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Autore: etc    26/02/2015    1 recensioni
Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità.
- Albus Silente
La guerra è finita: la battaglia è stata vinta, Voldemort sconfitto. E il piccolo Calien si ritrova orfano. È solo un bambino, ma presto si ritroverà a dover compiere delle scelte, a tentare il fato e a riscrivere il proprio destino, che sembra già così inevitabilmente segnato.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Teddy Lupin, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Albus/Gellert, Bellatrix/Voldemort, Bill/Fleur, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità.
- Albus Silente


Era notte fonda.
Un silenzio soporifero regnava nell'aria, interrotto soltanto dal verso di qualche gufo e dal battito delle loro ali.
Ad un tratto, due figure si Materializzarono nell'oscurità, fendendo la fitta nebbia.
Dopo un attimo, la prima figura, alta e possente, si incamminò in fretta lungo la via. Era un uomo dalla pelle scura e l'espressione determinata. Sulla guancia destra aveva un lungo taglio appena cicatrizzato e con il braccio sinistro portava un piccolo fagotto.
La seconda figura, più bassa e magra, si affrettò a seguire la prima, correndo per riuscire a star dietro al suo passo deciso. Era un uomo di mezza età, quasi del tutto calvo, e dal viso rugoso. Barcollava un po', aveva la schiena curva e si teneva una mano sulla pancia, come se poco prima qualcuno gli avesse sferrato un pugno nello stomaco. Nei suoi occhi si scorgeva del velato spavento misto alla voglia di dire urgentemente qualcosa.
"Kingsley!" disse, non riuscendo più a trattenersi.
La prima figura continuò a camminare a passo svelto come se non avesse sentito nulla.
"Kingsley!" ripeté l'uomo basso.
L'uomo possente emise un grugnito e l'altro, incoraggiato, parlò.
"Senti… non mi piace…"
"Neanche a me, Mundungus" la sua voce profonda suonava stranamente dura.
"Oh, fermati… Non riesco a starti dietro!" disse Mundungus con il fiatone.
Kingsley non si fermò. Solitamente era calmo, rassicurante e gentile, ma quella notte si comportava in modo rude e sembrava insolitamente scosso.
"Muoviti, canaglia che non sei altro."  disse.
Un muscolo sulla mascella di Mundungus si contrasse. Respirò profondamente.
"Kingsley…" disse con voce adulante "Ministro…" si corresse, cercando di addolcire il suo interlocutore.
"Non ci provare, furfante da quattro soldi, con me non attacca." fu la secca risposta dell'altro.
Mundungus gettò via ogni tentativo di adulazione e il pensiero che ronzava nella sua testa da tempo eruppe dalla sua bocca.
"Kingsley, io penso… io penso che potrebbe essere suo figlio!" disse tutto d'un fiato.
Kingsley si arrestò all'improvviso e si girò di scatto, facendo balzare indietro il compagno.
Lo fissò per la prima volta e poi disse con foga: "Ma certo che è suo figlio, pezzo d'idiota! E come potrebbe non esserlo? È figlio suo e dell'Ammazza-Babbani!"
"L-lei?!"
"Certo! Sei più cieco di quell'Acromantula che aveva Hagrid!"
Mundungus boccheggiò per qualche istante, poi balbettò: "Ma allora questo cambia tutto… Io pensavo che fosse finita! Gli altri dell'Ordine lo sanno?"
"No. Per quanto io ne sia convinto, alla fine le mie restano solo congetture. Non so quanti di loro possano aver intuito qualcosa, ma non credo che sia prudente esporre le mie idee, almeno non adesso. Potrebbe pregiudicare i loro interessi nei confronti del bambino, che, in fondo, non ha colpe.."
Kingsley si voltò e riprese a camminare a passo spedito.
"Ma se è suo figlio, non può che nascerne qualcosa di marcio!" disse Mundungus, correndo per star dietro al suo compagno.
"Non venirmi a parlare di princìpi, canaglia."
Mundungus si zittì e per un po' pensò solo a camminare. Poi, sussurrando, quasi intimorito da ciò che stava per dire e dalla reazione che avrebbe potuto suscitare nell'altro, disse: "Perché non… sbarazzarsene semplicemente…"
Kingley si voltò così rapidamente che Mundungus andò a sbattergli addosso. Lo prese per il colletto della camicia e lo avvicinò al suo viso sollevandolo: i piedi di Mundungus toccavano appena il suolo con le punte dei piedi.
