pesava, in realtà la faceva sentire quasi..meglio. 
Eppure quei giorni, ora, le sembravano così lontani. La sua vitalità sembrava sparita e le sembrava impossibile riuscire a ritrovarla. 
Lentamente si mise seduta, e si passò la piccola mano sul viso, sospirando pesantemente, stanca, eppure troppo sveglia per riuscire ad addormentarsi. 
Quella non era stata una settimana facile. In realtà non era successo nulla di grave, di catastrofico, eppure..erano bastate quelle piccole cose per farle crollare il proprio mondo addosso. 
Non aveva mai avuto una grande autostima nei riguardi di sé stessa, e sapeva che le sue esperienze passate avevano minato parecchio i rapporti che ora aveva con le nuove conoscenze. Non lo faceva apposta, e in realtà tutto questo non le pesava generalmente. Sapeva che era diversa, che non era una persona semplice da prendere, ma allo stesso tempo cercava comunque di essere una buona amica e di..migliorarsi. Aveva accettato quel suo lato non propriamente felice, e aveva sempre cercato di rendersi migliore, anche se forse inutilmente dato che spesso le rimproveravano di tenersi tutto dentro. Ci conviveva, o meglio, non ci pensava e dunque viveva tranquillamente la sua placida vita.
In quei giorni però..quelle sue piccole incertezze la stavano facendo sprofondare in quel baratro da cui non riusciva a vedere la luce. 
Accese la piccola luce che aveva accanto al letto, rendendo la stanza in penombra. La sua camera era semplice, forse un po’ incasinata, ma le piaceva. Era piccola, e sempre molto fredda, ma era il suo piccolo rifugio. Vi si rifugiava spesso in quei giorni. 
Con estrema lentezza la giovane posò i piedi a terra, scostando le pesanti coperte, e rimase lì, seduta sul letto, le braccia rigide e il busto leggermente sporto in avanti. 
Davanti a sè aveva uno specchio che rifletteva appena la propria immagine immersa nel buio. 
Shine, mantenendo quello sguardo apatico, osservava quell’immagine e più la osservava, più non riconosceva la persona che aveva di fronte a sé. 
Non si era mai piaciuta e questo le era sempre pesato. 
Si domandava come era possibile, perchè non riusciva ad accettarsi? 
Molti le dicevano che era bella, e quando lei negava fermamente, l’avevano sempre presa in giro, convinti che lei non cercasse altro che apprezzamenti, complimenti per compiacere il proprio ego. Eppure nessuno riusciva a capire che lei proprio non si piaceva.
Non riusciva ad accettare di essere così, e per quanto facesse di tutto per rendersi più bella, tutto sembrava inutile. Nonostante la dieta e l’esercizio fisico si vedeva soltanto più grassa, vedeva i suoi lunghi capelli spenti, rovinati, e la pelle grigia, priva di colore. 
Allungò la mano, carezzando quel viso sconvolto dal sonno, le occhiaie scure che le appesantivano lo sguardo e che di giorno copriva con il trucco, gli occhi rossi e i capelli rossi scompigliati. 
Perchè non poteva vedersi diversamente? Perchè nonostante cercasse di curarsi maggiormente non riusciva mai a vedersi bella? 
Sentì una lacrima scivolarle lungo la guancia, sentendo la rabbia montarle dentro.
Perchè si doveva sempre sentire in quel modo? Perchè non poteva sentirsi bella e amata almeno una volta nella propria vita? 
Deglutì rumorosamente e chiuse gli occhi, il corpo che le tremava, i pensieri che ripercorrevano l’ultima settimana. 
Non era successo un gran che eppure quei rifiuti che aveva ricevuto, l’avevano fatta crollare. 
Aveva veramente sperato di aver trovato un lavoro, di divenire finalmente indipendente. Quello che aveva non le piaceva, non era abbastanza. Lavorare due giorni a settimana non la facevano sentire appagata, continuava a sentirsi un peso per la propria famiglia. E ci aveva sperato con tutto il cuore quando era arrivata quella telefonata. Aveva sperato intensamente, aveva pregato affinchè la richiamassero per il secondo colloquio, ma nonostante le promesse, non era mai arrivata quella chiamata, e nuovamente si era sentita un’incapace. 
Lei aveva lavorato, aveva fatto un po’ di tutto e di esperienza ne aveva. E allora perchè nessuno la voleva per un lavoro fisso? Perchè non andava mai bene quando si parlava di un lavoro duraturo? 
