Capitolo
V
Mi immergo nella tinozza che
tengo in camera, e cerco di rilassare i muscoli ancora intorpiditi dal sonno. Il
sole filtra dalle tende di lino bianche. Senza essermi del tutto rilassata, esco
nuovamente dalla vasca e vado a tirare maggiormente le tende. Voglio che il sole
illumini la stanza e rischiari l’ambiente.
Una pozza d’acqua si forma ai miei piedi non appena tocco il pavimento,
per fortuna, non più tanto freddo. Tiro la tenda e guardo fuori dall’ampia
finestra. Da qui su nessuno può vedermi ma, al contrario, io posso vedere cosa
accade nel grande cortile che ho davanti gli occhi.
Cortile che brulica di gente. Vedo arrivare un garzone con frutta e
verdura. Poi è la volta di una delle cameriere che si avvia verso il pozzo con
dei panni da lavare. Ed ancora, Ètienne, il cuoco, che posa sulla finestra del
pane ancora caldo. Nanny aveva ragione. Ho fatto tardi stamattina dato
l’andirivieni che c’è. Sto per tornare al mio bagno quando qualcuno attira
la mia attenzione.
I lunghi capelli castani sono legati in un morbido codino. Gli occhi
verdi seguono attentamente i movimenti del cavallo che sta strigliando. È senza
camicia e l’ampio torace nudo, percorso da gocce di sudore, sotto i raggi del
sole brilla grazie a queste piccole perle. L’espressione seria del volto fa
intuire che i suoi pensieri siano rivolti a qualcos’altro lontano dal semplice
strigliare Cèsare.
Resto ferma ad osservare l’immagine di Andrè… le immagini del sogno di stanotte prepotenti tornano a galla. Sento nuovamente il suo tocco deciso, ma delicato, tracciare carezze sensuali tra i miei seni. Chiudo gli occhi e cerco di non pensarci, ma è peggio. È come se Andrè adesso fosse qui con me. Sento il calore del suo corpo. Sento il suo profumo. Apro gli occhi di scatto. No. Devo necessariamente calmarmi. Lascio che la tenda torni al suo posto prima, però, osservo Andrè per l’ultima volta. Osservo l’espressione tesa del suo viso e mi chiedo perché sia così nervoso.
Rientro dentro la tinozza. L’acqua non è più così calda, adesso è
tiepida. Mi immergo all’interno della vasca. Chiudo gli occhi e inspiro
profondamente e poi vado giù. Totalmente. Anche i miei capelli mi seguono in
questa immersione. Resto così fino a che non sento i polmoni bruciare. Solo
quando sento davvero male mi costringo a riemergere. Risalendo i capelli cadono
bagnati dietro le mie spalle. Li sento pesanti, ma non fastidiosi. Sono la mia
corazza. Mi proteggono da nemici immaginari.
Resto a bearmi ancora un po’ del tepore dell’acqua. Ho massaggiato il
mio corpo con un olio alle mandorle che arriva direttamente dal Mediterraneo,
dalla terra di Sicilia. Ora sto risciacquato il mio corpo con cura.
Uscita dalla tinozza mi avvolgo attorno un morbido telo, il profumo
del sandalo riempie le mie narici ed io non posso che rilassarmi sotto la
delicatezza di questo tessuto. Friziono energicamente i capelli così da
asciugare le gocce d’acqua. Poi prendo una camicia di seta celeste e la
indosso senza neanche sistemare le fasce che coprono i miei seni.
Mi porto davanti lo specchio ed inizio a spazzolare i miei lunghi capelli
biondi ed ad ogni spazzolata sembra che un pensiero lasci la mia mente. Un
bussare deciso alla porta principale della mia stanza, mi riporta al presente.
Concedo il permesso di entrare e presto la voce di Andrè mi arriva nitida alle
orecchie.
- Oscar... dove sei?
Cercando di controllare il tremore della mia voce rispondo alla sua
domanda.
- Un attimo ed arrivo.
