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Autore: melhopes    25/02/2015    5 recensioni
“E se non dovessi incontrarla di nuovo?”
“Senza volerlo, vi siete incontrati tre volte. Accadrà di nuovo e, quella volta, le parlerai”
“Me lo assicuri?”
“Dovessimo andare in capo al mondo, Harry”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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#3
 
Parcheggia con una maestria che non le avrei mai associato e, dopo aver spento l’auto, mi rivolge una strana occhiata.
 
Non capisco se sia soddisfatta per come ha guidato, per aver scelto la destinazione o per aver accennato alla faccenda “appuntamento”.
 
<< Cosa? >> le domando, curioso.
 
Prende a fissarmi intensamente. I suoi occhioni brillanti scrutano i miei. Spero di avere un bell’aspetto. La sua presenza mi rende un tale idiota.
 
<< Quanto sei a tuo agio con tulle, unicorni e porporina? >> cambia argomento con un sorrisino di derisione.
 
Mi spiazza. Dove mi ha portato? Non è facile decifrare quello che faremo da un parcheggio sotterraneo. Probabilmente avrei dovuto prestare attenzione a ciò che ci circondava o, in generale, al percorso. Il problema è che non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso.
 
Non ho mai avuto occasione di osservarla immersa in qualche attività prima di adesso e non potevo prestare attenzione a qualcosa di irrilevante come il paesaggio avendo un simile dono al mio fianco.
 
Cosa dovrei risponderle adesso? Ho quasi l’impressione di potermi mettere nei guai con la frase sbagliata.
 
Mi strofino il retro del collo. << Ehm… >> inizio, incerto.
 
La sua espressione seria contrasta la disperazione che caratterizza il mio viso.
 
<< Questa domanda è davvero rilevante? >> continuo.
 
Scoppia a ridere, chinando il capo. Sgrano gli occhi, allibito sia potuto succedere per una domanda simile.
 
Ero così buffo? Ho davvero il potere di farla ridere? Mi abituerò mai?
 
La sua risata fragorosa mi contagia. Le mie labbra si allargano in un sorriso.
 
<< Dovevi vedere la tua faccia. E’ stato esilarante! >> commenta, tornando a rivolgermi lo sguardo.
 
Aggrotto la fronte. << Non indosserò nessun tutù rosa? >>
 
Scuote la testa mentre cerca di smorzare la risata prendendo dei bei respiri.
 
<< Peccato – commento come se mi dispiacesse- avrei potuto mostrarti il mio fascino con… >>
 
<< Pensavo ne avessimo già parlato. I colori pastello non mettono in risalto i tuoi occhi >> alza gli occhi al cielo, fingendosi seccata.
 
Si slaccia la cintura. << E io non ho alcuna intenzione di vederti indossare una gonna >> continua.      
 
<< In quel bagno non mi sembravi così riluttante >> insinuo.
 
Trattiene un sorriso e scende dall’auto. Rendendomi conto non mi stia aspettando ma, bensì andando via, mi affretto ad imitarla. La raggiungo e, una volta al suo fianco, noto stia sorridendo. Ancora. Per me.
 
<< Quello che è successo in quel bagno rimane in quel bagno, okay? >> mette in scena una minaccia.
 
<< Stai rinnegando Carry in questo modo? Sei senza cuore! >> esclamo, portandomi teatralmente le mani al cuore.
 
Mi guarda di sottecchi e mi dà una lieve spinta con la spalla. << Non mi dimentico di Carry >> afferma.
 
La guardo stranita e, come se sentisse il peso del mio sguardo su di sé, aggiunge: << O di te >> il suo tono è serio.
 
Di me? Cosa dovrebbe voler dire? E’ positivo, vero?
 
<< Di me? >> esterno.
 
Annuisce. << Solo perché tu lo sappia, siamo in un centro commerciale >> sussurra.
 
Ha cambiato argomento. Come suo solito. Le nostre conversazioni seguono sempre i suoi tempi, lasciandomi a brancolare nel buio; lasciandomi morire dalla curiosità.     
 
Non potendo insistere sulla questione “me”, cerco di riportare la conversazione su quell’argomento leggero che tanto la faceva sorridere.
 
<< Ci sono gonne qui. Perché credi che mi sottrarrei dal provarti io abbia ragione? >> scherzo, inclinando appena il capo dalla sua parte.
 
<< Dentro di me spero ancora tu abbia un briciolo di dignità >> ironizza, fermandosi di colpo.
 
