Painting the blue, beautiful hues,
Colored with gold and old rose.
Playing the clown,
Trying to drown all of my woes;
Though things may not look bright,
They all turn out alright
If I keep painting the clouds with
sunshine.
Dedicata – per
forza! – a L.
È
il 1970. John
Fogerty
ha
scritto “Who’ll stop the rain”, Jim
Morrison non sa ancora che morirà a Parigi
il prossimo anno, la fine della Guerra in Vietnam è
un’illusione e
nell’orfanotrofio St Roderick’s, da qualche parte
in Australia, Harry Styles –
tra i diciassette e i diciotto anni – si sveglia di colpo.
Sta tremando,
gli occhi verdi spalancati e il riflesso di uno
scontro che non ha mai visto racchiuso al loro interno. Nessuno gli ha mai
spiegato dove fosse lui,
mentre i suoi genitori morivano in un incidente stradale.
Saperlo non
gli cambia nulla, comunque. Quindi non fa domande.
“Harry?”
Sta ancora
tremando un po’ quando si gira su un fianco, bofonchiando un
“cosa?”
strascicato.
Niall Horan,
quattordici
anni compiuti questo settembre, famiglia irlandese e risata fastidiosa,
lo
fissa nel buio con le sopracciglia bionde alzate.
“Sei
sveglio?”
Niall Horan,
nel pieno dei suoi quattordici anni, non deve essere particolarmente
intelligente,
per cui “no, ho questa capacità di parlare mentre
dormo” sibila l’amico.
“Oh”
acconsente Niall, si siede sul suo letto. Annuisce. “Altro
incubo?”
Harry,
sinceramente, non capisce perché debbano parlare alle tre
del mattino. Sussurrando,
ovviamente, per non svegliare gli altri ragazzi del dormitorio.
Sbuffa, ma si
mette seduto a sua volta. Annuisce – si rifiuta di fare lo
sforzo di mettere
altre parole in fila per formare una frase, grazie
mille –, sfila da sotto il cuscino una sigaretta e
un accendino e ignora il
fatto che potrebbe benissimo appiccare un incendio per sbaglio.
“Non
capisco
come tu possa sognare un incidente che non hai mai visto.”
Harry accende
la sigaretta, se la infila tra le labbra piene. Scrolla una spalla.
“Insomma,
è
impossibile, no? Ti svegli ogni notte per questo incubo e -- ”
“Dormi
bene,
Nì.”
L’irlandese
fa
per replicare, ma Harry gli scocca un’occhiata poco
rassicurante mentre inizia
a fumare, facendo cadere la cenere sul pavimento.
Niall brontola
qualcosa col suo accento strano, Harry fuma in silenzio una sigaretta
di quelle
che ha rubato a Padre Gregory – che prima di diventare prete
si chiamava
qualcosa come Nicholas Grimshaw.
Harry Styles
non ha un animo tendenzialmente acido, se nessuno parla dei suoi incubi.
Da Niall
Horan, il ragazzino che dorme accanto a lui ogni notte, viene descritto
come
una persona solare e sorridente; aiuta Mary, la cuoca anziana che serve
la
colazione, a mettere in ordine la spesa se ha bisogno di una mano; Luke
Hemmings, il biondino dall’aria apatica, può
tranquillamente affermare che gli
dà gentilmente una sigaretta quando gliela chiede prima di
andare a letto.
Il fatto
è che
è intrattabile di prima mattina: risponde con grugniti a
tutti, sputa un paio
di parole alle suore che gli rivolgono la parola e si sforza di
borbottare
qualcosa a Niall se necessario – beh, è pur sempre
il suo migliore amico. È
probabilmente per questo se, quando Padre Gregory convoca lui,
l’irlandese e
altri quattro ragazzi – tra cui Hemmings – nel suo
ufficio, si limita ad alzare
un sopracciglio e smettere di fare colazione, seguendo i compagni con
passi
strascicati.
“Come
tutti
sapete” inizia l’uomo, con i capelli brizzolati e
una curiosa faccia allungata
quasi grottescamente – Harry non l’ha mai chiamato faccia da cavallo, no di certo. Forse.
Una volta. O di più. Nessuno
può provarlo, comunque. (Tranne Niall, ma Harry si fida di
lui.) –, rivolgendo
ai ragazzi un sorriso cortese. “La gentile Lady Swift ha
donato una cospicua
somma di denaro al nostro caro orfanotrofio, permettendoci di svolgere
i
compiti essenziali...” Harry e Niall si chiedono mentalmente
se abbiano
aggiustato il soffitto del loro dormitorio, visto che si trovano sempre
il
pavimento bagnato quando piove. “… E di far
svagare un po’ voi giovani.”
Luke, il
biondino, aggrotta la fronte. Niall, l’altro biondino,
sprizza curiosità tra
tutti i pori. Harry ha la sua solita aria disinteressata delle otto e
mezza.
Gli altri tre si limitano a sbadigliare.
“Quindi”
riprende Gregory, senza farsi scoraggiare dell’espressione
vuote degli
adolescenti – escluso Niall. “Ho pensato di
mandarvi a gruppi sulle
meravigliose spiagge di Remarkable Rocks e il primo gruppo
sarà quello dei più anziani. Voi!”
Harry
inarca le
sopracciglia, piacevolmente colpito. Un po’ di sole, sabbia e
mare non ha mai
fatto male a nessuno, giusto? Non vede l’ora di andarsene,
anche solo per un
misero mese, da quel posto triste e rigido.
Partono
il giorno dopo, di
mattina presto. Harry fa uno strappo alla sua regola del cattivo umore
mattutino, lasciandosi coinvolgere dall’entusiasmo degli
altri ragazzi: Calum è
un diciassettenne dalla pelle misteriosamente più scura del
normale e un
sorriso malizioso costantemente dipinto sulle labbra carnose;
occhiolini
veloci, risposta pronta, si vanta di essere il migliore amico di
Ashton, il
sedicenne che è stato trovato in fasce davanti alle porte
dell’orfanotrofio. I
due guardano riviste con donne mezze nude nascosti nei sedili
posteriori del
pick-up – Harry non vuole davvero sapere
dove le abbiano trovate – mentre, di fianco a loro,
Luke-quello-apatico e
Michael-quello-allegro (rispettivamente sedici e quindici anni)
confabulano a
bassa voce, scambiandosi battute complici. Harry nota sorridere Luke
solo in
sua compagnia.
Tornando
ai posti sul
vecchio pick-up di Sheeran, il giardiniere: Niall e Harry si dividono
il sedile
davanti, accanto al guidatore, mandando al diavolo le regole della
sicurezza
stradale. Il viaggio consiste in ore di lande desolate e cespugli
scheletrici,
quindi. Harry dubita che Sheeran – “chiamami Ed,
ragazzino, Sheeran mi fa
sentire vecchio” – si vada a schiantare contro un
mucchietto di polvere
carbonizzata.
