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Autore: Bluemask    28/02/2015    4 recensioni
“Mi concedi questo ballo?”
“Sei impazzito?”
“Lo prendo per un sì.”
“Sei impazzito. Non c’è nemmeno la musica!”
“Ma come, non la senti? Il mare è la nostra orchestra.”
-
“Smettila di guardarmi così.”
“Così come?”
“Come se ne valesse la pena.”
Louis non sa cosa dire. Come può quel ragazzino di diciassette anni, di cui ignorava l’esistenza fino ad un paio di settimane prima, lasciarlo sempre senza parole?
-
“Io penso che Dio sia geloso. Lui è lassù in cielo, no? Ma deve occuparsi di tenere tutto sotto controllo, quindi non ha il tempo di amare nessuno. Mentre noi, quaggiù, abbiamo tutto il tempo della nostra vita per amare. Penso che possiamo amare chi vogliamo, perché amare ci fa essere felici.”
-
[Larry; side!Ziam]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Painting the blue, beautiful hues,
Colored with gold and old rose.
Playing the clown,
Trying to drown all of my woes;
Though things may not look bright,
They all turn out alright
If I keep painting the clouds with sunshine.

 

 

 

 

 

 

 

Dedicata – per forza! – a L.

 

 

 

 

 

 

 

 

È il 1970.  John Fogerty ha scritto “Who’ll stop the rain”, Jim Morrison non sa ancora che morirà a Parigi il prossimo anno, la fine della Guerra in Vietnam è un’illusione e nell’orfanotrofio St Roderick’s, da qualche parte in Australia, Harry Styles – tra i diciassette e i diciotto anni – si sveglia di colpo.

Sta tremando, gli occhi verdi spalancati e il riflesso di uno scontro che non ha mai visto racchiuso al loro interno. Nessuno gli ha mai spiegato dove fosse lui, mentre i suoi genitori morivano in un incidente stradale.

Saperlo non gli cambia nulla, comunque. Quindi non fa domande.

“Harry?”

Sta ancora tremando un po’ quando si gira su un fianco, bofonchiando un “cosa?” strascicato.

Niall Horan, quattordici anni compiuti questo settembre, famiglia irlandese e risata fastidiosa, lo fissa nel buio con le sopracciglia bionde alzate.

“Sei sveglio?”

Niall Horan, nel pieno dei suoi quattordici anni, non deve essere particolarmente intelligente, per cui “no, ho questa capacità di parlare mentre dormo” sibila l’amico.

“Oh” acconsente Niall, si siede sul suo letto. Annuisce. “Altro incubo?”

Harry, sinceramente, non capisce perché debbano parlare alle tre del mattino. Sussurrando, ovviamente, per non svegliare gli altri ragazzi del dormitorio.

Sbuffa, ma si mette seduto a sua volta. Annuisce – si rifiuta di fare lo sforzo di mettere altre parole in fila per formare una frase, grazie mille –, sfila da sotto il cuscino una sigaretta e un accendino e ignora il fatto che potrebbe benissimo appiccare un incendio per sbaglio.

“Non capisco come tu possa sognare un incidente che non hai mai visto.”

Harry accende la sigaretta, se la infila tra le labbra piene. Scrolla una spalla.

“Insomma, è impossibile, no? Ti svegli ogni notte per questo incubo e -- ”

“Dormi bene, Nì.”

L’irlandese fa per replicare, ma Harry gli scocca un’occhiata poco rassicurante mentre inizia a fumare, facendo cadere la cenere sul pavimento.

Niall brontola qualcosa col suo accento strano, Harry fuma in silenzio una sigaretta di quelle che ha rubato a Padre Gregory – che prima di diventare prete si chiamava qualcosa come Nicholas Grimshaw.

 

 

 

Harry Styles non ha un animo tendenzialmente acido, se nessuno parla dei suoi incubi.

Da Niall Horan, il ragazzino che dorme accanto a lui ogni notte, viene descritto come una persona solare e sorridente; aiuta Mary, la cuoca anziana che serve la colazione, a mettere in ordine la spesa se ha bisogno di una mano; Luke Hemmings, il biondino dall’aria apatica, può tranquillamente affermare che gli dà gentilmente una sigaretta quando gliela chiede prima di andare a letto.

Il fatto è che è intrattabile di prima mattina: risponde con grugniti a tutti, sputa un paio di parole alle suore che gli rivolgono la parola e si sforza di borbottare qualcosa a Niall se necessario – beh, è pur sempre il suo migliore amico. È probabilmente per questo se, quando Padre Gregory convoca lui, l’irlandese e altri quattro ragazzi – tra cui Hemmings – nel suo ufficio, si limita ad alzare un sopracciglio e smettere di fare colazione, seguendo i compagni con passi strascicati.

“Come tutti sapete” inizia l’uomo, con i capelli brizzolati e una curiosa faccia allungata quasi grottescamente – Harry non l’ha mai chiamato faccia da cavallo, no di certo. Forse. Una volta. O di più. Nessuno può provarlo, comunque. (Tranne Niall, ma Harry si fida di lui.) –, rivolgendo ai ragazzi un sorriso cortese. “La gentile Lady Swift ha donato una cospicua somma di denaro al nostro caro orfanotrofio, permettendoci di svolgere i compiti essenziali...” Harry e Niall si chiedono mentalmente se abbiano aggiustato il soffitto del loro dormitorio, visto che si trovano sempre il pavimento bagnato quando piove. “… E di far svagare un po’ voi giovani.”

Luke, il biondino, aggrotta la fronte. Niall, l’altro biondino, sprizza curiosità tra tutti i pori. Harry ha la sua solita aria disinteressata delle otto e mezza. Gli altri tre si limitano a sbadigliare.

“Quindi” riprende Gregory, senza farsi scoraggiare dell’espressione vuote degli adolescenti – escluso Niall. “Ho pensato di mandarvi a gruppi sulle meravigliose spiagge di Remarkable Rocks e il primo gruppo sarà quello dei più anziani. Voi!”

Harry inarca le sopracciglia, piacevolmente colpito. Un po’ di sole, sabbia e mare non ha mai fatto male a nessuno, giusto? Non vede l’ora di andarsene, anche solo per un misero mese, da quel posto triste e rigido.

 

 

 

Partono il giorno dopo, di mattina presto. Harry fa uno strappo alla sua regola del cattivo umore mattutino, lasciandosi coinvolgere dall’entusiasmo degli altri ragazzi: Calum è un diciassettenne dalla pelle misteriosamente più scura del normale e un sorriso malizioso costantemente dipinto sulle labbra carnose; occhiolini veloci, risposta pronta, si vanta di essere il migliore amico di Ashton, il sedicenne che è stato trovato in fasce davanti alle porte dell’orfanotrofio. I due guardano riviste con donne mezze nude nascosti nei sedili posteriori del pick-up – Harry non vuole davvero sapere dove le abbiano trovate – mentre, di fianco a loro, Luke-quello-apatico e Michael-quello-allegro (rispettivamente sedici e quindici anni) confabulano a bassa voce, scambiandosi battute complici. Harry nota sorridere Luke solo in sua compagnia.

Tornando ai posti sul vecchio pick-up di Sheeran, il giardiniere: Niall e Harry si dividono il sedile davanti, accanto al guidatore, mandando al diavolo le regole della sicurezza stradale. Il viaggio consiste in ore di lande desolate e cespugli scheletrici, quindi. Harry dubita che Sheeran – “chiamami Ed, ragazzino, Sheeran mi fa sentire vecchio” – si vada a schiantare contro un mucchietto di polvere carbonizzata.

“Tu ci credi, nel vero amore?”

Harry si acciglia quando Niall, mezzo addormentato sulla sua spalla, gli pone quella domanda mormorata. Si gratta distrattamente una tempia, cercando di evitare risposte malinconiche; fortunatamente Niall lo toglie dall’impiccio, visto che non gli dà il tempo per rispondere. “Io sì, quando guardo Luke e Micky.”

Harry deve sforzarsi per non scoppiare a ridere. “Che dici, Nì? Sono due maschi!” Ribatte divertito, mantenendo un tono basso per non attirare l’attenzione – non che gli altri siano interessati a lui, comunque. Ed-chiamami-Sheeran è concentrato al non perdersi per evitare una ramanzina da Gregory, Luke e Michael si stanno bisbigliando qualcosa, Ashton e Calum sono ancora persi tra reggicalze e capelli lunghi su carta.

“E quindi?” Niall sembra sinceramente interdetto.

Harry rotea gli occhi, incolpando quella mancanza di informazioni al fatto che Niall sia all’orfanotrofio da solo un anno scarso. “Due ragazzi non possono essere innamorati, idiota. Dio non lo permette.”

Niall fa una smorfia. “Chi è Dio per imporci queste cose?”

Harry, che non è mai stato particolarmente religioso, non sa bene cosa rispondere.

 

 

 

Arrivano alla spiaggia verso le sei di sera, oltrepassano il cartello bianco con la scritta Remarkable Rocks e Sheeran esulta per essere riuscito nell’impresa di portare quei sei ragazzini a destinazione senza intoppi – forse non era proprio sicuro di essere sulla strada giusta, a un certo punto, ma. Questo nessuno è tenuto a saperlo.

I capelli di Harry vengono scompigliati dal vento che profuma di salsedine appena mette piede fuori dal pick-up e un paio di riccioli gli coprono la visuale; se li porta all’indietro con un gesto distratto, troppo occupato a guardarsi intorno con le labbra schiuse. Padre Gregory non ha esagerato quando ha definito quelle spiagge meravigliose: la sabbia è leggera sotto i suoi piedi, l’acqua sembra semplicemente cristallina, gli scogli colpiti dalle onde brillano al sole e, pochi passi da dove sono ora, si vede un insieme di rocce di ogni forma e dimensione, da minuscole a enormi, buttate un po’ a caso vicino agli scogli.

“Benvenuti!”

Harry sussulta nel sentire una voce sconosciuta venire alle proprie spalle, si volta e incontra gli occhi rilassati di un uomo sulla trentina, i capelli corti e il timbro profondo. “Tu devi essere Ed, giusto?” Sta stringendo la mano al giardiniere, il quale risponde qualcosa che non si prende la briga di ascoltare; si volta verso Niall.

Il ragazzo, un borsone a tracolla e un sorriso enorme sul volto, alza i pollici verso di lui. “Speriamo che il cibo sia fantastico come il posto, amico!”

Harry ride.

 

 

 

L’uomo ha ventisette anni, si chiama Liam Payne, le braccia di Harry fanno quasi male dopo l’abbraccio che gli ha dato – colpa di tutti quei muscoli, sicuro. Harry lo invidia un po’ – e vive insieme a un suo amico della stessa età, la pelle mulatta e gli occhi brillanti. “Zayn Malik” si presenta con un cenno del capo.

Gregory, prima di partire, ha spiegato loro che Harry, Niall e Calum sarebbero stati nella casa di Liam e Zayn, mentre Ashton, Luke e Michael sono ospitati da una coppia di giovani sposi, i Teasdale. La casa Ziam – chiamata in questo modo dai due coinquilini – non è affatto male: è sistemata direttamente sulla spiaggia, a una ventina di passi dall’oceano, e si espande in un solo piano; la cucina è una stanza spaziosa, il bagno è pulito e ci sono tre camere da letto: una di Liam, una di Zayn e la terza va ai ragazzi.

Cenano tutti insieme, incluso Sheeran, sotto il porticato dei Teasdale, con l’aggiunta di due ragazze, Perrie e Jade, che abitano nella casetta accanto alla loro. (Ashton e Calum ne sembrano piuttosto interessati.)

“E’ un peccato che i Tomlinson non si siano uniti a noi” dice Perrie ad alta voce, ma rivolta principalmente a Zayn, mentre mangiano il dolce preparato da Liam.

“Eleanor si è presa una brutta influenza” spiega l’amica, un broncio adorabile sulle labbra. “E lo sai che Louis non ha voglia di uscire quando la sua dolce El sta male.”

Harry, troppo occupato a ridere insieme a Niall per una battuta detta da Michael, non ascolta più la conversazione.

 

 

 

Harry e Niall dormono in letti vicini – “ma cos’è, una maledizione?” “Oh, sta’ zitto, Styles!” – e Calum si sistema in un letto posizionato davanti ai loro.

