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Autore: calmali    24/02/2015    3 recensioni
È assurda la vita.Ti fa assaporare la felicità solo per togliertela poco dopo.
Spesso mi chiedo chi sia il responsabile, chi distribuisce la felicità?
C'è un addetto speciale? Si, insomma, funziona come nei supermercati dove c'è l'addetto al pesce, quello alla carne e uno che si occupa solo della verdura? Se fosse davvero così non posso fare a meno di pensare che la prerogativa dell'addetto alla felicità sia solo ed esclusivamente una: crudeltà.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Sam Evans, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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«Non andartene. Ti prego, resta.»
 

Non volevo girarmi. Non volevo incontrare quegli occhi tanto scuri. Quegli occhi che mi avevano fatto compagnia per la notte appena passata, a me che non ricercavo mai compagnia ma che ero obbligata a venderla.

Ero stata una stupida, avevo mandato a puttane già! Questa fa ridere tutte le regole che mi ero imposta. Cosa diamine mi era passato per la mente?

Avevo fatto parecchi passi falsi e ne stavo pagando le conseguenze. Non avrei dovuto baciarla; Non avrei dovuto accarezzarla tanto dolcemente; Non avrei dovuto sussurrare parole rassicuranti; Non mi sarei dovuta immergere nei suoi occhi e sicuramente non mi sarei dovuta addormentare con lei tra le mie braccia.


«Se sei bisognosa di coccole non è stata una buona idea pagare una prostituta.»
 

Parole fin troppo acide e dure per la Brittany di sette anni prima, la vera Brittany, ma estremamente coerenti con quella che se ne stava di spalle vestita di pochi stracci pronta a fare di tutto per una manciata di denaro.

Respirai profondamente, l’aria mi riempì i polmoni, riuscivo a sentirla ma il bisogno di altra aria continuava a mangiarmi viva. Mi voltai, il suo corpo nudo coperto da un piumone pesante mi scaldò il cuore.


«I miei amici che mi definiscono “scontrosa” sono degli idioti, direi che sono sopravvalutata in confronto a te.»
 

Sembrava essersi scollata di dosso il tono bisogno, il tono con cui mi aveva chiesto di restare. Ero certa non lo usasse con tutti e non riuscivo a capire perché l’avesse utilizzato con me. Ne aveva acquistato uno decisamente più sicuro e quasi spavaldo.

Aveva i capelli corvini estremamente arruffati, il trucco reliquia della sera passata e un segno rosso sul collo prova del mio passaggio. Perché diamine riuscivo a trovarla tanto bella?


«Senti! Il mio lavoro è finito. Non so neanche perché mi trovo qui, dovrei essere dall’altra parte della città in questo momento.»
 

Già! Avevo altro da fare, impiegavo tutte le mie mattine alla ricerca di un lavoro, in sette anni avevo trovato, di tanto in tanto, qualche lavoro part time che, però, non mi bastava.

Dovevo trovare un lavoro stabile, un lavoro sicuro se volevo avere anche la più minima possibilità di riprendermi Emily.


«Ti devo pagare!»
 

Tirò su la schiena mettendosi a sedere comodamente appoggiata allo schienale del letto. Sembrava non essere turbata dalla cosa e guardandomi intorno non poteva che essere così. In quell’istante iniziai a chiedermi come potesse avere una casa così, che lavoro facesse. La prima ipotesi, quella probabilmente più realistica, la vedeva ereditiera.


«Non lo farò prima di un bagno caldo e della colazione. Se ti vuoi unire sei la benvenuta.»
 

Ero soddisfatta, la sera prima l’avevo sciolta a meraviglia e sembrava risentirne ancora. Si alzò lasciando il piumone sul letto e sculettando davanti a me verso la doccia completamente nuda varcò la porta di quello che doveva essere senza dubbio il bagno.

Aveva completamente ignorato le mie parole? Si, lo aveva fatto spudoratamente. Sapevo poco di Santana ma di certo ero riuscita a capire immediatamente quanto fosse testarda. Mi aveva chiesto di restare ed è quello che sarebbe riuscita ad ottenere.

Boccheggiai per diversi istanti. Ero eccitata, dopo così tanti anni in cui il sesso per me era stato solo un lavoro e niente di più, in quel momento riuscii a capire che con Santana non era solo lavoro e non sarebbe stato solo lavoro. Una piccolissima parte di me, quella che un tempo avrei definito come “le mie fatine”, continuava a sussurrarmi che non era neanche solo sesso.

Scossi la testa nel tentativo di acquistare un minimo di razionalità. Non ci riuscii del tutto, avevo troppe emozioni in circolo, troppe sensazioni che mi stavano confondendo.

Entrata in bagno il vapore caldo creato dall’acqua che riempiva la vasca mi colpì. Respirai profondamente (di nuovo), questa volta con l’intento di percepire ogni sfumatura del profumo che mi inebriò. Era la versione più intensa di quello che avevo sentito la notte passata.

