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Autore: Jetag    25/02/2015    3 recensioni
Una raccolta di otto piccoli, forse fondamentali, momenti della vita di Piper. Un crescendo di istanti riguardanti l'amore vero, quello a cui nessuno crede seriamente, finché improvvisamente non se lo ritrova fra le mani.
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Prima classificata al contest Questione di secondi indetto da MichiGR sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Alex Vause, Piper Chapman
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Demolizioni

 

Piper si guardò attorno, nella stanza piena di cuori di carta e di strani biscotti rosa. Si chiese come sarebbe stato con Alex accanto a lei in quella stanza. Si chiese come sarebbe stato non essere in quella stanza, con Larry. 

Sapeva di non aver più nessuno su cui contare, tranne la sua famiglia che comunque non era mai stata un lodevole modello di supporto nella sua vita. 

Piper era pronta giurare che non avrebbe superato quella stupida festa senza Nichols, anche se cercava continuamente a provarci con lei e altre millemila detenute per quella spregevole gara con Big Boo. 

Rifletté tanto quel giorno, perché non riusciva a dirottare i propri pensieri lontano da quella mattina, quando aveva trovato nella sua posta anche una busta rossa. Le sembrava di averla ancora tra le mani.

Nell'angolo a destra spiccava quell'AV. Come se Alex avesse davvero bisogno di firmarla. Piper avrebbe riconosciuto la sua scrittura tra mille. Non riusciva a fare a meno di pensare e ripensare a lei, a quanto fosse incazzata con lei e a quanto volesse andare a recuperare quella fottuta lettera dal cestino.

Le mancava, Alex, le mancava da morire. E non riusciva a credere di essersi fatta fottere in quel modo da lei, come non riusciva a credere che lei l'avesse fatto davvero. Era incazzata nera, Piper, ma alla fine tutto ciò a cui riusciva realmente a pensare era che aveva bisogno di lei, che aveva bisogno di tornare nel suo posto sicuro. 

 

"Dovresti chiamare Vause."

 

Guardò Nicky che sembrava sapere sempre quando era il momento giusto per parlarle, per farla ragionare, addirittura.

 

"Non posso chiamarla. Finirei per perdonarla e non voglio farlo così in fretta, non questa volta. È lei la stronza ed è lei che deve farsi perdonare."

 

"Come pensi che possa farsi perdonare se butti nel cesso tutte le sue cazzo di lettere, non la chiami e non la metti nella tua lista delle viste? Quale cazzo importante hai leccato per laurearti, Chapman?"

 

"Vaffanculo, Nicky."

 

"Seriamente, dovresti chiamarla. E dovresti mandare a fanculo il tuo fidanzato, non me."

 

"Ex-fidanzato."

 

Nicky la squadrò con quei suoi occhi luminosi e indagatori ancora per un istante. Poi, si alzò dal loro tavolino nell'angolo e si incamminò verso Morello, strappandola letteralmente dal tenero abbraccio di Occhi Pazzi. 

Piper, invece, optò per la fuga totale da quelle stupide decorazioni e sciocche risatine delle altre detenute, come se qualcuna si aspettasse davvero di ricevere a fine giornata un regalo qualsiasi dai loro dannati uomini là fuori. 

Lasciò che i suoi piedi la trasportassero dove pareva loro, lungo i corridoi del penitenziario. Quando per un attimo smise di rimuginare e si accorse di essere arrivata davanti a quei fottuti telefoni, imprecò, forte. Imprecò contro i suoi fottuti piedi e contro fottuta Nicky e anche contro se stessa, quando si ritrovò a premere con dita incerte quei pulsanti che già da tempo aveva aggiunto alla sua lista di numeri di telefono.

 

"Una detenuta del Penitenziario Federale di Litchfield sta cercando di contattarla. Per accettare la chiamata, si prega di premere uno."

 

Piper aspettò qualche secondo, dopo che la voce aveva recitato la sua solita battuta, giocando nervosamente con il filo del telefono. Al quinto secondo e conseguente squillo nel suo orecchio, decise che era il momento di appendere la cornetta e troncare sul nascere l'ennesima malsana idea che le era passata per il cervello.  

 

"Pronto? Nicky?" la voce di Alex parlò, a meno di un centimetro dal venirle appeso il telefono in faccia.

 

"Come sarebbe a dire? Nichols ti chiama?" Piper non poté bloccare la propria lingua, quella volta. Proprio no.

 

"Piper?"

 

Chiuse gli occhi e sbatté piano la testa contro il muro. Cominciava seriamente a dubitare anche lei della sua famigerata intelligenza, se doveva essere onesta.

 

"Sì." rispose con voce tanto lieve che si chiese se Alex l'avesse udita.

 

Alex la sentiva sempre.

 

"C'è qualcosa che non va?" la preoccupazione che le sue parole lasciavano trapelare strinse il cuore, momentaneamente, delicato di Piper.

 

"No. No, va… va tutto bene. È solo che vorrei tornare a casa. Ma non ho più una casa e oggi è San Valentino. E ho sempre odiato San Valentino, ma da quando non ci sei è anche peggio. Mi manchi, Alex. Ma non vuol dire che ti perdono o qualcosa del genere, no. È che ho bisogno di casa, del mio posto sicuro. E Dio! Sto farneticando con te, quando mi ero promessa che non ti avrei parlato per i prossimi vent'anni!" 

 

"Ehi, Chapman, respira. Va tutto bene. Mi manchi anche tu. Ma capisco che tu sia incazzata con me, Pipes, e mi dispiace così tan-"

 

"Non voglio parlare di questo ora, Alex. Voglio sapere se ho ancora una casa."

 

"Dubito che sia il tuo appartamento che la casa dei tuoi siano stati abbattuti in questi mesi, ma posso controllare, se vuoi." Alex ridacchiò nervosamente, cosciente che non fosse quello che Piper intendeva.

 

"No, io… Lascia perdere, non è importante."

 

Scorsero diversi secondi, prima che Piper sentisse dall'altra parte un piccolo respiro.

 

"Ti amo ancora, Pipes. Sarà sempre così, immagino. Posso essere il tuo luogo sicuro, se è quello che vuoi." 

 

Piper si lasciò scappare un impercettibile singhiozzo, prima di asciugarsi quelle sparute ma pesanti lacrime che iniziavano a piovere. Sorrise, nonostante avesse ancora voglia di piangere, perché Alex non era lì. Era chissà dove nel fottuto mondo e non era lì

Eppure, il cuore gravava un po' meno contro le sue costole. 

 

"Ti amo anch'io." sussurrò, poi chiuse la telefonata.

 

Si lasciò andare contro la parete di proprietà federale e sorrise ancora, rise addirittura. 

Stava tornando a casa, finalmente.

 

 

"E tu, Chapman?" 

"È come tornare a casa dopo un lungo viaggio. Ecco com'è l'amore. È come tornare a casa." sorrise, Piper, tra le lacrime che minacciavano di rigarle nuovamente le guance "Grazie di avermelo chiesto, Nicky."

 

  
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