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Autore: Deidara94    27/02/2015    0 recensioni
[Kizuna]"Ti proteggerò io, Kei." "Io sono qui. Sarò sempre al tuo fianco."
Quanto può essere forte un sentimento? Per quante difficoltà possa incontrare, se si ha la forza di stringere i denti e andare avanti, tutto è possibile. Anche morire e rinascere. E questo Ranmaru lo sa bene...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Passò ancora del tempo e, finalmente, Ranmaru riusciva a stare in piedi da solo, anche se con ancora un po’ di fatica e titubanza. I movimenti erano rigidi e impacciati, ma almeno non era completamente immobile e riusciva a essere più autonomo. Doveva solo continuare ad applicarsi per cercare di migliorare ulteriormente la situazione. Poteva solo andare avanti. Nient’altro.
Enjoji stava davanti a lui. Ranmaru si alzò dalla sedia a rotelle e, anche se lentamente, camminò verso di lui. Allungò le braccia per afferrare quel sogno sfuggevole che credeva ormai perso; per afferrare la propria felicità e il proprio cuore che aveva consegnato all’uomo della sua vita.
Yuki era commossa nel vedere che il fratello stava bene e aveva ripreso a vivere. Li osservava mentre Enjoji lo sollevava da terra e lo abbracciava, ridendo.
« Ormai è fatta, Kei! »
« Sei stato bravissimo, Ran! Hai visto che non era impossibile? »
I due si fissarono negli occhi e, incuranti della presenza di Yuki, si avvicinarono lentamente, posando le proprie labbra su quelle dell’altro.
Yuki arrossì, portandosi una mano davanti alla bocca. Era l’ultima cosa a cui avrebbe pensato, però, poi, vedendo le loro espressioni felici, non poté che sorridere dolcemente e gioire per loro.
« Ah, Yuki… » I due si resero conto troppo tardi dell’errore commesso, ma lei non sembrava turbata da quella scena, e lo dimostrò regalandogli un altro sorriso e la sua parola. « Non preoccupatevi, non è successo nulla. Non dirò niente a nessuno, nemmeno al nonno. »
« Ti ringrazio. » Sapevano che non mentiva.
« Fratellone, non hai voglia di tornare a casa? Dai, andiamo. Il nonno e la signora Miyo saranno felicissimi di rivederti. » Yuki sprizzava allegria da tutti i pori, e, avvicinandogli la sedia a rotelle, lo invitò ad accomodarsi, almeno fin quando sarebbero rimasti all’interno dell’ospedale. In fondo, la terapia di riabilitazione non era ancora del tutto conclusa, ed era meglio non esagerare troppo.
« Yuki, scusa, ma pensavo di riportarlo a casa nostra. Ci penserò io a lui, non preoccuparti. »
« Kei, io… non voglio essere un peso. Penso che dovremmo andare a casa del nonno, almeno per un po’… »
Enjoji lo guardò senza capire. Pensava che quel discorso fosse acqua passata, che fosse riuscito a spiegargli chiaramente che non sarebbe stato in nessun modo un peso… « Ma perché? »
« Enjoji, sono d’accordo con mio fratello. »
« Almeno non sarai costretto a badare a me in ogni momento perché ci sarà anche la signora Miyo. Davvero, Kei… non ti meriti questo. »
Enjoji si avvicinò a lui e gli appoggiò le mani sulle spalle. « Cosa stai dicendo? Ti ho già spiegato come la penso. Non devi metterti tutti questi problemi. Io non ti lascio. »
Lo sguardo di Ranmaru era esitante e insicuro, e non riusciva a guardare Enjoji negli occhi. « Lo so, ma… ti prego. Solo per qualche giorno. Almeno finché non sarò più naturale e autonomo nei movimenti… Tu hai anche l’università e il lavoro. Non puoi assentarti… e anch’io devo tornare. »
Enjoji sospirò. Non aveva scelta, doveva accettare le condizioni. « Non avere fretta. Va bene, mi hai convinto. Hai ragione tu. »
« Andiamo? »
« Sì. » Enjoji si mise dietro Ranmaru e diresse la sedia. Uscirono tutti e tre dalla stanza e, in quel momento, il medico che si era occupato di lui per tutto il tempo gli venne incontro e gli tese la mano. « Finalmente si torna a casa, eh? Auguri. »
« Grazie di tutto, dottore. »
Enjoji si limitò a sorridergli e se ne andò con Ranmaru, dopo avergli fatto capire tutta la sua riconoscenza con uno sguardo.
Yuki rimase indietro.
« Suo fratello è davvero in gamba, mi ha sorpreso. Gli resti sempre vicino, mi raccomando. »
« Certamente. La ringrazio di cuore per tutto quello che ha fatto per lui. »
« Dovere. » Si strinsero la mano. La ragazza seguì i due, che la stavano aspettando vicino alle scale. Fecero passare la sedia nella discesa apposita e la riconsegnarono a un medico che passava di là, vicino all’ingresso.