Gli occhi di Kingsley mandavano scintille e fissavano con disgusto gli occhietti neri dell'altro a pochi centimetri dai suoi. La sua voce si fece un sussurro rabbioso tra i denti serrati.
"Ascoltami bene" disse "se mi credi così vile, allora non hai capito proprio un bel niente. Troppo sangue è stato versato queste notti per colpa dei suoi. Non sarò così ignobile da uccidere un innocente."
Kingsley lasciò andare Mundungus, facendolo barcollare e cadere.
Quest'ultimo guardò l'altro riprendere a camminare per un istante, poi si rialzò in fretta e disse: "D'accordo… ma perché offrirgli protezione…"
"Primo, è una creatura innocente, che merita una casa. Secondo… questa storia potrebbe avere reazioni imprevedibili e incontrollate… Non stiamo difendendo soltanto lui."
Mundungus non insistette ancora.
"Ma dove stiamo andando di preciso?"
"A Grimmauld Place. E dove, altrimenti?"
"G-Grimmauld Place?" ripeté Mundungus con voce titubante.
"Mi hai sentito. Grimmauld Place. E stavolta non ruberai niente." aggiunse con un'occhiataccia al suo interlocutore. "Harry ci ha autorizzati a usarlo come Quartier Generale per gli affari dell'Ordine, ora che la guerra è finita. Sembra assurdo, ma abbiamo quasi più lavoro adesso che durante la guerra. A distruggere ci vuole poco, ma ricostruire è così faticoso…"
"E… a chi lo lasceremo?"
"Aberforth."
"Aberforth?!"
"Sì, Mundungus, ad Aberforth" aggiunge scandendo le parole lentamente, girandosi verso l'altro e guardarlo con un misto di compassione e seccatura come se avesse davanti una persona un po' tocca. "E smettila di ripetere le parole che dico."
"Non… non credevo che Aberforth…"
"È stato l'unico che ha accettato di prenderlo." tagliò corto Kingsley.
"E vivrà con il bambino a Grimmauld Place?"
"No. No, non credo."
Kingsley svoltò a destra e si avvicinò al ciglio della strada, dove gli edifici segnati dal numero 11 e 13 si ritraevano man mano che i due si avvicinavano, e l'imponente villa dal numero 12 si ergeva in tutta la sua grandezza.
Entrò seguito da Mundungus e si avviò lungo il lungo corridoio.
La casa era diversa da come la ricordava: il pavimento era stato lavato, le tende sostituite, i mobili riparati. Aveva un aspetto molto più fresco, nuovo e luminoso.
I due si avvicinarono alla porta della cucina, dove si udivano dei sussurri concitati.
Kingsley aprì la porta ed entrò.
I sussurri cessarono, e i membri dell'Ordine si girarono verso il nuovo arrivato.
"Kingsley!"
"Eccoti, finalmente!"
"Ehilà, Kingsley!"
"Anzi… Ministro…"
"È Kingsley, ragazzi, non vi preoccupate."
"Potete uscire da sotto il tavolo."
Kingsley si era bloccato sulla porta e guardava con aria interrogativa i presenti che uscivano dal loro nascondiglio.
Questi sembrarono notare la sua espressione perplessa, perché Arthur Weasley, in piedi vicino alla porta, disse: "Oh, pensavamo che fosse Kreacher."
"Di solito sta ad Hogwarts, ma qualche volta viene qui a dare una sistemata alla casa…" spiegò Bill, avvicinandosi al padre.
"E non è un bello spettacolo…" aggiunse Arthur scambiando un'occhiata con il figlio.
"No, non lo è… Canticchia tutto il giorno a squarciagola, e quando si accorge che sei lì, si mette a raccontarti per filo e per segno di come lui abbia guidato coraggiosamente gli elfi domestici di Hogwarts nella battaglia, e deve mettere in mezzo 'il padron Regulus' e 'il padron Harry' con annessi elogi in ogni frase che pronuncia. Di solito però riusciamo a fuggire prima che si metta raccontare la parte in cui Harry esce allo scoperto dopo essersi finto morto davanti a Voldemort… Secondo me è diventato un po' schizzato, quell'elfo…" disse Bill.
Kingsley si sentì immediatamente contagiato da quell'ondata di buon umore e ritrovò la serenità che quella notte sembrava aver perso.
"Ma comunque, accomodati… entra…" disse il signor Weasley. "Eh… chi c'è con te? Oh…"
I membri dell'Ordine allungarono il collo per cercare il nuovo arrivato. E quando riconobbero Mundungus, la loro espressione si raggelò lievemente.