“Ragazzi” li chiama quest’ultimo, una volta messo con le gambe incrociate sul proprio letto. È mezzanotte inoltrata, Sheeran è ripartito da un pezzo, le palpebre di Harry sono terribilmente pesanti e Calum sembra sul punto di dare l’annuncio più importante di sempre. “Perrie mi ha sorriso.

“Ringraziamo il fatto che non sia apatica come Luke?” propone ironicamente Harry, in mutande, con una sigaretta spenta in bocca. Sporge una mano stretta a pugno verso il letto di Niall e l’irlandese ci batte contro il proprio pugno, ridendo sotto i baffi.

Calum rotea gli occhi. “Cosa vuoi che ne capisca un inglese di vero amore.”

È il turno di Harry di roteare gli occhi, ma ha troppo sonno per aggiungere altro.

“Sei innamorato di Perrie?” domanda invece Niall, interessato, in tutta la sua ingenuità da quattordicenne senza macchia.

“Sicuro, Nì” afferma Calum, tirando fuori una delle sue solite riviste a luci rosse. “Perché non vieni accanto a me a vedere le altre ragazze di cui sono innamorato?”

Harry soffoca una risata contro la sigaretta mentre Niall lo raggiunge, pur non troppo sicuro. È tentato di difendere l’innocenza dell’amico, ma non sarebbe divertente quanto vederlo arrossire fino alla punta dell’ultimo capello giallo nel notare le immagini che gli mostra Calum.

 

 

 

Il giorno dopo è il dodici Luglio, Harry si sveglia stranamente di buon umore e in cucina trovano lo smagliante sorriso di Liam ad aspettarli.

“Buongiorno!” esclama lui, davanti alle espressioni ancora assonnate degli altri tre, facendo loro un cenno col capo per indicare il tavolo straripante di cibo dolce e salato.

“Il cibo è più fantastico del posto” commenta Niall pochi minuti dopo, sputacchiando un muffin al cioccolato sul piatto di Calum, che lo guarda con aria schifata.

Liam, durante la colazione, dà a loro tre semplici regole: mai svegliare Zayn prima dell’una, mai bussare alla casa dei Tomlinson e mai entrare in acqua senza il suo permesso. “La corrente è forte e pericolosa” spiega, una ruga di preoccupazione che gli divide la fronte ampia. “E voglio restituirvi a Padre Gregory tutti interi.”

 

 

 

Quando i ragazzi escono dalla casa Ziam trovano i loro compagni ad aspettarli davanti al mare. Non passano molto tempo insieme, però: finiscono per dividersi in fretta e Niall, conoscendo la voglia che ha Harry di rimanere per un po’ da solo coi propri pensieri, si unisce a Michael alla ricerca di conchiglie – Harry non si stupisce più delle attività strane e non troppo virili che svolge il ragazzo, davvero.

Sogghigna divertito al loro indirizzo, per poi staccarsi dal resto del gruppo e dirigersi verso quell’ammasso di rocce strane adocchiate il giorno prima. Si arrampica su quella più grossa, un sorriso di sfida addosso e la camicia a quadri aperta che fa intravedere il suo petto magro. Fa una smorfia leggera quando una sporgenza gli graffia la coscia nuda, visto che indossa solamente un paio di pantaloni corti, ma non ci pensa troppo.

È arrivato finalmente sulla cima della roccia, quando un “non è pericoloso stare su pietre grandi il triplo di te, piccoletto?” lo fa vacillare. Si gira di scatto, colpito da quella voce delicata, con uno strano timbro femminile impressa sopra.

Mentirebbe se dicesse di aver mai visto qualcosa di più bello in vita sua.

“So cavarmela da solo, grazie mille” replica comunque, leggermente offeso e imbarazzato.

Il ragazzo gli sorride, si passa una mano tra i capelli bagnati, color sabbia. “Non lo metto in dubbio. Ci conosciamo?”

Harry scrolla le spalle e non sta seguendo le gocce d’acqua che scivolano sul suo corpo abbronzato. Davvero. E non lo trova affatto sexy. (Non sa nemmeno dove abbia sentito la parola “sexy”, in realtà. È piuttosto sicuro che nella Bibbia non ci sia scritto da nessuna parte.)

“Harry Styles” si presenta, mordicchiandosi il labbro inferiore – paragona distrattamente gli occhi azzurri dello sconosciuto con le acque trasparenti del mare dietro di loro – e sedendosi sulla roccia, le gambe a penzoloni. “Orfano.”

“Oh, tu sei uno dei ragazzini che vengono dal St Roderick's!” esclama, battendosi il palmo aperto di una mano contro la fronte. Continua a guardarlo dal basso e dovrebbe essere lui quello in soggezione, non è vero? Allora perché si sente Harry in quel modo?

“E tu saresti...?”

“Louis, Louis Tomlinson” fa un breve inchino e si toglie un cappello invisibile, la sceneggiata suscita una risatina da parte del ricciolo – e sembra mirato proprio a quella, visto che quando i loro occhi si incontrano di nuovo Louis ha un sorriso soddisfatto in volto.

“E’ un peccato che i Tomlinson non si siano uniti a noi.”

“Eleanor si è presa una brutta influenza e lo sai che Louis non ha voglia di uscire quando la sua dolce El sta male.”

Harry si chiede mentalmente chi sia questa Eleanor, ma se la dimentica subito quando nota Louis arrampicarsi sulla roccia – come ha fatto lui stesso poco prima, ma con molta più agilità – fino a sedersi accanto a lui. “E’ un piacere conoscerti, Harry Styles” gli porge la mano in un gesto formale, rovinato dal suo sorriso amichevole e allegro.

“Lieto di fare la tua conoscenza, Louis Tomlinson” risponde a tono Harry, stringendogli le dita sottili.

Non sta mentendo.

Louis gli racconta aneddoti divertenti sui suoi amici, Zayn e Liam, mentre rimangono seduti l’uno davanti all’altro, le gambe incrociate e sorrisi sulle labbra. Inoltre, gli racconta dei coniugi Teadsleale – con cui Harry ha scambiato due parole la sera prima, a cena – Louise e Tom, che sognano già di avere una bambina; dice anche che di solito Perrie e Jade si uniscono a loro, ogni estate, insieme ad altre due ragazze, ma che questa volta ci saranno soltanto loro.

A un certo punto si avvicina a Harry per sussurrare che Perrie ha una cotta per Zayn da praticamente sempre, ma che il ragazzo non se n’è mai accorto. “Secondo me fa finta. Di non accorgersene, dico. È troppo intelligente per non notarlo” gli confida, una mano bollente posata sul ginocchio di Harry e un sorrisetto complice. Le guance di Harry diventano rosse per la vicinanza improvvisa tra di loro, ma dà la colpa al sole. (Si stupisce, comunque, che le dita di Louis non abbiano lasciato segni sulla sua pelle.)

Harry, un po’ per ripagare le parole dell’altro, gli racconta dell’orfanotrofio: del fatto che vive lì da quando ha sei anni, di Suor Mary e del suo sorriso gentile, delle lezioni di letteratura che lo interessano di più rispetto alle altre, di conoscere Niall solo da un anno, ma di considerarlo già il suo migliore amico. Gli parla anche di Calum, Ashton, Michael e Luke, che hanno lo strano sogno di imparare a suonare qualche strumento e formare un gruppo.

“Tu non suoni nulla?” si informa Louis, curioso, l’immancabile sorriso sulle labbra. Harry si rende conto che non l’ha mai perso, è sempre stato lì, sulla sua bocca fine.

“Nah” bofonchia Harry, stringendosi nelle spalle. “Tu sì?”

“Eleanor mi ha insegnato a suonare il pianoforte” Louis si passa una mano tra i capelli, quasi del tutto asciugati grazie al sole. “Potrei farti sentire qualcosa, un giorno.”

Harry sorride e fa per rispondere, ma una voce da donna che chiama il nome di Louis lo blocca. Il ragazzo si volta e il sorriso si espande, salta giù dalla roccia senza curarsi del fatto che potrebbe tranquillamente spezzarsi le gambe. Sta bene, comunque, visto che sorride ancora. “Quando si parla del diavolo...” ridacchia leggermente, facendo un segno di saluto a qualcuno con la mano aperta. Harry dovrebbe staccare gli occhi da lui e vedere a chi si riferisce, ma non lo fa. “Uh, ci vediamo, piccoletto!” esclama Louis, alzando il volto verso di lui per sorridergli, poi corre via.

Harry sorride, una strana tristezza che gli morde lo stomaco. Lo segue con lo sguardo e sussulta nel vederlo raggiungere di corsa le braccia aperte di una ragazza: i capelli lunghi, i tratti del viso delicato, le gambe magre e le braccia intorno al collo del ragazzo.

Deve essere Eleanor, si rende conto Harry, mordendosi il labbro inferiore. Eleanor Tomlinson.

Non ha visto nessuna fede al dito di Louis, ma probabilmente la toglie per nuotare.

 

 

 

Non è che a Harry dia fastidio l’esistenza di Eleanor. Insomma, perché dovrebbe? È una semplice ragazza.

Non è arrabbiato con lei. Affatto.

“Perché sei arrabbiato con lei?”
Harry digrigna i denti, affondando la punta di un bastoncino sulla sabbia bagnata. “Non so di che diavolo parli” replica, ma non distoglie gli occhi dalla figura della ragazza. Sta apparecchiando la tavola per il pranzo sotto il portico dei Teadsleale, quindi mangeranno tutti insieme. Deve essere una specie di tradizione, quella di fare pranzo e cena insieme.

Harry potrebbe sputarle in faccia dell’acqua senza farlo a posta. Ops, che sbadato.

“La stai praticamente uccidendo con gli occhi” lo informa Niall, seduto sulla spiaggia accanto a lui. Si appoggia alla sua spalla, sospira. “Che ti ha fatto? Sembra simpatica.”

Harry brontola qualcosa di poco chiaro, mentre davanti a loro Perrie e Jade aiutano l’amica a sistemare bicchieri e posate. Niall sente distintamente un paio di insulti buttati in mezzo al borbottio e sorride divertito.

Liam esce in quel momento dalla casa Ziam e deve notare che qualcosa non va, visto che viene dritto davanti ai due e si siede loro di fronte, un’aria comprensiva negli occhi nocciola. Harry vorrebbe dirgli che così non riesce a guardare male Eleanor, ma sta zitto.

“Che succede, ragazzi?”
Niall leva le mani aperte in aria e si alza. “Io mi arrendo a capirlo” borbotta ironico, allontanandosi per raggiungere Luke e Michael – è ancora arrabbiato con Calum e afferma che finirà all’inferno per guardare foto del genere, già.

Harry lo segue con lo sguardo, la mente altrove, e sussulta quando Liam lo richiama per attirare la sua attenzione. “Chi è che ti ha fatto arrabbiare?”

Harry si stringe nelle spalle, torturandosi il labbro inferiore tra i denti piccoli. Lo guarda, sospira. “Posso chiederti una cosa?”

Liam annuisce, felice di poterlo aiutare.

“Eleanor -- uhm. Eleanor vive con Louis, giusto?”

Liam annuisce una seconda volta, leggermente perplesso.

“E hanno lo stesso cognome.”

“Sì.”
“Questo perché sono...” Harry non è sicuro di saper dire sposati senza far finta di vomitare, ma Liam viene in suo aiuto.
“Fratelli.”
Harry spalanca la bocca in un’espressione poco lusinghiera.

“Non lo avevi capito? Sono due gocce d’acqua!” ride Liam, sorpreso, per poi scuotere la testa. “Vado ad aiutare la ragazze, ci vediamo a pranzo.”

Harry non dovrebbe essere tanto felice nel venire a conoscenza di quella notizia, eppure lo è.

 

 

 

Harry finisce seduto davanti a Louis, a pranzo.

Louis lo saluta con un occhiolino ed Harry spera vivamente di non essere arrossito.

Niall è sorpreso dal notare che l’amico non si unisce molto alla conversazione, ma rimane più che altro a guardare il ragazzo davanti a sé con uno sguardo rapito. L’irlandese si stringe nelle spalle e torna a seguire il racconto di Zayn, che parla di qualcosa riguardante un pesce enorme che ha pescato qualche settimana fa. (Zayn sta fissando Liam, Perrie ne sembra infastidita.)

 

 

 

Harry nota Louis sdraiato su uno scoglio, verso le cinque del pomeriggio. Lo raggiunge con passo incerto, ma il sorriso che Louis gli dedica quando nota il suo arrivo lo fa sdraiare con più sicurezza accanto a lui sullo scoglio piatto e liscio.

