Fanfic su artisti musicali > Queen
Segui la storia  |       
Autore: Himmie    27/02/2015    2 recensioni
Brian May?
Parliamo della stessa persona che è innamorata pazza di un bastone per selfies?
***
In tutto questo marasma, il suo cervello ignorò deliberatamente la figura che accompagnava Roger in una seconda batteria di supporto, al suo fianco. Il suo cervello aveva fermamente deciso che quel ragazzo, molto attraente, fosse semplicemente come un pezzo del palco, dotato comunque di braccia muscolose e un ghigno decisamente sexy.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brian May, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
THE BREAKTHRU.

 photo tumblr_na5qoycijx1tq1bcyo1_128022_zpsfj7fxncv.jpg

2. …A Kind of Magic!
 
 
- Direi che abbiamo fatto. – Roger sorrise a labbra strette a Rufus Tiger Taylor, suo adorato e biondo genito, mentre quest’ultimo finiva di aiutarlo a sistemare le fascette alle dita, provvidenziale strumento di cui un batterista non può fare a meno.
Rufus sorrise di rimando, e controllò l’ora sul suo Iphone, per poi riporlo nuovamente nella tasca destra dei jeans.
- Manca mezz’ora all’inizio del concerto – osservò – mi piacerebbe fare un giro nell’arena. Sono curioso.
Roger alzò un sopracciglio, sorpreso. – E come mai, questa novità?
Rufus si strinse nelle spalle. – Voglio solo stare un attimo da solo. Tornerò in tempo per il concerto, ovvio. Solo…mi serve un attimo di pausa. Ecco tutto.
Il padre sospirò, cercando di non farsi sentire.
- E va bene – acconsentì con un gesto deliberatamente indifferente – vedi solo di non fare tardi!
Rufus annuì distrattamente e recuperò la giacca di pelle dalla poltrona, e fece per uscire dal camerino spazioso.
- Vuoi che Saki venga con te? – chiese l’uomo apprensivo.
- No, papà, non è necessario.
L’energumeno appena fuori dalla stanza a queste parole indietreggiò dal passo in avanti che già aveva compiuto per seguire Rufus.
Il biondo ammiccò ad entrambi, e sparì svoltando il corridoio.
 
***
 
L’arena era davvero enorme.
Spiai di soppiatto, da un angolo, vicino ai fonici, le persone accalcate nel parterre, cercando qualche bella ragazza.
Per ora ne avevo avvistate tre.
Tutte le conquiste di papà erano state nelle prime file, nei loro triliardi di concerti passati.
So di essere un bel ragazzo, so che il mio cognome ha il suo fascino, so che posso ottenere chiunque io voglia. Questa era la regola. La era sempre stata, e a me questo gioco piaceva.
 “Che cazzo hai detto che vuoi fare, tu?!”
Però sento ancora la mia stessa voce che mi rimbomba nella testa, quando lo avevo saputo, ovvero non più tardi del primo pomeriggio di quel giorno.
Jackson, il mio migliore amico, aveva deciso di sposarsi.
E so che non era da me, ma non avevo smesso di pensarci un attimo. Il pensiero attanagliava la mia mente, e non si scollava un secondo.
Mi passai una mano tra i capelli, frustrato, mentre avanzavo nell’arena.
Jack, l’unico che mi capisse, Jack e le notti brave, Jack e le ragazze, Jack e le serate, Jack e il matrimonio…Jack e il matrimonio?
Cosa porta una persona sana di mente a sposarsi?
Cosa accade nella mente di un uomo? Cosa?
Cioè, a ventitré anni si ha tutta la vita davanti. Non puoi davvero pensare di impegnarti così.
“Vedi, ho messo la testa a posto, Rufus.” aveva risposto con un’alzata di spalle, tutto gioviale.
Avrei voluto picchiarlo, lo avrei fatto, se his-lovely-bride-to-be Melody non lo avesse chiamato dall’altra stanza, e avesse dovuto chiudere la chiamata di Skype con un sorrisino ebete, e se soprattutto, ovvio, fossimo stati nella stessa stanza, e non in due Stati diversi.
