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Autore: AthenaSkorpion    26/02/2015    1 recensioni
Orfeo ed Euridice, una delle coppie più belle della mitologia greca e della letteratura mondiale. Tenterò di interpretare a modo mio la loro storia, dall'incontro alla tragica separazione alle porte dell'Ade.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Orfeo diede un ultimo doloroso sguardo alla bella Euridice e quando la ragazza si disfece sotto i suoi occhi in una limpida pozza di acqua cristallina, sentì lo stomaco annodarsi e le lacrime esondare. Cosa gli rimaneva di lei? Neppure un corpo da stringere a sé, un viso da ricordare, nulla. La sua bellissima voce non avrebbe mai più risuonato per lui. Mentre le stelle iniziavano a danzare in cielo, il padre della ninfa, Nereo, con Aristeo ormai in fuga all'orizzonte, rientrò in casa sulle sue gambe deboli scuotendo la testa in silenzio per il dolore insopportabile. 
Orfeo rimase lì, accovacciato sull'erba umida, con la sua piccola cetra in mano. Provò a suonare una dolce melodia, sperava di poterla riportare in vita come riusciva a fare perfino con le pietre, ma scoprì che in quel momento le corde restavano immobili sotto le sue dita, in lutto.
Poche ore prima aveva suonato per la giovane ragazza, ora sentiva il suo cuore spezzarsi davanti alla consapevolezza che non avrebbe mai più potuto guardare i suoi occhi luminosi e immergere il viso nei suoi impalpabili capelli. E cosa sapeva di lei, all'infuori del nome? Nulla. Perché stava soffrendo in quel modo? Forse, dopotutto, in lei, in quella morte ingiusta, aveva visto sciogliersi tutte le opportunità mai più fattibili, tutte le strade che non avrebbe mai più potuto percorrere con l'unica creatura che avesse mai amato.
Restò così tutta la notte, fermo come una statua di pietra. Venne l'aurora rosata e il Sole, vestito di seta, si portò con sé ciò che era stato di Euridice. 
Un soffio di vento. Orfeo, quasi incoscente, si riscosse dal torpore di morte. La sua cetra aveva parlato. La brezza si fece più insistente, le corde dello strumento ripresero vita con energia. 
L'uomo si alzò da terra. Non poteva finire così, tutto poteva tornare alla vita. Anche Euridice.
Orfeo mosse qualche passo davanti a sé, sempre più determinato, sempre più convinto della follia che aveva in mente di tentare. Picchiettò le corde della cetra in una marcia di battaglia. Avrebbe liberato la sua amata dalle ombre dell'Ade.
Un usignolo si posò sulla sua spalla.
Orfeo si fermò, perplesso; non aveva il coraggio di scacciarlo, ma non voleva perdere tempo.
- Non sai neanche dove andare, mio sfortunato innamorato.
Il musicista non credette alle proprie orecchie. L'uccellino aveva appena parlato.
- Chi sei?- chiese. L'usignolo cinguettò, volando su un ramo poco lontano da lui. 
- Non sono nata in questa forma, ma questo a te non interessa. Conosco il luogo dove si ergono le porte dell'Ade, serrate per i vivi e terribilmente attraenti per i fumi dello spirito. Ti avverto: non sarai il benvenuto. Può darsi che tu non riveda mai più la luce, se accederai al sentiero di Persefone.
Orfeo non ebbe bisogno di pensarci.
- Io non vado a perdere la mia anima. Vado a riprendermela. 
L'usignolo tacque qualche istante. Se avesse avuto delle labbra, avrebbe sorriso.
- Se io avessi conosciuto un amore come il tuo, forse... Ma il tuo è vero amore o è follia? Sei davvero disposto a rischiare la tua mirabile vita, invidiata perfino dagli Dei, per salvare una ninfa che non puoi dire neppure di conoscere bene?
Orfeo esitò. 
- Bellissima cantante delle foreste, non so descrivere ciò che provo dentro. È una follia, sì, ma è dolce. È un calore che si spande dal centro del mio cuore, ma che ha un disperato bisogno del calore di lei per poter giungere alle mani, ai piedi e a questa sciocca testa. Quello che coltivo in me è il seme di un gelo che mi pervade ogni istante che passo lontano da lei. Sento il freddo della sua morte sulle dita e sale su, fino in gola, condensandosi in lacrime che non posso trattenere. Io l'ho persa. Io l'avevo tra le mie braccia, felice di poterla presto onorare come sposa, e pochi respiri più tardi lei non esisteva più. Oh, se avessi potuto donarle un po' di quei miei respiri! Mi sentirei più vuoto, ma sarebbe lei a chiudersi nel mio petto.
L'usignolò si alzò in volo cantando con poche e brevi note tristi e poi mormorò:- Seguimi.
Orfeo, scosso, ubbidì tentando di stare al passo. L'uccellino si premurò di essere seguito. 
Giunsero, inerpicandosi su delle rocce ricoperte di arbusti, ad un promontorio a strapiombo sul mare.
- Vedi quel porto, sulla spiaggia là in basso? Prendi una nave e vai ad ovest, presso la Sibilla di Cuma. Ti aiuterà a trovare la strada. Stai attento, dolce citaredo. Sii la tua stessa fortuna. Ti auguro di poter rivedere al più presto la tua regina.
Dopo aver scorto il porto di cui parlava l'usignolo, Orfeo si volse verso l'uccellino sperando di potergli chiedere come si chiamasse, ma era già sparito tra le chiome degli alberi.
Dopo essersi legato la cetra sulle spalle con un laccio di cuoio, iniziò a scendere con cautela giù dalla scarpata, con un solo obiettivo nella mente.
   
 
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