“Liam ci ha detto di non venire mai a bussare alla tua porta” lo informa dopo un po’ il più piccolo, le sopracciglia alzate. “Perché?”

Louis ride, le braccia incrociate dietro la testa e il volto rivolto al sole, le palpebre abbassate per non ferirsi con la luce. “Perché Payne non capisce che a ventidue anni un ragazzo ha bisogno di divertirsi” le sue labbra si piegano in un sorriso strano, forse malizioso. “E ha semplicemente paura che uno di voi ragazzini potrebbe rimanere scandalizzato nel vedermi insieme a qualcuno.”

Harry è un po’ offeso per essere considerato solo un ragazzino, ma è troppo curioso per replicare. “Intendi, insieme a una ragazza?”

Louis apre un occhio, lo guarda. Rimane un attimo in silenzio. “Certo, Haz.”

Harry distoglie lo sguardo e sorride per quel soprannome. Louis lo trova adorabile, con i riccioli che cadono sugli occhi timidi.

 

 

 

*

 

 

 

Il rumore del sasso liscio che batte contro l’acqua spezza il silenzio teso. Quattro saltelli. Non male. Harry esulta, prende un nuovo sasso e, mentre lo sta per lanciare, Niall parla di nuovo.

“Mi stai ascoltando?”

Due saltelli.

Harry storce il naso. “Mi hai fatto perdere la concentrazione.”

Niall lo guarda male, ma nella penombra i suoi occhi offesi non hanno un grande effetto.

“E lascialo un po’ in pace” lo difende Michael, spiccio come al solito. Imita Harry e lancia un sasso contro il mare, piegando appena i fianchi. Cinque saltelli.

“Chi è il migliore?” esclama, retorico, battendo un cinque a Luke. Harry si limita a sorridere divertito, Niall rotea gli occhi al cielo.

“A volte mi sembra di essere il meno infantile” bofonchia l’irlandese, lasciandosi cadere sulla sabbia con uno sbuffo.

Luke si sistema vicino a lui, fa passare un braccio intorno alle sue spalle. “Solo a volte?” replica, indicando con un cenno del capo i due ragazzi: Michael è saltato in braccio a Harry e sostiene di dover fare il giro della vittoria sulle sue spalle, il riccio ride e lo accontenta.

Sono ormai passati diversi giorni da quando sono arrivati – la convivenza con le due famiglie è tranquilla, Harry può affermare di essere amico di Liam e di non temere più le occhiate poco rassicuranti di Zayn. La maggior parte delle mattine, all’alba, il moro con la pelle scura prende la sua barca e va al largo, cercando di pescare più pesci possibili per la cena. Spesso Louis va con lui.

“Non avevi detto che c’erano tutte le luci spente?”

Harry viene distratto dal discorso – insensato – di Michael, sentendo la domanda di Niall.

Luke alza confusamente il sopracciglio e tutti seguono lo sguardo dell’irlandese, notando che l’interno della terza casa sulla spiaggia sia illuminato.

“Prima era spenta” giura Luke, gli occhi spalancati. Non hanno il permesso di stare fuori dopo l’una di notte, lo sanno tutti.

“Cal e Ash non farebbero mai la spia” afferma Michael (deglutendo un fiotto di saliva, ché in fondo non ne è troppo sicuro).

“Quelli staranno già dormendo” replica Harry a bassa voce, facendo segno agli altri di seguirlo in silenzio. I passi dei quattro sono leggeri sulla sabbia fredda mentre si avvicinano all’abitazione.

“Louis” soffia tra i denti Harry, riconoscendolo, una volta arrivato davanti alla finestra. Si sporge verso il vetro, attaccando la fronte contro di esso per distinguere qualcosa nella luce fioca: è la camera di letto, di questo è certo. La stanza è in disordine, una piccola lampada illumina delle carte buttate a terra, il lenzuolo del letto singolo è tirato così tanto che quasi tocca il pavimento e -- Louis.

“Che sta facendo?” mormora Niall, troppo spaventato dalla possibilità di essere scoperto per spiarlo come stanno facendo gli altri tre, l’uno appiccicato all’altro.

Luke ha gli occhi chiari spalancati, Michael la bocca aperta e Harry è assolutamente immobile.

“Allora?” insiste Niall, curioso.

La schiena abbronzata di Louis quasi risplende sotto la luce scarsa. Harry segue con gli occhi i muscoli tonici delle spalle, la schiena curvata sopra una scrivania mentre le dita cercano qualcosa, i fianchi asciutti e la curva morbida del sedere scoperto.

“Lui --” inizia Michael, l’unico che sembra avere della voce in gola. “Lui è nudo.”

“Lui cosa?!” sibila Niall, le guance rosse come se fosse lui quello senza vestiti. “Via da lì, tutti voi!”

Harry gli fa segno di tacere e torna a guardare, gli altri due non sembrano troppo intenzionati ad andarsene; Niall borbotta qualcosa tra sé, prende un sassolino e lo lancia contro il muro della casa prima di scappare via.

Harry, Michael e Luke fanno appena in tempo ad abbassarsi che Louis si volta verso la finestra, sussultando per il rumore improvviso.

 

 

 

“Avevi intenzione di farci scoprire?” sbotta Harry, una volta tornato della camera che divide con l’irlandese e Calum – il quale non c’è. Sarà da qualche parte con Ashton e, sinceramente, Harry ha altro a cui pensare in questo momento.

“E voi avevate intenzione di spiare un ragazzo nudo per tutta la notte?” ribatte Niall, le mani posate sui fianchi e le sopracciglia inarcate.

Le guance di Harry avvampano. “Eravamo solo -- insomma -- sai --”

Niall sospira e non risponde, infilandosi il pigiama in silenzio. “Lui è un maschio, voi siete maschi. Dio non vuole, me l’hai detto tu. Giusto?” mormora, guardando Harry negli occhi prima di mettersi a letto.

Harry distoglie lo sguardo e la conversazione finisce lì.

 

 

 

*

 

 

 

“Ehi, riccioli!”

Harry sorride automaticamente nel sentire la sua voce.

“Quante volte dovrò ripeterti di chiamarmi con il mio nome?” gli rivolge una finta occhiata seccata, distogliendo lo sguardo dal mare e puntandolo negli occhi di Louis. Che è praticamente la stessa cosa, alla fine.

“Scusa, Haz” replica il ragazzo con un occhiolino, per poi sporgergli una mano. Harry, da dove è seduto su una roccia, la afferra senza pensarci due volte.

La situazione incomincia a diventare imbarazzante quando si accorge che Louis non sembra intenzionato a lasciare la sua mano.

“Mi concedi questo ballo?” chiede, invece, esibendosi in un inchino accennato.

“Sei impazzito?” replica Harry, sbattendo le palpebre come se tutta quella situazione sia solamente un sogno da cui vuole svegliarsi. Beh, non è che proprio vuole, ecco. Più che altro ha paura di ritrovarsi nella sua camera, insieme a due dormienti Niall e Calum, di colpo.

“Lo prendo per un sì” sogghigna Louis, posando la mano libera sul suo fianco e spingendolo più vicino al proprio corpo, facendo sfiorare i loro petti.

Harry manda uno sguardo veloce alle abitazioni – in realtà, loro due sono del tutto nascosti agli occhi degli altri grazie alle rocce enormi, che li coprono del tutto. Sospira, le guance arrossate per la vicinanza. “Sei impazzito” decide infine, alzando gli occhi verso i suoi. “Non c’è nemmeno la musica!”

Louis scuote la testa con l’indignazione dipinta in viso. “Ma come, non la senti?” parla a bassa voce, il tono sorpreso, accompagnando le sue mani dietro il proprio collo e facendo passare le braccia intorno alla sua vita; i petti a contatto, le labbra attaccate al suo orecchio, il labbro inferiore che gli accarezza il lobo. “Il mare è la nostra orchestra.”

Harry si mordicchia l’interno di una guancia, chiude gli occhi e appoggia una tempia contro la spalla di Louis, che comincia a muoversi lentamente, trascinandolo con sé: dondolano su loro stessi, seguendo il suono ritmico delle onde che si infrangono contro gli scogli e contro la spiaggia. La voce di Louis gli sussurra qualcosa all’orecchio, Harry si concentra per riuscire a distinguere quelle parole e sorride appena si accorge che sta mormorando una canzone; il ritmo è dolce, cadenzato, sembra fatta a posta per essere bisbigliata all’orecchio di qualcuno, come se fosse un’antica nenia.

Non stanno propriamente ballando, è più che altro un muoversi vicini cercando di andare a tempo con la canzone sconosciuta e con il rumoreggiare del mare, ma è il ballo migliore di sempre.

“Hai una bella voce” commenta Harry a un certo punto, il tono basso. “Leggera come spuma.”

Louis sorride e non smette di cantare.

 

 

 

Hanno ‘ballato’ ancora per qualche minuto, prima di dividersi: Louis deve aiutare Liam a pulire del pesce e Harry lo guarda andare via con un sorriso, il labbro inferiore stretto tra i denti. (Il più grande rimanere girato a salutarlo con il palmo della mano aperta mentre cammina all’indietro, il riccio si mette a ridere quando rischia di cadere.)

Ormai solo, Harry fa una passeggiata sulla sabbia, i piedi nudi accarezzati dalle onde tranquille del mare che si infrangono sulla riva, i calzoni arrotolati fino al ginocchio per non rischiare di bagnarli. Ha ancora nella mente la melodia sussurrata da Louis, quando una voce familiare lo fa sussultare.

“Ciao!”

Alza il volto di scatto, preso a fissare il mare, per poi ricambiare il sorriso gentile che gli sta rivolgendo la ragazza.

“Tu sei Harry, vero? Non abbiamo mai avuto l’occasione di parlare da soli.”

Lui si chiede distrattamente perché avrebbe dovuto parlare da solo con Eleanor, ma si limita a stringersi nelle spalle.

“Però ti vedo spesso da solo con mio fratello.”

Harry spera di non arrossire. “Lou è davvero molto simpatico” borbotta infine, decidendosi a dire qualcosa. Lei annuisce, senza smettere di sorridere.

“Oh, sì. È anche piuttosto, ecco… Sfacciato, a volte.”

La ragazza sembra imbarazzata, mentre si porta una ciocca di capelli nocciola dietro un orecchio. Continuano a camminare vicini, il rumore ritmico del mare accanto a loro e il vociare leggero che arriva dalle abitazioni sulla spiaggia. La fronte di Harry è aggrottata, riflette su quello che Eleanor ha detto senza arrivare a nessuna conclusione. “Cosa intendi?”

Lei sospira, gli lancia un’occhiata da “non vorrei essere io a dirtelo, devi credermi”. I suoi occhi scuri e dolci sono piuttosto espressivi in questo momento. “Intendo solo che ha delle abitudini che non tutti reputano corrette. Non dargli troppa corda, d’accordo? Potresti pentirtene.”

Harry è ancora più perplesso, ora. Di che diavolo sta parlando? “Non capisco.”

Eleanor sorride, più tranquilla, posandogli una mano sulla spalla. “Promettimi solo che farai attenzione.”

Lui continua a non capire, ma sembra che la ragazza tenga a questa promessa, perciò annuisce. “Prometto.”

 

 

 

*

 

 

 

È il diciotto Luglio e ormai è passata una settimana da quando hanno visto le spiagge di Remarkable Rocks la prima volta.

Harry si stropiccia un occhio, ancora troppo preso dal mondo dei sogni per aprire le palpebre. Si stiracchia, il lenzuolo leggero che gli accarezza il petto nudo nel movimento (ha scoperto che fa terribilmente caldo la notte e l’unico modo per non rischiare di finire carbonizzati è dormire in mutande) e il verso di gabbiani in lontananza.

Non avverte nessun suono più vicino, segno che o Niall e Calum stanno ancora dormendo, o – più probabile – si sono dimenticati di svegliarlo ed è rimasto solo in quella casa.

Non che gli dispiaccia rimanere a letto fino a tardi.

“Buongiorno, bell’addormentato.”

Spalanca gli occhi di colpo nel sentire quella voce, guardandosi freneticamente intorno – e no, qualcosa di sfugge. La stanza che divide con gli altri due è diversa da quel posto. Lì c’è una scrivania, delle carte messe alla rinfusa ed è quasi sicuramente certo che nel proprio letto non dovrebbe esserci una seconda persona. Non dovrebbe esserci Louis.

