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Autore: Jade MacGrath    12/02/2005    3 recensioni
Alexandra è sempre stata tiranneggiata sorelle maggiori, Bellatrix e Narcissa Black. Per volontà di Lucius Malfoy ha dovuto lasciare la famiglia e il suo paese. Ma Alex sa attendere… e di cosa può essere capace una Black per vendicarsi e riprendersi tutto?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Bellatrix Lestrange, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Rodolphus Lestrange, Severus Piton, Sirius Black
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Trama: Alexandra è sempre stata tiranneggiata sorelle maggiori, Bellatrix e Narcissa Black

 

Siate clementi, è la prima ff che abbia mai scritto su HP. Ma più che altro è Slytherin. Se mai arriverete in fondo alla storia capirete anche il titolo (forse) altrimenti... beh, non sapevo che inventarmi e questo è stato il primo a venirmi in mente! ^^;

 

***

 

Alexandra fissava il vino che stava facendo ondeggiare all’interno del suo calice.

“Perché vuoi saperlo? Perché ora?” domandò al suo interlocutore, seduto nella poltrona di fronte a lei.

“Sono curioso.”

“Sei curioso. Chi sei, il mio terapista?”

“Mi sono solo reso conto che non ti conosco bene come vorrei.”

“D’accordo, ma ricordati che la curiosità uccise il gatto. E poi la storia è lunga.”

“Abbiamo tutta la notte, e, cortesia del precedente padrone di casa, un’ottima bottiglia di vino.”

Vero anche questo. Alex bevve un sorso di quell’ottimo Chateau Lafitte che aveva trovato in cantina, e si mise comoda.

 

******

 

Poco tempo prima

 

Non ricordava di essere mai stata tanto nervosa in vita sua.

E tutto per colpa di sua sorella Bellatrix!

“Come… Come ha potuto fare una cosa del genere senza interpellarmi? Senza chiedermi se ero d’accordo o meno? Ma me la pagherà, oh se me la pagherà, lei e quell’avanzo d’Azkaban di Lestrange!”

La porta del salone dove stava andando avanti e indietro da ore si aprì lentamente. Narcissa notò che uno di quegli stramaledetti elfi domestici aveva fatto capolino nella stanza.

“Madame è molto agitata. Pinky può fare qualcosa per Madame?”

Narcissa le lanciò un’occhiata che avrebbe potuto incenerire, ma, riflettendo, si disse che quella piccola elfa avrebbe anche potuto aiutarla a calmarsi.

 

Bellatrix varcò un’ora dopo la porta del salone principale di palazzo Malfoy. Gettato lo sguardo in un angolo, scosse la testa.

“Narcissa, se continui a pietrificare gli elfi che ti annoiano o ti disobbediscono, tra non molto ti troverai senza servitù, e con un giardino pieno di statue orrende.”

Alzato lo sguardo sulla sorella, la vide schiumante di rabbia. Non che non l’avesse mai vista in quello stato… era capitato una volta o due, ma lei non era mai stata la causa. Di solito era l’ospite attesa quella sera, la causa.

“Non vedo il motivo di questa reazione. Lo sai benissimo che è l’ultima carta che ci rimane da giocare.”

“Le hai detto che avevo bisogno di un aiuto. Non l’hai anche invitata in questa casa, vero? Non hai invitato nostra sorella a casa mia senza dirmelo, vero?”

“Narcissa, potrebbe essere l’unica possibilità per Lucius di uscire prima da Azkaban. Se non per lui, potrebbe farlo per il nome della nostra famiglia. Li ha sempre sentiti i legami di famiglia, quella.”

Narcissa se possibile, era diventata ancora più furiosa.

“Piuttosto preferisco che Lucius ci passi la VITA in galera!”

“Attenta, Cissy, potresti anche venire accontentata.”

Bellatrix e Narcissa si voltarono verso la porta, dove una figuretta incappucciata era appoggiata alla parete.