Avevo fissato lo schermo nero per almeno dieci minuti, prima di ricordarmi che la voce che urlava dal corridoio era quella di Adam, e che i bus per raggiungere l’arena per il soundcheck erano pronti.
Il brusìo intorno a me si fece di colpo poi più forte, e tornai coi piedi per terra.
Fanculo, Jack. E fanculo al matrimonio!
Scrollai la testa, come per scacciare via qualsiasi pensiero.
Alzai brevemente lo sguardo, e rimasi assolutamente colpito. L’02 di Berlino era enorme!
Better than sex.
L’edificio era altissimo, contavo almeno tre anelli, e le persone sembravano così piccole lassù. Quanta gente, cazzo.
Mi affascinavano.
Tutti lì con storie diverse, ma tutti lì per i Queen. Tutti condividevano un pezzettino del loro destino.
Salutando George, un operatore, e ammiccando a qualche signora che nel prato mi aveva riconosciuto, presi una via laterale, senza pensarci, ed iniziai solo a salire.
Volevo arrivare in alto.
Perché io sono giovane, e libero! 
E mi godo la vita!
Le scale comunque erano davvero troppe, ed iniziai troppo presto ad avere il fiatone, arrancando sul cemento.
Goddamn! 
Quando vidi che non c’era un’ulteriore rampa a salire, soddisfatto, svoltai nel primo corridoio che trovai, e quasi sobbalzai per la quantità di persone.
Sorrisi inconsapevolmente, sarebbe stato un grande show.
Rufus si gode la vita!
Cercai di farmi spazio: volevo davvero uscire da quell’ambiente angusto, ma nessuno cedeva il proprio posto. Passare sarebbe stato impossibile, e non avevo tempo da perdere.
Mentre cercavo una soluzione, dato che ora non vedevo nemmeno più da dove ero arrivato, tante le persone, qualcosa, o meglio, qualcuno, mi piombò violentemente addosso.
Ressi bene il contraccolpo, e abbassai abbastanza infastidito lo sguardo.
Una massa di capelli rossi ondeggiava vicino al mio petto, due mani chiuse in deboli pugni riparatori vi si appoggiavano.
Una ragazza.
Iniziai a ridere, senza motivo in realtà, ed in quel momento lei alzò lo sguardo verso di me.
-You okay?
-Sure, thanks
-Parli inglese? – incalzai.
La rossa increspò le labbra. – Non staremmo avendo questa conversazione se non parlassi inglese, ti pare? –
Alzai un sopracciglio.
Davvero furba, la signorina. 
O davvero stupido io.
 - Comunque – mi chiese, rilassandosi e quasi accennando un sorriso – di dove sei?
Lessi anche una certa sorpresa nei suoi occhi scrutatori.
- Londra.
Sgranò i suoi occhioni azzurri, e la folla rumoreggiava ignara della piccola conversazione.
 - Fammi capire. – ragionò - tu sei venuto, fin qui, da Londra, per vedere i Queen? – pura ammirazione – devi essere uno di quei fan sfegatati, oh my goodness!
Sorrisi sotto i baffi per il suo accento, poi, una campanella assillante trillò nella mia testa.
Ed ora che cazzo le dico!
Non ero un fan.
Sì, ok, lo ero, date le circostanze, ma non avevo fatto file nè fuori dalle arene, né comprato biglietti.
Io ci lavoravo, in quel concerto.
E secondariamente, ero anche il figlio del batterista dei Queen.
Non potevo certo dirglielo, ovvio.
Mi serviva un escabotage, presto. E da quando conoscevo il francese?
Io ci lavoravo, in quel concerto
 - Io ci lavoro, per i Queen – buttai fuori, con nonchalance, rifugiando le mani nelle tasche.
