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Autore: SagaFrirry    25/02/2015    1 recensioni
Riportati in vita dopo la guerra santa, i cavalieri di Atena (qui in una reincarnazione un po' particolare) dovranno affrontare una nuova battaglia. Questa volta il nemico è Gaia che, con il suo esercito di divinità antiche, cercherà di spodestare gli olimpici.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga, Leo Aiolia, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Risveglio'
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XVIII

 

LOSER

 

Gaia era stata sigillata. Saga, esausto, aveva perso i sensi dopo essere riuscito a vincerla. Non appena riaprì gli occhi, al sicuro sul giaciglio all’interno del tempio, si guardò attorno allarmato.

“Ti sei svegliato!” lo salutò Hestia, ora visibilmente sollevata.

“Quanto tempo sono rimasto privo di sensi?”.

“Qualche ora. È notte ora”.

Saga si rialzò, nonostante le proteste di Hestia, che lo invitava a riposare ancora un po’, e dei cavalieri d’oro lì riuniti. Ne mancava qualcuno. Dopo essersi assicurato che fossero tutti vivi e in buone condizioni, si allontanò dalla sala senza curarsi della stanchezza. Aveva ancora un compito da svolgere. Salì lentamente le scale ed attraversò le prime due case, giungendo alle porte della terza.

“Phobos” parlò, vedendolo “Mi spiace. Ho saputo che hai perso un fratello in questa battaglia”.

“La guerra è vinta, è questo quello che conta”.

“Il tuo signore Arles è alla terza casa?”.

“Sì. Ma non pare molto in vena di essere disturbato”.

“Lo immagino”.

Il labirinto della terza era buio e silenzioso. I passi di Saga rimbombavano fra le pareti.

“Sei venuto a prendere la mia testa, Athena?” parlò Arles, creando un eco quasi inquietante.

“Dove sei? Fatti vedere” rispose Saga.

Arles apparve dal fondo del corridoio, lasciandosi alle spalle il buio.

“Devo ridiscutere con le altre divinità la tua condanna a morte” ricominciò a parlare la reincarnazione della Dea “Mi pare evidente che tu non abbia agito per tradirci. E Ahriman ci ha permesso la vittoria”.

“Non fa una grande differenza, che io muoia ora o fra qualche mese nella prossima guerra”.

“Prossima guerra?”.

“Le guerre ci saranno sempre”.

“Fra noi divinità, siamo pronti a formare l’alleanza necessaria per mantenere la pace”.

“Apprezzo il tuo ottimismo”.

“All’alba, seppelliremo i morti. Anche Ahriman”.

“Lo farai riposare nel cimitero dei cavalieri?”.

“Sì. Si è sacrificato per raggiungere la pace. Sarà ricordato come un eroe”.

Arles quasi rise. Traditore ed assassino, in pochi attimi divenuto eroe. Era ironico.

“Perché non mi hai detto che era tuo figlio?” continuò Saga.

“Cambiava qualcosa?”.

“Cambiava molto, a mio avviso! Non ti avremmo condannato a morte! Ti avremmo capito!”.

“Tu mi avresti capito. Tu soltanto”.

“Forse hai ragione”.

Saga sedette in terra, lasciando che lo scettro sbattesse. Arles lo fissò con aria interrogativa.

“Sei pallido, Saga. Facevi meglio a restare a letto” commentò.

“Smettetela di trattarmi tutti come se fossi un bambino!”.

“Non ti tratto come un bambino! So che hai combattuto ed hai consumato le tue energie”.

“Come hai fatto tu!”.

“Io non ho sigillato nessuno”.

“Tutti quei morti…” mormorò Saga “Se io non fossi così debole, potrei riportarli in vita! Invece…”.

“Hai già fatto molto”.

“Non è vero! Io…io vorrei ridarti tuo figlio! Lo vorrei davvero! Ma sono così inutile che non sono in grado di farlo!”.

“Se vogliamo parlare di questo, allora sono io quello inutile. Nella mia vita ho fatto tante di quelle cazzate che non riesco più a contarle. E guardami ora! Sono uno fra gli Dei più odiati: quello della guerra! Ma non la guerra giusta e di difesa come sei tu. Sono un fallito”.

“Che bella coppia siamo, io te”.

Seduti uno accanto all’altro, sospirarono all’unisono. Saga guardò in alto. Aveva gli occhi lucidi, ma non voleva piangere per l’ennesima volta. Arles, invece, con sguardo vuoto e perso verso non si sa quale meta, non era il genere di uomo che versava lacrime per sfogarsi.