“Che diavolo..?” balbetta, interdetto, quando il proprio sguardo si scontra con quello blu del ragazzo sdraiato accanto a sé.

Lui gli rivolge uno dei suoi sorrisi caldi, mentre gli accarezza una guancia liscia con un paio di dita. “Svegliati, Harry.”
Harry alza un sopracciglio e fa per ribattere che è piuttosto certo di essere sveglio, quando si accorge che il corpo dell’altro è nudo attaccato al proprio. Fa fatica a respirare, la mano del ragazzo che scende lungo la propria schiena, per poi accarezzargli la zona di pelle sul retro della coscia scoperta.

Ha decisamente caldo ora e non capisce come possa trovarsi in quella situazione, con le dita di lui su di sé e le sue labbra che si avvicinano e – “Harry, mi hai sentito? Svegliati!”

Harry spalanca gli occhi di colpo (davvero, questa volta), trovandosi davanti quelli azzurri e grandi di Niall, l’espressione preoccupata sul volto dell’irlandese

Si mette seduto di scatto, guardandosi intorno, scoprendo di essere nel solito letto accanto al biondo e davanti a Calum, il lenzuolo che gli arriva alla vita e il sudore che si accumula alle tempie, prima di scivolare lungo la schiena.

“Io... Cosa…?” balbetta, la gola secca e il respiro affaticato, mentre Niall sembra improvvisamente più tranquillo, seduto sul suo letto a gambe incrociate.

“Stavi avendo l’incubo, Haz. Eri tutto sudato e mormoravi qualcosa che non sono riuscito a capire, ma sicuramente stavi sognando l’incidente, quindi ho pensato di svegliarti. Ho fatto bene?”

Niall sta sorridendo e Harry annuisce, ancora piuttosto stranito, cercando di levarsi da dosso quell’assurda sensazione che prova e non riesce a riconoscere.

Non è euforia, ma è un brivido bollente e ghiacciato insieme, un formicolio sconosciuto al basso ventre – ora è seriamente preoccupato per quello che sente quando c’è Louis.

 

 

 

“Haz!”

Sussulta visibilmente, seduto su una delle rocce enormi sulla spiaggia, le gambe incrociate e una maglia senza maniche addosso. Abbassa gli occhi, notando Louis arrampicarsi sulla roccia per raggiungerlo, e arrossisce subito nel ricordare il sogno – sicuramente non era un incubo – di quella notte.

“Ehi, Louis!”

Cerca di apparire rilassato, ma qualcosa non deve convincere il ragazzo. Si fa più vicino, un’espressione preoccupata sul volto e una mano che vola a posarsi sul ginocchio del più piccolo. “Successo qualcosa?”

Harry nega col capo, velocemente, sforzandosi di non fissare quelle dita bollenti e di non pensare ad averle su di sé, lungo la schiena. “E’ solo, ehm, una cosa che ho sognato. Un incubo. A volte succede. Nulla di grave, davvero” mente, cercando di salvarsi, sentendosi un po’ in colpa per tirare in ballo l’incidente che l’ha reso orfano per un motivo simile.

“Oh, piccolo” sospira Louis, una smorfia triste sulle labbra sottili, prima di far passare un braccio intorno alla vita magra del ragazzo e tenerlo stretto a sé, facendogli appoggiare la fronte sul proprio petto. “Mi dispiace tanto. Come stai ora?”

Harry deglutisce, le labbra a contatto con la sua pelle abbronzata che profuma di salsedine, mentre non può fare a meno di posare una mano su un suo fianco. Si sforza di non lasciare che la propria voce tremi. “Ora meglio” sussurra.

Cosa, ovviamente, vera.

 

 

 

*

 

 

 

I giorni successivi trascorrono velocemente – tra le passeggiate solitarie di Harry, la risata di Louis, i sorrisi complici di Zayn e Liam, le cene e i pranzi insieme – e dopo un battito d’ali sono già passate due settimane dal loro arrivo.

Harry cerca di non pensare al fatto che un giorno in più vicino a Louis, adesso, sarà un giorno in più lontano da lui, una volta tornato all’orfanotrofio.

“A cosa pensi, riccioli?”

Harry non sobbalza neanche più quando sente la sua voce apparire dal nulla.

“A quanto sia violento il mare oggi.”

La voce non trema quando mente, ha imparato a farlo bene: spesso si estranea ad immaginare assurde situazioni in cui è coinvolto Louis e deve mascherare nel miglior modo possibile le proprie emozioni – cerca sempre di non pensare al fatto che non dovrebbe avere un tuffo al cuore quando sente la sua risata, non dovrebbe ritrovarsi in faccia un sorriso enorme appena lui viene nominato e non dovrebbe sognarlo così spesso.

“Anche lui è arrabbiato, a volte.”

Harry si volta verso di lui, seduto accanto a sé sulla roccia, gli occhi persi a fissare il mare agitato. Louis ha le gambe nude fino alle ginocchia, ma una giacca nera che gli copre il busto abbronzato; i capelli vengono spettinati dal vento e ha un sorriso leggero che gli piega le labbra.

“Perché?”

Louis non si gira, ma Harry sapeva che non lo avrebbe fatto. Sembra perso in un’altra dimensione, come ogni volta che fissa in questo modo le onde dell’oceano. Intravede la punta della sua lingua che inumidisce il labbro superiore e si impone di ignorare la sensazione strana allo stomaco.

“Questa è una bella domanda, lo sai? Probabilmente ce l’ha con i pescatori che rubano le sue creature.”

Harry sorride un po’ di più, abituato a sentire, da parte di Louis, parlare del mare come se fosse una persona. “Quindi è arrabbiato anche con te e Zayn.”

Il ragazzo più grande ride e anche il vento sembra fermarsi per ascoltare la sua risata. “Con Zayn, forse. E, sinceramente, lo capirei” gli dedica un veloce occhiolino, come se condividessero un segreto, prima di tornare con lo sguardo dritto davanti a sé. “Ma io non ho mai preso un pesce da lui – non senza permesso. Glielo chiedo ogni volta.”

“Fammi indovinare” sospira Harry, alzando un sopracciglio. “Lui ti dà il permesso ogni volta.”

Louis annuisce subito, voltandosi verso di lui. “Ovviamente, il mare mi ama quanto io amo lui.”

Harry schiude le labbra, come se volesse chiedere “chi non ti ama, Lou?”, ma si limita a sorridere divertito.

Rimangono per una manciata di secondi in silenzio, prima che Harry venga scosso da un brivido per il leggero freddo che si sta espandendo nell’aria – è il primo giorno, da quando sono arrivati, che il cielo è nuvoloso e c’è tanto vento. Zayn afferma che stia arrivando una tempesta – e Louis si affretta a togliersi la giacca nera, posandola sulle sue spalle nude. Harry protesta debolmente, non troppo contrario ad avere il suo odore addosso, ma Louis scuote la testa con convinzione.

“Facciamo una corsa, ti va? Così ci riscaldiamo un poco” propone poi Louis, saltando giù dalla roccia. Harry annuisce e lo imita, ma facendo più attenzione. (Non è abituato come lo è l’altro, d’accordo.)

“Chi arriva fin laggiù vince, okay?” Louis indica un gruppo di rocce più compatto, che lasciano intravedere una nicchia al loro interno, come se ci fosse un passaggio scavato nella pietra. L’altro borbotta un “okay” e piega appena un ginocchio per darsi lo slancio, ma le parole di Louis lo immobilizzano sul posto.

“Scommetto un bacio che ti batto.”

“Come?” replica, incredulo, voltandosi verso di lui. Ha paura che sia stato solo un mormorio portato dal mare, forse da qualche sirena che si sta prendendo gioco di lui, prima di vedere il sorrisetto furbo di Louis.

“Se corro più veloce io” dice, infatti, senza interrompere il contatto visivo, “devi darmi un bacio”.

Harry sente distintamente le guance scottargli. “Non ci penso proprio!”

Louis ride di nuovo, poi gli rivolge uno dei suoi soliti occhiolini veloci. “Allora ti conviene correre veloce, riccioli” lo avverte, per poi partire.

Harry rimane un attimo a bocca aperta, ma si riprende subito e inizia a correre il più veloce possibile – non può baciare Louis, non può baciare un uomo, cosa direbbero gli altri se lo venissero a sapere? – per superarlo, ma il ragazzo è più grande e ha i muscoli più allenati; Harry ha solo diciassette anni, mentre Louis ne ha cinque in più, perciò non è propriamente una sorpresa il fatto che Louis arrivi per primo.

Harry tocca la roccia una manciata di secondi dopo, il respiro pesante e i piedi stanchi, mentre si lascia cadere sulla sabbia, la schiena contro la pietra, le palpebre che si abbassano e i polmoni che cercano di immagazzinare più fiato possibile. Sa che Louis sta sorridendo anche se non può vederlo.

“Ti ho battuto, ragazzino.”

Harry sbuffa. “Sei partito prima, non vale.

Apre gli occhi ed è praticamente sicuro che il volto dell’altro non era così vicino al proprio, prima. Arrossisce nel notarlo piegato sulle ginocchia, per arrivare alla sua altezza, il volto leggermente piegato da un lato e il suo fiato sulla propria bocca. “Dici che ho barato per avere un tuo bacio?”

I battiti del cuore di Harry sono così assordanti che ha paura possano sovrastare il rumore delle onde. Louis gli sorride, mentre posa le dita sul colletto della giacca nera, strofinandoci distrattamente i polpastrelli sopra, tirandolo appena verso di sé per fare in modo che le punte dei loro nasi si sfiorino.

“Sì” sussurra infine Harry, le guance rosse e gli occhi spalancati.

Louis sembra soddisfatto dalla risposta, tanto che si piega e tocca con le labbra il lobo di un suo orecchio. “E tu non vuoi baciarmi, riccioli?”

Harry fa per rispondergli, ma un “Louis!” urlato passa sopra il suono delle onde che battono sulla spiaggia (e del cuore di Harry che batte contro il petto dell’altro), facendo sobbalzare entrambi.

“Louis, devi aiutarmi con la cena!”

Louis gli rivolge un sorriso quasi imbarazzato, come se volesse scusarsi dell’interruzione. Fa scivolare le mani sui suoi fianchi e lo tira su, mentre si mette anche lui in piedi. “Il dovere mi chiama, riccioli” sospira teatralmente, prima di staccarsi da lui e salutarlo con la mano, correndo poi verso la voce di Liam.

Harry lo guarda andare via e si posa il palmo di una mano sulle labbra, come per vietarle di volere il tocco del ragazzo su di esse.

 

 

 

Un’ora scarsa dopo sono tutti riuniti nel salotto di casa Teasdeale (fa troppo freddo per mangiare sotto il portico e “sta per piovere” li ha avvertiti Zayn), seduti ad un lungo tavolo che riempie praticamente tutta la stanza. Harry deve trattenere un sospiro di sollievo quando si accorge che davanti a sé si siede Luke e non Louis, come suo solito. (E’ troppo occupato a ridere ad una sua battuta – Luke che fa battute? L’aria di mare è diventata miracolosa – per accorgersi dell’aria imbronciata di Louis quando vede che quel posto è già occupato.)

La cena inizia come al solito, tra i racconti di Zayn sul mare e i sorrisi caldi di Liam, le tre ragazze che confabulano tra loro e Tom che lancia occhiate di nascosto alla moglie, pensando sempre la stessa frase: “oggi è più bella di sempre”.

“Invidio il vostro rapporto, lo sai?” sta appunto dicendo Louis, rivolto alla donna, mentre le sorride gentilmente. “Io devo mettermi a correre lungo uno spiaggia per l’illusione di un bacio, mentre voi ve ne scambiate a centinaia!”

La tavolata rimane piuttosto perplessa dalla sua frase, mentre il respiro di Harry viene portato via e deve far ricorso a tutto l’autocontrollo che possiede per impedirsi di girarsi verso Louis con la bocca spalancata.

“Di che bacio stai parlando?” indaga Jade, curiosa, aggrottando le sopracciglia scure.

Il ragazzo scuote la testa, come per dire che non sia nulla di importante, ma l’attenzione di tutti non riesce a spostarsi da lui.

“Sapete com’è fatto, sarà una delle sue cazzate” ribatte infine Zayn, un sorriso piegato a forza sulle labbra sottili. Cerca lo sguardo di Liam, chiedendogli la muta conferma di qualcosa; l’altro sembra capire al volo e scuote impercettibilmente il capo, un movimento così invisibile che nessuno riesce a scorgerlo.