Le labbra della rossa formarono una “o” dallo stupore, e si aprirono fulminee in un sorriso che definirei quasi, sadico.
- Lavori per Loro? – trillò, e sembrava si riferisse a qualche divinità – oddio, che cosa fai? Li conosci? Conosci, oddio, Brian? Roger? Come sono? Oddio!
Mi portai una mano tra i capelli, incerto. Gli Oddio mi avevano confuso.
Che cazzo potevo inventarmi, adesso?
 - Ecco, in realtà mio padre…lavora per loro. Fa il…fonico. Ed io, sì, voglio diventare un fonico. Ovvio! – improvvisai nervosamente, quando il pensiero di George incontrato poco prima mi balenò in testa.
Sembrava davvero convinta, i suoi occhi tradivano tutta la sua sorpresa mista ad ammirazione, e mi congratulai con me stesso. Non ero mai stato un genio nella recitazione. Good one, Rufus!
 - Brian May è una grande inspirazione per me. – asserì di punto in bianco sognante, spostando lo sguardo in qualche punto indefinito davanti a lei.
Brian May?
Parliamo della stessa persona che è innamorata pazza di un bastone per selfies?
- Lui è semplicemente stupendo. Vorrei essere così, alla sua età – ridacchiò – è più in forma di quanto lo sia io. E poi, il modo in cui suona la chitarra, Pazzesco, ogni volta mi emoziona. Suono anche io, sai? – concluse, riportando il suo sguardo su di me.
Alzai lievemente un sopracciglio. Una musicista, me likes it.
- Musicista? – chiesi, d’istinto.
Sorrise, dolcemente. – No, semplice studentessa universitaria di informatica.
Le sorrisi di rimando.
 - Non è così male, sai? Certo, non ho una vita interessante come la tua, che segui i Queen in giro per il mondo! – la parola Queen era sostanzialmente stata un urletto ad ultrasuoni.
Scrollai le spalle, sorridendole bonariamente. Mi mancava solo la fan ossessionata, poi le avevo tutte. Sforzandomi di darle corda, le chiesi: - Well, come credi che siano allora, questi Queen?
Nel frattempo, la folla si spostò leggermente in avanti, trascinandoci quindi per inerzia in avanti, e lei quasi mi ricadeva addosso. Non che ti sarebbe dispiaciuto, Rufus, sussurrò una vocina la mia testa.
Ma, con agilità, la rossa riuscì a restare in piedi.
- Beh, così come li vedo! Brian sembra la persona più dolce del mondo. E altruista! Ama gli animali, si prende cura di loro, si interessa alla situazione economica inglese, ed inoltre, è super tecnologico, e…-
Scossi leggermente la testa: - C’è qualcosa di Brian che non ti piaccia?
– Onestamente, no. E se avesse la mia età…- sospirò – beh, noi due…– si bloccò, e sorrise – vedi…no, non vuoi saperlo… – ammiccò audace nella mia direzione, e non potei fare a meno di sorridere, mentre lei alzava un sopracciglio eloquente, e ridacchiava soddisfatta.
Aveva appena confermato che una botta e via con Brian May non le sarebbe dispiaciuta affatto, ma forse avrei ignorato quel particolare (inquietante).
- E – tossicchiai, simulando indifferenza – di Roger, Taylor, che ne pensi?
Stava per rispondermi, ma poi - L’uscita, finalmente! – trillò nella direzione della porta che dava all’interno dell’arena, mentre la folla che andava disperdendosi. About time!
Non senza fare fatica riuscimmo a farci strada verso il suo posto, ed impiegammo almeno qualche minuto.
 - Dove sei seduta? – le urlai per sovrastare il boato della folla di diecimila persone riunita al quasi gran completo su spalti e prato.
- Fila 1, posto 9!- gridò di rimando.
In fila indiana, tra parapetto e persone che avanzavano in senso contrario, raggiungemmo quella che sembrava la sua sedia.
