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Autore: TeenAngelita_92    26/02/2015    4 recensioni
"Fu l’ultima cosa che le disse, le ultime parole che la sua bocca tremante riuscì a pronunciare prima che il respiro diventasse tremendamente corto e che le sue labbra chiedessero disperatamente di lei.
E le accontentò, accontento le sue labbra e quel suo disperato bisogno di tornare a sentire che sapore aveva la sua bocca che da troppo tempo ormai non aveva più sfiorato, quasi temendo di averne dimenticato la sensazione."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Francisca Montenegro, Nuovo personaggio, Raimundo Ulloa
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Urgencia de ti.
 
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“Ancora non comprendo il motivo di tanta insistenza da parte tua nel voler passare per il paese.” continuava ormai da quasi mezz’ora a ripetergli Francisca, allarmatasi nell’esatto momento in cui dalle sue labbra aveva sentito pronunciare la semplice ed apparentemente inoffensiva parola “paese”. Non era passato molto da quando erano usciti dalla Casona chiudendosi la porta alle spalle, ma a Francisca quella sembrava essere un’eternità: camminavano lentamente uno al fianco dell’altro mentre lei si vedeva quasi aggrappata al suo braccio, come per paura di poter cedere da un momento all’altro. Non ne capiva il vero motivo, ma sentiva che improvvisamente il suo corpo, in particolar modo le sue gambe, non sembravano essere stabili, ne volerlo essere.
“In realtà ciò che proprio non comprendo è questa tua improvvisa voglia di voler passeggiare in mia compagnia, Bosco.”
“Volete per un attimo smettere di lamentarvi e godervi questa splendida giornata? Su, guardate questo meraviglioso sole!” la invitò, cercando di essere il più calmo e paziente possibile.
“Tra tutti i posti dove saremmo potuti andare per goderci questo “meraviglioso sole”, come continui a chiamarlo da quando siamo usciti, proprio in paese dobbiamo dirigerci?” gli chiese per l’ennesima volta, con la disperata speranza di riuscire a farlo spazientire ed indurlo a cambiare idea riguardo il “percorso” della loro piacevole passeggiata.
“Signora, semplicemente ho alcune compere importanti da fare, e…” provò a tirar fuori la prima delle innumerevoli scuse che gli passarono per la testa, ma lei lo fermò subito, capendo perfettamente e senza bisogno di aggiungere altre parole, che quella altro non era che una bugia.
“Allora mi spieghi perché continuo a pagare Fe? Se non erro questo è il suo lavoro, a questo punto potrei semplicemente mandarla via e lasciare che sia tu a…”
“Deve per forza avere un motivo questa mia voglia di voler passeggiare insieme a voi? E addirittura passare per il paese?” le chiese, ormai al limite della sopportazione, aggiungendo alle sue ultime parole un che di ironico, come se passare per quel piccolo paesino apparentemente accogliente sembrasse una cosa quasi mostruosa. “Sono ormai mesi che quasi non uscite più da quel vostro cosi tanto amato studio e le uniche e sole persone che vedete e vedono voi siamo io, la mia sposa, Mauricio e Fe, tenendo conto di poche altre.” le confessò, come a farle notare la vera realtà delle cose, il dolore e la sofferenza che sembrava essersi imposta di sentire, costruendo tutto intorno a se delle forti ed alte mura che pareva non voler più oltrepassare, ed a cui avevano accesso solo quelle poche persone che le aveva appena citato.
Ma lei non ne aveva bisogno, lei non aveva bisogno che qualcuno glielo ricordasse. Lei lo sapeva, lo sapeva molto bene.
“Non capisco questo cosa possa avere a che fare con il semplice fatto che non mi aggrada, almeno per ora,  passare per il paese.”
“Signora, volete forse dirmi che non è Raimundo Ulloa ciò che più vi spaventa ora? Il solo pensiero di passare per quella accogliente piazza vi allarma solo e semplicemente perché tanto temete di incontrarlo.” le disse il giovane, tanto sicuro di vedere sul suo viso un’espressione spiazzata, d’impotenza davanti alla vera realtà dei fatti, incapace di fare qualunque altra cosa se non stringere per un solo, interminabile attimo gli occhi e tremare molto più di quanto già non stesse facendo.
