Salve
popolo efpiano, questa è la mia prima volta che scrivo una
OS Stydia e in generale una
fanfiction nel
fandom di Teen Wolf nonostante segua lo show da un bel po’ di
tempo.
Ho
scritto questa one-shot senza troppe pretese, più per
necessità che per altro.
Mi sono sempre chiesta come il legame tra Stiles e Lydia si sia
solidificato e,
dato che i nostri teenager fanno largo uso di cellulari, mi sono
convinta che
ci debba essere qualcosa in più delle loro fugaci
scorribande insieme. Quindi
ho ripercorso le varie stagioni (Attenzione,
possibili spoiler se non siete in linea con la programmazione
americana)
con una serie di
missing moments che si ricollegano a qualche
puntata
mantenendo come linea guida il numero di telefono che uno Stiles ancora
ragazzotto ha dato a Allison affinchè questa lo consegnasse
a una nota Lydia.
Forse
non è originale come tema, né tantomeno
azzeccato, ma ho cercato di tracciare
un fenomeno che presto o tardi tutti noi viviamo, alle prese con
messaggi e
telefonate. Non ci sono sdolcinatezze, né discorsi da
Alternative Universe.
Potete benissimo leggerla da Stydia
incallite o da simpatizzanti della Friendship!Stydia.
Tutto sta a voi e a come la volete leggere.
Forse
l’ho scritta perché in fondo, ancora oggi, anche
io come qualcuno di voi,
attendo un messaggio che non arriva.
“Ehi,
Lydia”.
Stiles
allunga il passo. E’ goffo nei movimenti, lo zaino in spalla
lo sbilancia
leggermente in avanti. Ha paura di non arrivare in tempo.
Sente
che la fortuna è girata a suo favore, sarà per
via del sovrannaturale, ma poco
importa.
Sorvola
anche l’ultima fila di armadietti e spinge le porte
antipanico. E’ finalmente
fuori.
Aguzza
la vista, spera di rintracciarla appena in tempo. Scott gli aveva detto
che
avrebbe avuto fretta di andare a trovarlo e un lampo di contentezza gli
aveva
acceso gli occhi che, seppur brillassero al buio per via del suo essere
diventato licantropo, rimanevano pur sempre gli occhi di un adolescente
innamorato.
Stiles
si trascina dietro lo zaino mentre scende gli scalini a due a due,
cercando di
non inciampare tra gli studenti seduti a chiacchierare dopo la fine
delle
lezioni. Recupera qualche metro tagliando per le aiuole e scavalcando
qualche
panchina. Finalmente arriva al parcheggio dove anche lei si stava
dirigendo.
“Ehi
Allison” si sbraccia con la speranza di richiamare
l’attenzione della bruna.
Allison lo guarda arrivare dalla sua destra e si ferma qualche metro
più
distante per aspettarlo. Le mani infilate in borsa alla ricerca delle
chiavi
dell’auto. Attende, confusa.
“Ciao
Stiles. Hai per caso notizie di Scott, oggi non era a
lezione” chiede mentre il
ragazzo riprende fiato, gesticolando come a voler abbozzare una
risposta.
“E’
a casa” tossicchia in preda all’asma “Ha
mal - si blocca, il tempo necessario
per formulare una scusa credibile - mal di testa,
sì”.
“Okay,
grazie” fa per andarsene, ma Stiles inconsciamente si protrae
verso di lei
schiudendo le labbra come a voler dire qualcosa. Dondola sui talloni
per un
po’, si morde la lingua. Sembra avere i piedi incollati
all’asfalto. Coraggio, Stiles! Cosa
sarà mai?
Allison
sorride a quel mucchietto di ossa, pallido ma con il sorriso
malandrino.
Inclina il capo e non riesce a trattenergli un sorriso.
“Cosa
c’è, Stiles?” chiede, attendendo che
l’amico sputi il rospo.