« Ho parcheggiato la macchina qui vicino. Tieniti a me se non ce la fai, d’accordo? »
« Sì. » Ranmaru si avvicinò a Enjoji e camminò al suo fianco. In quel momento si sentiva completamente al sicuro. Inoltre, era meraviglioso poter respirare di nuovo l’aria fresca, camminare per strada e non sentire più l’odore nauseante e opprimente che caratterizza tutti gli ospedali. Una volta usciti, si avviarono verso l’auto di Enjoji, che aveva parcheggiato vicino a una fontana nel centro del parcheggio, circondata da un’immensa fila di altre auto di svariati colori che facevano da contorno e che brillavano fiere alla luce del sole.
A un certo punto, videro una persona che camminava verso di loro: l’ultima persona che avrebbero mai pensato di vedere; la prima persona che avrebbero voluto incontrare. « Pa- papà? Quando… » Yuki non credeva ai suoi occhi: Takashi Todo era una persona che viaggiava spesso all’estero a causa del suo lavoro e, per questo, aveva affidato i suoi figli al suocero. La moglie morì per colpa di una malattia e di lui non si seppero più notizie, fino a quando il nonno non consegnò a Ranmaru le lettere che egli inviava ai propri figli e che aveva tenuto nascoste. Aveva lo sguardo dolce e calmo che lo aveva sempre caratterizzato e che era rimasto sempre impresso nella memoria dei due fratelli, ma non assomigliava molto a loro, poiché entrambi, esteticamente, avevano preso dalla madre. 
« Sono tornato ieri sera. Ho saputo che hai avuto un brutto incidente. Mi dispiace di non esserci stato nel momento del bisogno, Ranmaru. » Era rimasto assente a lungo, ed era veramente dispiaciuto di non poter essere stato d’aiuto in un momento critico della vita di suo figlio. Sapeva di aver sbagliato, ma Ranmaru non ce l’aveva affatto con lui. « Non preoccuparti, papà. Sono felice di rivederti. » Si avvicinò e lo abbracciò calorosamente. Dopodiché, Takashi si rivolse a Enjoji, che osservava la scena dall’esterno, anch’egli contento di averlo potuto rivedere. « Enjoji, posso guidare io? »
« Sì, non c’è problema. »
« Tu resta vicino a Ranmaru. »
Enjoji gli consegnò le chiavi della macchina e si avviarono verso di essa, lontana solo pochi metri.
« Coraggio, entrate. »
Enjoji e Ranmaru si sedettero nei sedili posteriori, mentre Yuki si sedette in quello anteriore, di fianco al padre.
Takashi mise in moto e uscì dal parcheggio, percorrendo a ritroso quasi tutta la strada compiuta dall’ambulanza quando ebbe portato Ranmaru in salvo. Ma poiché a quell’ora le strade di Tokyo erano affollate, aveva come l’impressione che ci sarebbe voluto più tempo del previsto, prima di riuscire a liberarsi dal traffico e camminare senza ostacoli.
« Di questo passo ci vorrà un sacco di tempo per arrivare… »
« Papà, ma tu come sei arrivato? »
« Mi ha accompagnato un mio collega. Anche lui doveva venire qua. Il nonno ha detto che Enjoji aveva preso la macchina, così ne ho approfittato. Volevo assolutamente vedere come stavi. »
« Grazie. » Ranmaru abbassò lo sguardo e assunse un’espressione imbarazzata.
« Ran, stai bene? »
« Mi sento solo un po’ stanco, non è niente di serio. »
Enjoji gli toccò la fronte. « Riposati. Sei un po’ caldo. »
Ci fu un momento di silenzio, poi Ranmaru parlò di nuovo. « Mi dispiace avervi fatto preoccupare così tanto… » Si sentiva in colpa. Vedeva solo persone in pena per lui, ma che, anche a costo di fare sacrifici, gli stavano sempre vicino e lo incoraggiavano. Sicuramente anche i bambini della palestra di casa di cui a volte si occupava erano in pensiero e sentivano la sua mancanza.
« Ran, seriamente… Smettila di preoccuparti così tanto per gli altri. Adesso sei tu quello bisognoso di attenzioni, e se siamo qui è perché ti vogliamo bene. Non sei in alcun modo un peso. » Il tono di Enjoji era rassicurante. Ranmaru si appoggiò alla sua spalla e chiuse lentamente gli occhi.
Per tutto il viaggio Ranmaru dormì, mentre i tre si divertirono a parlare. Le occasioni per stare insieme non erano state molte, per cui Enjoji e Takashi colsero l’occasione anche per approfondire i propri legami e per spaziare con diversi argomenti.
   
 
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