“Quanta importanza attribuisci a quel locandiere, figliolo. Il mondo non gira introno a lui, figuriamoci se Francisca Montenegro ora senta la “terribile” paura di incontrarlo.” gli rispose, iniziando a ridere di gusto, cercando quanto meno di dimostrargli che questa volta non l’aveva sorpresa, ne colta impreparata, almeno non quanto lui si aspettava.
“E’ il vostro mondo, Donna Francisca, a continuare a girare intorno a lui, ormai da anni.” le disse semplicemente. Poche e semplici parole bastarono da interruttore a quel cuore, che fino a quel momento era stranamente rimasto calmo ed impassibile davanti all’ansia che aveva iniziato a sentire. Poche e semplici parole, si, ma vere quanto nessun altra cosa nella sua vita.
“Ed entrambi sappiamo bene quanta ansia e speranza di vederlo, si nasconde ora dietro questo vostro orgoglio.”
“Sto iniziando seriamente a pensare che la nascita di tuo figlio ti abbia letteralmente affogato il cuore ed il cervello nello zucchero. Parli di qualcosa di ormai morto e sepolto come se fosse ancora vivo e forte come un tempo.” affermò con una leggera punta di amarezza mischiata a falsa indifferenza, mentre tentava di evitare il suo sguardo e continuare a camminare sola, senza l’appoggio, ora indispensabile, del suo braccio.
“Non vi do torto, la nascita di mio figlio ha completamente cambiato la mia vita e le mie giornate.” le confessò sorridendo “Ma queste mie parole sono solamente frutto di ciò che vedo ormai da tempo nei vostri occhi, ed in quelli di Raimundo nelle poche occasioni nelle quali ho potuto incontrarlo.”
“Beh, seppur non condiviso, questo è un tuo pensiero ed io non posso costringerti a credere che in realtà nulla di tutto questo ha a che fare con il fatto che non ho alcuna intenzione di passare per il paese, ne oggi, ne tra una settimana e ne…”
“Mi chiedo, dunque, se la donna che ora ho davanti è la stessa di ieri, quella donna che piangendo mi ha confessato di non riuscire a dimenticare l’uomo che per anni ha amato, l’uomo che ancora ama. Ditemi, è la stessa donna?” la interruppe ancora, come ormai si era permesso di fare da quando erano usciti per quella semplice passeggiata che ora risultava essere  l’errore più grande che lei avesse potuto fare. La interruppe e si, stavolta l’aveva colta impreparata, impotente di dire qualunque cosa, perché in realtà sapeva che le sue parole erano maledettamente vere: era proprio lei la donna che la sera prima gli aveva confessato di non riuscire a dimenticarlo, di non saperlo fare, mentre lacrime amare rigavano la pelle del suo viso come nell’intento di lasciarne il segno, per sempre.
“Bosco…” dopo alcuni attimi di silenzio, passati immobili a fissarsi l’un l’altro, interrompendo cosi la loro camminata, riuscì insicura a pronunciare il suo nome “Ti pregherei di tornare a casa ora, o se proprio ci tieni a fare questa tanto desiderata passeggiata, di proseguire solo. Non sono dell’umore adatto per camminare, tantomeno per parlare di…” si fermò, alla disperata ricerca di un sinonimo o qualunque altra espressione che potesse sostituire quel nome, il suo nome “Di storie morte e sepolte già da troppo tempo, ormai.” concluse, intenta a girarsi e proseguire la sua passeggiata di ritorno alla Casona. Ma era troppo tardi.
Era troppo tardi ora per scappare, troppo tardi per continuare ad evitare ciò che da tanto, forse troppo tempo sarebbe già dovuto accadere, troppo tardi e basta.
Senza neanche rendersene minimamente conto, entrambi erano già arrivati a destinazione nella piccola ed accogliente piazza del paese, quel luogo cosi tanto temuto da Francisca come chissà quale inferno fosse. E si stupirono, si stupirono di non essersene accorti prima, più lei quanto Bosco, poichè ora purtroppo non poteva più in alcun modo tirarsi indietro: lui era là, fermo, immobile, in piedi davanti alla locanda che numerose notti era stata sfondo dei suoi sogni.
Lui era là e quei suoi occhi scuri l’avevano ormai già vista, puntati fissi su di lei come se la distanza che li separava non esisteva, come se non fosse mai esistita. Si era accorto della sua presenza solo quando da lontano, aveva potuto udire la sua inconfondibile voce.