“Dev’essere orribile” ricominciò Saga, con tono triste.

“Cosa?”.

“Sapere che un figlio esiste e poi perderlo in così poco tempo”.

“Ma mi hai visto? Io non sono un padre. Al massimo un fratello maggiore. E anche in quello sarei un disastro, credimi. Però ho sbagliato tutto. Devo ancora chiedere perdono per così tante cose…”.

“Immagino sia questo il momento giusto”.

“Prima che Zeus  mi decapiti. Già”.

“E lei?”.

“Lei chi?”.

“Ninive. Le hai parlato? E con Ariadne?”.

“Più sto lontano da loro, e meglio sarà. Non hanno bisogno che le faccia ancora del male. Ed è meglio anche che stia lontano da te, fratello”.

“Ma che dici? Tu…”

“Papà!” si sentì gridare per la terza casa, interrompendo la frase di Saga.

“Meno male che sei qui!” ansimò Ariadne, trovando lo zio ed il genitore seduti in terra “Presto, aiutaci! Mamma è fuori controllo, ti prego vieni con me!”.

 

Arles non ebbe il tempo di riflettere sul fatto di essere appena stato chiamato “papà”. Lui ed Ariadne corsero in fretta fino alla sesta casa, dove Hestia e le vestali ancora dimoravano. Le donne erano fuori dalla porta, che tentavano di guardare all’interno, troppo spaventate per entrare.

“Che succede?” domandò il dio della guerra.

“Vieni” lo incitò Ariadne, mentre le vestali si spostavano per fargli spazio.

All’interno, Hestia tentava invano di calmare Ninive. La donna era fuori controllo. Con l’abito nero, simbolo del lutto, gridava di rabbia e dolore. Il suo cosmo, risvegliatosi, bruciava ardente ed impazzito.

“Ha ferito delle vestali” spiegò Ariadne “Non riesce più a controllarsi”.

“Rischia di consumarsi”.

“Fermala. Ti prego! Trova un modo! Io ho tentato, ma non ascolta”.

Arles respinse alcuni colpi lanciati da Ninive. Hestia, ormai sfinita, si allontanò. Il dio della guerre fece segno alla figlia di fare lo stesso. Rimasto solo con lei, tentò di farla ragionare.

“Ninive!” la chiamò “Calmati!”.

Lei gridò e un’altra fiammata del suo cosmo si diffuse per la sesta casa.

“Ninive! Ti consumerai!”.

“Meglio!”.

“Ma che dici?!”.

“Oh, stelle del cielo! Fate che la mia vita si spenga ora”.

“Ninive! Non fare così! Vieni con me. Vieni a dare l’ultimo saluto a tuo figlio”.

“È stata tutta colpa mia!”.

Arles strinse i pugni e scattò. Nonostante la resistenza di Ninive, l’abbracciò. La strinse forte a sé, combattendo contro il cosmo bruciante che lo aggrediva.

“Calmati” le disse, parlando piano e accarezzandone il capo velato.

“Lasciami! Lasciami subito! Non mi toccare!” ringhiò lei.

“Devi calmarti!”.

“A te che importa? Lasciami! Lascia che bruci e muoia”.

“No! Non ti lascio! Questa volta no. Non avrei dovuto lasciarti andar via allora e non lo farò adesso”.

“Bugiardo!”.

“Folle. Solo questo. Sempre e solo folle”.

“Bastardo”.

“Può essere. Ma ti prego, Ninive, non lasciare che la tua incredibile energia ti uccida. Ricordo quando combattevi. Com’eri forte e sicura. Ricordo i tuoi meravigliosi occhi blu. Gli unici in grado di vedere la luce dentro di me. Tu credevi nel mio lato buono, se è mai esistito. Tu ti sei fidata ed io ho sbagliato”.

“No, sono stata io a sbagliare. Sono una madre orribile. Sono una madre fallita”.

“Ma perché dici questo?!”.

“Ho obbligato mia figlia ad una vita da vestale che non voleva e il mio bambino…”.

“Ariadne ora indossa un’armatura d’oro. Ed Ahriman si è sacrificato per il bene di tutti. Dovresti esserne fiera. Fiera con tutta te stessa”.

“Sono fiera, certo. E sono distrutta. Mi manca il respiro. Sento il petto che esplode e non voglio vivere ancora con questo. Sono sola”.

“Non sei sola! Respira. Lentamente. Vieni con me. Andiamo a salutare Ahriman”.