Il
ragazzo la guarda mugugnando qualcosa, poi si zittisce, si passa una
mano tra i
capelli corti e ispidi e ripesca qualcosa dalla tasca della felpa.
“Puoi
fare in modo che lei lo abbia? Basta semplicemente che memorizzi in
rubrica il
mio numero, va bene anche con un altro nome”.
Allison
sorride, questa volta dolcemente. Con l’indice apre meglio il
biglietto
stropicciato, probabilmente strappato dal quaderno di chimica dato che
ai bordi
comparivano ancora alcune formule e
numeri atomici. Al centro una sequenza di numeri
sormontata dal nome
STILES.
Stiles
attende una risposta, un laccetto della
felpa tra i denti.
“Certo.
Farò in modo che Lydia lo abbia” risponde
candidamente, riponendo il biglietto
dentro la tasca del giubbotto.
“Ti
prego, assicurati che lo scriva e che lo salvi o che, magari lo
memorizzi due
volte, non so. L’ultima volta che-”, ma Allison lo
stava già richiamando per
frenare quella sua lingua in procinto di sciogliersi in un altro dei
suoi
soliloqui.
“Mi
assicurerò io stessa che lo faccia. Promesso”.
Ed
era vero, Allison avrebbe convinto Lydia Martin a memorizzare quel
numero sul
suo cellulare nuovo di zecca. Anche a costo di farle rovinare la
manicure
appena fatta.
*
Stiles
chiude la porta della sua camera. E’ stanco, dovrebbe
dormire, ma la sua mente
sta ancora lavorando come un computer in fase di elaborazione dati.
Lascia
scivolare la spalle contro la superficie legnosa della porta sino a
raggiungere
le assi del parquet.
Avevano
avuto solo quattro mesi a disposizione, l’arco di
un’estate per riprendersi
dagli omicidi del Kanima, dalla pazzia di Matt, dalla furia dei
cacciatori e di
Gerard.
Avevano
trascorso quattro mesi di tranquillità, lui e Scott. Anche
Derek non li aveva
coinvolti nella ricerca di Boyd e Erica: se la sarebbe cavata da solo o
per lo
meno con l’aiuto di Isaac.
Era
tutto ciò che potevano avere, solo centoventi giorni di
tranquillità?
I
pensieri di un sedicenne normale alle prese con l’inizio del
semestre sarebbero
rivolti a quali nuovi corsi dover frequentare, con quale nuova ragazza
provarci, pensare a quale college volersi iscrivere. Invece lui era
alle prese
con nuovi omicidi, animali selvatici con istinti suicidi e un branco di
alfa a
minacciare Beacon Hills.
Chiude
gli occhi, posa una mano sulla tasca destra dei pantaloni dove sa
essere
contenuto il cellulare. Ogni minimo sussulto lo convince che sia una
nuova
chiamata, un nuovo messaggio, una nuova inquietante notizia. Questa
volta non
vuole abbandonarsi al suo inconscio, non vuole piombare in uno stato di
iper-vigilanza. Mantiene quel contatto per assicurarsi che non ci sia
nessuna
notizia, nessun messaggio, che è solo un brutto sogno.
Qualcuno
bussa e il ripercuotersi delle nocche contro il legno fa sussultare la
povera
testa di Stiles che si ridesta dal suo stato di quiete fittizio.
Con
malavoglia si tira su, aggrappandosi alla maniglia con
l’intento di aprirla.
Probabilmente è suo padre, vuole assicurarsi che lui sia in
casa – e che stia bene.
“Ehi”.
Stiles
ha ancora la maniglia tra le mani. Si sente addosso una strana
sensazione. Sa
come si chiama: déjà-vu.
“Ciao
Lydia. Entra” dice, ma non si sposta di un millimetro,
più per la sorpresa che
per indisposizione.
Anche
volendo la rossa non sarebbe potuta entrare da una apertura
così stretta con
lui in mezzo. Si sarebbe dovuta accovacciare forse, contro il suo
sterno,
passare sotto il suo braccio teso per poter entrare. Lydia
preferì evitare. Non
sarebbe dovuta essere lì, dopotutto.