Maledetta immaginazione.” si era detto, stringendosi forte la testa tra le mani, arrivando addirittura a credere che quel meraviglioso suono, fosse solo frutto della sua immaginazione, del suo disperato bisogno di lei che ora, come ormai da giorni, continuava a tormentarlo senza tregua.
Restò fermo a guardarla ancora, come a volersi imprimere quei semplici attimi di pace nella sua memoria allo scopo di poterli rivivere, grazie a quest’ultima, di tanto in tanto, quando il disperato bisogno e desiderio di lei l’avrebbe sopraffatto.
E lei… Lei che sapeva che l’avrebbe sempre cercato: una somiglianza per la strada, un profumo capace di farla voltare. No, non poteva affermare di averlo dimenticato, ne di volerlo dimenticare.
Si, lei lo avrebbe sempre cercato e tra la gente avrebbe sempre avuto l'ansia e la paura di incontrarlo, come la prima volta che i suoi occhi l’avevano visto e l'ultima che l’avevano perso.
Ma ora era li, era li distante da lui solo pochi metri, metri che quasi la illusero di poter sentire il suo profumo.
“Signora…” la voce di Bosco la distolse dai suoi improvvisi e numerosi pensieri. Il giovane si era accorto di Raimundo ed aveva subito intuito il perché di quel suo sguardo cosi intenso verso di lei, e sorprendentemente ricambiato. Senza dire altro le prese delicatamente il braccio, posandoselo sopra il suo, e si incamminò verso l’uomo ancora immobile e dall’espressione di timore e desiderio al contempo stesso.
“Bo…Bosco, non…” tentò di farfugliare qualcosa quando, svegliandosi dal quello stato definibile quasi di shock, si rese conto delle intenzioni del giovane. “Devo tornare alla Casona, devo…”
“Signora, fidatemi di me…” la fermò, sorridendole e guardandola con aria dolce e gentile, come a volerla rassicurare.
I due continuarono a camminare, in realtà senza minimamente sapere ciò che di lì a poco avrebbero fatto, se si sarebbero fermati ad intrattenere una “conversazione” con Raimundo o se avrebbero continuato come se niente fosse. L’unica cosa certa, almeno per lei, era quel battito ora cosi accelerato ed impaziente del suo cuore, che ormai da tempo non sentiva, e l’appoggio del giovane Bosco, disposto a qualunque cosa pur di mettere a tacere, anche per un solo piccolo attimo, il suo orgoglio e permetterle di avvicinarsi all’uomo che tanto desiderava vedere, se non disperatamente stringere forte a se.
“Tu sai… Tu sai che non te lo perdonerò, vero?” iniziò a dire, tanto arrabbiata quando debitrice a quel ragazzo che le stava dando la possibilità di rivederlo, di poter contemplare il suo volto e quei suoi profondi ed intensi occhi “E… sai anche che quando… quando torneremo alla Casona io ti…” cercò di continuare, mentre il giovane iniziò a sorridere per la sua bizzarra reazione.
“Salve Don Raimundo.” la voce ferma e decisa del ragazzo ed il suono di quel nome, fermarono lei e le sue imminenti ed ironiche “minacce” di morte verso di lui.
E fu solo allora che Francisca si accorse di essergli estremamente vicino, forse anche troppo se non fosse stato per il corpo del giovane Bosco.
“Salve a te, Bosco.” rispose gentile ed ancora stupefatto l’uomo, posando involontariamente lo sguardo su di lei, come stava ormai facendo da quando si era accorto della sua presenza.
“Sa… Salve Francisca.” e contro ogni sua aspettativa, balbettando leggermente per la possibile agitazione, fu anche lei che salutò.
“Salve Ulloa.” rispose lei, con tono falsamente freddo e distaccato. Aveva usato il suo cognome per un semplice saluto e ciò indusse Raimundo a credere che forse, da quel momento, sarebbe stato quello l’unico ed il solo nome con cui l’avrebbe sempre chiamato. Notò il suo sguardo disperso nel resto della piazza, tra la gente che stupita e curiosa aveva iniziato a fissarla.
“Come…” tossì lui, intenzionato a conversare con il giovane almeno il tempo necessario per riempire i polmoni del suo profumo e gli occhi della sua figura. “Come mai da queste parti a quest’ora del mattino?” riuscì infine a chiedere.
“Niente di particolare o importante, oggi sembra essere una splendida giornata e dopo tutta la pioggia di ieri, questa mattina mi sono svegliato presto e con il grande desiderio di uscire per una passeggiata.” rispose Bosco sorridendo. “E… Beh, ho pensato che ancora meglio sarebbe stato con la compagnia di Donna Francisca.” concluse guardandola.