“Io non dico mai cazzate!” esclama Louis, punto sul vivo, guardando storto Zayn.

Il moro gli rivolge un sorriso divertito, sembrando improvvisamente più tranquillo. Gli risponde a tono, ma Harry è troppo occupato a giocare con le verdure nel piatto per ascoltare la conversazione, pensando alle parole di Louis.

Scommetto un bacio che ti batto.

Alza il capo, sporge la schiena all’indietro e getta un’occhiata oltre Liam, seduto accanto a sé, trovando gli occhi di Louis subito pronti a guardarlo. Il ragazzo gli sorride e Harry distoglie lo sguardo.

Scommetto un bacio che ti batto.

 

 

 

Harry si rigira nel letto, quella stessa sera, occupato al pensare a Louis e alle sue stupide parole per riuscire a dormire. Sente il russare leggero di Calum, il respiro lento di Niall, il rumore della pioggia contro i vetri che, pur forte, non riesce a coprire quello delle onde.

Si alza dal materasso, un po’ frustrato dal non prendere sonno, passandosi una mano tra i ricci disordinati prima di posare i piedi scalzi sul pavimento in legno; rabbrividisce per il freddo, ma decide comunque di andare in cucina per prendere un bicchiere d’acqua, ché magari dopo la breve passeggiata riuscirà a togliersi il ragazzo dalla testa.

Cammina piano per non svegliare i due amici, aprendo poi la porta della stanza: se la chiude alle spalle, proseguendo lentamente lungo il corridoio corto, ma prima di svoltare ed entrare in cucina si accorge della luce che si accende.

Shh, fa’ piano, sveglierai tutti.”

Harry sussulta quando sente la voce profonda di Liam, subito seguita dalla risata di Zayn, che viene nuovamente ripreso dall’altro.

Appoggia la schiena contro la parete, rimanendo ad ascoltare, nascosto, anche se sa che non dovrebbe.

“Scusa, scusa. È tardi, comunque, lo sai che i bambini stanno dormendo.”

“E tu sai che non sono bambini, idiota.”

“Fammi illudere di avere una famiglia con te, Payne.”

Gli occhi verdi di Harry si spalancano per la sorpresa. No, non può intendere davvero in quel senso. È impossibile.

Si sporge appena, sperando vivamente di non essere visto, ma i due sono troppo occupati l’uno dall’altro per poterlo notare: Liam è appoggiato con la parte inferiore della schiena al tavolo, una mano sulla guancia di Zayn, mentre l’altro è fermo tra le sue gambe aperte. Sulle labbra del moro c’è il solito sorriso dolce che Harry gli vede addosso solo quando parla con Liam.

“Beh, comunque sia, sono felice che Louis non parlasse di un vostro bacio” riprende Zayn, facendo mancare un battito a Harry quando pronuncia quel nome.

Liam alza gli occhi al soffitto, come se avesse sentito una frase simile almeno un centinaio di volte. “Per quanto tempo dovrò ripeterti che tra me e lui non c’è mai stato niente, mh?” ribatte, infatti, sorridendo divertito.

Zayn si stringe nelle spalle, l’aria offesa, ma Liam fa passare le braccia intorno al suo collo e si avvicina per baciarlo, troncando il suo broncio.

Harry si ritira velocemente a letto, il cuore che batte forte per quella scoperta e i loro occhi pieni di amore impressi nei pensieri.

 

 

 

“Qualcosa non va, Harry?”

Il ragazzo fissa Liam con gli occhi spalancati, come se l’altro fosse una specie di animale non ancora conosciuta. Scuote la testa, abbassa lo sguardo sulle proprie mani e resta fermo, ignorando il fatto che dovrebbe fare colazione come gli altri – o almeno fingere.

“Deve aver fatto un incubo” gli viene in soccorso Niall, posando una mano sulla spalla dell’amico. Non ha idea di cos’abbia Harry quella mattina, ma è da quando che si è alzato dal letto che ha un’aria strana e non trova un’altra soluzione.

Harry si limita ad annuire.

“Oh” borbotta Liam, non sapendo cosa dire. Si china sul tavolo della cucina per spettinare affettuosamente i suoi ricci, cercando di farlo sorridere, ma il ragazzo si scosta in fretta e scatta in piedi.

“Vado a fare una passeggiata” sussurra velocemente, quasi fuggendo da quell’abitazione.

 

 

 

“Sembra che tu abbia visto un fantasma.”

Harry sobbalza vistosamente, ma non si gira. Rimane seduto sulla spiaggia, i pantaloni sporchi di sabbia e la salsedine che si infila tra i capelli, mentre fissa il mare ancora agitato.

Alcuni schizzi salati gli arrivano sulle guance.

Una mano di Louis si posa sulla sua coscia, dopo che si è seduto accanto a lui, ma il ragazzo se la toglie bruscamente di dosso. “Non toccarmi.”

Louis nasconde un’espressione ferita, aggrotta la fronte e rimane in silenzio.

Harry alza gli occhi al cielo, prima di chiuderli e lasciarsi cadere di schiena sulla sabbia umida, i palmi premuti contro le palpebre abbassate. “Smettila di guardarmi così!”
Il ragazzo ora è ancora più perplesso. Si china su di lui, spostandogli con delicatezza un ricciolo dal volto. “Così come?”

“Come se ne valesse la pena.”

Louis non sa cosa dire. Come può quel ragazzino di diciassette anni, di cui ignorava l’esistenza fino ad un paio di settimane prima, lasciarlo sempre senza parole?

“Vieni con me” dice, infine, afferrandogli un gomito per farlo alzare in piedi a forza, sapendo che altrimenti non lo avrebbe fatto.

Harry sbuffa, ma si toglie i granelli di sabbia da dosso mentre cammina dietro l’altro ragazzo, fidandosi di lui. Passano oltre il gruppo di rocce, arrivando nel punto del giorno prima – Harry arrossisce leggermente quando nota il fatto che sono esattamente dove si stavano per baciare; Louis fa finta di non accorgersene.

“Abbassa la testa” gli sussurra, come se si stesse preparando per dirgli un segreto enorme, entrando nella fenditura della pietra. Harry lo segue, facendo come gli ha detto: si ritrova in un cubicolo stretto, circondato dalle ombre, e fissa con attenzione la schiena di Louis davanti a sé per paura di perderla di vista. Una manciata di secondi dopo, lo spazio si allarga e il più piccolo si guarda intorno con gli occhi spalancati, meravigliato: si trovano in una grotta piuttosto grande, con delle candele spente e altre un po’ consumate che servono per illuminarla; quattro o cinque cuscini grandi sono adagiati in un angolo, vicino ad una coperta, mentre un’amaca (di cui estremità sono legate a due sporgenze nella roccia) riposa immobile in un lato della grotta.

“Benvenuto nel mio rifugio, Harry Styles.”

Harry ha ancora la bocca aperta quando si volta a guardarlo, Louis ghigna divertito.

“E’ stupendo!”

Il maggiore annuisce, quasi con aria fiera, per poi tirare fuori dalla tasca un accendino e accendere delle candele per fare più luce: chiude subito dopo le dita intorno ad un polso del ragazzo, trascinandolo con sé, facendolo stendere sull’amaca.

“Non ci porto mai nessuno, qui” gli confida, sedendosi su un cuscino morbido accanto a lui. “Mi piace pensare che sia solo il mio segreto.”

Harry, sdraiato sull’amaca che dondola appena, trova abbastanza coraggio per sussurrare “il nostro segreto” con un sorriso felice sulle labbra piene.

Louis lo guarda negli occhi e fa scivolare le dita sulle sue, sfiorandole. “Il nostro segreto.”

Il riccio spera che nella penombra non si vedano le sue guance rosse.

 

 

 

Harry e Louis sono obbligati ad uscire dalla grotta per pranzo – hanno tenuto le mani unite per tutto il tempo, ma le separano quando devono uscire e Louis cerca di riprendere le sue dita, una volta fuori, ma il minore gli fa una linguaccia infantile e corre via, dritto alla casa Ziam. Quando si chiude la porta alle spalle sente ancora la risata dell’altro dietro di sé.

“Eccoti, ero preoccupato!”

Harry si sente un po’ in colpa davanti all’espressione sollevata di Liam, un mestolo in mano e quella libera posata su un fianco. (Il ritratto della perfetta casalinga, insomma.)

“Mi dispiace” bofonchia, abbassando lo sguardo sui propri piedi, ricordandosi poi che deve togliersi le scarpe per non imbrattare il pavimento con la sabbia. Se ne sta appunto sfilando una, cercando di rimanere in equilibrio su una gamba, quando si sente avvolto da due braccia forti.

“Qualsiasi cosa sia successa, puoi parlarne con me” gli mormora Liam all’orecchio, stringendolo con dolcezza a sé, prima di staccarsi da lui e rivolgergli un sorriso incoraggiante. “D’accordo?”

Harry lo ricambia, nonostante la scena del suo bacio con Zayn sia ancora marchiata nella sua mente. “D’accordo.”

Liam annuisce appena e scompare in cucina, borbottando un “dov’è quello scansafatiche di Louis quando serve” che fa ampliare il sorriso di Harry.

 

 

 

“Ciao.”
Niall alza gli occhi chiari dal libro che sta leggendo, sdraiato sul suo letto, prima di chiuderlo e far vedere ad Harry il suo sorriso gentile. “Ciao a te.”

Harry si siede sul materasso davanti a lui, le gambe incrociate e il labbro inferiore torturato dai denti. Si è assicurato di chiudere la porta della stanza dopo essere entrato. “Volevo parlarti di una cosa.”

“Okay.”
“Un segreto.”
Lo sguardo di Niall si illumina di curiosità. “Okay.”

L’amico sospira, non troppo sicuro che sia la scelta giusta. “Okay, uhm. Giurami che non lo saprà nessuno.”
Niall annuisce con vigore e alza una mano a pugno, facendo poi uscire il mignolo verso di lui. Harry sopprime la voglia di sorridere divertito (e intenerito), stringendo il dito del biondo col proprio mignolo.

“Ti ricordi ciò che ti ho detto sul fatto che due maschi non possono amarsi, non è vero? Mentre stavamo venendo qui?”

Niall annuisce una seconda volta, adesso piuttosto confuso.

“E, beh, secondo te due maschi che si amano vengono odiati da Dio?”

Il ragazzino sembra pensarci su, giocando distrattamente con il lembo della sua maglia lunga. “Io penso che Dio sia geloso.”
Harry strabuzza gli occhi, aspettandosi di tutto tranne quella frase. “Cosa intendi?”

“Lui è lassù in cielo, no? Ma deve occuparsi di tenere tutto sotto controllo, quindi non ha il tempo di amare nessuno. Mentre noi, quaggiù, abbiamo tutto il tempo della nostra vita per amare. Penso che possiamo amare chi vogliamo, perché amare ci fa essere felici” gli sorride, prendendogli una mano tra le proprie e stringendola appena. “Mamma me lo ripeteva sempre, di trovare una persona da amare e non lasciarla più, perché amare ci fa essere felici.”

Harry non è mai stato tanto orgoglioso di essere il suo migliore amico come in questo momento. Lo tira a sé e lo abbraccia forte. “Penso che tu abbia ragione, Nì.”

 

 

 

“E quindi c’era questo pesce enorme” sta raccontando Louis, durante il pranzo, le gambe incrociate sulle sedia e le braccia in aria, per contenere la lunghezza di quel pesce. “E Zay era tipo lascia perdere, si spezza l’amo!, mentre io gli dicevo no, l’ho preso!” continua, l’attenzione dell’intera stanza rivolta su di sé.

Harry lo osserva con un’espressione quasi sognante, gli occhi che brillano; non può fare a meno di pensare che Louis sia come un acrobata, un mago, una persona speciale e tu, misero spettatore, non puoi fare altro se non sederti davanti a lui e ammirarlo, proprio come stanno facendo tutti loro. Ma, soprattutto, come sta facendo Harry.

“Ti sei dimenticato di dire che stavi cadendo dalla barca” precisa intanto Zayn, un ghigno divertito sulla bocca rossa, lanciandogli un pezzo di carta – strappato dal tovagliolo – addosso.