“Sono
passata solo a lasciarti questo” dice e stropiccia le labbra
rigonfie di
rossetto fresco nonostante il trucco della mattina sia sfumato.
Stiles
ripesca il foglio a righe dalle dita di Lyida. Non riconosce quel
numero di
telefono. Quello di lei lo sa a memoria.
“E’
il mio numero. Hai detto che se avessi trovato un cadavere avrei dovuto
chiamarti per primo”.
Stiles
non attende altri commenti. Ha già in mano il cellulare per
digitare quel
numero.
“Come
mai hai cambiato numero? Quando?”
le
chiede una volta bloccato lo schermo del telefono.
Lydia
piega le labbra, abbassa lo sguardo.
Ecco,
Stiles, dopo la
partenza di Jackson e dopo aver assistito alla trasformazione del mio
ex
fidanzato da lucertola assassina a licantropo e aver scoperto il mondo
sovrannaturale, scusa se cambiare il numero di telefono non sia una
buona scusa
per cominciare da capo.
Pensa,
ma non lo dice.
Lydia
Martin voleva iniziare una nuova vita, ma non lo dice.
“L’ho
fatto per dimenticare Jackson, circa tre mesi fa” abbozza in
un tono abbastanza
convincente da poter illudere Stiles. Se Scott fosse stato nei paraggi
ad
ascoltare i battiti del suo cuore probabilmente non avrebbe avuto la
stessa
fortuna.
Stiles
annuisce. Pensa ai messaggi inviatele durante l’estate, non
troppi ma quanto
bastavano per sapere che stesse bene. Chissà dove erano
andati a finire quei
messaggi? Forse se l’era portati Jackson a Londra o dovunque
adesso si
trovasse.
Lydia
sente che quel corridoio si sta facendo troppo piccolo per lei, quel
passaggio
troppo stretto, come se non fossero ancora pronti a varcare quella
soglia, a
lasciarsi entrare vicendevolmente nelle loro vite.
“Puoi
chiamarmi. Se avete bisogno, puoi chiamarmi” esordisce,
spezzando il silenzio.
Se
hai bisogno,
si corregge mentalmente.
“Perfetto,
grazie mille. Se avremo un imminente bisogno di trovare altri cadaveri
nella
foresta sapremo a chi rivolgerci”
Stiles
sorride, sorridono entrambi. Se non fosse stato per le persone
innocenti che
morivano, il tutto sarebbe risultato comico agli occhi di Stiles. Un
gruppo di
adolescenti in giro per i boschi a combattere esseri sovrannaturale,
inciampando in cadaveri.
Lydia
fa per andarsene, ha già imboccato la tromba delle scale
quando Stiles la
ferma.
“Hai…hai
ancora il mio…?”
“Sì,
Stiles. Ho ancora il tuo numero di cellulare”.
L’ho
sempre avuto
si sussurra in testa una volta giunta in macchina.
*
A
volte la sera Lydia riceveva un messaggio.
Anche
se il sonno di piombo causato dagli ansiolitici che assumeva non le
permetteva
di rispondere prontamente, sapeva che l’avrebbe trovato il
mattino dopo.
Tutto
tranquillo, per
il momento.
Qualche
volta Aiden si intrufolava di nascosto nella sua stanza nel cuore della
notte.
Il display si illuminava.
Stiamo
cercando una
pista, se hai qualche strana sensazione avverti subito.
A
volte rimaneva con il cellulare tra le dita, in attesa di un messaggio
o di una
chiamata. Le braccia scoperte fuori dal piumone color prugna.
A
volte apriva la casella dei messaggi, la barra verticale a lampeggiare
proprio
come la sua intenzione di scrivere o meno il messaggio. Poi Aiden si
voltava,
mugugnava per la luce del display troppo forte e si riaddormentava.
Lydia
spegneva il cellulare.