“Già, un’ottima idea.” confessò abbassando lo sguardo “E la tua sposa ed il tuo bambino? Come stanno?
Ho potuto apprendere da Emilia la notizia della sua nascita, e nel paese gira voce che si chiami Beltrán.” Chiese Raimundo, apparentemente davvero interessato allo stato di salute di sua moglie e suo figlio.
“A quanto pare le voci si sono molto diffuse, e molto velocemente.” notò il giovane, stupito.
“Dopotutto questo è un paesino molto piccolo, qui tutto si diffonde velocemente.” affermò l’uomo.
“Avete ragione Raimundo. Beh in ogni caso la mia sposa ed il mio bambino stanno bene, ed ora dormono entrambi placidamente” sorrise “Vi ringrazio per avermelo chiesto.”
“Non ci sono motivi per i quali tu debba ringraziarmi, Bosco.” sorrise anche lui, ma il suo sembrò più un tentativo, uno sforzo di sorridere, e Francisca poté vederlo chiaramente.
“Signora, guardate.” avverti il giovane,  riferendosi alla donna “C’è Mauricio.” continuò indicandoglielo  “Vogliate scusarmi, ma credo che mi allontanerò un istante per discutere con lui di alcune questioni importanti.”  avvisò, e quelle poche parole bastarono: l’imminente allontanamento di Bosco e il solo pensiero di restare sola con lui, bastarono per dare il “via” al tremolio delle sue mani, ora lievemente fredde per i leggero venticello.
“Bosco aspetta, dovrei…” istintivamente, quasi senza poterla controllare, una voce terribilmente tremante uscì dalle sue labbra nella disperata speranza di mandare letteralmente in fumo il “piano” di Bosco, che aveva ormai scoperto.
“Con permesso.” la interruppe, impedendole di dire qualunque altra cosa, e sorridendo di gusto si allontano dai due, dirigendosi verso Mauricio.
Si, erano soli ora. Erano soli, come probabilmente non si erano mai sentiti prima. Soli e liberi e tutto ciò pareva strano, tanto strano: erano state numerose le volte nelle quali si erano trovati l’uno di fronte all’altro, guardandosi intensamente, soli, nel più profondo ed intenso silenzio di ogni stanza, di ogni luogo dei loro incontri, ma loro avevano sempre saputo riempire quel vuoto e quel silenzio con  parole, e grida di rabbia, e parole, e rimorsi, e parole, e rancore, e parole ed odio ed ancora parole.
Perché era questo che facevano, rinfacciarsi costantemente il passato, lasciar vincere l’orgoglio e la rabbia, sprecare attimi, vuoti, silenzi che forse avrebbero potuto colmare semplicemente abbracciandosi e stringendosi forte, tanto forte da non potersi più staccare.
Avrebbero potuto farlo ora, se davvero l’avessero voluto, se davvero ne avessero avuto il coraggio, ma era ancora il silenzio a regnare tra di loro, mentre piccoli sguardi timorosi e troppo nascosti non gli permettevano di vedere chiaramente quanto l’uno avesse bisogno dell’altro.
“Quel ragazzo deve essersi impegnato molto per convincerti ad uscire dalla quella tua tana.”e fu lui, Raimundo, a trovare la forza necessaria per non permettere che quell’occasione che il giovane Bosco, volontariamente o non, gli aveva dato, finisse persa e lontana, gettata tra tutte le altre che avevano fatto l’esatta stessa fine.
“Non capisco il perché di questa tua affermazione. Se non ricordo male, il solo pensiero di non dovermi incontrare per te era un sollievo, sbaglio?” seppe rispondergli, sollevando lo sguardo e posandolo intenzionalmente su di lui, in un’espressione carica di odio e orgoglio.
“Sarebbe stato un sollievo per me saperti fuori da quelle quattro mura che ormai da mesi hai reso il tuo rifugio, la tua barriera difensiva.” le rispose, apparentemente sincero.
“E’ per caso preoccupazione ciò che credo di aver sentito nelle tue parole, Ulloa?” chiese con fare ironico, ridendo al solo pensiero che lui potesse essere davvero preoccupato per la sua persona. “Raimundo Ulloa preoccupato per me.” ripeté con aria falsamente incredula, come a volerlo dire a chiunque le passasse davanti in quell’istante “Devo ricredermi sai, tu sai sempre come farmi ridere.” concluse voltandosi, intenzionata ad andare via di nuovo, ponendo cosi fine a quel loro ennesimo ed inutile incontro che se fosse durato un solo minuto ancora, li avrebbe trascinati nell’ennesimo dei loro ormai monotoni litigi.