 La imito. << Esci con me per la mia dignità? >> mi fingo sconvolto.
 
Mi lancia un’occhiata eloquente, incrociando le braccia al petto. << Mi ricordi perché siamo qui? >>
 
<< Mhm, probabilmente perché vuoi saltarmi addosso >> pronuncio, non riuscendo a trattenere un risolino sul finale.
 
Rotea gli occhi. Non aggiunge altro. Il suo volto si irrigidisce.
 
Ho quasi l’impressione di star facendo qualcosa di sbagliato. Tirare troppo la corda, magari? Essere inopportuno? Forse dovrei cambiare rotta. Magari non è esattamente il tipo di appuntamento che aveva in mente. Magari non le sto offrendo ciò che desidera.
 
Tace, ancora. Questo suo silenzio mi sta torturando. Anche se so quanto sia folle visto non sia successo effettivamente nulla di brutto. Per adesso.
 
<< Come mi hai scoperta? >> esterna, scoppiando a ridere.
 
E’ la frase più bella che avrei mai potuto udire in questo momento. E la sua risata! E’ e sarà sempre il mio suono preferito. Diecimila volte meglio del modo in cui qualsiasi altra persona potrebbe pronunciare il mio nome per offrirmi del cibo.
 
Probabilmente non le sto dando il peggior appuntamento di sempre. Potrebbe addirittura essere il migliore se continuassi ad essere me stesso. In fondo, è me che vuole, no?
 
E’ a me che ha chiesto di restare ieri sera. Ed è per me che è qui. Non per il cameriere della locanda. O per chiunque altro.
 
<< Non è difficile quando hai un corpo come il mio –mi indico con entrambe le mani- Sono i rischi che corro >>
 
Scuote la testa, schioccando divertita la lingua.
 
<< Mamma me l’ha sempre detto: “Figlio mio – modifico la mia voce affinché sia leggermente più acuta - crescendo tante ragazze vorranno sperimentare la lezioncina sulle api con te. Vorranno portarti in posti strani ma tu non devi fidarti di nessuna di loro” >>
 
<< La lezioncina sulle api? >> chiede mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a ridere.
 
Mi stringo nelle spalle. << Mia madre usa un linguaggio accessibile. Ed ero pur sempre un bambino >> mi difendo.
 
A guardarla, così, vestita di tutto punto per me, in un parcheggio sotterraneo, non riesco a non ritenermi la persona più fortunata di questo mondo.
 
Chiude gli occhi e si lascia andare ad un’adorabile risatina.
 
E vorrei baciarla. Vorrei posare le mie labbra sulle sue e mostrarle quanto amore ho da darle. Ma non posso. Devo trattenermi. E’ così difficile.
 
Riapre gli occhi. Questo mi aiuta a distrarmi. << Quante speranze ho di convincerti a non dar ascolto a tua madre? >> domanda.
 
Per un istante potrei giurare sia più di un semplice scherzo. Sembra una richiesta. Assomiglia al suo modo di esporsi senza farlo per davvero. Assomiglia a tutto ciò che amo di lei.
 
<< Mhm, non ho mai davvero ascoltato i suoi discorsi sulle ragazze >> sussurro con un po’ di malizia.
 
Mi guarda desiderosa io continui.
 
<< Se così fosse, non avrei conosciuto te >> proseguo. << E, per la cronaca, non mi lascio trasportare solo chissà dove da chiunque >>
 
Spalanca le palpebre per un istante. Una dimostrazione di stupore?
 
<< Sono grata tu sia un ribelle >> pronuncia quasi imbarazzata.
 
<< Solo per questo? >> insinuo, avvicinandomi al suo viso.
 
Sono a dieci centimetri dalle sue labbra. Il mio desiderio di baciarla si sta ripresentando e non so per quanto riuscirò a dissimulare. Lei, dal canto suo, non sembra fare una piega.
 
<< Dovrebbe esserci altro? >> mi punzecchia sostenendo il mio sguardo. 
 
Non so davvero cosa replicare. Per la prima volta sono in seria difficoltà. Non riesco a pensare correttamente a questa distanza dalla sua persona.
 
Torno alla mia precedente posizione. << Perché un centro commerciale, Char? >> cambio argomento, sperando possa aiutarmi.
 
Abbozza un sorriso e riprende a camminare, lasciandomi indietro.
 
Cos’ho sbagliato adesso? E’ per caso offesa perché, in realtà, desiderava la baciassi e non l’ho fatto? No. Non credo desideri lo stesso. Sarebbe troppo bello.
 