“Non ci riesco”.

Il cosmo di Ninive si era placato e lei era scoppiata a piangere. Arles lo notava da sotto il velo che le copriva il viso.

“Ninive…quando eravamo dei ragazzini ti dicevo sempre che eri una guerriera, che non dovevi piangere. Ora non userò quelle parole, perché vorrei tanto riuscire pure io a piangere”.

“Non tutti ci riescono”.

“Forse sono un cuore di pietra, come hai detto tu. Avanti…dobbiamo salutare Ahriman. All’alba verrà sepolto e non lo vedremo mai più. Anche se non è cresciuto con noi e di lui sapevamo poco, è pur sempre legato a noi. Lo era e lo sarà sempre. Sangue del nostro sangue”.

“Il nostro bambino” dissero i due in coro.

“Rispetto la tua decisione” riprese Arles “Si essere vestale e ritirarti dal mondo d’ora in avanti. Ma, ti prego, vieni con me da Ahriman”.

“Io…”.

“Un passo alla volta. Coraggio”.

“E poi mi lascerai da sola?”.

“Non dipenderà da me ciò che sarà dopo”.

“Già, è vero. Sei condannato a morte”.

“Ariadne, Hestia e le tue sorelle vestali non ti lasceranno mai sola. Vieni. L’alba è vicina”.

Ninive, sempre piangendo, si sforzò di calmarsi. Potenti singhiozzi la scuotevano. Cadde in ginocchio. Arles lasciò per qualche istante che si riprendesse e poi la fece alzare.

“Andiamo” le mormorò.

Ed insieme si avviarono verso l’uscita della sesta casa.

 

“Hei! Tutto bene? Ho sentito le tue grida!” si allarmò Death Mask, raggiungendo Ariadne.

“Sì. Io sto bene. È mia madre che…” rispose lei, guardando verso la sesta casa.

“Ninive è ancora là dentro? Capisco…ma dobbiamo andare. È quasi l’alba. Vedrai che…”.

“Sei sensibile come un coccodrillo morto!” sbottò Shaina.

“Non rompere, bella!” la apostrofò in malo modo il cavaliere “Questa nave l’hai persa, e lo sai! Ci ho provato per anni con te, vai a cercarti il principe azzurro altrove!”.

“Che cattivo che sei” ridacchiò Ariadne “Pensa che il nostro incontro è stato solo un caso. Se io quella notte avessi incontrato mio padre, invece? Te lo immagini? Se fosse stato lui il mio maestro, senza che nessuno dei due sapesse la verità? E se mi fossi innamorata di lui?”.

“Saresti comunque caduta fra le mie braccia. Questo è fascino italiano, tesoro!”.

“Coglione!” replicò Shaina, poi trascinata via a forza da Milo.

Cavalieri di Athena, Dei ed alleati si stavano tutti dirigendo al cimitero. Saga, vestito in nero, era pronto a celebrare la cerimonia. A braccia conserte, osservava gli altri Dei. Quello era il loro ultimo giorno assieme, poi ognuno avrebbe raggiunto il proprio tempio. Chissà se sarebbero rimasti per davvero in alleanza. Il dolce suono del flauto di Hypnos cullava le loro menti, alleviando il dolore dei loro pensieri. Un canto iniziò a levarsi. Un coro solenne, triste. L’estremo saluto a chi aveva combattuto l’ennesima guerra.

“Cominciamo” si pronunciò Saga, accendendo le prime candele.

 

Uscendo dalla sesta casa, Ninive ed Arles vennero travolti dall’odore dell’incenso e dai cori. Lentamente scesero le scale. Lui la sorreggeva con un braccio, guardando dritto davanti a sé. Lei, con la testa bassa, piangeva per ogni vita spenta e per la perdita del figlio.

“Arrivano” mormorò Thanatos a Saga.

Tutti i presenti, con in mano una candela, attendevano. La reincarnazione di Athena annuì. Si accinse a spalancare il grande portale dietro a cui i corpi dei caduti giacevano, per condurli con ogni onore al cimitero dei cavalieri. Si fermò, udendo un canto nuovo. Era così limpido e forte che copriva le voci del coro. Un timbro giovane, maschile. A quella melodia, si accesero le prime stelle nel cielo.

“Che succede?” si chiese più di qualcuno.

“Mai viste stelle così belle!” commentò qualcun altro.