Santana immersa nella schiuma non sembrava intenzionata a togliermi gli occhi di dosso. Ero abitata a sentire sguardi puntati su di me. Molti mi guardavano con desiderio, altri con disapprovazione, la maggior parte con pietà ma quella ragazza mi stava guardando in modo diverso, un modo a me sconosciuto.


«E dai Biondina! Non ti sto chiedendo di sposarmi, è solo un bagno. Ho la sensazione che tu abbia bisogno di rilassarti.»
 

Sorrisi, non ero davvero tesa, nervosa o scontrosa, ero solo preoccupata, spaventata dalle sensazioni che il mio corpo continuava a farmi notare, che la mia mente non smetteva di sottolineare ma che io volevo a tutti i costi ignorare. Insomma… non avevo mai creduto al colpo di fulmino (per lo meno non da sette anni a quella parte) perché dovevo iniziare a crederci proprio in quel momento? Perché volevo complicarmi la vita?

Ero una prostituta e il sesso era alla base dei miei giorni. Non mi consideravo lesbica ma di certo Santana era di una bellezza da togliere il fiato, era normale mi sentissi come appena uscita da una centrifuga in lavatrice, no?


«Non ero io quella tesa come una corda di violino.»
 

Voleva provocarmi? Bene, ero brava in quel gioco, ero diventata molto brava. Mi sbottonai la minigonna di pelle lasciandola cadere a terra e altrettanto velocemente tolsi le calze a rete e il top striminzito. I miei vestiti si ritrovarono quindi in un angolo della stanza e il mio corpo non ne sentiva la mancanza.


«Non hai una risposta brillante da offrirmi?»
 

Le chiesi prima di immergere il primo piede nell’acqua calda quando il silenzio da parte sua diventò più costante di quanto mi fossi immaginata. Mi ero aspettata una risposta spiccata, mi sembrava il tipo che aveva sempre qualcosa da ribattere ma in quel caso c’era molto di più dietro alla sua sicurezza, era quel qualcosa che l’aveva fatta innervosire la sera prima e che io avevo sciolto sapientemente ed era quel qualcosa che quella stessa mattina l’aveva spinta a chiedermi di rimanere.

Allargò le gambe facendomi spazio tra le sue braccia. Presi posto lì, con la schiena appoggiata al suo petto bollente tanto quanto l’acqua. Mi lasciai inconsapevolmente andare ad un sospiro di piacere. La vasca, nella gabbia per topi in cui vivevo, la sognavo e basta, io e Puck avevamo solo una doccia mezza arrugginita e l’acqua la metà delle volte era fredda.

Sentivo il suo corpo, pressato contro il mio, teso come la notte passata, ero consapevole di esserne la causa o meglio, le mie parole ne erano la causa.


«Mi dispiace. Ti sto obbligando a fare qualcosa che non vuoi. Ti sto usando ed è scorretto da parte mia. »
 

Ancora una volta il suo tono di voce subì una variazione. Sorridi trovandola estremamente adorabile, potevo vederla solo con la coda dell’occhio ma la sua espressione era chiara ai miei occhi. Aveva le labbra strette tra di loro, gli occhi scuri che contemplavano il vuoto, velati da un lieve strato di tristezza e forse c’era anche del senso di colpa.

Tentò di alzarsi, cercò di far leva sulle mani appoggiate ai bordi della vasca ma senza pensarci due volte la fermai. Posai le mie mani sulle sue e mi lasciai andare tra le sue braccia.


«Forse non ti è chiaro ma sono una prostituta, vengo usata ogni dannata notte.»
 

Un brivido mi attraversò la schiena e mi sembrò di percepirne uno gemello sul corpo di Santana. Chiusi gli occhi per diversi istanti. Perché si stava preoccupando per me?

Mi spostò i capelli sul lato destro del collo, la lasciai fare. Una manciata di secondi e un bacio inaspettato, leggero come il vento e puro come la neve, si posò sulla mia spalla sinistra facendo tremare il cuore cucito che mi ritrovato nella scatola toracica.

Era un segno di scuse forse. Lo interpretai così e fu dolcissimo pensarlo come tale. Aveva un grande cuore, lo riuscivo a percepire dietro a quello strato di catrame che si era spalmata addosso per pararsi dalle ferite, fin troppo simile a quello che avevo ingerito per difendermi dal mondo.

La verità era che lei non mi aveva davvero usata. Aveva tentato di farmi rimanere, qualche minuto prima, con la scusa del denaro ma non mi aveva usata, nemmeno in un singolo istante. Non pronunciò una sola parola, non fu necessario quel dolce bacio a fior di pelle bastò.


«Tu non hai bisogno di una prostituta. Perché vuoi pagarne una?»
 

Non fu una domanda troppo articolata, arrivai direttamente al sodo, era dal momento esatto in cui avevo posato il sedere sul sedile della sua macchina che la stavo ponendo a me stessa.

Titubò diversi istanti. Sentivo il suo respiro infrangersi sulla pelle del mio collo, caldo e lento.


«È complicato.»
 