*
Lydia
puntella con i tacchi il pavimento del corridoio
dell’ospedale. E’ quasi l’alba
ma il silenzio regna tra le camere dei pazienti. Anche nella sua testa,
finalmente.
Scott
le è a fianco, sa che la guarda di sottecchi ad ogni nuovo
corridoio imboccato.
Sa che non la sta incolpando, che il suo sguardo posato su di lei
è più per
preoccupazione che per indignazione. Eppure Lydia non sa come liberarsi
da
questa sensazione.
Fallimento.
Il
suo era stato l’ennesimo fallimento.
Se
non fosse stato per i genitori di Scott, Stiles sarebbe ancora fuori al
freddo
e in preda ai mostri della sua psiche.
Raggiungono
facilmente l’uscita, la temperatura al di sotto dello zero si
percepisce
maggiormente ora che l’adrenalina della ricerca è
svanita.
Si
dirigono al parcheggio ognuno con la propria dose di colpe sopra il
cuore.
“Grazie
per questa sera” esordisce l’alfa trattenendo il
casco in mano, smorza il
silenzio interrotto dal suono di qualche ambulanza in avvicinamento.
Lydia
si paralizza. La punta delle scarpe a rovistare nel selciato bagnato.
“Non
ho fatto niente, Scott”.
Niente
e Lydia non aveva utilizzato un eufemismo, di questo il licantropo ne
era pur
certo.
Riusciva
a percepire l’odore di Lydia indistintamente, era diverso dal
solito: era
rimpianto, mortificazione, stress…affetto
sincero?
“Hai
avuto sempre ragione, ogni volta e in ogni circostanza. E’
vero, non siamo
riusciti a trovare Stiles, ma ci hai provato con tutta te stessa.
Stiles ti
sarebbe sinceramente grato per l’impegno”.
La
banshee china il capo, ricorda le parole dell’amico quel
pomeriggio mentre
tentavano di scovare Barrow. Si domanda se per caso i licantropi
abbiano anche
la facoltà di rovistare tra i ricordi.
Sorride,
riconoscente, senza aggiungere altro.
Scott,
invece, incalza, porta avanti quella conversazione monotòna.
“Hai
il suo numero. Magari potresti chiamarlo domani. Sarebbe contento di
sentire
voci amiche”.
“Già”.
“Ci
vediamo a scuola, allora” conclude poi senza dare il tempo al
lupo di
ribattere.
Apre
lo sportello della sua auto e osserva Scott salire in moto e andarsene,
mentre
lei con le chiavi in mano continua a fissare i finestrini annebbiati
dall’umidità mattutina.
Chiude
gli occhi che bruciano. Ripensa alla voce rotta di Stiles filtrata
attraverso
le casse della radio, ai fili rossi, tesi che sprigionavano sussurri,
bisbigli,
voci.
Sono
qui.
Sono
qui.
Sono
qui.
Sbarra
gli occhi non appena sente qualcosa tra le mani. Il cellulare vibra, un
nuovo
messaggio vocale. Risale a qualche ora prima ma lo riceve solo in quel
momento.
E’ di Stiles.
Lydia
accosta il cellulare all’orecchio.
Per
favore, trovami.
*
Stiles
si sistema il colletto della camicia bianca. Abbottona i polsini senza
guardarsi allo specchio. Odia il suo riflesso. Passerà un
po’ prima di
riuscirsi ad accettare, prima di vedere se stesso e non il nogitsune
ghignante
di fronte a sé.
“Tutto
bene?”
Stiles
si volta, il viso del padre fa capolino dalla fessura della porta.
Bene,
per un ragazzo
che sta andando al funerale di una sua amica nonché ex
ragazza del suo migliore
amico - la quale è morta a causa sua, pensa.
“Si,
papà” risponde con poca convinzione, ma non
abbastanza da allarmare il
genitore.
Controlla
l’orologio. Sarebbe dovuto passare a prendere Scott con la
sua Jeep, ma né loro
né tantomeno gli altri avevano voglia di correre per dare un
ultimo saluto ad
Allison.