“Tu
ci credi, nel vero
amore?”
Harry
si acciglia quando
Niall, mezzo addormentato sulla sua spalla, gli pone quella domanda
mormorata. Si
gratta distrattamente una tempia, cercando di evitare risposte
malinconiche;
fortunatamente Niall lo toglie dall’impiccio, visto che non
gli dà il tempo per
rispondere. “Io sì, quando guardo Luke e
Micky.”
Harry
deve sforzarsi per non
scoppiare a ridere. “Che dici, Nì? Sono due maschi!”
Ribatte divertito, mantenendo un tono basso per non attirare
l’attenzione – non
che gli altri siano interessati a lui, comunque. Ed-chiamami-Sheeran
è
concentrato al non perdersi per evitare una ramanzina da Gregory, Luke
e
Michael si stanno bisbigliando qualcosa, Ashton e Calum sono ancora
persi tra
reggicalze e capelli lunghi su carta.
“E
quindi?” Niall sembra
sinceramente interdetto.
Harry
rotea gli occhi,
incolpando quella mancanza di informazioni al fatto che Niall sia
all’orfanotrofio da solo un anno scarso. “Due
ragazzi non possono essere
innamorati, idiota. Dio non lo permette.”
Niall
fa una smorfia. “Chi
è Dio per imporci queste cose?”
Harry,
che non è mai stato
particolarmente religioso, non sa bene cosa rispondere.
Arrivano
alla spiaggia
verso le sei di sera, oltrepassano il cartello bianco con la scritta Remarkable Rocks e Sheeran esulta per
essere riuscito nell’impresa di portare quei sei ragazzini a
destinazione senza
intoppi – forse non era
proprio
sicuro di essere sulla strada giusta, a un certo punto, ma. Questo
nessuno è
tenuto a saperlo.
I
capelli di Harry vengono
scompigliati dal vento che profuma di salsedine appena mette piede
fuori dal
pick-up e un paio di riccioli gli coprono la visuale; se li porta
all’indietro
con un gesto distratto, troppo occupato a guardarsi intorno con le
labbra
schiuse. Padre Gregory non ha esagerato quando ha definito quelle
spiagge
meravigliose: la sabbia è leggera sotto i suoi piedi,
l’acqua sembra semplicemente
cristallina, gli scogli colpiti dalle onde brillano al sole e, pochi
passi da
dove sono ora, si vede un insieme di rocce di ogni forma e dimensione,
da
minuscole a enormi, buttate un po’ a caso vicino agli scogli.
“Benvenuti!”
Harry
sussulta nel sentire
una voce sconosciuta venire alle proprie spalle, si volta e incontra
gli occhi rilassati
di un uomo sulla trentina, i capelli corti e il timbro profondo.
“Tu devi
essere Ed, giusto?” Sta stringendo la mano al giardiniere, il
quale risponde
qualcosa che non si prende la briga di ascoltare; si volta verso Niall.
Il
ragazzo, un borsone a
tracolla e un sorriso enorme sul volto, alza i pollici verso di lui.
“Speriamo
che il cibo sia fantastico come il posto, amico!”
Harry
ride.
L’uomo
ha ventisette anni,
si chiama Liam Payne, le braccia di Harry fanno quasi male dopo
l’abbraccio che
gli ha dato – colpa di tutti quei muscoli, sicuro. Harry lo
invidia un po’ – e
vive insieme a un suo amico della stessa età, la pelle
mulatta e gli occhi
brillanti. “Zayn Malik” si presenta con un cenno
del capo.
Gregory,
prima di partire,
ha spiegato loro che Harry, Niall e Calum sarebbero stati nella casa di
Liam e Zayn,
mentre Ashton, Luke e Michael sono ospitati da una coppia di giovani
sposi, i Teasdale.
La casa Ziam – chiamata
in questo
modo dai due coinquilini – non è affatto male:
è sistemata direttamente sulla
spiaggia, a una ventina di passi dall’oceano, e si espande in
un solo piano; la
cucina è una stanza spaziosa, il bagno è pulito e
ci sono tre camere da letto:
una di Liam, una di Zayn e la terza va ai ragazzi.
Cenano
tutti insieme,
incluso Sheeran, sotto il porticato dei Teasdale, con
l’aggiunta di due
ragazze, Perrie e Jade, che abitano nella casetta accanto alla loro.
(Ashton e
Calum ne sembrano piuttosto interessati.)
“E’
un peccato che i
Tomlinson non si siano uniti a noi” dice Perrie ad alta voce,
ma rivolta
principalmente a Zayn, mentre mangiano il dolce preparato da Liam.
“Eleanor
si è presa una
brutta influenza” spiega l’amica, un broncio
adorabile sulle labbra. “E lo sai
che Louis non ha voglia di uscire quando la
sua dolce El sta male.”
Harry,
troppo occupato a
ridere insieme a Niall per una battuta detta da Michael, non ascolta
più la
conversazione.
Harry
e Niall dormono in
letti vicini – “ma cos’è, una
maledizione?” “Oh, sta’ zitto,
Styles!” – e Calum
si sistema in un letto posizionato davanti ai loro.
“Ragazzi”
li chiama
quest’ultimo, una volta messo con le gambe incrociate sul
proprio letto. È
mezzanotte inoltrata, Sheeran è ripartito da un pezzo, le
palpebre di Harry
sono terribilmente pesanti e Calum sembra sul punto di dare
l’annuncio più
importante di sempre. “Perrie mi ha sorriso.”
“Ringraziamo
il fatto che
non sia apatica come Luke?” propone ironicamente Harry, in
mutande, con una
sigaretta spenta in bocca. Sporge una mano stretta a pugno verso il
letto di
Niall e l’irlandese ci batte contro il proprio pugno, ridendo
sotto i baffi.
Calum
rotea gli occhi.
“Cosa vuoi che ne capisca un
inglese di
vero amore.”
È
il turno di Harry di
roteare gli occhi, ma ha troppo sonno per aggiungere altro.
“Sei
innamorato di
Perrie?” domanda invece Niall, interessato, in tutta la sua
ingenuità da quattordicenne
senza macchia.
“Sicuro,
Nì” afferma
Calum, tirando fuori una delle sue solite riviste a luci rosse.
“Perché non
vieni accanto a me a vedere le altre ragazze di cui sono
innamorato?”
Harry
soffoca una risata
contro la sigaretta mentre Niall lo raggiunge, pur non troppo sicuro.
È tentato
di difendere l’innocenza dell’amico, ma non sarebbe
divertente quanto vederlo
arrossire fino alla punta dell’ultimo capello giallo nel
notare le immagini che
gli mostra Calum.
Il
giorno dopo è il dodici
Luglio, Harry si sveglia stranamente di
buon umore e in cucina trovano lo smagliante sorriso di Liam ad
aspettarli.