“Dopotutto, è quello che succede quando si sceglie come secondo lavoro il Mangiamorte.”

Alexandra mosse qualche passo verso la luce e il centro del salone, facendo scivolare sulle spalle il cappuccio del mantello da viaggio grigio argento e ravviando con la mano i corti capelli neri.

“Allora, Trix, si può sapere qual è il motivo della fine del mio esilio da questo maniero? E il motivo per cui non ti dovrei trascinare fino alla prigione da cui sei evasa?”

“Odio quel diminutivo.”

Gli occhi neri di Alex scintillarono “Lo so. Allora? Il mio tempo, a differenza del vostro, è prezioso.”

“Lo avrai saputo. Lucius è stato arrestato.”

“Ovvio che l’ho saputo. È stato arrestato in flagranza di reato, e in presenza di testimoni.”

“Sei mocciosi!”

“Sei testimoni, Narcissa. Oltre a dei loro amici, stavolta adulti. Testimoni che hanno rilasciato deposizioni che dicono tutte la stessa cosa. E ho visto l’Ufficio Misteri dopo il passaggio del vostro... Signore.”

“Sei un Auror rispettato… Lexie…”disse Bellatrix, e qui fui il turno di Alexandra di mostrare un moto di nervosismo verso l’odiato nomignolo “Puoi benissimo richiedere un altro esame delle prove, e… come dire?, darci una mano. Dopotutto, si tratta di un membro della famiglia.”

Narcissa era sull’orlo dell’infarto, Alex ne era sicura.

“Solo perché io e Lucius abbiamo avuto dei trascorsi non significa che lo consideri parte della nostra famiglia.”

“Puttana!”

“Narcissa, attenta a te…”

“No, Bella. Stavolta no.”

“Ma sì, Bella, lasciala parlare… Sempre quella vecchia storia… Poi perché fai tante lagne non lo so. Per trovare me bisogna andare indietro di quindici anni, e sei dozzine di amanti. E quando uscirà da Azkaban, per Natale saranno sette dozzine.”

Narcissa rimase come fulminata.

“Cos’hai detto?”

Peccato, è ancora viva, si disse Alexandra.

“Quell’imbecille di tuo marito si è fatto riconoscere da Harry Potter e dai suoi amici, e Potter ha la fiducia di Silente che ora non è più in disgrazia al Ministero, anzi tutt’altro. Va da sé che se il gioco non varrà la candela, Lucius farà meglio ad iniziare a scegliere di che colore fare le pareti della sua cella.”

“Grazie, Alexandra” mormorò Bellatrix, appena percettibile. Narcissa guardò altrove.

“Ma per favore!” sbuffò Alexandra, desiderosa di andarsene il prima possibile da quel posto. “Io odio voi e voi odiate me. L’unica cosa che abbiamo in comune, oltre all’essere tutte e tre di Serpeverde e al detestare quella santarellina di Andromeda, è il fatto di essere della famiglia Black. È un favore che farò alla famiglia, se lo farò, non a voi. E ora, se non vi dispiace, ho di meglio da fare.”

E senza salutare prese la porta e se ne andò.

Mentre scendeva gli scalini dell’ingresso, le venne quasi da ridere. Aveva usato più o meno le stesse parole, sempre con loro, quando aveva quindici anni e si trovavano tutte e tre a Hogwarts.

E sorrise ancora di più al pensiero del ‘ho di meglio da fare’…

Mentalmente rivolse una silenziosa preghiera di ringraziamento a chiunque avesse stabilito che i Capiscuola avessero una camera per conto loro.

 

***

 

1981

 

“Black, Alexandra” chiamò la professoressa MacGranitt, tenendo in mano il Cappello Parlante.

Alexandra si sedette sullo sgabello, pronta ad ascoltare ragionamenti del cappello anche se sapeva già che l’avrebbe infilata a Serpeverde. Eccetto sua sorella Andromeda e suo cugino Sirius, che erano finiti l’una a Corvonero e l’altro a Grifondoro, il fratello di lui, Regulus, e le sorelle di lei, Bellatrix e Narcissa, erano tutti a Serpeverde.