La raggiungo. Ha una strana espressione. << Tutto okay? >> mi accerto.
 
Annuisce ad occhi bassi. Si ferma a pochi passi dalla porta a vetri che dal parcheggio sotterraneo porta all’interno del centro commerciale. Abbastanza distante affinché i sensori non si attivino.
 
Mente. Qualcosa la preoccupa. O la rende incredibilmente nervosa. Lo percepisco dal modo in cui si tormenta l’interno del labbro.
 
<< Puoi dirmi qualsiasi cosa >> mi azzardo a ricordarle.
 
Sobbalza. Mi rivolge lo sguardo e abbozza un sorriso. << E’ quello che sto provando a fare >>
 
Ricambio, sfiorandole appena il braccio.
 
Col capo mi fa segno di proseguire. Senza aggiungere altro, oltrepassiamo la porta e lasciamo che le scale mobili ci conducano al primo piano.
 
Non proferisce parola e mi ferisce vederla così taciturna. Ha un’espressione così triste. Di una sofferenza a cui ci si è aggrappati per troppo. Mi ricorda quel singolare sospiro a cui si era lasciata andare in bagno. Prima di dirmi quanti anni avesse.
 
<< Sembra carino >> commento immediatamente, una volta arrivati in cima.
 
Ho bisogno di mettere in moto una conversazione leggera cosicché possa tornare spensierata. Quell’orribile nuvola nera che la tormenta deve sparire.
 
<< E’ uno dei miei posti preferiti >> ammette.
 
<< Davvero? >> continuo, sperando che il mio sincero interesse nei suoi confronti possa aiutare.
 
<< Ci vengo almeno tre volte al mese >> sorride.
 
<< Deve avere qualcosa di speciale per essersi guadagnato il tuo affetto >> constato.
 
Sembra quasi io stia parlando di una persona. Me ne pento immediatamente.
 
Mi rivolge un’occhiata. Il velo di tristezza sembra essere sparito. << Il secondo piano >>
 
<< Il secondo piano? >> ripeto, stranito.
 
<< Lo capirai quando lo vedrai >> mi assicura. << Ci andiamo più tardi >> prende a camminare.  
 
La seguo, senza curarmi di dove sia diretta. << Quindi ha il tuo affetto >> insinuo ripetendomi, interessato alla faccenda.
 
Mi lancia un’occhiata di traverso e accenna un sorriso. << Dove vuoi andare a parare? >> domanda.
 
Credo di non poterla raggirare. Non che io sia un esperto. Smetto di funzionare solo all’idea che i suoi occhi abbiano scelto di posarsi su di me!
 
<< Mi chiedevo solo quali fossero i requisiti per meritare il tuo affetto >> ammetto, senza ulteriori giri di parole.
 
Non potrò mai essere più a nudo di così. E, onestamente, lei è l’unica per cui varrebbe la pena rischiare il proprio cuore. Ora e sempre.
 
Si stringe nelle spalle. << Non ci ho mai pensato – ammette- Sii solo te stesso >> mi lancia un sorriso sul finire della frase.
 
<< Solo me stesso? >> e, dopo aver esternato quella domanda, mi ritengo un idiota.

 Non è abbastanza palese? Che bisogno ha la mia bocca di farmi passare per un ritardato?
 
<< Hai presente i pregi che non riuscivo a trovare in quel bagno? >>
 
Aggrotto la fronte. Sta davvero per dire qualcosa di carino? Annuisco per permetterle di andare avanti.
 
<< Potrei avere un paio di idee per una lista, adesso >>
 
I miei occhi si spalancano. Questo è il suo modo di dire quanto di più carino ci sia al mondo. E, nonostante il fatto non sia esplicito, lo adoro. Mi intriga, sempre.
 
<< Io…io >> mi blocco di colpo quando mi rendo conto io stia solo balbettando un pronome personale non a caso senza, però, andare avanti.
 
Scoppia a ridere. << Il tuo cervello va in panne per così poco? >>
 
<< Non è poco per me >> sussurro.
 
Trattiene a stento un sorriso compiaciuto. In men che non si dica avvolge la sua mano intorno al mio polso e mi trascina in un negozio.
 
Il suo tocco è, come sempre, capace di causarmi i brividi. La sua scelta di contatto fisico potrebbe commuovermi.
 
 
 
 
 
 
<< Harry? >> mi chiama.
 