“Buongiorno!”
esclama lui,
davanti alle espressioni ancora assonnate degli altri tre, facendo loro
un cenno
col capo per indicare il tavolo straripante di cibo dolce e salato.
“Il
cibo è più fantastico
del posto” commenta Niall pochi minuti dopo, sputacchiando un
muffin al
cioccolato sul piatto di Calum, che lo guarda con aria schifata.
Liam,
durante la
colazione, dà a loro tre semplici regole: mai
svegliare Zayn prima dell’una, mai bussare
alla casa dei Tomlinson e mai entrare
in acqua senza il suo permesso. “La corrente è
forte e pericolosa” spiega, una
ruga di preoccupazione che gli divide la fronte ampia. “E
voglio restituirvi a
Padre Gregory tutti interi.”
Quando
i ragazzi escono
dalla casa Ziam trovano i loro
compagni ad aspettarli davanti al mare. Non passano molto tempo
insieme, però:
finiscono per dividersi in fretta e Niall, conoscendo la voglia che ha
Harry di
rimanere per un po’ da solo coi propri pensieri, si unisce a
Michael alla
ricerca di conchiglie – Harry non si stupisce più
delle attività strane e non
troppo virili che svolge il ragazzo, davvero.
Sogghigna
divertito al
loro indirizzo, per poi staccarsi dal resto del gruppo e dirigersi
verso
quell’ammasso di rocce strane adocchiate il giorno prima. Si
arrampica su
quella più grossa, un sorriso di sfida addosso e la camicia
a quadri aperta che
fa intravedere il suo petto magro. Fa una smorfia leggera quando una
sporgenza
gli graffia la coscia nuda, visto che indossa solamente un paio di
pantaloni
corti, ma non ci pensa troppo.
È
arrivato finalmente
sulla cima della roccia, quando un “non è
pericoloso stare su pietre grandi il
triplo di te, piccoletto?” lo fa vacillare. Si gira di
scatto, colpito da
quella voce delicata, con uno strano timbro femminile impressa sopra.
Mentirebbe
se dicesse di
aver mai visto qualcosa di più bello in vita sua.
“So
cavarmela da solo,
grazie mille” replica comunque, leggermente offeso e
imbarazzato.
Il
ragazzo gli sorride, si
passa una mano tra i capelli bagnati, color sabbia. “Non lo
metto in dubbio. Ci
conosciamo?”
Harry
scrolla le spalle e non sta seguendo le
gocce d’acqua che
scivolano sul suo corpo abbronzato. Davvero. E non lo trova affatto sexy. (Non sa nemmeno dove abbia
sentito la parola “sexy”, in realtà.
È piuttosto sicuro che nella Bibbia non ci
sia scritto da nessuna parte.)
“Harry
Styles” si
presenta, mordicchiandosi il labbro inferiore – paragona
distrattamente gli
occhi azzurri dello sconosciuto con le acque trasparenti del mare
dietro di
loro – e sedendosi sulla roccia, le gambe a penzoloni.
“Orfano.”
“Oh,
tu sei uno dei
ragazzini che vengono dal St Roderick's!” esclama, battendosi
il palmo aperto
di una mano contro la fronte. Continua a guardarlo dal basso e dovrebbe
essere
lui quello in soggezione, non è vero? Allora
perché si sente Harry in quel
modo?
“E
tu saresti...?”
“Louis,
Louis Tomlinson”
fa un breve inchino e si toglie un cappello invisibile, la sceneggiata
suscita
una risatina da parte del ricciolo – e sembra mirato proprio
a quella, visto
che quando i loro occhi si incontrano di nuovo Louis ha un sorriso
soddisfatto
in volto.
“E’ un
peccato che i Tomlinson non si siano uniti a
noi.”
“Eleanor si
è presa una brutta influenza e lo sai
che Louis non ha voglia di uscire quando la sua dolce El sta
male.”
Harry
si chiede
mentalmente chi sia questa Eleanor, ma se la dimentica subito quando
nota Louis
arrampicarsi sulla roccia – come ha fatto lui stesso poco
prima, ma con molta
più agilità – fino a sedersi accanto a
lui. “E’ un piacere conoscerti, Harry
Styles” gli porge la mano in un gesto formale, rovinato dal
suo sorriso
amichevole e allegro.
“Lieto
di fare la tua
conoscenza, Louis Tomlinson” risponde a tono Harry,
stringendogli le dita
sottili.
Non
sta mentendo.
Louis
gli racconta
aneddoti divertenti sui suoi amici, Zayn e Liam, mentre rimangono
seduti l’uno
davanti all’altro, le gambe incrociate e sorrisi sulle
labbra. Inoltre, gli racconta
dei coniugi Teadsleale – con cui Harry ha scambiato due
parole la sera prima, a
cena – Louise e Tom, che sognano già di avere una
bambina; dice anche che di
solito Perrie e Jade si uniscono a loro, ogni estate, insieme ad altre
due
ragazze, ma che questa volta ci saranno soltanto loro.
A
un certo punto si
avvicina a Harry per sussurrare che Perrie ha una cotta per Zayn da
praticamente sempre, ma che il ragazzo non se n’è
mai accorto. “Secondo me fa
finta. Di non accorgersene, dico. È troppo intelligente per
non notarlo” gli
confida, una mano bollente posata sul ginocchio di Harry e un
sorrisetto
complice. Le guance di Harry diventano rosse per la vicinanza
improvvisa tra di
loro, ma dà la colpa al sole. (Si stupisce, comunque, che le
dita di Louis non
abbiano lasciato segni sulla sua pelle.)
Harry,
un po’ per ripagare
le parole dell’altro, gli racconta
dell’orfanotrofio: del fatto che vive lì da
quando ha sei anni, di Suor Mary e del suo sorriso gentile, delle
lezioni di
letteratura che lo interessano di più rispetto alle altre,
di conoscere Niall
solo da un anno, ma di considerarlo già il suo migliore
amico. Gli parla anche
di Calum, Ashton, Michael e Luke, che hanno lo strano sogno di imparare
a
suonare qualche strumento e formare un gruppo.
“Tu
non suoni nulla?” si
informa Louis, curioso, l’immancabile sorriso sulle labbra.
Harry si rende
conto che non l’ha mai perso, è sempre stato
lì, sulla sua bocca fine.
“Nah”
bofonchia Harry,
stringendosi nelle spalle. “Tu sì?”
“Eleanor
mi ha insegnato a
suonare il pianoforte” Louis si passa una mano tra i capelli,
quasi del tutto
asciugati grazie al sole. “Potrei farti sentire qualcosa, un
giorno.”
Harry
sorride e fa per
rispondere, ma una voce da donna che chiama il nome di Louis lo blocca.
Il
ragazzo si volta e il sorriso si espande, salta giù dalla
roccia senza curarsi
del fatto che potrebbe tranquillamente spezzarsi le gambe. Sta bene,
comunque,
visto che sorride ancora. “Quando si parla del
diavolo...” ridacchia
leggermente, facendo un segno di saluto a qualcuno con la mano aperta.