Infilando i pantaloni, senza indossare neanche l’intimo, e tirando i
lacci così da poterli chiudere mi dirigo, a piedi scalzi, nella stanza attigua.
Apro la porta in modo deciso e come se nulla fosse continuo a frizionare i
capelli ormai spazzolati con il telo che ho portato con me.
Andrè osserva i giardini di palazzo de Jarjayes e mi dà le spalle. Io
ne approfitto cercando di controllare ancora di più le mie emozioni. Quando
credo di essere totalmente padrona della situazione attiro la sua attenzione.
- Dimmi Andrè. Cosa c’è?
Andrè si volta e mi osserva. Attraverso i suoi occhi, per un attimo,
vedo passare una luce strana. Resta fermo qualche secondo a scrutare la mia
immagine. È come se stesse cercando di leggermi dentro senza però prestarmi
realmente attenzione. Io come se nulla fosse continuo a frizionare i capelli ma,
non potendo più reggere i suoi occhi, mi volto e gli do le spalle facendo finta
di nulla, come se fossi alla ricerca di qualcosa.
- Il conte di Fersen, è sotto. Ti sta aspettando.
La sua voce al contrario non tradisce nessuna emozione. È decisa e calda
come sempre. Come diavolo fa?
- Bene. Finisco di prepararmi e lo raggiungo. Per favore, Andrè,
intrattieniti tu con lui fino a quando anch’io non sarò dei vostri.
- Come vuoi Oscar.
Così dicendo si dirige verso la porta, quando è alle mie spalle si
ferma e mi raggiunge. Si ferma dietro di me, posso sentire il suo respiro sul
collo e questo è sufficiente per riportare alla mia mente stralci del sogno di
stanotte. Mi giro verso di lui cercando di apparire calma e sicura ma ho fatto
male i calcoli: non ho considerato la reale vicinanza di Andrè ed adesso eccomi
qui ad un soffio dal suo torace. Deglutendo lo osservo attentamente e poi spinta
dalla curiosità, tipicamente donna, pongo la mia domanda.
- Qualcosa non va Andrè? Perché sei ancora qui?
Stranamente riesco a mantenere la voce ferma ed evitare qualsiasi
tremore. Fisso i miei occhi in quelli di Andrè come se in questi possa trovare
la risposta che sto cercando.
Quando Andrè si abbassa e con le sue labbra sfiora il mio orecchio credo
di morire.
- Oscar… quando scenderai di sotto ti consiglio di cambiare il tuo
abbigliamento. Non credo che una camicia semitrasparente sia il modo più adatto
per ricevere il conte… o per lo meno potevi indossare le fasce.
Cercando di mantenere un’espressione indifferente e lasciando i miei
occhi nei suoi rispondo ad Andrè con una sfacciataggine che non credevo di
possedere.
- Andrè non dirmi che ti sei imbarazzato per così poco…
Il sorriso di scherno che si è disegnato sulle labbra di Andrè mi fa
tremare. Forse ho sbagliato, forse non dovevo provocarlo in modo così
sfacciato.
Quando la sua mano si porta a stringere i miei fianchi e, nel momento
esatto in cui i nostri bacini combaciano, non riesco a reprimere un brivido che
percorre la mia schiena in tutta la sua lunghezza.
- Oscar… non provocarmi. Ti ho già detto una volta che a giocare
con il fuoco si rischia di bruciarsi… non farmi essere ripetitivo.
Improvvisamente l’aria dai miei polmoni sembra essere stata
risucchiata. Apro le labbra in cerca di aria ma è inutile. Caldo.
Incredibilmente caldo… ed il desiderio di saggiare le sue labbra. Mi mordo il
labbro inferiore in segno del mio nervosismo, la stretta di Andrè aumenta ed i
nostri bacini cozzano in una carezza ancora più intima. Adesso posso sentire
anche Andrè tremare, come poco fa è stato per me.
- Dimmi Andrè… hai paura di bruciarti?