Gli occhi di Mundungus saettavano per la stanza, fissando il volto di ogni presente.
Kingsley ruppe la tensione dicendo: "Comunque… eccolo qua." e indicò il fagotto che teneva in braccio.
Tutti improvvisamente rivolsero la loro attenzione al bambino che dormiva tra le coperte. Si avvicinarono per osservarlo.
"Oooh… ma è bellissimo…" disse Hagrid prendendolo e stringendolo tra le braccia.
"Sì, Hagrid, ma mettilo giù…" disse la professoressa McGrannit.
"Dov'è Aberforth?" chiese Kingsley allungando il collo e cercandolo tra la gente.
"Qui." rispose una voce profonda.
Aberforth era seduto in fondo alla stanza, in disparte. Assomigliava incredibilmente ad Albus, ma aveva un'espressione più dura e al tempo stesso perennemente adolescenziale, teneva spesso le sopracciglia aggrottate, e possedeva poca della pazienza e pacatezza del fratello.
"Quindi è deciso, no?" disse Molly Weasley "Lo prenderai tu?"
"Sì." disse Aberforth alzandosi in piedi ed ergendosi in tutta la sua statura.
"E… lo porterai a vivere con te… al tuo pub?" chiese Molly, evidentemente contrariata all'idea di crescere un bambino in un posto del genere.
"Sì, Molly" rispose l'altro con la sua voce dura, e la signora Weasley non replicò.
 "Be', ma dai, su, bisogna trovargli un nome…" disse Dedalus Lux.
"Qualche idea?" disse la signora Weasley.
"Io proporrei Albus." disse Hagrid solennemente.
"Concordo."
"Anche io."
"Non potrebbe chiamarsi altrimenti."
"È la cosa più giusta da fare."
"Ma col cavolo che lo chiamerete Albus!" strillò Aberforth stizzito.
"Oh, Aberforth…"
"Niente da fare. Lui non è Albus. Sarà una persona diversa." disse duramente. "E migliore, si spera." aggiunse a denti stretti.
"Ma…"
"Se lo chiamate Albus, non me lo prendo!" ruggì.
"E tu a cosa pensavi, invece, sentiamo un po'?" disse Molly un po' stizzita.
"Be'…" disse Aberforth lievemente imbarazzato. "Io avevo pensato a Calien."
"Eh?"
"Calien?"
"Ma che razza di nome è?"
"Se non sbaglio, in runico vuol dire 'Luce'…" disse Bill.
"Oooh… ma che poétique, Aberfòrth…" disse Fleur sorridendo e dando una leggera gomitata ad Aberforth.
"Pff." disse lui, e fece un gesto della mano come per scacciare un insetto, ma arrossì lievemente.
"Va bene, allora."
"Calien. È deciso."
Per qualche istante tra i presenti regnò il silenzio, poi Kingsley disse a gran voce: "Be', signori… ecco fatto. Ora possiamo tornarcene a casa e andare a dormire. O continuare a festeggiare." aggiunse rivolgendo un'occhiata a Dedalus Lux.
Si udì un vociare di "Giusto", "Già", "A presto, Kingsley", "Ciao Molly", "Buonanotte a tutti", "Buona fortuna, Calien" e mano a mano la stanza cominciò a svuotarsi.
Aberforth si avvicinò alla porta per ultimo, ma invece di uscire, si fermò e si rivolse a Kingsley.
"Allora è vero? È suo figlio?"
"C-cosa?" farfugliò Kingsley, colto di sorpresa.
"A quanto pare sì." disse Aberforth interpretando la risposta dell'altro.
"Ma allora lo sanno?"
"Non so quanti di loro abbiano intuito qualcosa. Credo che la maggior parte pensi che si tratti solo di un bambino qualsiasi rimasto orfano durante la battaglia, ma qualcuno deve esserci sicuramente arrivato, altrimenti non avrebbe coinvolto tutto l'Ordine."
"Già…" convenne Kingsley.
"Ma qualcuno deve prendersene cura, no?" disse Aberforth prendendo il bambino dalle braccia di Kingsley. Calien sorrise appena nel sonno. "Dopotutto, lui non ha colpa."
"Calien…" disse fra sé Kingsley fissando il bambino.
Aberforth alzò lo sguardo da Calien a Kingsley. "Che nome di merda, vero?"
   
 
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