Ruvida è la terra che mi graffia i piedi. Non scivolo, ma un rivolo di sangue cola lento al suolo. Una lacrima scivola tra le tue ciglia attente. Brucia il mio respiro, se penso che sorrido ancora fra le lacrime. Bruciano le pagine. Ma è ancora suolo vergine, la mia Cartagine. Ancora terra di nessuno. O del demonio. O di uno strano satiro che mi fa il verso. Cent'anni fa era quasi l'alba. Adesso guardo le ombre del crepuscolo che danzano. E aspetto. Avevi detto che arrivavi presto. Ma ti aspetto. C’è il sole qui, da qualche parte, dietro l'orizzonte. Distante. Ma non più di un passo dal tramonto. Le nuvole ci fanno da coperta. Quant’è lontano un battito di ciglia? Un secolo o un secondo? O solo venti miglia?