Sbirciando da sotto il cappello, poteva vedere gli sguardi di tutti loro fissi su di lei.

 

“Un’altra Black, eh? Ma dove ti metto? Hai molte doti che Serpeverde ti aiuterebbe a sviluppare, ma anche un’intelligenza niente male… Corvonero potrebbe fare al caso tuo, sai?”

 

Corvonero?, pensò Alex, sdegnata. Con quella scema di Andromeda?

 

“Se la metti così… SERPEVERDE!”

 

Alexandra osservò di nuovo i Black presenti in sala. Nessuno di loro sembrava molto soddisfatto. Sirius, l’unico tra i suoi cugini che tollerava.

Andromeda, che sperava di ricucire un rapporto con almeno una delle altre tre sorelle.

Ma soprattutto Regulus, Bellatrix e Narcissa, che si sarebbero trovati ‘quella mocciosa di Lexie’ tra i piedi per cinque e sei anni.

Alexandra si unì al tavolo dei Serpeverde, sedendosi vicino a Bellatrix che la ignorò completamente. Già sapeva che avrebbe dovuto dividere la stanza con le sorelle maggiori, c’era un letto libero che l’aspettava nella loro stanza da quando era arrivata Narcissa. Una cosa che non aveva mai immaginato nemmeno nei suoi peggiori incubi.

Al tavolo dei Grifondoro, Sirius le lanciò un’occhiata, quando fu sicuro che gli altri non se ne sarebbero accorti. Alex accennò un sorriso, e indicando gli altri componenti della famiglia accanto a lei stralunò gli occhi.

Sirius era la pecora nera della famiglia, da sempre agitato davanti ai suoi occhi come uno spauracchio, un modello da non imitare. Doveva essere per questo che aveva iniziato a trovarlo simpatico.

 

1985

 

Cinque anni.

Ancora poco, e poi si sarebbe liberata delle sorelle maggiori…

Se ne sarebbe liberata comunque, a conti fatti. Seguendo i consigli di mamma Elladora e di zia Ninfadora, Narcissa e Bellatrix avevano dedicato quegli anni alla ricerca del miglior partito all’interno della Casa. Narcissa fino a due anni prima si era accompagnata a Lucius Malfoy, Bellatrix si vedeva ancora con Rodolphus Lestrange. Entrambe erano fiere di loro stesse per aver strappato a quei due una promessa di matrimonio appena terminata la scuola.

Alexandra aveva voglia di vomitare. Anche a lei sua madre aveva ripetuto fino alla nausea che doveva fare come le sue sorelle, e non fare assolutamente come Andromeda, invaghitasi di un mago di origini babbane.

Se Alex le avesse detto quello che intendeva realmente fare della sua vita, avrebbe avuto una reazione tale da farle esplodere il fegato, sulle cui fiamme avrebbe poi arrostito pane e salcicce.

L’unico che aveva una vaga idea di quello che sarebbe andata a fare dopo Hogwarts, oltre al direttore della sua casa, era sempre e solo lui. Sirius.

Detestava talmente di cuore Narcissa, Bellatrix, e Regulus, oltre che Malfoy e Lestrange, che era un piacere sparlare di loro insieme a lui. Talvolta tentava di infilare Andromeda e il loro inesistente legame nella conversazione, ma senza risultati.

“Lex, me lo dirai mai perché Andie non ti piace?”

“No. Smettila di leggere i fumetti babbani del ragazzo di Andromeda, ti fanno male.”

“E tu che ne sai?”

“Abbastanza da sapere che usi come diminutivo per me il nome di uno dei personaggi.”

“Vero. Ma Lex è uno dei cattivi, Alex.”

“In tal caso... Si è ripreso il tuo amico, dopo che l’ho disarcionato dalla scopa?”