Gli altri si mettono a ridere, con Louis che ribatte “ho calcolato male le distanze, ehi”, l’aria offesa e un secondo brandello di carta appallottolato che vola sopra la tavola, questa volta colpisce la fronte di Zayn, “capita anche ai migliori di sbagliare”.

“Sei così modesto, Lou” lo prende in giro la sorella, la testa appoggiata sulla spalla di Perrie – mentre lei fa finta di ascoltare il racconto di Louis, che prosegue imperterrito, ma in realtà fissa Zayn in silenzio.

Harry nota Liam accorgersene e finalmente capisce qual è il sentimento riflesso negli occhi dell’altro, ogni volta che vede qualcuno guardare in questo modo Zayn: è geloso, come se il ragazzo sia di sua proprietà, ma sa che è così e si accontenta di stringerlo un po’ di più con il braccio intorno alle sue spalle.

 

 

 

Harry e Luke stanno aiutando Liam e Jade a sparecchiare, una mezz’ora scarsa dopo: Louis è subito sparito dalla circolazione, cosa che non ha sorpreso nessuno, Eleanor e la coppia di sposi si sono diretti in città per degli acquisti, Perrie ha seguito Zayn sulla spiaggia senza dire niente. (Liam sta fissando la finestra mentre cerca di trovare le figure dei due, comunque.)

Quel giorno tocca a Harry e Luke ad aiutarli con le faccende domestiche e in fondo ai due non dispiace: Liam è divertente e Jade fa delle facce buffe quando della schiuma le finisce sul naso, mentre lava i piatti.

“Sembri preoccupato” ne approfitta Harry per iniziare una conversazione col ragazzo, nel frattempo che Luke e Jade stanno – rispettivamente – asciugando i bicchieri con uno straccio pulito e mettendoli nella credenza bianca.

“Come?” Liam alza un sopracciglio, preso alla sprovvista, scostando in fretta gli occhi dalla piccola finestra sopra il lavabo. “Oh, no, ero solo sovrappensiero.”

Harry annuisce vagamente, fa scorrere una spugnetta insaponata su un piatto. “Io, uh. A Zayn non piace Perrie, si vede.”

Liam spalanca gli occhi, non capendo come possa aver capito che stesse pensando a quello, ma prima che possa dire qualcosa la porta della cucina si apre con un tonfo. “Woah, vedo che siete piuttosto indaffarati.”

Harry si morde forte il labbro inferiore, reprimendo un sorriso non appena sente la voce di Louis, ancora girato di schiena. (Liam se ne accorge.)

“Che vuoi, tu” borbotta Jade, un po’ seccata dal fatto che lei venga sempre incastrata nei lavori quando Louis riesce tranquillamente a fuggire.

“Cos’è questo tono, Jai” Louis si posa teatralmente una mano sul petto, appoggiandosi col fianco al ripiano sotto la credenza. “Mi fai piangere il cuore se mi tratti male.”
Liam e Harry alzano gli occhi al cielo nello stesso momento. “Tornatene nel tuo mare” bofonchia il primo, dimentico delle parole del riccio, tornando a sciacquare delle posate.

“Lo farei, se non fosse ancora così arrabbiato.”

Harry sussulta appena quando si sente avvolto da due braccia, i capelli di Louis gli solleticano una tempia e il suo onnipresente profumo di salsedine lo colpisce in pieno. “Mentre il mio piccolo Haz non è arrabbiato, vero?”

Harry si sforza di non arrossire, avvertendo gli occhi di tutti addosso e il cuore che fa le capriole nel petto per come l’ha chiamato. “Se mi tratti come un bambino potrei esserlo, Lou.”

Sta ovviamente mentendo.

“Sicuro” dice infatti Louis, affabile, prima di far scorrere le mani sulle sue braccia scoperte, causandogli dei brividi piacevoli lungo la schiena. “Perché non vieni con me, mh?”

“Mi sta aiutando a lavare i piatti” ribatte immediatamente Liam, guardandolo in tralice. “E smettila di importunarlo, idiota.”

Louis ride contro l’orecchio di Harry, prima di lasciargli un bacio così veloce sul lobo che il ragazzo crede di esserselo immaginato. “Okay, mi arrendo – beh, Haz, ti aspetto fuori.”

Poi se ne va e scompare, come sempre.

 

 

 

Fuori sta piovendo, può tranquillamente affermare Harry.

Sta piovendo e lui non ha neanche sentito la pioggia battere sui vetri, troppo occupato a finire in fretta per uscire e andare da Louis – il problema è che Louis non c’è e si sente così stupido ad aver pensato il contrario.

“Cerchi qualcuno?”

La sua voce gli fa immediatamente nascere un sorriso sulle labbra. Lo ha sul serio aspettato tutto quel tempo? “Nah, volevo fare una passeggiata.”

Louis, le braccia incrociate al petto e la schiena posata contro un muro esterno della casa, si avvicina a lui con passo lento, i capelli attaccati alla fronte per colpa della pioggia.

“E tu, invece?” riprende Harry, alzando un sopracciglio.

“Aspettavo un bel ragazzo… Non è che ne hai visto uno nei paraggi?”

Il più piccolo ride divertito e gli dà un pugno leggero sul braccio. “Scemo.”

Louis sorride, prima alzare gli occhi verso il cielo e lasciare che le gocce d’acqua gli colpiscano il volto, intrecciandosi alle sue ciglia e infilandosi nella bocca socchiusa. Canticchia tra i denti qualcosa che assomiglia ad “and I wonder, still I wonder who’ll stop the rain”, prima di prendere una mano del ragazzo e incominciare a correre.

Harry lo segue senza fare domande, una risata tra le labbra e gli occhi che brillano.

 

 

 

“Hai già fumato?”

Harry annuisce, sdraiato sull’amaca. Si rigira la sigaretta del ragazzo tra due dita, prima di portarla alle labbra e prendere del fumo, che libera in una nuvola lasciata uscire dalla bocca semiaperta.

I riccioli fradici gli coprono un occhio, se li scosta con la mano libera.

“All’orfanotrofio rubavo delle sigarette a Padre Gregory” ammette poi, abbassando gli occhi verso Louis – seduto sui cuscini, come il giorno prima – per rivolgergli uno sguardo divertito. “Mi piaceva di più l’idea di fare qualcosa di proibito, che fumare in sé.”

Louis accenna una risata, scuote leggermente il capo. “E io che credevo fossi un bambino, Haz.”

Harry rotea gli occhi, ridendo piano. Passa la sigaretta all’altro, che allaccia le labbra sottili intorno ad essa mentre fissa Harry negli occhi.

Lui distoglie lo sguardo.

“Io rubavo le sigarette a mio padre” dice infine Louis, quando il silenzio si è propagato abbastanza a lungo. “Prima che andasse via di casa.”

Harry sgrana gli occhi, Louis gli rivolge un sorriso tranquillo. “E’ andata meglio senza di lui, devi credermi. Mamma ha vissuto gli ultima anni in pace, finalmente. Non che il cancro le abbia dato tregua.”

Harry avverte un macigno sul petto. Le crepe sul volto di Louis appaiono all’improvviso, una lacrima scivola su una guancia, fermandosi sul mento.

Come può essere un ragazzo così allegro e sorridente e spezzato allo stesso tempo?

“El mi ha aiutato molto. Non penso che sarei ancora qui se non ci fosse lei” abbassa gli occhi, giocherellando con una cucitura dei pantaloni.

Harry scende in silenzio dall’amaca, si inginocchia davanti a lui. Posa una mano sul suo volto, Louis lo guarda in silenzio, lui trascina piano il pollice sulla sua guancia e cancella la traccia bagnata. Scosta con un paio di dita i capelli umidi dalle sue tempie, portandoglieli indietro, fermando una mano sulla sua nuca mentre posa un bacio sulla sua fronte.

Scende con le labbra, lasciando un bacio leggero su una sua guancia, sulla linea della mascella, sul mento ispido, sulla punta del naso.

Louis sorride, Harry non ha bisogno d’altro.

Continua a curare i suoi pezzi rotti, la luce delle candele forma delle ombre su di loro.

 

 

 

*

 

 

 

Harry non è propriamente sorpreso quando si accorge che un’altra settimana è volata via.

Cerca di reprimere la sensazione di tristezza nel pensare che rimarrà lì solo sette giorni, guardando Liam, Michael e le ragazze apparecchiare, fermo sullo stipite del soggiorno. Se aguzza le orecchie può sentire le risate di Niall e Ashton, fuori insieme a Luke e Calum, ma non ha voglia di unirsi a loro.

Vorrebbe solo restare in quella casa per sempre, in mezzo agli abbracci di Liam, gli occhi comprensivi di Zayn, le voci allegre delle ragazze, i sogni di Tom e Louise, i suoi amici.

Louis.

 

 

 

Sta provando a dormire, con ancora gli stessi pensieri di quel mattino in testa, quando il rumore di passi leggeri sul pavimento in legno lo fanno sussultare. Si rigira nel letto, guardando con curiosità la porta, pensando che devono essere Zayn e Liam, tornati tardi come al solito, ma sgrana gli occhi quando si accorge della testa di Louis che fa capolino dallo stipite socchiuso.

Il ragazzo si porta un dito alle labbra, sussurrando un shh, prima di sorridergli nella semioscurità e fargli segno di seguirlo; sparisce in corridoio.

Harry non se lo fa ripetere due volta: infila i pantaloni scuri, la maglia e le scarpe, per poi alzarsi e, cercando di far meno rumore possibile, esce dalla stanza.

 

 

“Stai scherzando?”

Louis ride, alza un sopracciglio con aria di sfida. “Hai paura, Harreh?”

Harry si morde l’interno della guancia, mentre fa passare lo sguardo dalle abitazioni con le luci spente alla barchetta ancorata sulla spiaggia, su cui Louis vuole fare un giro in mare di notte. Harry non è stupido, si ricorda delle parole di Liam, sa che le acque sono pericolose, eppure “ovviamente no” ribatte con convinzione, raggiungendo il ragazzo, in piedi accanto alla barca.

Louis ghigna, salendo poi sopra. Sporge una mano al più piccolo, fa un buffo inchino, Harry soffoca una risata e afferra la sua mano, mettendo piede sulla barca.

Louis gli lascia la mano per prendere i remi, Harry cerca di non pensare allo spazio improvvisamente vuoto tra le proprie dita.

Il silenzio si protrae abbastanza a lungo per fondersi con l’acqua.

“Prima che ve ne andiate” mormora improvvisamente Louis, risvegliandolo. Incontra i suoi occhi e non è tanto difficile illudersi che l’altro sia triste come lui, nel pensare che rimarranno lì per soli sei giorni, ora. Lo sguardo di Louis è tinto da una sfumatura diversa, ma forse è solo il riflesso della luna sulle onde. “Vorrei insegnarti a suonare un po’ il pianoforte – ti va?”

Harry lo guarda sorpreso, Louis sembra sul punto di ritirare la proposta, ma il più piccolo gli rivolge un sorriso enorme e annuisce. “Certo, mi piacerebbe.”

Louis risponde subito al sorriso, tagliando la superficie del mare con i remi. Continua a portare la barchetta verso il largo, ma Harry si fida di lui. (Spera solo che non si perdano perché, ehi, Liam ucciderebbe entrambi.)

“Quando è stata la prima volta che hai visto il mare?” domanda Harry, poi, dal nulla.

Louis lo guarda negli occhi mentre risponde. Sorride. “Quattro anni fa, a diciotto anni. Ne sono rimasto innamorato dal primo istante” risponde subito, come se avesse avuto quelle parole sulla punta della lingua da sempre. “Capisci, Haz? C’era questa distesa di acqua immensa che accarezzava – feriva? – la spiaggia, con il vento che la colpiva senza sosta. E c’era questo signore, con stivali alti e una giacca da pescatore addosso, in piedi, un pennello tra le dita e un cavalletto davanti a sé. Una tela bianca sopra” racconta, tutto d’un fiato.

Harry si chiede se abbia mai confidato questo suo ricordo a qualcuno.

Probabilmente no.

Sorride.

“Completamente bianca” riprende, intanto, Louis. “L’uomo, il pittore, intingeva il pennello in una tazza, prima di portarlo sulla tela e lasciarci sopra dei sospiri leggeri – invisibili, totalmente invisibili. Sai perché?” la piega delle labbra diventa più complice, intima; Harry si sente in dovere di scuotere la testa, non lo sa. “Perché lui dipingeva il mare con il mare stesso, con l’acqua presa dalle onde.”