Lei si sedette, elettrizzata e sorridendo felice. – Non mi sembra vero!- unì le mani e si guardò intorno commossa. – Siediti, dai, non c’è ancora nessuno qui! – picchiò una mano sul seggiolino arancione in fianco a lei.
Il suo viso si era tremendamente addolcito. La droga concerto dei Queen stava dando il suo effetto, era proprio entrata in circolazione.
Non me lo feci ripetere due volte, e mi accomodai, sospirando di sollievo.
Con un colpo d’occhio scorgevo l’arena intera, ed era davvero magnifica. Era…bello, stare dall’altro lato. E decisi che era questo quello che avrei voluto fare, e per sempre. Nient’altro.
- Faccio una foto, che meraviglia. – la rossa tirò fuori da una tasca dello zaino poggiato a terra poco prima una macchina alquanto tecnologica, per non dire professionale.
Avvicinò l’obiettivo all’occhio destro e chiuse il sinistro, ed un ‘click’ mi comunicò che aveva fatto.
 - Bello, eh? – si improvvisamente girò verso di me che sobbalzai, dato che la stavo fissando come un idiota.
- Amazing! – cercai di riparare, rilassandomi quasi prontamente.
- Vuoi che ti scatti una foto?
Ci pensai su. Why not?
Annuì con la testa e mi alzai, aspettando passassero alcuni fan; una aveva la facciona di papà stampata sopra alla sua t-shirt. Rabbrividì.
Appoggiai il corpo ed i gomiti al parapetto in acciaio, e sorrisi leggermente.
Lei scattò e rimirò soddisfatta il suo lavoro.
 - Vieni qui – le ordinai, spalancando un braccio – ora una foto insieme, per ricordare questo momento!
Inclinò il viso sorpresa, e sembrò soppesare la situazione.
Con un sol passo mi fu in fianco, e le appoggiai il braccio sulla spalla.
 - Fa i selfies questa cosa? – chiesi. Brian mi stava contagiando.
 - Questa cosa – mi rimbeccò – è costata 300€! Ed ovvio, basta girare lo schermo verso di noi!
Le nostre facce apparvero sul piccolo display. – La tengo io – sussurrai afferrandole dalla mano la macchina, e spostandola poi più in alto, dato che ho un braccio più lungo.
 - Non fare il noioso solo perché sei più alto! – si imbronciò.
Ridacchiai: - Allora, è qui che devo schiacciare?
Lei annuì con vigore, e premetti il piccolo pulsante argentato, mentre sorridevamo entrambi.
 - Molto carina. – commentò mentre le restituivo la digitale.
Sorrisi a labbra unite, e tornammo a sederci.
Come prevedibile, ci fu qualche minuto di silenzio misto ad imbarazzo, in cui lei scattò ancora qualche foto all’arena, ed io guardavo per aria, agitando una gamba su e giù, come se tenessi il tempo.
Cosa ti aspettavi, Rufus? mi rimbeccò la voce. Ci conoscevamo da neanche, quanto, venti minuti! Due sconosciuti ad un concerto e l’imbarazzo logicamente normale tra loro, prossimamente nelle migliori sale!
La cosa strana, è che ero abituato a sentirmi sempre al centro dell’attenzione.
Ero abituato a essere riconosciuto e adulato, ma quel momento di anonimato non mi dispiaceva. Anzi, ero felice che non avesse collegato i miei tratti somatici a quelli del suo adorato Roger Taylor.
- Comunque, io sono Helena, per tutti Leni. Piacere. – mi porse una mano, cordiale.
Ringraziai il Dio Della Batteria che avesse spezzato il silenzio, e la strinsi con vigore.
La sua mano era affusolata, e fresca.
- Rufus. – aggiunsi.
- Bel nome! Originale. Senti, Rufus…- si sistemò meglio, guardando verso di me, e , beh, forse squadrandomi, più che altro. – So che sembra una classica frase da abbordaggio, ma ecco, giuro di averti già visto da qualche parte. Ma non so davvero dove…
Così dicendo prese a torturarsi le mani, ed io no potei che sorridere alla frase da abbordaggio.