Harry
dovrebbe staccare gli occhi da lui e vedere a chi si riferisce, ma non
lo fa. “Uh,
ci vediamo, piccoletto!” esclama Louis, alzando il volto
verso di lui per
sorridergli, poi corre via.
Harry
sorride, una strana
tristezza che gli morde lo stomaco. Lo segue con lo sguardo e sussulta
nel
vederlo raggiungere di corsa le braccia aperte di una ragazza: i
capelli
lunghi, i tratti del viso delicato, le gambe magre e le braccia intorno
al
collo del ragazzo.
Deve
essere Eleanor, si
rende conto Harry, mordendosi il labbro inferiore. Eleanor
Tomlinson.
Non
ha visto nessuna fede
al dito di Louis, ma probabilmente la toglie per nuotare.
Non
è che a Harry dia
fastidio l’esistenza di Eleanor. Insomma, perché
dovrebbe? È una semplice
ragazza.
Non
è arrabbiato con lei.
Affatto.
“Perché
sei arrabbiato con
lei?”
Harry digrigna i denti, affondando la punta di un bastoncino sulla
sabbia
bagnata. “Non so di che diavolo parli” replica, ma
non distoglie gli occhi
dalla figura della ragazza. Sta apparecchiando la tavola per il pranzo
sotto il
portico dei Teadsleale, quindi mangeranno tutti insieme. Deve essere
una specie
di tradizione, quella di fare pranzo e cena insieme.
Harry
potrebbe sputarle in
faccia dell’acqua senza farlo a posta. Ops,
che sbadato.
“La
stai praticamente
uccidendo con gli occhi” lo informa Niall, seduto sulla
spiaggia accanto a lui.
Si appoggia alla sua spalla, sospira. “Che ti ha fatto?
Sembra simpatica.”
Harry
brontola qualcosa di
poco chiaro, mentre davanti a loro Perrie e Jade aiutano
l’amica a sistemare
bicchieri e posate. Niall sente distintamente un paio di insulti
buttati in
mezzo al borbottio e sorride divertito.
Liam
esce in quel momento
dalla casa Ziam e deve notare che
qualcosa non va, visto che viene dritto davanti ai due e si siede loro
di
fronte, un’aria comprensiva negli occhi nocciola. Harry
vorrebbe dirgli che
così non riesce a guardare male Eleanor, ma sta zitto.
“Che
succede, ragazzi?”
Niall leva le mani aperte in aria e si alza. “Io mi arrendo a
capirlo” borbotta
ironico, allontanandosi per raggiungere Luke e Michael –
è ancora arrabbiato
con Calum e afferma che finirà all’inferno per
guardare foto del genere, già.
Harry
lo segue con lo
sguardo, la mente altrove, e sussulta quando Liam lo richiama per
attirare la
sua attenzione. “Chi è che ti ha fatto
arrabbiare?”
Harry
si stringe nelle
spalle, torturandosi il labbro inferiore tra i denti piccoli. Lo
guarda,
sospira. “Posso chiederti una cosa?”
Liam
annuisce, felice di
poterlo aiutare.
“Eleanor
-- uhm. Eleanor
vive con Louis, giusto?”
Liam
annuisce una seconda
volta, leggermente perplesso.
“E
hanno lo stesso
cognome.”
“Sì.”
“Questo perché sono...” Harry non
è sicuro di saper dire sposati senza
far finta di vomitare, ma Liam viene in suo aiuto.
“Fratelli.”
Harry spalanca la bocca in un’espressione poco lusinghiera.
“Non
lo avevi capito? Sono
due gocce d’acqua!” ride Liam, sorpreso, per poi
scuotere la testa. “Vado ad
aiutare la ragazze, ci vediamo a pranzo.”
Harry
non dovrebbe essere
tanto felice nel venire a conoscenza di quella notizia, eppure
lo è.
Harry
finisce seduto
davanti a Louis, a pranzo.
Louis
lo saluta con un
occhiolino ed Harry spera vivamente di non essere arrossito.
Niall
è sorpreso dal
notare che l’amico non si unisce molto alla conversazione, ma
rimane più che
altro a guardare il ragazzo davanti a sé con uno sguardo
rapito. L’irlandese si
stringe nelle spalle e torna a seguire il racconto di Zayn, che parla
di qualcosa
riguardante un pesce enorme che ha pescato qualche settimana fa. (Zayn
sta
fissando Liam, Perrie ne sembra infastidita.)
Harry
nota Louis sdraiato
su uno scoglio, verso le cinque del pomeriggio. Lo raggiunge con passo
incerto,
ma il sorriso che Louis gli dedica quando nota il suo arrivo lo fa
sdraiare con
più sicurezza accanto a lui sullo scoglio piatto e liscio.
“Liam
ci ha detto di non
venire mai a bussare alla tua porta” lo informa dopo un
po’ il più piccolo, le
sopracciglia alzate. “Perché?”
Louis
ride, le braccia
incrociate dietro la testa e il volto rivolto al sole, le palpebre
abbassate
per non ferirsi con la luce. “Perché Payne non
capisce che a ventidue anni un
ragazzo ha bisogno di divertirsi” le sue labbra si piegano in
un sorriso
strano, forse malizioso. “E ha semplicemente paura che uno di
voi ragazzini potrebbe
rimanere scandalizzato nel vedermi insieme a qualcuno.”
Harry
è un po’ offeso per
essere considerato solo un ragazzino, ma è troppo curioso
per replicare.
“Intendi, insieme a una ragazza?”
Louis
apre un occhio, lo
guarda. Rimane un attimo in silenzio. “Certo, Haz.”
Harry
distoglie lo sguardo
e sorride per quel soprannome. Louis lo trova adorabile, con i riccioli
che
cadono sugli occhi timidi.
*
Il rumore del
sasso liscio che batte contro l’acqua spezza il silenzio
teso. Quattro
saltelli. Non male. Harry esulta, prende un nuovo sasso e, mentre lo
sta per
lanciare, Niall parla di nuovo.
“Mi
stai
ascoltando?”
Due saltelli.
Harry storce
il naso. “Mi hai fatto perdere la concentrazione.”
Niall lo
guarda male, ma nella penombra i suoi occhi offesi non hanno un grande
effetto.
“E
lascialo un
po’ in pace” lo difende Michael, spiccio come al
solito. Imita Harry e lancia
un sasso contro il mare, piegando appena i fianchi. Cinque saltelli.
“Chi
è il
migliore?” esclama, retorico, battendo un cinque a Luke.
Harry si limita a
sorridere divertito, Niall rotea gli occhi al cielo.
“A
volte mi
sembra di essere il meno infantile” bofonchia
l’irlandese, lasciandosi cadere
sulla sabbia con uno sbuffo.