Nessuna
corsa contro il tempo questa volta, nessuna fretta.
Il
cellulare tintinna. Forse è Scott che lo avverte di essere
pronto.
Non
credo di poter
venire. Non ce la faccio. Sto così male che non riesco a
respirare.
Le
dita di Stiles tremano leggermente. Dai suoi occhi trabocca una lacrima.
E’
colpa sua.
Si
passa il dorso della mano sulla guancia mentre stringe ancora il
cellulare con
il messaggio in attesa di una risposta.
Non
sa cosa dirle, ha esaurito le scuse possibili.
Scrive
la sola cosa a cui riesce a pensare per consolarla.
Trattieni
il fiato,
Lydia.
*
C’erano
giorni in cui Stiles trascorreva più tempo a parlare a
telefono con Lydia che
vederla di presenza.
Le
ore trascorrevano veloci mentre le voci dell’uno e
dell’altra percorrevano fili
invisibili per raggiungere le rispettive abitazioni.
Di
solito le telefonate si interrompevano per l’arrivo di Malia
in camera dello
Stilinski, con la borsa traboccante di compiti e materie da recuperare.
Stiles
lasciava il telefono sopra il comodino, concedendogli uno sguardo o due
durante
le pause.
Poi
sopraggiungevano i baci di Malia, le carezze, il dolce far niente sopra
il
letto disfatto.
Di
solito sentiva la vibrazione, sintomo dell’arrivo di un nuovo
messaggio o di
una nuova chiamata. Ma allungare il braccio per raggiungere il comodino
significava svegliare la coyote e lui non voleva svegliarla mentre
dormiva tra
le sue braccia.
Di
solito Stiles si prometteva di richiamare Lydia per aiutarla a
decodificare la
lista.
Rispondeva
la segreteria telefonica. Riattaccava.
*
Lydia
è distesa su un fianco con la faccia spremuta sul cuscino.
Sua madre è appena
venuta a chiederle se ha fame, ma ha risposto di no. Sa che sua madre
è pessima
a cucinare, sarebbe comunque rimasta a stomaco vuoto.
Prada
le è accanto, il libro di trigonometria avanzata a farle da
cuscino.
Si
sente stanca, ma non vuole dormire. Sa che le voci aumentano quando
dorme. Non
vuole sentire anche quella di Meredith.
Forse
se alla base di quel codice ci fosse stata un’equazione
matematica, anche la
più complicata, probabilmente l’avrebbe
già risolta. Essere una banshee,
invece, non le riusciva per niente bene.
Tutto
ciò che aveva ottenuto parlando con un suo simile era stata
la sua morte.
Povera
Meredith.
Lydia
ripensa alla notizia ricevuta, al magone che dallo stomaco le risaliva
alla
gola. Le braccia di Stiles come conforto, come scoglio a cui
aggrapparsi.
Lydia
sta male, non si accorge di aver preso il cellulare. Stava digitando un
numero,
lo conosce a memoria. Allison.
Si
blocca poco prima di far partire la chiamata. Si morde il labbro per
non far
risalire la marea che ha dentro.
Ritenta
di nuovo, questa volta un nuovo numero.
Attende.
“Lydia,
cosa c’è? E’ successo
qualcosa?”.
La
voce di Stiles appare assonnata, forse stava già dormendo. Che stupida idea quella di telefonargli,
si lamenta con se stessa.
“No.
Scusa. Volevo solo ringraziarti per oggi, ecco per Meredith
…” dice
schiarendosi la voce. Le sue corde vocali la stavano tradendo, qualche
giorno
si sarebbe risvegliata senza voce.
Deglutisce,
ma Stiles anticipa le sue parole.
“Lydia
non devi sentirti in colpa. Non è stato per te. Meredith
aveva…dei problemi a
livello mentale essendo una banshee…cioè non che
tu abbia problemi mentali
perché sei una banshee, dico semplicemente che Meredith era
una banshee come te
ma con problemi mentali”.