Riesco a distinguere l’incertezza nel suo tono. Deve aver aperto le tendine del suo camerino e dev’essersi stranita quando non mi ha visto lì fuori come, invece, le avevo promesso avrei fatto. Non credo sappia che sono proprio nel camerino accanto al suo.
 
<< Un attimo >> pronuncio, rivelando la mia posizione onde evitare vada via.
 
<< Dove sei? >>
 
<< Camerino accanto >> rivelo, avendo quasi finito di vestirmi.
 
<< Non avevo capito volessi provarti qualcosa >> afferma e la sua voce sembra più vicina.
 
Abbasso lo sguardo e scorgo i suoi piedi. E’ davanti e mi aspetta. Non vedo l’ora di vedere la sua faccia.
 
<< E’ stata una cosa improvvisa >> replico. Mi controllo nello specchio. << Tu hai trovato qualcosa? >> domanda, per intrattenerla.
 
<< Sì, un paio di jeans. Volevo mi dessi un parere ma non… >>
 
<< Li hai ancora addosso? >> la interrompo.
 
<< Mhm, sì >> risponde leggermente stranita dalla mia domanda.
 
Apro un piccolo varco per inserire la testa ed ammirarla. E’ bellissima e quel paio di jeans le sta a pennello.
 
<< Wow >> mi lascio sfuggire.
 
Sorride. << Aspetta >> e fa un giro su sé stessa.
 
Credo di non averla mai vista così radiosa in mia presenza. Non che abbiamo trascorso un gran numero di giorni insieme.
 
<< E’ perfetto >> commento inebetito.
 
<< Ricomponi la mascella, Harry >> sussurra con una lieve malizia.
 
Sapevo sarebbe successo. Non sono riuscito a darmi un contegno –e come avrei potuto?- e lei se n’è approfittata. Ho decisamente fatto la figura dell’idiota.
 
Sorride alla mia reazione.
 
Almeno la faccio sorridere. Essendo me stesso. O un idiota. Che non fa alcuna differenza.
 
<< Non puoi dirmi cosa fare >> protesto, fingendomi un bambino nel pieno della sua fase ribelle.
 
Scuote appena la testa con la sua solita espressione da “adorabile caso disperato”. << Hai intenzione di…? >> inizia ma, ancora una volta, decido di interromperla.
 
<< Sai cosa, Char? Quando ti mostrerò il mio corpo, la tua mascella andrà a terra >> e il mio tono è talmente competitivo da spaventare anche me. Per un istante.
 
Allarga le braccia. << Mostrami quello che sai fare >> risponde in finto tono di sfida.
 
Siamo davvero in sintonia.
 
Ritraggo la testa e, dopo aver contato mentalmente fino a tre per creare un po’ di suspense, decido di aprire di scatto la tendina.
 
Gli occhi di Char ci mettono pochi istanti per scrutarmi dalla testa ai piedi, comprendere quello che ho combinato e mandare al cervello un ordine abbastanza semplice: “ridi!”.
 
Prende a ridere così forte da piegarsi in due e indietreggiare.
 
<< Vuoi che faccia anch’io una giravolta così puoi ammirarmi? >> rendo la mia voce un po’ più acuta di proposito.
 
Annuisce mentre, ancora piegata in due, ride senza tregua.
 
<< Ma devi guardarmi altrimenti è inutile! >> le faccio notare.
 
<< Perdonami >> riesce a pronunciare tra una risata e l’altra.
 
Torna in posizione eretta e mi guarda nascondendo la sua voglia di ridere con la mano destra. Con l’altra mi fa segno di procedere.
 
Con espressione altezzosa, procedo nella migliore esibizione che io abbia fatto di uno stupendo abito da sera.
 
<< Come sto? >>
 
<< Divina >> commenta con un risolino.
 
<< Non trovi che la gonna mi fasci un po’ troppo le gambe? Sembrano quelle di un uomo! >> mi fingo inorridito, riproponendo una versione acuta della mia voce.
 
Non riuscendo più a trattenersi, scoppia in una risata fragorosa. Ancor più fragorosa di quella interrotta prima.
 
Vorrei poterla registrare e usare come suoneria. E come sveglia. Sarebbe il modo migliore per aprire gli occhi ogni mattina. Vorrei semplicemente usarla come colonna sonora della mia vita. Non posso?
 
<< Magari con il paio di scarpe giusto ovvierai al problema >> mi regge il gioco.
 