Dalle mie labbra uscì una risata fragorosa, quasi di scherno. Davvero credeva che fosse sufficiente come risposta? Scossi la testa contrariata.
C'erano così tante cose complicate nella vita che potevano essere spiegate. Trovavo la sua risposta estremamente stupida. Era una di quelle risposte che di solito si propinavano nei momenti in cui non si aveva voglia di parlare di un determinato argomento e in quel momento era chiaro che quello ne fosse un caso palese.


«Non mi aspettavo una risposta tanto da cliché.»
 

Ancora una volta la provocai e se già i suoi muscoli potevano definirsi rigidi, in quel momento divenne una statua. Stavo spargendo del sale su ferite profonde, cicatrici aperte. Perché ero ancora lì? Perché le stavo ponendo delle domande ed insisteva per avere risposte? Cercai di trovare la risposta giusta in me stessa ma di essa neanche l’ombra.


«Le risposte da cliché sono le mie preferite.»
 

Non era così, semplicemente non voleva rispondermi, non voleva svelare parti della sua vita ad una prostituta con cui aveva passato una notte di solo sesso.

Posai gli occhi sulla parete davanti a noi, era rossa, un rosso caldo e sensuale che andava a scontrarsi con il nero della parete adiacente e il bianco di quella opposta. Per qualche strana ragione pensai che quella scelta di colori rappresentasse l’anima di Santana.


«Va bene. Come vuoi.»
 

Non dissi molto altro. Feci finta che non mi importasse niente ne’ di lei ne’ delle sue difficoltà nel trovare una ragazza da una notte sola. Feci leva sulle braccia e mi alzai attenta a non scivolare come una totale cogliona. Non volevo rimanere in quella casa un secondo di più. Dio! Ero parecchio lunatica ma era solo ed esclusivamente colpa di Santana.

«Devo andarmene. È giorno.»

Le dissi in modo acido. Indossavo la divisa da peostituta solo ed esclusivamente perchè avevo solo quella con me, in caso contrario io non stavo lavorando, non avevo doveri "da prostituta".

«Aspetta. Devo pagarti.»
 

Sentii la sua voce ma non mi bloccai, presi i vestiti a terra ed iniziai a vestirmi. Avevo la pelle ancora bagnata ma non mi importava. La vidi di sottecchi alzarsi ed infilarsi un accappatoio.

Pochi minuti e potevo definirmi “vestita”. Sentivo i vestiti appiccicati fastidiosamente alla pelle umida, ogni goccia d’acqua si sarebbe congelata una volta solcata l’uscita.

Scesi le scale verso il soggiorno dove recuperai la mia borsa. Santana mi seguì silenziosamente, probabilmente era d’accordo silo vedermi andare via, in contrasto assurdo con ciò che aveva detto quella mattina.

 

«Tieni.»

 

Aprì un cassetto nel mobile vicino ad una libreria enorme. Mi porse diverse banconote ed io le infilai nella mia borsa senza dire niente.
Mi fece cenno di attendere un istante e fui tentata di scappare via senza neanche salutarla. Le prostitute non devono salutare no?
Sbuffai rumorosamente incrociando le braccia al petto. Approfittai del momento per osservare meglio la casa della latina. Che fosse bellissima Santana, la casa, l'avevo già notato ma non avevo fatto caso a molti piccoli particolari che la rendevano assurdamente bella.
Posai gli occhi su un cd appoggiato ad un muro. Era incorniciato. Sembrava essere uno di quei cd che danno ai cantanti dopo che hanno raggiunto un certo numero di copie.

Tornò qualche minuto dopo e distolsi gli occhi dal cd dimenticandomene poco dopo con la troppa voglia di sparire.

 

«Fuori c’è freddo. Copriti. Se vuoi posso accompagnati…»

 

Scossi la testa immediatamente senza neanche farla finire di parlare. Mi aveva offerto una felpa rossa, sicuramente sua, e un passaggio. Accettai solo la felpa, l’infilai prima di uscire dalla porta. Sarebbe stata una bella camminata, senza dubbio non piacevole ma ancora una volta non mi importava.

 

«Non so neanche il tuo nome.»


Mi aveva seguito fino all’uscita restando sull’uscio. Per un istante mi sembrò di essere in Pretty Woman, senza un reale motivo ma con la consapevolezza di esserne la protagonista. Julia Robert era una copia di me un po’ meno acida probabilmente.


«Brittany»
 

Non ebbi neanche la decenza di voltarmi per osservare quello splendore un ultima volta. Iniziai a camminare lasciandomi alle spalle tutto ciò che era successo quella notte. Le avevo rivelato il mio nome, non lo facevo mai ma non era un grande problema, avevo già infranto così tante “regole della prostituta” che una in più non avrebbe cambiato assolutamente niente.

Non l’avrei più rivista, ne ero certa. almeno era ciò che pensavo.



serendipity's space
ecco qui il secondo capitolo. Dopo il matrimonio Brittana sono al settimo cielo, sperlo lo siate anche voi.
In ogni caso sto valutando se continuare o no la storia. Ditemi voi cosa ne pensate, se ne vale la pena, se vi piace. Aspetto vostre recensioni. :3
p.s Grazie a tutti coloro che hanno recensito il primo capitolo e che l'hanno letto ❤

 

   
 
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