“Chiediglielo tu, ma non ti offendere se non ti piacerà la risposta” rispose Sirius indicando James Potter uscire dall’infermeria con il braccio al collo. Appena vista Alexandra, si diresse a passo di carica verso di lei.

“Questa me la paghi, Black” sibilò.

“Datti una calmata, Potter. Non ho infranto nessuna regola.”

“Questo lo dici tu…”

Ma più che altro, al diciassettenne, abile, e arrogante James Potter bruciava di essere stato buttato giù dalla scopa dalla cugina quindicenne del suo migliore amico. Alexandra non aveva bisogno di barare come faceva di solito il Serpeverde, era brava e basta.

“Ehi, voi due, non vorrete dare spettacolo.”

“Non ti preoccupare, Sirius, era solo una chiacchierata. Ora me ne vado a studiare in biblioteca. Alla prossima, Potter…” disse Alexandra lasciando i due ragazzi e proseguendo verso la biblioteca.

“Giuro, Felpato, non so proprio come tu possa realmente essere imparentato con la tua famiglia.”

“Certe volte, Ramoso, me lo domando anch’io. Lex conoscendola non è così male…”

James lo fissò incredulo.

“Lungi da me parlar bene di una Serpeverde, ma se i paragoni sono Narcissa e Bellatrix…”

“Sì, in quel caso tua cugina è angelica. Ma mi ha buttato giù dalla scopa!”

Sirius ringraziò il cielo che incontrarono un paio di amici della squadra di Quidditch del Grifondoro così che James cambiò discorso. Conoscendolo, la tirata su Alex avrebbe potuto continuare per ore.

 

Alexandra non andava tanto spesso in biblioteca solo per studiare. Fondamentalmente aveva altre due ottime ragioni.

La prima era stare lontana il più possibile da quelle due streghe di Bellatrix e Narcissa. Le tollerava solo al mattino, e fino al momento in cui, come tutte le mattine, Andromeda tentava di rivolgere loro la parola e loro tre la gelavano con lo stesso identico sguardo.

La seconda era molto più piacevole, e uno dei motivi per cui frequentava un po’ più spesso Sirius e quel piccolo bastardo arrogante di Potter. Una ragione che andava sotto il nome del Caposcuola di Grifondoro, Remus J. Lupin.

Alexandra si sporse leggermente da dietro uno scaffale di libri, per osservare i suoi movimenti. Come tutti i giorni, era seduto allo stesso tavolo appartato circondato da libri. Se possibile, aveva delle occhiaie ancora più brutte dell’ultima volta.

Alex accarezzò il suo distintivo da Prefetto, e si avvicinò per sedersi al suo tavolo. Remus non alzò neanche gli occhi.

“Salve anche a te, Lupin.”

“Cosa? Ah. Ciao.”

E di nuovo immerso nella lettura.

Alexandra era perplessa. Com’è che le piaceva un tipo del genere? Mah. Però decise di seguire il suo esempio. Se davvero voleva diventare Auror, aveva bisogno dei massimo dei voti in tutte le materie. La famiglia, già lo sapeva, in quel frangente, non avrebbe mosso un dito per aiutarla.

Dopotutto, era stata loro madre a Natale a dire a loro zia, fiera e orgogliosa “Ma lo scopo di un’istruzione superiore è trovare un buon marito, mia cara. Bellatrix e Narcissa questo l’hanno già fatto!”

Fingendo di leggere, sbirciò uno degli opuscoli informativi vicino a Remus. Uno era identico al suo, l’altro era un corso di specializzazione in Difesa contro le Arti Oscure.

“Vuoi diventare insegnante o Auror?” domandò Alex riprendendo la lettura.

“Non ho i requisiti di salute per essere un Auror.”

“Ah.”

Di nuovo silenzio, interrotto solo dal voltare delle pagine, e dal grattare delle piume sui fogli di pergamena per prendere appunti.

Alex aveva proprio voglia di chiedergli che razza di male avesse, per avere delle occhiaie del genere tutti i mesi. Se non sapesse di chi stava parlando, avrebbe pensato che facesse le ore piccole con qualche compagna dell’ultimo anno.