Luke si
sistema vicino a lui, fa passare un braccio intorno alle sue spalle.
“Solo a
volte?” replica, indicando con un cenno del capo i due
ragazzi: Michael è
saltato in braccio a Harry e sostiene di dover fare il giro della
vittoria
sulle sue spalle, il riccio ride e lo accontenta.
Sono ormai
passati diversi giorni da quando sono arrivati – la
convivenza con le due
famiglie è tranquilla, Harry può affermare di
essere amico di Liam e di non
temere più le occhiate poco rassicuranti di Zayn. La maggior
parte delle
mattine, all’alba, il moro con la pelle scura prende la sua
barca e va al
largo, cercando di pescare più pesci possibili per la cena.
Spesso Louis va con
lui.
“Non
avevi
detto che c’erano tutte le luci spente?”
Harry viene
distratto dal discorso – insensato – di Michael,
sentendo la domanda di Niall.
Luke alza
confusamente il sopracciglio e tutti seguono lo sguardo
dell’irlandese, notando
che l’interno della terza casa sulla spiaggia sia illuminato.
“Prima
era
spenta” giura Luke, gli occhi spalancati. Non hanno il
permesso di stare fuori
dopo l’una di notte, lo sanno tutti.
“Cal e
Ash non
farebbero mai la spia” afferma Michael (deglutendo un fiotto
di saliva, ché in
fondo non ne è troppo sicuro).
“Quelli
staranno già dormendo” replica Harry a bassa voce,
facendo segno agli altri di
seguirlo in silenzio. I passi dei quattro sono leggeri sulla sabbia
fredda
mentre si avvicinano all’abitazione.
“Louis”
soffia
tra i denti Harry, riconoscendolo, una volta arrivato davanti alla
finestra. Si
sporge verso il vetro, attaccando la fronte contro di esso per
distinguere
qualcosa nella luce fioca: è la camera di letto, di questo
è certo. La stanza è
in disordine, una piccola lampada illumina delle carte buttate a terra,
il
lenzuolo del letto singolo è tirato così tanto
che quasi tocca il pavimento e
-- Louis.
“Che
sta
facendo?” mormora Niall, troppo spaventato dalla
possibilità di essere scoperto
per spiarlo come stanno facendo gli altri tre, l’uno
appiccicato all’altro.
Luke ha gli
occhi chiari spalancati, Michael la bocca aperta e Harry è
assolutamente
immobile.
“Allora?”
insiste Niall, curioso.
La schiena
abbronzata di Louis quasi risplende sotto la luce scarsa. Harry segue
con gli
occhi i muscoli tonici delle spalle, la schiena curvata sopra una
scrivania
mentre le dita cercano qualcosa, i fianchi asciutti e la curva morbida
del
sedere scoperto.
“Lui
--”
inizia Michael, l’unico che sembra avere della voce in gola.
“Lui è nudo.”
“Lui
cosa?!”
sibila Niall, le guance rosse come se fosse lui quello senza vestiti.
“Via da lì,
tutti voi!”
Harry gli fa
segno di tacere e torna a guardare, gli altri due non sembrano troppo
intenzionati ad andarsene; Niall borbotta qualcosa tra sé,
prende un sassolino
e lo lancia contro il muro della casa prima di scappare via.
Harry, Michael
e Luke fanno appena in tempo ad abbassarsi che Louis si volta verso la
finestra, sussultando per il rumore improvviso.
“Avevi
intenzione di farci scoprire?” sbotta Harry, una volta
tornato della camera che
divide con l’irlandese e Calum – il quale non
c’è. Sarà da qualche parte con
Ashton e, sinceramente, Harry ha altro a cui pensare in questo momento.
“E voi
avevate
intenzione di spiare un ragazzo nudo per tutta la notte?”
ribatte Niall, le
mani posate sui fianchi e le sopracciglia inarcate.
Le guance di
Harry avvampano. “Eravamo solo -- insomma -- sai --”
Niall sospira
e non risponde, infilandosi il pigiama in silenzio. “Lui
è un maschio, voi
siete maschi. Dio non vuole, me l’hai detto tu.
Giusto?” mormora, guardando
Harry negli occhi prima di mettersi a letto.
Harry
distoglie lo sguardo e la conversazione finisce lì.
*
“Ehi,
riccioli!”
Harry sorride
automaticamente nel sentire la sua voce.
“Quante
volte
dovrò ripeterti di chiamarmi con il mio nome?” gli
rivolge una finta occhiata
seccata, distogliendo lo sguardo dal mare e puntandolo negli occhi di
Louis.
Che è praticamente la stessa cosa, alla fine.
“Scusa,
Haz”
replica il ragazzo con un occhiolino, per poi sporgergli una mano.
Harry, da
dove è seduto su una roccia, la afferra senza pensarci due
volte.
La situazione
incomincia a diventare imbarazzante quando si accorge che Louis non
sembra
intenzionato a lasciare la sua mano.
“Mi
concedi
questo ballo?” chiede, invece, esibendosi in un inchino
accennato.
“Sei
impazzito?” replica Harry, sbattendo le palpebre come se
tutta quella
situazione sia solamente un sogno da cui vuole svegliarsi. Beh, non
è che
proprio vuole, ecco. Più che altro ha paura di ritrovarsi
nella sua camera,
insieme a due dormienti Niall e Calum, di colpo.
“Lo
prendo per
un sì” sogghigna Louis, posando la mano libera sul
suo fianco e spingendolo più
vicino al proprio corpo, facendo sfiorare i loro petti.
Harry manda
uno sguardo veloce alle abitazioni – in realtà,
loro due sono del tutto
nascosti agli occhi degli altri grazie alle rocce enormi, che li
coprono del
tutto. Sospira, le guance arrossate per la vicinanza. “Sei
impazzito” decide
infine, alzando gli occhi verso i suoi. “Non
c’è nemmeno la musica!”
Louis scuote
la testa con l’indignazione dipinta in viso. “Ma
come, non la senti?” parla a
bassa voce, il tono sorpreso, accompagnando le sue mani dietro il
proprio collo
e facendo passare le braccia intorno alla sua vita; i petti a contatto,
le labbra
attaccate al suo orecchio, il labbro inferiore che gli accarezza il
lobo. “Il mare
è la nostra orchestra.”
Harry si
mordicchia l’interno di una guancia, chiude gli occhi e
appoggia una tempia
contro la spalla di Louis, che comincia a muoversi lentamente,
trascinandolo
con sé: dondolano su loro stessi, seguendo il suono ritmico
delle onde che si
infrangono contro gli scogli e contro la spiaggia. La voce di Louis gli
sussurra qualcosa all’orecchio, Harry si concentra per
riuscire a distinguere
quelle parole e sorride appena si accorge che sta mormorando una
canzone; il
ritmo è dolce, cadenzato, sembra fatta a posta per essere
bisbigliata
all’orecchio di qualcuno, come se fosse un’antica
nenia.