Ma tornai subito serio. Non volevo mi riconoscesse.
E mi stava fissando troppo intensamente.
- Non saprei, sai….
No, non doveva riconoscermi.
Serviva una distrazione. E sapevo anche quale.
Incrociai le braccia e scivolando un po’ in giù col bacino mi distesi meglio sulla sedia in plastica. - Oh, by the way, non mi hai detto che ne pensi di pap…Roger, prima!
Salvo per un pelo.
I suoi occhi si illuminarono nuovamente di quella luce da fan esagitata, ed iniziò a parlare a raffica.
- Vorrei davvero avere il suo dono per la batteria, oddio. Anzi, vorrei avere lui! Sarà ricchissimo, non credi? Devo dire che era davvero un figo, da giovane. Anche ora si difende bene! Tra lui e Brian, non so davvero chi sceglierei. Gran bei pezzi di ragazzi all’epoca, e bei signori oggi. – sospirò, gli occhi azzurri spruzzati da un filo di malizia.
Quasi mi strozzai a quella confessione, ma sorrisi educatamente.
Papà, figo. Uh.
- Non vedo l’ora di sentirli suonare, comunque. Aspetto questo momento da una vita…
Il suo sguardo si intenerì nuovamente, e si morse un labbro quasi commossa.
Promisi a me stesso che avrei dato il massimo quella sera.
Non avrebbe mai dimenticato quel concerto, questo era certo!
- E tra poco dovrebbero iniziare! Holy shit, I ain’t ready...Freddie!
Risi, per il riferimento velato a Crazy Little Thing Called Love.
Ma, occazzo. 
Il concerto! Il pensiero arrivò come un fulmine a ciel sereno.
- Io, io devo andare – le annunciai ansioso alzandomi in piedi di scatto, avrà pensato avessi visto un fantasma. Ma ero in ritardo, come mio solito!
Fuckfuckfuckfuckfuck!
Le sue labbra si piegarono in una linea, quasi delusa, ma annuì, alzando un poco i bordi delle labbra.
Mi venne in mente che se me ne andavo, così, senza chiederle almeno il numero, non l’avrei mai più rivista. Dovevo fare qualcosa, e sbrigarmi, anche.
Di getto, le afferrai l’avanbraccio, leggermente, con la punta delle dita, e mi chinai un po’ verso di lei, per non farmi sentire dagli altri.
- Senti…vuoi venire nel backstage con me?
Fu davvero la prima frase di senso compiuto che formulai nella mia testa già piena delle urla di rabbia di almeno mezza crew, e lamentele dei fans per il ritardo.
Forse il tono che hai usato, non le è suonato così innocente…mi ricordò la vocina, pedante.
Eravamo davvero troppo vicini, e forse, dico forse, avevo usato quello che Jack aveva sempre definito deliziosamente, il tono da rimorchiaggio.
Non doveva uscirmi così!
Ed, infatti, non ottenni la risposta desiderata.
I suoi occhi diventarono sottili fessure.
- Per chi mi hai preso!? – si spostò energicamente, fuori dalla mia portata – NO. Oddio, ti conosco appena. Anzi, non ti conosco affatto! – era sconvolta. - Non sono una delle tue…groupies, o quello che è! – affermò, la voce che si riempiva ad ogni parola di indifferenza e disgusto.
Spalancai la bocca.
Come on, really? Era una perfetta sconosciuta, non le apparivo come nient’altro che un Don Giovanni?
Era davvero questo quello che trasmettevo?
- No, ascolta, non è come pensi – le risposi frustrato, cercando di risolvere il malinteso. - Look, non ho intenzione di…fare quello che pensi. – deglutì – è che da qui la visuale non è quel gran che. Volevo solo farti vedere da più vicino il concerto. Davvero. – terminai con un sorrisino, e fui brutalmente sincero, perché per quanto assurdo potesse essere, quella era la verità.