“Scappi Francisca?” quasi le gridò, disperato e a corto di parole o di qualunque altra cosa che potesse usare per fermarla.
“Io? Scappare?” si voltò dicendo, dandogli piena dimostrazione del fatto che il suo intento di fermarla era riuscito alla perfezione. “Ti ricordo che il mio nome non è Raimundo Ulloa.” continuò, ancora con quella sua sempre presente e buon amica “ironia” che Raimundo conosceva ormai da anni, a cui aveva imparato ad abituarsi nonostante a volte riuscisse a colpirlo nel più profondo di se stesso.
“E’ questo che vuoi? Hai intenzione di continuare ad insultarmi? Come hai sempre fatto?” le chiese, lasciando che un pizzico di rabbia e amarezza si confondessero insieme trovando sfogo nella sua voce.
“Le mie intenzioni oggi erano ben altre, e non comprendevano te.”
“Posso solo immaginare quali avrebbero potuto essere: chiuderti in quella buia stanza, seduta dietro la tua scrivania a dettare ordini, firmare fogli e riflettere su ogni tua più piccola ed insignificante azione o imminente mossa. Sono felice di sapere che non comprendevano me.”
“E tu cosa ne sai di ciò che faccio o non faccio? Cosa ne sai degli ordini che detto, dei fogli che firmo o…” si fermò, rendendosi conto che la troppa rabbia contenuta l’aveva indotta a gridare, attirando l’attenzione della maggior parte delle persone in piazza. Poteva sentire i suoi occhi bruciare ed uno strano ed improvviso calore salirle piano dalla parte inferiore del corpo.  Ma quello non era un calore normale, no, non lo era.
Non era il calore che provava quando le forti braccia di lui la stringevano forte contro il petto, non era il calore umano che il suo corpo riusciva ad emanare, e non era il calore che riscaldava la sua pelle, ma bensì un calore che innalzò improvvisamente il suo freddo.
“O di ciò che penso, ogni maledetto secondo, minuto, ora.” concluse, regalandogli, per quanto straziante e triste, lo sguardo più intenso e vero che avesse mai potuto avere.
“Parlamene tu allora! Raccontami di ciò che pensi, di ciò che dici, di ciò che guardi con questo stesso sguardo con il quale guardi me. Raccontami delle lacrime che hanno rigato più volte il tuo viso, perché so che lo hanno fatto, perché so che non hai potuto controllarle ed il loro segno è ancora qui, profondo e scavato nel tuo volto.”
Qualcosa. Qualcosa di meravigliosamente forte era scattato in lui, improvvisamente, qualcosa di cosi forte da dargli il coraggio di avvicinarsi a lei regalandole quelle dolci e delicate parole, per niente studiate o organizzate ma del tutto istintive. Si avvicinò pericolosamente a lei, completamente incurante della possibilità di un suo rifiuto. Si avvicinò, quel tanto che bastava per poterle accarezzare il viso e tracciare con le dita il famoso “segno” che per interi mesi erano state le sue lacrime a percorrere.
“Belle parole Raimundo.” riuscì ad articolare, tremante ed indifesa, impotente tra le sue mani “Solo un mucchio di belle parole, seguite subito dopo da altre di pentimento, di addio.” Continuò, sentendo sulla pelle il magnifico tocco delle sue dita che per troppo tempo le era mancato. Inevitabilmente le tornarono alla mente ricordi di quel loro bacio, quel loro clandestino bacio che gli aveva permesso di confessarsi tutto l’amore che dopo anni ancora provavano l’uno per l’altro, con la stessa e costante intensità di allora.
“E’ cosi che fai, no? Mi accarezzi il viso pronunciando parole estremamente convincenti, per poi allontanarti, facendomi invadere dal freddo dell’assenza del tuo corpo e chiedendomi come se davvero fosse una cosa facile e veloce, di dimenticarti. Non mi sorprende sapere che è ciò che farai anche ora.” continuò a dire, tentando con le poche forze che l’uomo le aveva lasciato, di allontanarsi.