Gli tirò una veloce occhiata dubbiosa. No, escluso. Se faceva le ore piccole, era solo in compagnia dei libri. Sgobbone senza rimedio, Remus Lupin è il tuo nome.

“Ti serve qualcosa, Black?”

“No… Niente. Mi domandavo solo chi o cosa ti ha fatto venire quelle occhiaie. Spaventerebbero pure Bellatrix, ed è tutto dire…”

“Grazie dell’interesse, ma è solo colpa del M.A.G.O.”

“Se lo dici tu.”

Remus riprese a leggere, ma appariva chiaramente a disagio. Quasi tirò un sospiro di sollievo quando vide arrivare Sirius, James, e Peter.

“Ciao, ragazzi.”

“Lunastorta, vecchio mio, ti fa male studiare tan…” iniziò Sirius. Poi scorse una testa di capelli lunghi fino a metà della schiena, lisci e neri come l’inchiostro.

“…to. Alexandra che fai qui?”

Alex gli lanciò un’occhiata furente. Ma porca miseria, perché proprio adesso e proprio loro?

“Tu evidentemente non mi ascolti quando parlo. Circa un’ora fa ti ho detto che sarei venuta qui.”

“Lo sai che con questo tono e questo sguardo sei la copia esatta di Bellatrix?”

“Non iniziare con le offese, cugino. Levo il disturbo” rispose Alexandra, rimettendo i libri in borsa per andare a lezione di Incantesimi.

Per uscire dovette passare di fronte a Peter e James. Il primo la fissò sbavando, e avrebbe voluto assestargli un bel pugno allo stomaco. James invece era ancora livido. Alex gli scoccò un ampio sorriso e imboccò la porta d’uscita. Per essere riuscita a far cadere il famoso James Potter, leggendario Cacciatore dei Grifondoro, e a segnare, alla fine di quella partita era stata per tutta la serata l’eroina della sua Casa. Perfino quello scontroso di Severus Piton era venuto a congratularsi. L’aver visto Potter cadere da dieci metri in una pozza di fango doveva essere stata per lui una gran soddisfazione, considerato che desiderava farlo da una vita e che per come volava non ne sarebbe mai stato in grado.

Ovviamente Bellatrix e Narcissa non avevano perso tempo e lo avevano subito scritto a loro madre. Non era arrivata nessuna Strillettera, ma appena tornate a casa per le vacanze (giorni che Andromeda passava sempre a Hogwarts) Alexandra si era beccata una sfuriata. ‘Come troverai marito se hai il contegno di un maschiaccio?’ urlava sua madre. Alexandra la ignorò totalmente, domandandole dopo un’ora di urla se aveva finito. Questo le valse una condanna agli arresti domiciliari per l’intera durata delle vacanze. Alex li aveva passati a studiare per il G.U.F.O.

Le sorelle non capivano perché si rompesse tanto la schiena. Quidditch, Prefetto, ore insonni passate sui libri… Era scontato che sarebbero passate. Erano della famiglia Black, un antichissimo, potente, e nobile casato di purosangue. Ogni prova era solo una mera formalità.

Se avessero scoperto i testi che leggeva e quegli opuscoli… Alexandra non ci voleva neanche pensare. Un Auror in famiglia. Che disonore, per loro.

Quella sera tornava da una chiacchierata con il capo della sua Casa, il professor Greenleaf, riguardo alla sua situazione accademica, quando sentì da dietro la porta della stanza del dormitorio le sue sorelle che ridacchiavano.

Entrata nella stanza, non vide niente di strano.

Narcissa come al solito era davanti allo specchio a pettinarsi i lunghi capelli biondo pallido, Bellatrix era sul letto a leggere una lunga lettera del suo fidanzato.