Oltre la sua spalla intravedo una commessa venire dalla nostra parte. Probabilmente è convinta abbiamo bisogno d’aiuto. Quando nota cosa io stia indossando sembra impallidire e torna sui suoi passi.
 
Prendo a ridere. << Non hai idea di cosa è appena successo dietro di te >>
          
<< Cosa? >> si volta di scatto.
 
Mi rivolge il viso quando non trova nulla di rilevante. Inarca appena un sopracciglio per chiedermi spiegazioni.
 
<< Una commessa stava venendo da questa parte. Quando mi ha visto è stato come se avesse visto un fantasma ed è ritornata da dove era venuta >> la informo.
 
Sgrana gli occhi e riprende a ridere. << Io non posso credere che stia accadendo >> commenta.
 
<< Cosa? >> domando.
 
Mi indica. Indica sé stessa e poi l’ambiente circostante. << Tutto questo >> aggiunge.
 
<< Dovevo provarti che sto uno schianto con la gonna. E che i colori pastello risaltano i miei occhi. E dovevo provare a me stesso non uscissi con me per la mia dignità >>
 
Ripete la sua espressione da “adorabile caso disperato” che sto iniziando ad amare e mi spinge dentro il camerino.
 
<< Vuoi saltarmi addosso qui? >> scherzo, alludendo al fatto che, spingendomi, sia entrata a sua volta.
 
Scuote la testa. << Non sono così di classe >>
 
Non posso fare a meno di pensare a quanto sia fantastica. Come ogni volta apra bocca, del resto.
 
<< Cosa insinui? >> decido di intraprendere la parte dell’offeso.
 
<< Uno come te merita posti più…romantici. Tipo dietro un cassonetto >> spiega e non posso non notare l’incredibile dose di malizia che inserisce nel tono pronunciando quella frase.
 
<< Posso esternare una richiesta per quel momento? >>
 
Indietreggia uscendo dal camerino. << Non se si tratta di un cambio di location >>
 
<< Dovrai indossare questi jeans >> e li indico.
 
<< Dovrei saltarti addosso senza che tu possa avere la tua mascella con te? >> mi prende in giro piegandosi in avanti.
 
Il suo viso è eccessivamente vicino al mio. << E’ un rischio che posso correre >> accenno, incredibilmente serio.
 
Sono così concentrato sulla sua bocca. Sul contenermi. C’è troppa tensione tra noi. In senso positivo, intendo. Ho la sensazione che anche lei stia pensando lo stesso. Dal modo in cui fissa le mie labbra incantata.   
 
Sta davvero accadendo? C’è davvero la possibilità che la baci per la prima volta sulla soglia di un camerino?
 
Prima che possa pensare a qualsiasi altra cosa, incurva l’angolo delle labbra in un mezzo sorriso. Come se tramasse qualcosa.
 
Si allontana di scatto e chiude la tendina.
 
<< Cambiati! >> mi intima. << Il secondo piano ci attende >> e so sia divertita per l’intera situazione.
 
Come potrebbe non esserlo? Ha capito di avermi in pugno. Se non l’era chiaro in precedenza, almeno.
 
<< Hai solo paura potrei farti sfigurare >>
 
Non ricevendo alcuna risposta, prendo a liberarmi dall’orribile vestito che ho indossato solo per lei, mandando seriamente a quel paese l’ultimo briciolo di dignità che mi era rimasto.
 
In men che non si dica, ritorno nei miei comodissimi jeans scuri e non potrei esserne più felice.
 
<< Posso chiederti una cosa? >> immagino si stia rivolgendo a me. 
 
 << Se la domanda è “Devo comprare altri jeans così?”, la risposta è un enorme sì >> scherzo.
 
<< Se ne comprassi altri uguali, questi non sarebbero i jeans speciali per lo stupro >> pronuncia assottigliando la voce sul finire della frase affinché sembri una bambina.
 
<< Sono onorato >> rispondo portandomi teatralmente una mano sul cuore, nonostante lei non possa vedermi.
 
<< Passiamo alla domanda? >>
 
Recupero la t-shirt dal gancio. << Non credo di avere altra scelta >> rispondo.
 
Un sorriso mi solca il viso quando i miei occhi si posano sullo specchio. Questo non perché io sia vanitoso ma, più che altro, perché sto ammirando la persona che Charlotte mi ha fatto diventare nel giro di poco tempo: uno disposto a tutto per amore.
 