“Credimi, io non…” trattenne il fiato, accorgendosi di essersi avvicinato a lei di molti più centimetri rispetto a prima. Trattenne il fiato come se fosse lei, il suo profumo, i suoi occhi, il suo calore a toglierglielo.
“Non c’è stata una sola bugia nelle mie parole, ne quel giorno, ne ora.” le confessò. “E non c’è stato un solo giorno nel quale io non ti abbia pensato, desiderato, nel quale io non abbia disperatamente desiderato di incontrarti. “ continuò a parlare, cosi come continuò il suo corpo ad avvicinarsi “E’ solo… Solo questa mia confusione e questa mia paura che…” si fermò ancora. Le parole sembravano uscirgli con estrema fatica dalle labbra, come confuse, sconnesse. “Ed io… Io ho bisogno di te. Ne ho bisogno. Il codardo locandiere di Puente Viejo ha bisogno di te.” le ripeté più volte, accompagnando a quella sua lenta e disperata supplica, delicate carezze.
“Non…Non credo ad una sola parola di tutto ciò che stai dicendo.” rispose lei, sforzandosi il più possibile di avere una voce ferma e decisa.
“Vorrei poterti credere.” le disse sorridendo “Vorrei tanto poterti credere, ma stai tremando come una foglia tra le mie mani.”
“No!” quasi urlò, allontanandosi bruscamente “No, io non sto tremando e tu stai continuando a mentirmi, come hai sempre fatto.” continuò, e per quanto il calore del suo corpo le mancasse ora, era consapevole del fatto che se fosse rimasta ancora per un solo attimo tra le sue braccia, avrebbe iniziato a piangere e sarebbe caduta inevitabilmente nella sua trappola, di nuovo.
Lo guardò un ultima volta, mentre un sottile strato di lacrime iniziava lento a velare i suoi occhi. Un ultimo sguardo e si voltò, intenzionata ad andarsene.
“Francisca!” urlò lui, mentre sorprendentemente veloce, una sua mano raggiunse il suo braccio, afferrandolo e stringendolo leggermente, il poco che bastava a fermarla e non lasciarla andar via. In quel piccolissimo e veloce attimo, seppe riavvicinarla a se e guardarla intensamente proprio come pochi istanti prima.
“No.” disse solamente lui, negando con la testa. “No.” ripeté, e lei non capì.
Lei non capì a cosa si riferisse quel tanto deciso e forte “No.”. Lei non capì quel suo intenso sguardo, i suoi intensi occhi scuri improvvisamente velatisi di tristezza  e… qualcos’altro, qualcosa di più forte e doloroso. Non capì il suo respiro accelerato e non capi le ferite sulla sua mano, quella che disperata e forte le stava tenendo il braccio.
Ferite? Pensò. Si, le aveva viste e da quel preciso istante non aveva saputo fare altro che tormentarsi a chiedersi come, cosa, chi avesse potuto procurargliele e perché. Continuava a fissarle ormai da diversi secondi, scrutandone la più piccola ed insignificante caratteristica: la pelle sembrava essere rossa e di un colore leggermente più scuro verso le nocche, dove già si estendevano numerosi piccoli tagli.
“Raimundo…” sussurrò con voce tremante quando i suoi occhi ritornarono istintivamente a fissare quelli di lui “Raimundo, come…” cercò di continuare, intenzionata a trovare a tutti i costi una risposta a quelle sue domande,  a chiedergli di quelle troppo evidenti ferite, ma non ne ebbe il tempo.
“Signora.” la chiamò Bosco avvicinandosi “Signora…” ripeté, accorgendosi di non aver ancora attirato l’attenzione della donna “Credo sia meglio tornare alla Casona, sta iniziando a piovere ed il tragitto che ci aspetta è abbastanza lungo.”


Spazio Autrice:
Eccooomiii tornata (dopo non so quanto tempo) con questi due spappolatori di feeeels.
Come ormai faccio ogni volta, voglio scusarmi per il clamoroso ritardo, ma ultimamente sono in pieno trasloco e tutto ciò mi sta rubando molto molto tempo. Ma finalmente (e come mio obbligo e dovere) ho trovato un po' di tempo per continuare questo mio "esperimento", al quale tengo particolarmente e spero, come sempre, che anche questo capitolo, come gli altri, vi piaccia e valga tutta l'attesa. 
Ancora un grande GRAZIE per le bellissime recensioni e la pazienza.
Un bacio grande.
TeenAngelita_92
  
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