Harry sbatte appena le palpebre, cerca di immagazzinare quello che ha detto Louis. Si passa una mano tra i capelli ricci, il vento freddo della notte gli accarezza le guance, facendole arrossare leggermente. “E’ per questo che rimani qui” sussurra improvvisamente, come se fosse un segreto. Non ha idea del perché lo dica, poi. “Stai cercando un modo per dipingere il mare.”

Louis lo guarda in silenzio. Se rimane colpito dalla frase non lo dà a vedere.

Annuisce, comunque, prima di “meglio se ti riporti indietro, Haz. È tardi” concludere.

 

 

 

 

 

“Descrivere il mare.”

Harry potrebbe sfiorare l’infarto, se non fosse abituato alle improvvise entrate in scena di Louis. Perciò non si scompone nemmeno: resta seduto sulla spiaggia, i pantaloni arrotolati fino al ginocchio e i piedi nudi che vengono immersi nell’acqua (gelida, se vogliamo dirla tutta) ogni volta che un’onda particolarmente temeraria scivola sulla sabbia scura.

“Come?” si limita a ribattere, quindi, aspettando che il ragazzo si sieda accanto a sé.

Louis lo fa, ovviamente. Si sistema a gambe incrociate, i gomiti piantati sulle ginocchia, il volto girato da un lato per guardarlo negli occhi. Harry lo sta già guardando – ovviamente. “Io non cerco un modo per dipingere il mare; io cerco un modo per descriverlo” spiega, il tono pratico, forse un po’ orgoglioso.

Harry si mordicchia il labbro inferiore, come sovrappensiero. Resta zitto, sa che Louis vuole aggiungere qualcosa. Eppure è in silenzio anche lui, così prende coraggio e schiude le labbra. “Tenti ogni giorno” mormora, quasi avesse paura di essere sentito. “Mentre lo guardi, lo attraversi in barca. Cerchi di descriverlo con le parole, probabilmente insegui anche il suono al tuo pianoforte” accenna alla sua abitazione col mento.

Louis sorride di più, annuisce. Si alza in piedi. “Vieni.”

Harry va. Ovviamente.

 

 

 

“Allora, che ne pensi?”

Harry continua a rimanere in silenzio, gli occhi enormi che passano da un particolare all’altro della stanza, impaziente di rinchiudere nella mente ogni dettaglio, per non dimenticarlo mai. La stanza in questione – chiamata da Louis, poco prima, la Stanza della Musica – è piuttosto piccola, in realtà, riempita da un tappeto rosso e circolare, con l’aspetto morbido, dei quadri dall’aria instabile attaccati alle quattro pareti, una finestra chiusa da cui si vede il mare e un pianoforte lucido, nero, nel bel mezzo della camera. Ne cattura l’intera attenzione, con i raggi del sole che filtrano attraverso il vetro e colpiscono i tasti bianchi, curati; davanti ad esso c’è uno sgabello, su cui sembra possano stare comodamente due persone.

Louis lo sta osservando, in piedi accanto a lui, un sopracciglio alzato e un sorriso divertito sulle labbra sottili.

“E’ -- bellissimo” decide infine di rispondere, le dita che gesticolano senza un motivo apparente, mentre passa lo sguardo dal pianoforte a Louis e poi da Louis al pianoforte, la bocca socchiusa come sul punto di dire qualcosa, ma non riesce a tirare fuori nulla.

“Lo è, non è vero?” commenta il ragazzo, questa volta sorridendo affezionato, accarezzando piano la superficie liscia dello strumento. Si siede, poi, sullo sgabello, colpendo leggermente il posto vuoto accanto a sé, invitando Harry a fargli compagnia.

Harry si morde l’interno della guancia quando si siede a sua volta, nervoso, quasi si aspettasse di dover suonare qualcosa per far piacere a Louis.

“Apparteneva a mia madre” dice invece lui, il tono basso, come se gli stesse confidando un segreto. Tiene gli occhi puntati sui tasti bianchi, una gamba appoggiata a quella di Harry. “E’ lei che mi ha insegnato a suonarlo, quando ero bambino. Eleanor  non – non è mai stata particolarmente interessata?” scrolla il capo e accenna una risata; Harry sorride nel modo più confortevole possibile, posandogli una mano sulla schiena. Incomincia a tracciare dei cerchi invisibili con la punta dell’indice, Louis sembra rilassarsi sotto quel gesto. “Adoravo stare in braccio a lei -- a mia madre, mentre dava vita alle note malinconiche del Chiaro di luna e di composizioni inventate da lei stessa” si ferma, alza una spalla.

“Suonami qualcosa” mormora Harry, guardando la linea dura della sua mascella, l’accenno di barba che gli accarezza le guance. Non alza gli occhi nei suoi, neanche quando Louis gli rivolge un’occhiata gentile; preme l’indice su un tasto – l’attenzione di Harry si sposta sul movimento – e un suono dolce, prolungato, si diffonde nella stanza.

Le punte delle sue dita sembrano quasi sfiorare i tasti, accarezzarli, come se avessero paura di far loro del male; le note sono dolci, lente, gli occhi del ragazzo sono chiusi, un sorriso accennato gli distende le labbra.

Harry lo guarda in volto, rapito, i raggi del sole che glielo illuminano per metà, lanciando delle ombre scure sull’altra; Louis apre gli occhi di colpo ed Harry non fa in tempo a distogliere lo sguardo.

“Uhm, ho qualcosa in faccia?” ribatte il più grande, il tono sorpreso e la fronte aggrottata, senza smettere di suonare. Harry scuote la testa e abbassa lo sguardo, sorridendo timidamente, ma lo rialza subito quando si accorge che Louis si è fermato. Trattiene il fiato quando una sua mano prende la propria, facendola rimanere sospesa sui tasti.

“Prova tu, ora, mh?” sorride, facendosi più vicino, aprendo il palmo per coprire il suo dorso e spingere piano un dito contro un tasto. “Do, re, mi, fa…” inizia a sussurrare, spostando i suoi polpastrelli su ogni nota, ma Harry già non lo segue più – preferisce osservare i suoi occhi, più scuri in penombra, la ruga di concentrazione in mezzo alla fronte, i capelli castani sulle tempie, il suo tocco leggero.

“Mi stai ascoltando, ragazzino?”

Harry sussulta visibilmente, arrossendo sulle guance. Il sorriso di Louis è a metà tra il divertito e l’intenerito.

“Uh? Certo! Do – re – mi – fa?” tenta, ripetendo le ultime cose che ha sentito. Louis ride, facendolo diventare ancora più rosso.

“Se la mia lezione ti fa perdere la concentrazione, posso insegnarti altro” riprende poi; Harry inarca entrambe le sopracciglia, non capendo il ghigno che si è formato sulla sua bocca.

“Che intendi con --” sta per chiedere, ma la mano di Louis vola sulla sua coscia e gli blocca le parole in gola. Sgrana gli occhi, guardando il ragazzo che gli scosta una ciocca di riccioli dalla guancia bollente, lasciando le dita attorcigliate ai suoi capelli, dietro la nuca. Il naso di Louis sfiora il proprio e, sul serio, da quando è così vicino? Da quando un incendio si è trasferito nel suo stomaco, facendolo sentire incandescente ovunque?

Le labbra fredde di Louis, poi, si posano sulle proprie, lasciandolo ancora più confuso – ma non è così male, anzi. È come precipitare in una buca infinita, con il mondo che ti sfreccia accanto e tu non riesci a guardarlo, perché la velocità con cui cadi è troppo per te. Dopo di che, Louis chiude le palpebre e prende il suo labbro inferiore tra i denti, senza mordere, passandoci semplicemente la punta della lingua contro, ed Harry smette di pensare.

Non ha idea di quanto tempo – secondi? Giorni? – sia passato quando Louis si allontana, lasciandolo a respirare affannosamente. Non si era nemmeno accorto di star trattenendo il respiro.

“Cosa pensi di me, ora?” chiede Louis, il tono urgente, il volto improvvisamente più serio e meno sicuro di sé.

“Quello che ho sempre pensato” ribatte Harry, sporgendosi per lasciargli un bacio impacciato sulle labbra socchiuse.

I lineamenti del ragazzo si distendo e gli passa un braccio intorno alle spalle, stringendoselo al petto. “E cosa hai sempre pensato?” mormora contro la sua fronte, lasciandogli un bacio tra i capelli.

“Che sei un pessimo insegnante!”

Louis spalanca la bocca, offeso, colpendogli piano un fianco. “Come ti permetti, Styles?”

Harry ride, troppo occupato a scappare dal solletico di Louis per ricordarsi di ciò che gli aveva detto Eleanor, giorni prima.

“Intendo solo che ha delle abitudini che non tutti reputano corrette. Non dargli troppa corda, d’accordo? Potresti pentirtene.”

Potresti pentirtene.

 

 

 

 

 

“Non ti credo.”

Harry rotea gli occhi, esasperato e divertito. Ruba la sigaretta di Louis per fargli dispetto, se la infila tra le labbra e incrocia le braccia dietro la testa. “E’ la verità” ribatte ancora e gli sembra di averlo detto così tante volte che le parole iniziano a perdere il loro significato.

Louis borbotta un “tsk” tra i denti, riprendendosi la sigaretta. Ha la schiena appoggiata all’amaca in cui è sdraiato il minore, con la testa sul suo grembo. Lo guarda al contrario, inumidendosi le labbra secche prima di riprendere a parlare. “C’è sicuramente qualcosa tra Mike e Luke. È fottutamente palese.”

“Sono solo amici, Lou, si vede!” ripete, convinto, scuotendo la testa e facendo muovere i ricci in una danza strana, ubriaca.

“E’ qui che ti sbagli! Non devi semplicemente vedere, devi sentire” esclama, mettendosi seduto sulle ginocchia per arrivare più vicino a lui. “Ad esempio – se qualcuno ci vedesse ora, potrebbe pensare che siamo amici, giusto?” gli accarezza il dorso di una mano, seguendo il percorso delle dita lunghe. “Ma se fosse abbastanza sveglio, questo qualcuno, riuscirebbe a sentire che tra noi c’è altro.”
Harry si morde un labbro, distoglie lo sguardo e avverte lo stomaco stretto in una morsa. “Non dire sciocchezze. Non siamo tutti come te, Louis.”

Se Harry l’avesse guardato in volto, avrebbe visto qualcosa spezzarsi dietro i suoi occhi. “Che diavolo – che stai dicendo?”

Harry ritira la mano dalla sua, fissa una sporgenza nella roccia con interesse. “Intendo, okay, negli ultimi giorni ci siamo baciati spesso, ma non sono ovviamente gay” afferma, sicuro. Ha visto i film che hanno mostrato loro all’orfanotrofio, grazie mille. Sa che essere omosessuali è sbagliato, sa che il Signore non lo permette, che non avrebbe una vita semplice.

Sa anche che sente l’amore tra Zayn e Liam, ma è una loro scelta. Non la propria.

“Vattene.”

Si gira di scatto verso Louis, sgranando gli occhi. Quelli del ragazzo sembrano racchiudere il mare in tempesta; la sigaretta è caduta sulla pietra, ormai spenta, i pugni chiusi stanno tremando.

“Cosa?” sussurra Harry, incredulo, interdetto.

“Va’ via” sibila Louis, trafiggendolo con quei occhi blu. La luce delle candele crea delle ombre stanche, tristi, ferite, nel suo sguardo.

Harry fa come gli dice.

 

 

 

 

La partenza è arrivata, alla fine, e si sta tirandosi dietro uno stanco Ed Sheeran, accaldato per colpa del sole delle ultime giornate di Agosto, alla guida del solito pick-up malandato, la vernice verde scrostata.

Harry preferisce fissare i graffi della vettura, le sue ammaccature, piuttosto di voltare la testa e incontrare gli occhi di Louis. Non vuole vederlo più, si sente così fragile che potrebbe cadere tra la sabbia per colpa di un solo sguardo.

“Grazie per averci accolto così gentilmente a casa vostra.”

Stralci di conversazione gli colpiscono le guance, forse lo fanno sanguinare un po’ – o forse è il proprio cuore quello che sta sanguinando, non ne è sicuro.

Tiene gli occhi bassi, le parole delle persone attorno a lui gli si affollano nella mente; abbracci veloci, saluti affrettati, sbrighiamoci che è tardi!, è stato un piacere conoscervi.