Alex, andando verso il suo baule, si domandò che razza di rapporto avesse Narcissa con Lucius. Arrivava a capire quello di Bellatrix con Rodolphus, che sembrava posare su basi solide a giudicare dalla fitta corrispondenza tra i due e dalle visite. Ma Narcissa e Malfoy… Quando era stata ammalata l’inverno scorso aveva passato due settimane in infermeria, e lui si era fatto sentire per lettera solo una volta.

Beh, sono cavoli suoi, non miei, si disse Alexandra mentre cercava nel suo baule la nuova edizione di ‘Guida avanzata alla Difesa contro le Arti Oscure.’ Non era un libro di testo di quell’anno, e tantomeno dei due successivi. Greenleaf glielo aveva dato perché la riteneva la migliore del suo anno in quel campo, un premio alla sua intelligenza.

Mentre lo faceva, Bellatrix e Narcissa si scambiarono un’occhiata molto eloquente, e si alzarono per avvicinarsi alla sorella minore.

“Cerchi questo, Lexie?” disse Narcissa mettendole sotto il naso il libro.

“Ridammelo!”

“Ridammelo!” le fece il verso Bellatrix, con quell’odiosa vocetta infantile che ogni tanto usava.

“Mi domando che direbbe nostra madre se venisse a sapere che la nostra piccola Lexie vuole diventare una Cacciatrice di Maghi Oscuri! Tu che dici, Bella?” disse Narcissa lanciandole il libro.

“Morirebbe di vergogna. Una Black che diventa Auror… Non mi stupirebbe che cancellasse il suo nome dall’albero genealogico che la zia tiene nella casa di Grimmauld Place!” sogghignò Bellatrix, rilanciando il libro alla sorella.

Alexandra sentiva che aveva raggiunto il limite. Cinque anni. Cinque anni in cui quelle due si erano divertite liberamente alle sue spalle, sicure che non avrebbe mai osato reagire contro di loro.

“Dammi il libro, Narcissa” disse lentamente Alexandra, scandendo le parole.

“Vienitelo a prendere, sorellina.”

Narcissa era più alta e più grande di Alexandra, ma Alexandra fin dal secondo anno si allenava con la squadra di Quidditch, anche se aveva iniziato a giocare solo dall’anno prima. Quando riuscì a buttarla a terra, Bellatrix rimase incredula e Narcissa iniziò a strillare e cercò di colpire la sorella minore.

Alexandra, prima di essere strattonata via da Bellatrix ed essersi presa un ceffone così forte da farle sanguinare il labbro inferiore, ebbe la soddisfazione di vedere tre bei graffi rossi sulla guancia di porcellana di Narcissa.

Prese il libro da terra e se lo strinse al petto.

Narcissa piangeva forte di fronte allo specchio, con la sorella maggiore che cercava di farla smettere. “Guarda che mi ha fatto, quella maledetta!”

Bellatrix odiava fare quel genere di cose, e lanciò uno sguardo denso d’odio verso Alexandra. Alexandra ricambiò, con un’espressione tale che spinse Bella a stare in silenzio fino a quando Alex non avesse parlato.

“Se solo si azzarda a frugare di nuovo tra la mia roba le capiterà di peggio che tre segni sul viso. Vale anche per te.”

Stringendo ancora più forte il libro al petto, si diresse verso la porta.

“Non credere di passarla liscia! Te la faremo pagare!”

Alexandra si voltò. “Ah sì? Peccato per voi, quella che ha il potere di farla pagare alla gente sono io… perché io, a differenza di voi, sono un Prefetto.”

“Certo. Peccato che la Caposcuola sia una nostra amica, e lei sì che ha potere su di te. Aspetta e vedrai.”

“Peccato, ho di meglio da fare.”

 

Il brutto era che gliel’avrebbero fatta pagare sul serio, ma l’immagine dei graffi sanguinanti sulla guancia dell’odiata sorella maggiore la riempiva di una gioia maligna. Se Bellatrix non si fosse intromessa, probabilmente avrebbe finito per farle scontare una parte dei quindici anni di soprusi che aveva subito...

  
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