Non stanno
propriamente ballando, è più che altro un
muoversi vicini cercando di andare a
tempo con la canzone sconosciuta e con il rumoreggiare del mare, ma
è il ballo
migliore di sempre.
“Hai
una bella
voce” commenta Harry a un certo punto, il tono basso.
“Leggera come spuma.”
Louis sorride
e non smette di cantare.
Hanno
‘ballato’
ancora per qualche minuto, prima di dividersi: Louis deve aiutare Liam
a pulire
del pesce e Harry lo guarda andare via con un sorriso, il labbro
inferiore
stretto tra i denti. (Il più grande rimanere girato a
salutarlo con il palmo
della mano aperta mentre cammina all’indietro, il riccio si
mette a ridere
quando rischia di cadere.)
Ormai solo,
Harry fa una passeggiata sulla sabbia, i piedi nudi accarezzati dalle
onde tranquille
del mare che si infrangono sulla riva, i calzoni arrotolati fino al
ginocchio
per non rischiare di bagnarli. Ha ancora nella mente la melodia
sussurrata da
Louis, quando una voce familiare lo fa sussultare.
“Ciao!”
Alza il volto
di scatto, preso a fissare il mare, per poi ricambiare il sorriso
gentile che
gli sta rivolgendo la ragazza.
“Tu
sei Harry,
vero? Non abbiamo mai avuto l’occasione di parlare da
soli.”
Lui si chiede
distrattamente perché avrebbe dovuto parlare da solo con
Eleanor, ma si limita
a stringersi nelle spalle.
“Però
ti vedo
spesso da solo con mio fratello.”
Harry spera di
non arrossire. “Lou è davvero molto
simpatico” borbotta infine, decidendosi a
dire qualcosa. Lei annuisce, senza smettere di sorridere.
“Oh,
sì. È
anche piuttosto, ecco… Sfacciato, a
volte.”
La ragazza
sembra imbarazzata, mentre si porta una ciocca di capelli nocciola
dietro un
orecchio. Continuano a camminare vicini, il rumore ritmico del mare
accanto a
loro e il vociare leggero che arriva dalle abitazioni sulla spiaggia.
La fronte
di Harry è aggrottata, riflette su quello che Eleanor ha
detto senza arrivare a
nessuna conclusione. “Cosa intendi?”
Lei sospira, gli
lancia un’occhiata da “non
vorrei essere
io a dirtelo, devi credermi”. I suoi occhi scuri e
dolci sono piuttosto
espressivi in questo momento. “Intendo solo che ha delle
abitudini che non
tutti reputano corrette. Non dargli troppa corda, d’accordo?
Potresti
pentirtene.”
Harry
è ancora
più perplesso, ora. Di che diavolo sta parlando?
“Non capisco.”
Eleanor
sorride, più tranquilla, posandogli una mano sulla spalla.
“Promettimi solo che
farai attenzione.”
Lui continua a
non capire, ma sembra che la ragazza tenga a questa promessa,
perciò annuisce.
“Prometto.”
*
È il
diciotto
Luglio e ormai è passata una settimana da quando hanno visto
le spiagge di Remarkable
Rocks la prima volta.
Harry
si stropiccia un
occhio, ancora troppo preso dal mondo dei sogni per aprire le palpebre.
Si
stiracchia, il lenzuolo leggero che gli accarezza il petto nudo nel
movimento
(ha scoperto che fa terribilmente caldo la notte e l’unico
modo per non
rischiare di finire carbonizzati è dormire in mutande) e il
verso di gabbiani in
lontananza.
Non
avverte nessun suono
più vicino, segno che o Niall e Calum stanno ancora
dormendo, o – più probabile
– si sono dimenticati di svegliarlo ed è rimasto
solo in quella casa.
Non
che gli dispiaccia
rimanere a letto fino a tardi.
“Buongiorno,
bell’addormentato.”
Spalanca
gli occhi di
colpo nel sentire quella voce, guardandosi freneticamente intorno
– e no,
qualcosa di sfugge. La stanza che divide con gli altri due è
diversa da quel
posto. Lì c’è una scrivania, delle
carte messe alla rinfusa ed è quasi
sicuramente certo che nel proprio letto non dovrebbe esserci una
seconda
persona. Non dovrebbe esserci Louis.
“Che
diavolo..?” balbetta,
interdetto, quando il proprio sguardo si scontra con quello blu del
ragazzo
sdraiato accanto a sé.
Lui
gli rivolge uno dei
suoi sorrisi caldi, mentre gli accarezza una guancia liscia con un paio
di
dita. “Svegliati, Harry.”
Harry alza un sopracciglio e fa per ribattere che è
piuttosto certo di essere
sveglio, quando si accorge che il corpo dell’altro
è nudo attaccato al
proprio. Fa fatica a respirare, la mano del
ragazzo che scende lungo la propria schiena, per poi accarezzargli la
zona di
pelle sul retro della coscia scoperta.
Ha
decisamente caldo ora e
non capisce come possa trovarsi in quella situazione, con le dita di
lui su di
sé e le sue labbra che si avvicinano e –
“Harry, mi hai sentito? Svegliati!”
Harry
spalanca gli occhi
di colpo (davvero, questa volta), trovandosi davanti quelli azzurri e
grandi di
Niall, l’espressione preoccupata sul volto
dell’irlandese
Si
mette seduto di scatto,
guardandosi intorno, scoprendo di essere nel solito letto accanto al
biondo e
davanti a Calum, il lenzuolo che gli arriva alla vita e il sudore che
si
accumula alle tempie, prima di scivolare lungo la schiena.
“Io...
Cosa…?” balbetta,
la gola secca e il respiro affaticato, mentre Niall sembra
improvvisamente più
tranquillo, seduto sul suo letto a gambe incrociate.
“Stavi
avendo l’incubo,
Haz. Eri tutto sudato e mormoravi qualcosa che non sono riuscito a
capire, ma sicuramente
stavi sognando l’incidente, quindi ho pensato di svegliarti.
Ho fatto bene?”
Niall
sta sorridendo e
Harry annuisce, ancora piuttosto stranito, cercando di levarsi da dosso
quell’assurda sensazione che prova e non riesce a riconoscere.
Non
è euforia, ma è un
brivido bollente e ghiacciato insieme, un formicolio sconosciuto al
basso
ventre – ora è seriamente preoccupato
per
quello che sente quando c’è Louis.
“Haz!”
Sussulta
visibilmente, seduto su una delle rocce enormi sulla spiaggia, le gambe
incrociate e una maglia senza maniche addosso. Abbassa gli occhi,
notando Louis
arrampicarsi sulla roccia per raggiungerlo, e arrossisce subito nel
ricordare
il sogno – sicuramente non era un incubo
–
di quella notte.
“Ehi,
Louis!”