Qualcuno gli stringe il braccio, Harry alza lo sguardo di scatto e incontra quello dolce – preoccupato? – di Liam. “Potete venire a trovarci quando volete” puntualizza l’uomo, prima di infilare le dita tra i capelli del ragazzo, spettinandoli scherzosamente. “Vi aspettiamo a braccia aperte!” e lo stringe a sé, come per sottolineare il concetto.

Harry ricambia l’abbraccio, gli sorride, mormora qualche “grazie”, lascia un bacio sulla guancia liscia di Louise e stringe la mano a Tom, batte il cinque a Zayn, saluta con una mano le ragazze e poi si siede accanto a Niall, in macchina, stipati sul sedile davanti. Louis sta già andando via, verso le rocce, le mani nelle tasche del giubbotto e la testa bassa. Tira un po’ di vento, fa crescere le onde, sgombra il cielo dalle nuvole – è dello stesso colore dei suoi occhi, ora girati a guardare loro, a guardare Harry.

Ed mette in moto, Niall sta dicendo qualcosa, Harry è troppo occupato a guardare Louis per curarsene. Sporge il capo fuori dal finestrino, non lo perde di vista mentre si allontanano.

Pensami urlano gli occhi tristi di Louis, silenziosamente, bagnati come il mare.

Sempre sibilano quelli di Harry, il suono straziante che viaggia insieme al vento.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Harry rimane a pensare ai suoi grandi occhi tristi per mesi. Il ricordo è sempre in agguato dietro l’angolo, nascosto sotto le palpebre chiuse, pronto a sostituire i suoi usuali incubi con l’immagine di un ragazzo – un po’ bassino, se vogliamo dirla tutta – con i capelli bagnati di mare, un sorriso a mezzaluna sulle labbra che diventa subito risata, sguardo allegro che si trasforma in serio, triste.

Inutile dire che il cambiamento di Harry è radicale: si perde a guardare fuori dalle vetrate, ignorando le persone attorno a sé, si passa la lingua tra le labbra come per cercare chissà quale sapore, smette persino di fumare per paura di strapparselo via senza volerlo – nonostante le dita pizzicano per la mancanza di una sigaretta tra esse. Impossibile non preoccuparsi, perfino Padre Gregory ha cercato di informarsi a riguardo; impossibile anche sapere il motivo di questo cambiamento, per tutti tranne che per Niall.

“Ti manca Louis, non è vero?”

Harry cerca di continuare a respirare quando sente il suo nome. Tiene le braccia incrociate, quasi spinte a forza contro al petto, come per nascondere il cuore stretto nei fili neri della nostalgia. Non guarda in faccia il migliore amico, il suo sussurro (è notte fonda, tutti dormono) che si perde nel silenzio della stanza.

“Non c’è nulla di sbagliato” aggiunge Niall, sempre piano, dolcemente, sgusciando fuori dalle lenzuola per entrare in quelle dell’altro, come faceva lui le prime notte in cui Niall è stato lì, tremante nel buio spaventoso.

“Nel sentire la sua mancanza?” replica Harry, mormorando, sciogliendo la presa delle braccia per aprirle e accogliere al loro interno il biondino.

“Nell’amarlo.”

Niall si accoccola al suo petto, Harry fa fatica a respirare un’altra volta.

 

 

 

“Non ce la facciamo a vederlo così” si lamenta Calum, arricciando il labbro inferiore in un broncio pronunciato. Michael si lascia sfuggire un sorriso divertito, passando un braccio attorno alle sue spalle, ma poi torna serio e annuisce con convinzione.

“Dobbiamo capire quale sia il problema” dà manforte Ashton, le dita intrecciate sotto al mento, seduto a gambe incrociate sulla sedia.

Luke, una guancia appoggiata stancamente sul braccio steso sopra al tavolo sparecchiato, “stava male anche gli ultimi giorni lì, giusto?” si accerta.

“Ma per tutto il resto del tempo è stato anche meglio del solito” ribatte prontamente Ashton, la fronte aggrottata, come se non riuscisse a capire un proprio pensiero. “Soprattutto quando c’era Louis… Sembrava splendesse.”

Gli altri sono d’accordo, è impossibile non esserlo. Calum si morde piano le labbra carnose, le inumidisce prima di parlare. “Tra qualche settimana è il suo compleanno, no?”

Ancora una volta tre teste annuiscono, anche se solo una con convinzione. “Avrà diciotto anni!” esclama Michael, il sorriso che gli illumina il volto. “Potrà andarsene da questo posto!”

“E noi sappiamo perfettamente dove potrà andare, non è vero?” Luke ricambia il sorriso furbo che si sta formando sul volto di ognuno, batte una mano chiusa a pugno contro quella di Ashton.

Suor Mary li caccia subito dopo, roteando gli occhi nel trovarli in mensa quando l’ora del pranzo è passata da tempo, ma sono troppo occupati a bisbigliare tra loro per darle molto peso.

“Chi parla con Sheeran?”

 

 

 

 

Non è così sicuro di sapere come sia finito in quel vecchio pick-up sgangherato, comunque.

Un secondo prima c’è il sorriso strano di Niall, come se gli stesse chiedendo scusa per non averlo avvertito di qualcosa, poi ci sono quelli furbi e scaltri degli altri quattro australiani e poi quello quasi sconsolato di Sheeran, divertito, forse un po’ intenerito.

“Non ci voglio andare” ha esclamato subito Harry, la voce infantile, gli occhi sbarrati e il cuore che batte forte. “Non ci posso andare” si è corretto poi, ripensandoci. Come può spiegare a Louis che aveva solo paura? Come può sopportare il suo sguardo deluso, i battiti che gli finiscono in gola e rischiano di soffocarlo?

I ragazzi non hanno sentito ragioni, ovviamente. Sono ancora minorenni, non sono riusciti a strappare il permesso di andare via anche loro (ma loro solo per una giornata – i bagagli di Harry sono già stati stipati nei sedili posteriori), così sono rimasti a fissare la macchina andare via, sotto gli occhi umidi di Suor Mary e quelli brillanti di Padre Gregory.

“E’ una pazzia” continua a lamentarsi Harry, fa quasi (quasi?) fatica a respirare; probabilmente i suoi polmoni si sono dimenticati come si fa. “Non mi vorrà più vedere.”

“Ragazzino,” ribatte Sheeran, allegro come al solito, girandosi un attimo a guardarlo con un sopracciglio alzato, “non ho la minima idea di chi tu stia parlando”.

Il ragazzo sbuffa una risata nervosa, l’autista sorride di nuovo. Passano qualche minuto immersi nel silenzio, il vento freddo che sferza i finestrini e spazza via le nuvole, il cielo così opaco che sembra vuoto. Non è più rimasto nulla di quell’estate, ora che sono a febbraio.

“E se Louis mi ha dimenticato?”

Ed tamburella le dita sul volante; Calum deve avergli accennato di un certo Louis, quando gli ha chiesto – supplicato sarebbe la parola corretta – di portare Harry a Remarkable Rocks, ma non ha esattamente capito il rapporto tra quei due.

“Ti ha amato, questo tizio?”

Harry arrossisce, mantiene gli occhi sul finestrino appannato. L’altro si inumidisce le labbra, capisce che non gli risponderà.

“D’accordo, allora rispondi a questo” cambia tattica, raddrizza la schiena e “avete mai dormito nello stesso letto?”

Harry non può fare a meno di sorridere, ripensando a quando Louis si infilava di nascosto nel proprio letto, di notte, per qualche ora, e rimanevano per un po’ a baciarsi, prima che il sole spuntasse fuori da dietro le tende e Louis se ne andasse in fretta, così che nessuno potesse vederlo.

“E i tuoi amici, Niall e gli altri, ti hanno mai trattato come ti trattava lui?”

Harry, ora, scuote leggermente il capo. Nessuno lo aveva mai trattato in quel modo, può starne certo – non sa neanche se riesce a definirlo quel modo.

“Beh, in effetti ho visto come faceva finta di non guardarti, il ragazzo con gli occhi azzurri, prima di andare via da lì” aggiunge l’uomo, il tono sicuro. “Si sforzava di non sfiorarti nemmeno per sbaglio con il suo sguardo, e invece finiva su di te ogni volta. Sicuro che sia una pazzia?”

 

 

 

Prende un respiro profondo.

Le onde del mare sono alte, il rumore sfida quello del vento nel sentirsi di più, la sabbia si solleva un po’ ed Harry socchiude gli occhi per paura che gli finisca dentro.

Tiene una mano poggiata sulla portiera del pick-up, come se avesse paura di lasciarla; lo sguardo di Zayn, non poi così severo come lo ricordava, lo segue con fermezza mentre fa un paio di passi in avanti.

Zayn è in piedi davanti alla porta di casa, probabilmente Liam lo ha raggiunto. È di schiena ora, Harry, e non può staccare gli occhi da quello che ha davanti.

Da chi ha davanti.

Si chiede distrattamente chi potrebbe essere stato a chiamarli, Zayn e Liam. Se è stato Luke e la sua voce timida avesse tremato un po’ al telefono, se invece è stato Ashton con la sua voce squillante di sempre, se Michael stesse tenendo le dita incrociate, se Niall stesse giocherellando con le proprie, di dita, se Calum avesse tenuto un braccio attorno alle sue spalle per tutto il tempo.

Preferirebbe pensare a qualunque cosa, invece di pensare a quello che ha fatto a Louis. A quello che farà. Perché, davvero, non ne ha idea.

Louis non lo guarda: è quasi rassicurante. Tiene gli occhi fissi sul mare.

Harry si siede vicino a lui, sulla spiaggia, le punte delle scarpe che rischiano di essere toccate dall’acqua.

Louis dà segno di essersi accorto di lui solo dopo una manciata di minuti, girandosi a guardarlo. Ha un sottile strato di barba sulle guance e sul mento, gli occhi stanchi, i capelli spettinati dal vento; forse non è mai stato così bello.

Harry vorrebbe dirgli un miliardo di cose. Le frasi si affollano nella sua testa, fanno a gara per venire fuori, si spintonano; non dice nulla.

“Ti aspettavo” mormora Louis. Harry fa fatica a sentirlo, per colpa del rumore delle onde e del vento e del proprio cuore.

Lo ha sul serio aspettato tutto quel tempo?

“Sono tornato.”

Louis gli rivolge un piccolo sorriso, come per invitarlo a continuare.

“Oggi compio diciotto anni” inizia Harry, prende un respiro profondo. “E mi hanno sbattuto fuori dall’orfanotrofio. Letteralmente. E mi hanno messo sulla macchina di Sheeran – di Ed. E mi sono ritrovato qui. E, non per sottolineare l’ovvio, ma sono uno stupido. E penso che non avrei mai dovuto muovermi da qui, da te. Penso che non siamo amici, perché gli amici dormono in letti diversi e non mi trattano come fai tu e penso che anche le ultime cose che ho detto possono sembrare stupide.”

Il sorriso di Louis si è allargato, intanto. “Non sono stupide” afferma, i battiti furiosi o felici o impazziti che gli rimbombano nel cuore. “Sembrano quasi una canzone.”

Harry ride, si alza in piedi. “Quasi” concorda, gli porge una mano. Sorride. “Facciamo una corsa, ti va? Se corro più veloce io, devi darmi un bacio.”

Louis afferra la sua mano, torna in piedi anche lui. Passa un braccio attorno ai suoi fianchi, lo stringe a sé: lo ha aspettato.

“Posso dartelo subito?”

 

 

 

 

 

I'm thinking about how people fall in love in mysterious ways,

maybe just the touch of a hand. Oh, me I fall in love with you

every single day and I just wanna tell you I am.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Woah, ho finalmente (!!!) finito di scrivere questa maledett-- questa storia. Che era in cantiere da mesi. Che parto.

Passiamo alle cose serie, i tre riferimenti:

° “Scommetto un bacio che ti batto” – preso dal meraviglioso (non per obbligare nessuno ma leggetelo immediatamente se non l’avete ancora fatto) libro “Storia di una ladra di libri”.

° La scena dell’uomo che dipinge il mare, preso cortesemente dal – anche questo meraviglioso – libro di Baricco, “Oceano mare”.

° La canzone di Sheeran, Friends, durante il discorso sul pick-up, che spero abbiate colto da soli. xxx

 

E, beh, spero che a qualcuno sia piaciuta questa cosa luuuunghissima.

Ciao Val!

 

  
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