Stiles
inciampa nelle sue stesse parole. Lydia lo trova buffo nel suo modo di
argomentare, per quel che ne ricorda è sempre stato
così.
Ride.
Non si accorge di avere il microfono del telefono troppo vicino alle
labbra.
Stiles l’ha sentita.
“Perché
ridi?” domanda, ma non appare offeso.
“E’
ironico da parte tua parlare delle banshee con problemi mentali,
sbaglio o
l’hai conosciuta prima di me ad Eichen House?”
Lydia
scopre in ritardo di aver toccato un tasto dolente. Si morde la lingua
ma è
Stiles a smorzare la tensione.
“Forse
su questo hai ragione”.
No,
Lydia sa di non avere ragione, non questa volta.
“Ce
la faremo. Come abbiamo fatto le altre volte” dice e si
sorprende
dell’ottimismo riacquistato. Chissà se quando
muore una banshee si diventa più
forti, si riesce a sentire meglio.
Lydia
si concentra, ascolta: sente solo un fruscio di lenzuola, un mugugno di
sottofondo. Sospira.
“Ci
sentiamo domani. Salutami Malia”
“Buonanotte”.
Lydia
aspetta, attende finché Stiles non riattacca.
Rimane
col cellulare attaccato all’orecchio, in ascolto.
Si
addormenta così: il telefono come una conchiglia ad
ascoltare la risacca della
sua voce.
*
Ehi
Lydia. Come va? Spero ti stia divertendo in Europa. Qui
l’estate sembra essere
tranquilla, per ora. Ci manchi. Torna prima dell’inizio del
semestre.
Un
giorno Stiles scoprì che Lydia Martin e sua madre avevano
fatto le valigie per
una vacanza in Italia. Nessun avviso, nessun messaggio da parte sua.
Solo
Parrish era a conoscenza della sua partenza. In centrale glielo disse
come se
fosse una notizia ovvia. Stiles non gli credette.
Le
mani sul volante della Jeep. Ad un incrocio svolta automaticamente a
destra. Lo
sguardo metà sulla strada di fronte a lui, metà
su Malia sedutagli accanto.
“Non
ti piacciono” ringhia la coyote aggiustandosi le punte di
capelli che da poco aveva
deciso di tagliare.
Stiles
sorride mentre osserva la sua ragazza litigare col suo riflesso nello
specchietto.
“Non
è vero, sono carini”
Ehi
Lydia. Come stai? Poche settimane al nostro ultimo anno da liceali.
Torna
presto.
Un
giorno Stiles convinse lo Sceriffo a mandare una pattuglia in
ricognizione
attorno all’isolato in cui si ergeva casa Martin. Le luci
erano accese. Forse
si trattava di ladri. Al rientro, il vicesceriffo disse che era solo il
signor
Martin che era venuto a controllare che fosse tutto in ordine. Non
erano
tornate.
Malia
continua a frizionare i capelli. Fa le smorfie come una bambina.
“Ehi,
almeno quando ti trasformerai non ti andranno negli occhi”
commenta Stiles
all’ingresso del parcheggio della scuola. Frena e, con garbo,
spegne il motore
della sua amata Jeep.
“Pronto
per un nuovo anno scolastico?” domanda la ragazza con
riacquistata allegria.
Stiles
le sorride e avvicina prontamente le labbra a quelle di lei che lo
lascia fare.
“Ora
sì” risponde lo Stilinski.
La
bruna salta fuori dalla Jeep con la sua nuova acconciatura.
Stiles
controlla un’ultima volta il cellulare.
Ehi
Lydia. Tutto bene? Chiama.
Qualche
giorno prima dell’inizio delle lezioni, Stiles e Scott si
ritrovarono
assurdamente legati e imbavagliati nella cantina di un vecchio
edificio. Questa
volta erano in svantaggio. Amber* era una banshee potente ma anche
malvagia.
Dove era finita la loro?