Cerca di
apparire rilassato, ma qualcosa non deve convincere il ragazzo. Si fa
più
vicino, un’espressione preoccupata sul volto e una mano che
vola a posarsi sul
ginocchio del più piccolo. “Successo
qualcosa?”
Harry nega col
capo, velocemente, sforzandosi di non fissare quelle dita bollenti e di
non
pensare ad averle su di sé, lungo la schiena.
“E’ solo, ehm, una cosa che ho
sognato. Un incubo. A volte succede. Nulla di grave, davvero”
mente, cercando
di salvarsi, sentendosi un po’ in colpa per tirare in ballo
l’incidente che
l’ha reso orfano per un motivo simile.
“Oh,
piccolo”
sospira Louis, una smorfia triste sulle labbra sottili, prima di far
passare un
braccio intorno alla vita magra del ragazzo e tenerlo stretto a
sé, facendogli
appoggiare la fronte sul proprio petto. “Mi dispiace tanto.
Come stai ora?”
Harry
deglutisce, le labbra a contatto con la sua pelle abbronzata che
profuma di
salsedine, mentre non può fare a meno di posare una mano su
un suo fianco. Si
sforza di non lasciare che la propria voce tremi. “Ora
meglio” sussurra.
Cosa,
ovviamente,
vera.
*
I giorni
successivi trascorrono velocemente – tra le passeggiate
solitarie di Harry, la
risata di Louis, i sorrisi complici di Zayn e Liam, le cene e i pranzi
insieme
– e dopo un battito d’ali sono già
passate due settimane dal loro arrivo.
Harry cerca di
non pensare al fatto che un giorno in più vicino a Louis,
adesso, sarà un
giorno in più lontano da lui, una volta tornato
all’orfanotrofio.
“A
cosa pensi,
riccioli?”
Harry non
sobbalza neanche più quando sente la sua voce apparire dal
nulla.
“A
quanto sia
violento il mare oggi.”
La voce non
trema quando mente, ha imparato a farlo bene: spesso si estranea ad
immaginare
assurde situazioni in cui è coinvolto Louis e deve
mascherare nel miglior modo
possibile le proprie emozioni – cerca sempre di non pensare
al fatto che non dovrebbe avere un
tuffo al cuore
quando sente la sua risata, non dovrebbe
ritrovarsi in faccia un sorriso enorme appena lui viene nominato e non dovrebbe sognarlo così
spesso.
“Anche
lui è
arrabbiato, a volte.”
Harry si volta
verso di lui, seduto accanto a sé sulla roccia, gli occhi
persi a fissare il
mare agitato. Louis ha le gambe nude fino alle ginocchia, ma una giacca
nera
che gli copre il busto abbronzato; i capelli vengono spettinati dal
vento e ha
un sorriso leggero che gli piega le labbra.
“Perché?”
Louis non si
gira, ma Harry sapeva che non lo avrebbe fatto. Sembra perso in
un’altra
dimensione, come ogni volta che fissa in questo modo le onde
dell’oceano.
Intravede la punta della sua lingua che inumidisce il labbro superiore
e si
impone di ignorare la sensazione strana allo stomaco.
“Questa
è una
bella domanda, lo sai? Probabilmente ce l’ha con i pescatori
che rubano le sue
creature.”
Harry sorride
un po’ di più, abituato a sentire, da parte di
Louis, parlare del mare come se
fosse una persona. “Quindi è arrabbiato anche con
te e Zayn.”
Il ragazzo
più
grande ride e anche il vento sembra fermarsi per ascoltare la sua
risata. “Con
Zayn, forse. E, sinceramente, lo capirei” gli dedica un
veloce occhiolino, come
se condividessero un segreto, prima di tornare con lo sguardo dritto
davanti a
sé. “Ma io non ho mai preso un pesce da lui
– non senza permesso. Glielo chiedo
ogni volta.”
“Fammi
indovinare” sospira Harry, alzando un sopracciglio.
“Lui ti dà il permesso ogni
volta.”
Louis annuisce
subito, voltandosi verso di lui. “Ovviamente,
il mare mi ama quanto io amo lui.”
Harry schiude
le labbra, come se volesse chiedere “chi non ti ama,
Lou?”, ma si limita a
sorridere divertito.
Rimangono per
una manciata di secondi in silenzio, prima che Harry venga scosso da un
brivido
per il leggero freddo che si sta espandendo nell’aria
– è il primo giorno, da
quando sono arrivati, che il cielo è nuvoloso e
c’è tanto vento. Zayn afferma
che stia arrivando una tempesta – e Louis si affretta a
togliersi la giacca
nera, posandola sulle sue spalle nude. Harry protesta debolmente, non
troppo
contrario ad avere il suo odore addosso, ma Louis scuote la testa con
convinzione.
“Facciamo
una
corsa, ti va? Così ci riscaldiamo un poco” propone
poi Louis, saltando giù
dalla roccia. Harry annuisce e lo imita, ma facendo più
attenzione. (Non è
abituato come lo è l’altro, d’accordo.)
“Chi
arriva
fin laggiù vince, okay?” Louis indica un gruppo di
rocce più compatto, che lasciano
intravedere una nicchia al loro interno, come se ci fosse un passaggio
scavato
nella pietra. L’altro borbotta un “okay”
e piega appena un ginocchio per darsi
lo slancio, ma le parole di Louis lo immobilizzano sul posto.
“Scommetto
un bacio che ti batto.”
“Come?”
replica, incredulo, voltandosi verso di lui. Ha paura che sia stato
solo un
mormorio portato dal mare, forse da qualche sirena che si sta prendendo
gioco
di lui, prima di vedere il sorrisetto furbo di Louis.
“Se
corro più
veloce io” dice, infatti, senza interrompere il contatto
visivo, “devi darmi un
bacio”.
Harry sente
distintamente le guance scottargli. “Non ci penso
proprio!”
Louis ride di
nuovo, poi gli rivolge uno dei suoi soliti occhiolini veloci.
“Allora ti
conviene correre veloce, riccioli” lo avverte, per poi
partire.
Harry rimane
un attimo a bocca aperta, ma si riprende subito e inizia a correre il
più
veloce possibile – non può
baciare
Louis, non può baciare un uomo,
cosa
direbbero gli altri se lo venissero a sapere? – per
superarlo, ma il ragazzo è
più grande e ha i muscoli più allenati; Harry ha
solo diciassette anni, mentre
Louis ne ha cinque in più, perciò non
è propriamente una sorpresa il fatto che
Louis arrivi per primo.
Harry tocca la
roccia una manciata di secondi dopo, il respiro pesante e i piedi
stanchi,
mentre si lascia cadere sulla sabbia, la schiena contro la pietra, le
palpebre
che si abbassano e i polmoni che cercano di immagazzinare
più fiato possibile.
Sa che Louis sta sorridendo anche se non può vederlo.
“Ti ho
battuto, ragazzino.”
Harry sbuffa.