So che non stava in piedi.
Stupido me!
I suoi occhi si incastrarono con i miei.
- Perché dovrei crederti? – alzò un sopracciglio.
- Perché è la verità? – replicai col medesimo tono saccente, innervosendomi.
Mi squadrò ancora per qualche secondo.
No. – rispose poi, accavallando le gambe in modo femminile.
Pensai di aver capito male.
Mi stava dicendo davvero di no?
A me?
The fuck!?
Sospirai, infastidito.
Ed io che volevo anche essere carino! E lei, che mi sembrava pure simpatica. Strega.
Con le tedesche, mai più, appuntai nella mia memoria.
- Sai cosa? – persi la pazienza, dopo che lei si ostinò ad ignorarmi - Fai come vuoi, redhead! – sbottai, girandomi per andarmene. Antipatica.
Mi sorrise strafottente, salutandomi con un cenno della mano.
- Buon concerto! – le sibilai, da vero gentleman quale sono, allontanandomi, e poi sorridendole a mia volta, da stronzo.
Alzò un sopracciglio ramato,  e si riavviò i capelli, - Anche a te, du arschloch!– mi rispose per le rime, ma non colsi l’ultima parte in tedesco.
Mi stava facendo saltare i nervi!
Donne, borbottai mentre scendevo le scale più velocemente possibile, scuotendo la testa.
Mi scrocchiai le nocche, sogghignando, pensando alla mia adorata batteria. Avrei potuto sfogarmi come si deve.
Ed ora le faccio vedere io.

***
 
 
Buonpomeriggio, Queenies!
Prima di tutto, un grazie gigante a chi ha commentato lo scorso capitolo, o ha comunque dato un’occhiata, siete bellerrimi, y’all!
Come state, tutto bene? Mi auguro di si!
Ed io, well, eccomi qui, con il nuovo capitolo.
Ormai, di dubbi sul protagonista non ce sono più: Rufus Taiga Taylah è il nostro uomo.
Non mi pare di avere visto nessuna fan fiction in questa sezione sul bel biondino, quindi direi che la sufficienza in Originalità me la posso meritare! :D #nope
Si possono sollevare mille obiezioni su questa scelta, ma come una simpatica lettrice ha ricordato nella sua recensione, il bel Taylor fa praticamente parte dei Queen, in qualche modo!
Ed è un Dio della Batteria, non so se qualcuno di voi era al concerto *sclera*
Tornando al capitolo, ho voluto un Rufus abbastanza pieno di sé (se lo può permettere, comunque), che spesso adotta un linguaggio colorito, ed è discretamente pazzoide, in qualche momento, come si può evincere sia nella realtà dal suo profilo Instagram. (andate a stalkarlo, merita!)
Anche Leni non è un caratterino tutto zuccherino come possa sembrare, spero si sia un po’ colto! (colto cosa? Un frutto? Pesche?).
Una cosa, spero che l’inglese buttato qui e lì non infastidisca nessuno, però ho pensato occorresse, dato che lui e la bella si trovano in terra tedesca, e di certo non comunicano in lingua autoctona. Non penso Rufus parli il crucco…
Lasciando da parte l’inglese, comprendo che col piccolo momento tedesco abbiate tutti (#NONESSUNOINREALTA’) pensato “Ma ke kazz ezzere qvest?”, e vi informo che la frasina di Leni alla fine può essere tradotta con un “Stronzo!”.
Amabile!
COMUNQUE, non temete, perché in tutto questo Bri e Rog (di cui ho amato decantare i pregi, lo confesso fhdsjk, ma non ho voluto e potuto dilungarmi troppo, sigh) avranno dei ruoli importanti!
 
Bene, e direi che ho concluso!
Spero di conoscere qualche nuova adorabile lettrice, e che vogliate commentare, o anche scrivermi così per chiacchierare, se vi va!
 
Buon weekend a tutte, e grazie,
Himmie
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Queen / Vai alla pagina dell'autore: Himmie