La mia voce è languida. Bassa e sensuale. Mi sento come una di quelle
donnette che a corte cercano di ammaliare qualche cavaliere. Non mi era mai
capitato di sentirmi così. Il telo con cui asciugavo i capelli adesso è ai
nostri piedi. I miei ricci biondi ricadono morbidi sulle mie spalle ed Andrè
prende una ciocca e se la porta al naso annusandone la fragranza.
- Oscar il nostro è un gioco pericoloso.
- Hai paura di giocare?
I suoi occhi si fermano sui miei. Li catturano in una sfida silenziosa.
Il primo che abbasserà lo sguardo sarà il primo ad arrendersi.
- No. Non ho paura di giocare. Ho paura di ciò che sarà dopo.
- Dopo?
Andrè annuisce senza lasciare mai i miei occhi. Le sue dita leggere
adesso solleticano la base del mio collo ed io non posso fare a meno di chiudere
gli occhi ed abbandonarmi a questa carezza tanto sensuale. Ho perso.
- Sì Oscar, mi fa paura ciò che ci lasceremo quando questo gioco sarà
finito.
- Tu, cosa vuoi che ci lasci?
La sua voce così ferma e decisa è opposta alla mia che al contrario è
bassa ed incerta. Mi chiedo se anche i suoi pensieri siano così delineati
oppure se anche lui, come me, vede il buio più totale davanti gli occhi.
Quando è iniziato tutto questo? È davvero iniziato tutto con quella
cavalcata e poi l’allenamento? No. Il nostro è un tormento ancora più
lontano. Il nostro gioco mette radici in tempi non sospetti quando, ancora
bambini, Andrè era sempre pronto ad addossarsi tutte le responsabilità per le
nostre ragazzate.
- Oscar… non farmi dire qualcosa di cui poi debba pentirmi. Chiudiamo
qui il discorso. Facciamo finta che non sia mai successo.
- Cosa Andrè? Cosa non dovrebbe mai essere accaduto?
La mia voce adesso risulta quasi stridula mentre vedo Andrè fuggire i
miei occhi e per la prima volta, da quando il gioco è iniziato, lo vedo
insicuro.
La sua mano, sicura, calda, leggera, adesso è ad un soffio dalla mia
guancia. Indeciso se regalarmi o meno questo carezza. Alla fine sono io a
decidere e stringo con dolcezza la sua mano. Atteggiamento lontano dal mio
normale modo di agire ma che, stranamente, adesso mi risulta normale.
- Cosa Andrè?
Una supplica. Mi sono ridotta a supplicare pur di ricevere una risposta
che non tarda ad arrivare.
- Questo averti così vicino. Questo stringerti a me. Tutto questo Oscar.
Non dimenticare mai quale è la realtà. Tu sei una nobile… non dimenticarlo.
Dalla sua voce si percepisce l’angoscia che lo sta divorando, dopo di
che mi lascia qui da sola a riflettere sulle sue parole ed a chiedermi il perché
di questa sensazione di vuoto e solitudine.
Mi scuso per il giorno di ritardo ma ieri stavo male e non avevo voglia di fare nulla. Ecco a voi il capitolo V, breve lo ammetto, ma almeno vi ho regalato un altro piccolo scontro Oscar-Andrè ed in questo capitolo ho cercato, anche se con solo qualche battuta, di far percepire anche il disagio interiore di Andrè.
Mi scuso se non riesco a ringraziarvi singolarmente ma davvero sono giù.
Ieri sono stata al funerale della madre di una mia carissima amica e quindi
potete comprendere il mio stato d’animo che probabilmente ha influito sulla
stesura del capitolo stesso. Vi prego quindi di perdonarmi se in qualche maniera
vi ho deluso.
Ho deciso di prendere un periodo di pausa dalle fic ecco perché vi do
appuntamento al nuovo anno. Non volendo urtare il credo di nessuno e con diversi
giorni di anticipo…
Auguro
a tutti buone feste!