E poi aveva tentato di tornare a vivere, di ricominciare ad uscire, anche con persone che non conosceva. Si, perchè ne aveva bisogno. 
Bramava l’amore, eppure non era quello che in quel momento necessitava. Voleva soltanto uscire, distrarsi, voleva soltanto conoscere nuove persone, fare amicizia. Eppure neppure quello sembrava funzionare, neppure quando sembrava aver trovato una persona tanto simile a sè stessa, neppure quando aveva visto che le loro uscite non andavano così male. Neanche in quel caso lei era riuscita a tenersi quella persona. Perchè? Aveva fatto troppo? Aveva saputo fin dall’inizio che uscire con quella ragazza non avrebbe portato a chissà cosa, eppure c’era rimasta male quando era sparita dopo pochi giorni, per..cosa?
Ma del resto quella non era che la storia della sua vita. Perdeva sempre chi le stava accanto, nessuno sembrava volerla. 
Invidiava così tanto quelle persone sicure di sè, quelle circondate da amici e tanto amate, tanto volute. Lei non era mai stata voluta. Non si era mai sentita veramente desiderata, apprezzata. 
Faceva sempre qualcosa di sbagliato, era sempre lei quella a sbagliare. 
C’era chi semplicemente spariva dopo pochi giorni o dopo anni. Lei..non era stupida, e capiva che le relazioni, che fossero di semplice amicizia o d’amore, non erano perfette e molte non durature. Non era quello che le pesava in realtà. Quello che non sopportava era l’incertezza, il non sapere perchè tutti, presto o tardi, sparissero, senza neppure una spiegazione.
Le era capitato così tante volte che oramai non riusciva neppure a contarle. Ecco perchè era crollata. Perchè per l’ennesima volta, lo stesso giorno, si era sentita rifiutata quando aveva creduto davvero di aver trovato qualcosa, un piccolo nuovo inizio per la sua vita che però era andato in frantumi per un qualcosa che..era andato storto. Ma quale? 
E poi c’era chi le dava tutte le colpe, perchè non si apriva, perchè non riusciva a confidarsi. Nessuno sembrava riuscire a capire che per lei quelle cose non erano facili. Era stata abbandonata e lasciata così tante volte, per motivi inesistenti che oramai non riusciva a fidarsi di nessuno. Non ce la faceva, aveva sempre quell’insana paura che un giorno tutti l’avrebbero lasciata che no, non voleva aprirsi. 
Oramai si era abituata all’idea che la colpa fosse propria, del resto…se tutti scappavano da lei, non potevano essere tutti sbagliati no? Era sempre lei il comune denominatore, dunque sapeva che la colpa era propria. 
Come poteva dunque fidarsi di qualcuno? Come poteva aprirsi con qualcuno per poi vederlo sparire una volta che aveva messo a nudo la propria vita e le proprie emozioni? Non lo voleva fare, e questo gli altri spesso non lo accettavano.
Loro si comportavano allo stesso modo, mai nessuno si era aperto con lei quando aveva tentato di essere presente, dunque perchè doveva farlo altrimenti era la stronza di turno? Perchè doveva sempre essere lei a sentirsi in colpa? Perchè doveva sempre scusarsi? 
In realtà Shine sinceramente non riusciva a capire come potessero restarle accanto quei pochi amici che aveva: per lei era un vero e proprio mistero, soprattutto in quel momento di debolezza.
In quel momento si sentiva così piccola, così insignificante. 
Non riusciva ad aprirsi neppure alla propria famiglia. Loro..avevano i loro problemi, e anche quando tentava di approcciarsi, di sfogarsi…la ignoravano. 
Lei si preoccupava sempre per tutti, le sembrava che il peso della propria famiglia, delle preoccupazioni dei suoi genitori ricadessero anche sulle proprie spalle. E si sentiva inutile. Stavano male, e lei non poteva fare nulla. Non riuscivano ad arrivare a fine mese, e nel frattempo lei, nonostante i ventiquattro anni suonati e la laurea, non riusciva a trovare un lavoro per aiutarli. I suoi fratelli, dall’altra parte, erano i prodigi, quelli che sicuramente avevano già il futuro scritto, segnato. Dei piccoli prodigi. E lei? Chi era? Quella che non faceva altro che sprecare soldi nelle sue piccole passioni? 