<< Hai pensato fossi pazza quando ti ho fatto quella scenata in bagno per la maglia? >>
 
Mi acciglio mentre infilo le maniche. << Perché avrei dovuto? >>
 
<< Non lo so >> mi sembra di vederla mentre, timida, scuote appena la testa.
 
<< Ho pensato non fosse una reazione normale ma non ti ho considerata pazza >> spiego, rimettendo l’abito sulla gruccia.
 
Annuisce rumorosamente e immagino stia soppesando le mie parole.
 
Esco dal camerino e mi rendo conto lei stia facendo lo stesso. Il pensiero di essere perfetti l’uno per l’altra perché sincronizzati mi fa sorridere. Non è su questo che si basa una relazione ma resta una cosa carina.
 
<< Vado a posare l’abito e torno >> la informo.
 
<< Non lo prendi? >> mi punzecchia.
 
<< Le mie gambe sono troppo favolose per essere fasciate così male >> cerco di mettere quanto più disprezzo possibile.
 
Sorride.
 
    
 
 
 
Prendiamo le scale mobili e raggiungiamo il secondo piano. Mi si parano davanti agli occhi almeno tre ristoranti nello stesso istante. Do un’occhiata veloce intorno e tutto ciò che vedo è cibo.
 
Ora mi è chiaro perché adori questo piano. Niente è più importante dello stomaco.
 
Sorrido.
 
<< Cosa? >> mi chiede.
 
Sussulto. Mi ha beccato. Mi fissava? Sarebbe carino pensare stesse studiando il mio viso mentre non guardavo.
 
<< Capisco i tuoi criteri >> e mi strofino la pancia.
 
Mi spinge appena. << Non è solo per il cibo >>
 
<< Cos’altro? >> chiedo prontamente, quasi certo l’abbia detto per discolparsi.
 
<< Devi promettermi di non ridere >> e mi ammonisce aggiungendo un’occhiata eloquente.
 
<< Prometto >>
 
<< C’è uno store della Disney >>
 
Un sorrisino sghembo si piazza sul mio viso.
 
<< Non fare così! >> protesta.
 
<< Così come? >> fingo di non saperne nulla.
 
<< Quel sorriso! E’ chiaro cosa voglia dire >>
 
<< Sono solo sorpreso delle tue scelte >> ammetto, prendendomi un po’ gioco di lei.
 
<< Vorrà dire che ci andrò da sola >> mi sorpassa, facendo la difficile.
 
Scuoto la testa. Questo giochetto è qualcosa a cui potrei decisamente abituarmi.
 
La raggiungo e le afferro cautamente il polso. << Non ti libererai di me nemmeno volendo >>
 
<< Non voglio, infatti >> mormora.
 
Sgrano gli occhi. Non può aver detto una cosa simile. << Cosa? >>
 
<< Non ti avrei chiesto di restare, altrimenti >> rincara la dose.
 
Potrei davvero incorniciare questa giornata come la migliore di sempre trascorsa in sua compagnia. Nonostante sia appena ora di pranzo.
 
<< E’ bello tu sia così onesta con me >> commento.
 
Si stringe nelle spalle. << Immagino sia quello di cui abbiamo bisogno, no? >>
 
Annuisco.
 
<< Adesso non facciamo attendere oltre il mio stomaco >> pronuncia, cambiando la piega seria che la nostra conversazione aveva preso.
 
 
 
 
<< Com’è? >> le chiedo indicando con le bacchette un onigiri che lei ha già assaggiato.
 
<< Delizioso >> mi assicura.
 
Fidandomi della sua recensione, decido di assaggiarlo.
 
<< Mio padre mi chiamava Char >> pronuncia tutto d’un fiato.
 
Quasi mi va di traverso il riso dallo spavento. Bevo immediatamente un sorso d’acqua.
 
<< O, almeno, è quello che mi hanno sempre detto i miei nonni >> precisa.  
      










SPAZIO AUTRICE: 
Per quanto possa sembrare surreale, sono tornata. Spero onestamente che non vogliate uccidermi per l'incredibile attesa. 
So di non essere più "puntuale" come agli inizi e ne sono incredibilmente dispiaciuta. Mi auguro solo che questo non influisca in maniera negativa su di voi e che continuiate a leggere.
Ho l'impressione che la storia stia diventando banale e ripetitiva. Vi dispiacerebbe lasciare una recensione o mandare un messaggio (qualsiasi social è ben gradito) per farmi conoscere la vostra opinione?
Servirebbe davvero a spronarmi a continuare >< 
Buon proseguimento di giornata :) x


 
  
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