C’è
una sedia vuota al loro solito tavolo in mensa. Stiles la nota e anche
l’alfa
seduta di fronte a lui. C’era stato un tempo in cui il loro
tavolo era pieno e
Isaac o Kira dovevano chiedere in giro delle sedie per potersi sedere
con loro.
Adesso sono rimasti solo in quattro. Non più Allison, ma
Malia. Non più Isaac,
ma Kira. Non più i gemelli. Non più Lydia.
“Amico,
notizie?” chiede Scott sorseggiando un po’
d’acqua.
Stiles
ha la bocca piena per rispondere.
Ehi
Lydia. Come va?
Un
giorno Kira avvisò Scott di aver ricevuto finalmente un
messaggio da Lydia.
Stava bene, si stava divertendo ma non sarebbe tornata presto. Sua
madre stava
pensando di trasferirsi. Il lupo non ebbe il coraggio di informare il
suo
migliore amico.
“Cosa
fai?” domanda Malia, la guancia poggiata sul torace di
Stiles. Il ragazzo non
risponde subito, blocca il display del telefono e lo riposa sul
comodino.
“Stavo
controllando il cellulare. Scusa per averti svegliata” dice
armeggiando con le
coperte riscaldando la schiena scoperta della coyote.
“Ma
sono le quattro del mattino, Stiles” si lamenta, scostando la
mano del ragazzo
dalla sua spalla.
“Perché
controlli il telefono, cosa c’è che non vuoi dirmi
questa volta?”
Lo
Stilinski sospira, si mette a sedere sul letto.
“Abbiamo
bisogno di Lydia, lei non risponde ai messaggi”
“Perché
tutti avete bisogno di Lydia? Perché tu hai bisogno di
Lydia?”.
Stiles
riflette, pensa, ma le parole gli muoiono dentro. Guarda gli occhi di
Malia, la
ama, lui lo sa.
Perché
si tratta di
Lydia, non importa chi ami o con chi sia, si tratterà sempre
di Lydia,
pensa ma non lo dice.
La
domanda rimane sospesa, incompiuta.
Si
riaddormenta così: le dita a contare i fusi orari che lo
dividono da lei.
Ehi
Lydia.
Alla
fine, un giorno, anche Stiles perse il cellulare, ma mai la speranza.
Ciao,
Stiles.
Chiarimenti
e
Ringraziamenti anticipati:
Se
siete giunti a leggere fin qui vi dico già d’ora
immensamente grazie! Le porzioni di
testo separati
dagli asterischi sono semplici da ricollegare alle varie stagioni, ma
onde
evitare incomprensioni puntualizzo meglio:
-
primo missing moments: Stiles e Allison, Stagione 1.
-
secondo missing moments: Stiles e Lydia, inizio Stagione 3A
-
terzo missing moments: Lydia, corso della 3A
-
quarto missing moments: Lydia e Scott, Stagione 3B, riferimento alla
3x18
-
quinto missing moments: Stiles, funerale di Allison, post 3B e pre
Stagione 4.
-
sesto missing moments: Lydia e Stiles, corso della Stagione 4.
-
settimo missing moments: Lydia, Stiles, Stagione 4, riferimento alla
4x06
-
ottavo missing moments: Stiles, post Stagione 4 e pre Stagione 5.
(*)
Amber: ipotetica banshee e villain della 5s, di mia creazione, nessun
rumors in
giro.
Dato
che sul web circola voce che qualcuno non potrebbe fare ritorno nella
5s e che
si è creato un certo allarmismo circa il mancato nome di
Holland tra gli attori
confermati, ebbene mi sono convinta del fatto che Jeff ci
farà uno scherzetto e
manderà Lydia alle Bahamas o altrove per poi farla
ricomparire a metà stagione.
Spero di sbagliarmi!
Detto
questo, vi ringrazio ancora infinitamente. Spero di continuare a
scrivere su di
loro e in generale in questo fandom.
Un
bacio,
Sil