Guardando in su, sul tetto del tempio, videro una figura avvolta in una lunga veste candida mossa dal vento. La voce era la sua. Con un gesto della mano, quell’uomo pareva controllare il cielo. La luna ne incorniciava il profilo e le stelle brillarono come mai prima.

“Ma chi è? Non sarà mica un altro rompicoglioni?” sbottò Death Mask.

“Eh no, che palle!” concordò Milo.

“Chi sei? Sai che stai interrompendo una cerimonia piuttosto importante?” parlò Shura.

“Scusate” rispose la figura.

La sua voce fece vibrare i loro cosmi. Era serena, solenne, avvolgente come il cielo stesso. Spalancò le ali e scese. I suoi lunghi capelli dello stesso colore della notte lo avvolsero, sfiorandone i piedi scalzi. Sorrise, inclinando il viso. Ariadne lo fissò, stupita come gli altri, e poi ne incrociò gli occhi smeraldo.

“Ahriman?” mormorò “Ahriman, sei tu?”.

Il giovane sorrise con più convinzione, chiudendo gli occhi.

“Ma…com’è possibile?” domandò Thanatos “Avevi il tuo cuore in mano! Era in terra!”.

“Vi devo ringraziare” parlò Ahriman “Solo con il sigillo su Gaia, potevo tornare”.

“Fratello…i tuoi capelli…la tua voce…”.

“Mi devo sdebitare”.

Dopo quella frase, il giovane ruotò una mano, dirigendola verso la porta che stava alle sue spalle. Dalle sue dita, frammenti sottili e luminosi, simili a polvere di stelle, si espansero nella stanza appena spalancata. Il buio in essa si dissolse. Molti cosmi la illuminarono.

“Stanno…tornando in vita?” domandò Hypnos al gemello Thanatos, forse convinto di essere in uno dei suoi sogni strambi.

“I morti di questa guerra…si rialzano” confermò il dio dei defunti.

“Le anime ed i cosmi tornano nei corpi dei caduti” sorrise Hade, vedendo fra loro alcuni dei suoi uomini.

“Com’è possibile?” si chiese Phobos, sorridendo al fratello che usciva dalla sala con le sue gambe.

Tornando a posare lo sguardo su Ahriman, videro che era mutato ancora. Era cresciuto e sul capo portava una corona scura.

“Urano” lo riconobbe Zeus.

“Il mio bambino è il dio Urano?” riuscì a dire Ninive.

Arles, invece, non disse nulla. Il giovane si stava avvicinando. Gli si fermò davanti, mostrando di essere una spanna più alto del padre. Alle sue spalle, Dei e guerrieri iniziavano ad inginocchiarsi dinnanzi al dio supremo del cielo.

“Io non sapevo di essere ciò che sono” ammise Ahriman “Ma voi siete stati gli unici che han creduto veramente in me. Voi e la mia sorellona Ariadne. Vi ringrazio. Grazie mamma, grazie papà”.

“Prego” borbottò Arles.

“Non me lo condannate a morte, vero?” sorrise la reincarnazione di Urano e Zeus scosse il capo.

“Oh, fratellino! Posso abbracciarti?” domandò Ariadne e, senza aspettare risposta, corse dal gemello e lo strinse forte.

La guerra era finita, avevano vinto, il potere di Urano aveva donato nuova vita ai caduti. Nessuno ci credeva ancora. Nessuno capiva se ciò che vedeva era reale o solo un sogno. Hestia si era appoggiata a Saga, come a voler avere conferma che era tutto vero. Lui le accarezzò il viso.

“Dai, andiamo a festeggiare” propose Ahriman e la folla si mosse.

“Mi piace l’idea, cognato” ghignò Death Mask

Ninive teneva le mani strette fra loro, in una sorte di preghiera. Arles le stava accanto ma non la sfiorava.

La reincarnazione di Urano notò questo e si voltò a guardarli, di nuovo.

“Papà” parlò “So che non sei abituato a sentirti chiamare così. E so che non ti piace farti dare consigli. Ma una volta, il mio maestro ha detto questo: non si può cancellare il passato. Non lo si può cambiare. Quando qualcosa finisce o si infrange, non tornerà mai come prima. Questo non significa che non si debba avere la forza di provare a rimediare, se è una cosa buona. E ricominciare da capo”.

Arles non seppe che rispondere. Si sentì sfiorare la mano dalle dita di Ninive. Stavano andando tutti a festeggiare. La notte era appena iniziata. Il cielo era magnifico. Sorrise.

Era tutto solo un inizio

 

FINE

   
 
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