Quella che non aveva il coraggio di dire alla propria famiglia chi era veramente? Che si vergognava di essere sè stessa anche nell’intimo della propria casa?
Si sentiva così sbagliata, e così inutile.
Voleva superare quel buio, in quel momento voleva soltanto riuscire a superare quel brutto momento, ma non ce la faceva. Vagava da giorni con lo sguardo spento e nessuno si era neppure accorto che qualcosa non andava. 
Improvvisamente si prese la testa tra le mani e iniziò a respirare, profondamente, cercando di superare quella crisi che le stava tormentando. Aveva voglia di urlare, di piangere, voleva restare sola. Eppure non voleva allontanare le persone della propria vita. Non voleva farle scappare per quel momento buio, ma come poteva trattenersi? 
Era una persona stupidamente orgogliosa, ed era arrabbiata con se stessa, cosa che la portava a trattare male gli altri. Era sbagliato e quello la faceva sentire anche peggio. Perchè non riusciva ad essere una persona normale? Perchè semplicemente non poteva essere come tutti la volevano? Perchè non poteva semplicemente sfogarsi e lasciarsi consolare? 
Aveva così voglia di essere amata, voluta ed apprezzata. Eppure non lo permetteva a nessuno. Non ce la faceva. 
Forse era masochista. Anzi, doveva esserlo. E la cosa la faceva arrabbiare, la faceva sentire un inetta. Sembrava così semplice aprirsi, cercare di lasciarsi andare. Eppure non ce la faceva. 
Si sentiva così sbagliata…ed era stanca di sentirsi in quel modo. Lei odiava sentirsi così. Non aveva senso. Abbattersi per cosa? Per un lavoro? Per una conoscenza appena persa? Eppure c’erano tutte quelle piccole battaglie perse, quei piccoli dettagli che si insinuavano nella sua mente e che, come lame di acciaio, andavano a scalfirle l’anima e il cuore. 
Quelle sue piccole insicurezze che si, di tanto in tanto la destabilizzavano ma che riusciva, in qualche modo, a tenere sotto controllo, in quel momento, in quella notte senza luce, la stavano lacerando. 
Riaprì gli occhi soltanto quando, ad un tratto, un rumore soffocato la distrasse da quei maledetti pensieri. 
Guardò il suo viso sfigurato dalle lacrime e dal vuoto, ma non si soffermò ad osservarsi ulteriormente, si limitò ad osservare la porta chiusa della propria camera. 
La casa si stava risvegliando. 
Aveva passato un’altra notte insonne, a piangere, a buttarsi giù. 
Chiuse senza neppure pensarci la luce e si raggomitolò sotto le coperte, nuovamente, tornando a guardare il soffitto buio, asciugandosi le lacrime con la mano. 
Il nuovo giorno stava sorgendo, e ancora una volta, non aveva superato quella depressione che stava provando. Continuava a sperare di risvegliarsi un giorno felice, tutti quei brutti pensieri spariti, eppure non accadeva più. 
Come poteva superare il tutto? Non lo sapeva, e non riusciva a chiedere aiuto a nessuno. Sapeva che, se anche ci avesse provato, la gente avrebbe tentato di mostrarle quello che aveva, avrebbe tentato di mostrarle quella debole luce che aveva dentro di se. Non l’aiutava. Lo sapeva, ci avevano già provato e tutte quelle parole non l’avevano che fatta sprofondare ancor di più, perchè sapeva che avevano ragione, ma non riusciva a crederci veramente. Sapeva che lei aveva una bella vita tutto sommato, che aveva l’amore di molte persone ma che in quel momento le sembrava così fievole, così..facile da distruggere.
Lo voleva davvero? Distruggere tutto quello che aveva per quelle sciocchezze? No, nel profondo non lo voleva veramente, ma era come se non avesse più avuto il controllo della propria vita. Non riusciva a fermare le persone a cui teneva, non riusciva a fare quel passo verso di loro., era come bloccata, quell’oscura presenza che teneva prigioniera la sua anima e la sua volontà e che divorava, lentamente, tutto quello che di bello aveva. 
Piano, la giovane, sospirò e chiuse gli occhi. 
Voleva dormire. Voleva tentare di riposare almeno un poco prima di doversi alzare e affrontare un altro giorno. Magari quello sarebbe stato il giorno della svolta. Forse finalmente avrebbe finto contro quell’oscurità che la divorava. 
Ci sperava davvero. 
  
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