“Sei partito prima, non vale.”
Apre gli occhi
ed è praticamente sicuro che il volto dell’altro
non era così vicino al
proprio, prima. Arrossisce nel notarlo piegato sulle ginocchia, per
arrivare
alla sua altezza, il volto leggermente piegato da un lato e il suo
fiato sulla
propria bocca. “Dici che ho barato per avere un tuo
bacio?”
I battiti del
cuore di Harry sono così assordanti che ha paura possano
sovrastare il rumore
delle onde. Louis gli sorride, mentre posa le dita sul colletto della
giacca
nera, strofinandoci distrattamente i polpastrelli sopra, tirandolo
appena verso
di sé per fare in modo che le punte dei loro nasi si
sfiorino.
“Sì”
sussurra
infine Harry, le guance rosse e gli occhi spalancati.
Louis sembra
soddisfatto dalla risposta, tanto che si piega e tocca con le labbra il
lobo di
un suo orecchio. “E tu non vuoi baciarmi, riccioli?”
Harry fa per
rispondergli, ma un “Louis!” urlato passa sopra il
suono delle onde che battono
sulla spiaggia (e del cuore di Harry che batte contro il petto
dell’altro),
facendo sobbalzare entrambi.
“Louis,
devi
aiutarmi con la cena!”
Louis gli
rivolge un sorriso quasi imbarazzato, come se volesse scusarsi
dell’interruzione.
Fa scivolare le mani sui suoi fianchi e lo tira su, mentre si mette
anche lui
in piedi. “Il dovere mi chiama, riccioli” sospira
teatralmente, prima di
staccarsi da lui e salutarlo con la mano, correndo poi verso la voce di
Liam.
Harry lo
guarda andare via e si posa il palmo di una mano sulle labbra, come per
vietarle di volere il tocco del ragazzo su di esse.
Un’ora
scarsa
dopo sono tutti riuniti nel salotto di casa Teasdeale (fa troppo freddo
per
mangiare sotto il portico e “sta per piovere” li ha
avvertiti Zayn), seduti ad
un lungo tavolo che riempie praticamente tutta la stanza. Harry deve
trattenere
un sospiro di sollievo quando si accorge che davanti a sé si
siede Luke e non
Louis, come suo solito. (E’ troppo occupato a ridere ad una
sua battuta – Luke
che fa battute? L’aria di mare è diventata
miracolosa – per accorgersi
dell’aria imbronciata di Louis quando vede che quel posto
è già occupato.)
La cena inizia
come al solito, tra i racconti di Zayn sul mare e i sorrisi caldi di
Liam, le
tre ragazze che confabulano tra loro e Tom che lancia occhiate di
nascosto alla
moglie, pensando sempre la stessa frase: “oggi è
più bella di sempre”.
“Invidio
il
vostro rapporto, lo sai?” sta appunto dicendo Louis, rivolto
alla donna, mentre
le sorride gentilmente. “Io devo mettermi a correre lungo uno
spiaggia per
l’illusione di un bacio, mentre voi ve ne scambiate a
centinaia!”
La tavolata
rimane piuttosto perplessa dalla sua frase, mentre il respiro di Harry
viene
portato via e deve far ricorso a tutto l’autocontrollo che
possiede per
impedirsi di girarsi verso Louis con la bocca spalancata.
“Di
che bacio
stai parlando?” indaga Jade, curiosa, aggrottando le
sopracciglia scure.
Il ragazzo
scuote la testa, come per dire che non sia nulla di importante, ma
l’attenzione
di tutti non riesce a spostarsi da lui.
“Sapete
com’è
fatto, sarà una delle sue cazzate” ribatte infine
Zayn, un sorriso piegato a
forza sulle labbra sottili. Cerca lo sguardo di Liam, chiedendogli la
muta
conferma di qualcosa; l’altro sembra capire al volo e scuote
impercettibilmente
il capo, un movimento così invisibile che nessuno riesce a
scorgerlo.
“Io
non dico mai cazzate!”
esclama Louis, punto sul
vivo, guardando storto Zayn.
Il moro gli
rivolge un sorriso divertito, sembrando improvvisamente più
tranquillo. Gli
risponde a tono, ma Harry è troppo occupato a giocare con le
verdure nel piatto
per ascoltare la conversazione, pensando alle parole di Louis.
Scommetto un
bacio che ti batto.
Alza il capo,
sporge la schiena all’indietro e getta un’occhiata
oltre Liam, seduto accanto a
sé, trovando gli occhi di Louis subito pronti a guardarlo.
Il ragazzo gli
sorride e Harry distoglie lo sguardo.
Scommetto un
bacio che ti batto.
Harry si
rigira nel letto, quella stessa sera, occupato al pensare a Louis e
alle sue
stupide parole per riuscire a dormire. Sente il russare leggero di
Calum, il
respiro lento di Niall, il rumore della pioggia contro i vetri che, pur
forte,
non riesce a coprire quello delle onde.
Si alza dal
materasso, un po’ frustrato dal non prendere sonno,
passandosi una mano tra i
ricci disordinati prima di posare i piedi scalzi sul pavimento in
legno;
rabbrividisce per il freddo, ma decide comunque di andare in cucina per
prendere un bicchiere d’acqua, ché magari dopo la
breve passeggiata riuscirà a
togliersi il ragazzo dalla testa.
Cammina piano
per non svegliare i due amici, aprendo poi la porta della stanza: se la
chiude
alle spalle, proseguendo lentamente lungo il corridoio corto, ma prima
di
svoltare ed entrare in cucina si accorge della luce che si accende.
“Shh, fa’ piano, sveglierai
tutti.”
Harry sussulta
quando sente la voce profonda di Liam, subito seguita dalla risata di
Zayn, che
viene nuovamente ripreso dall’altro.
Appoggia la
schiena contro la parete, rimanendo ad ascoltare, nascosto, anche se sa
che non
dovrebbe.
“Scusa,
scusa. È tardi, comunque,
lo sai che i
bambini stanno dormendo.”
“E tu
sai che
non sono bambini, idiota.”
“Fammi
illudere di avere una famiglia con te, Payne.”
Gli occhi
verdi di Harry si spalancano per la sorpresa. No, non può
intendere davvero in quel senso.
È impossibile.
Si sporge
appena, sperando vivamente di non essere visto, ma i due sono troppo
occupati
l’uno dall’altro per poterlo notare: Liam
è appoggiato con la parte inferiore
della schiena al tavolo, una mano sulla guancia di Zayn, mentre
l’altro è fermo
tra le sue gambe aperte. Sulle labbra del moro c’è
il solito sorriso dolce che
Harry gli vede addosso solo quando parla con Liam.
“Beh,
comunque
sia, sono felice che Louis non parlasse di un vostro bacio”
riprende Zayn,
facendo mancare un battito a Harry quando pronuncia quel nome.
Liam alza gli
occhi al soffitto, come se avesse sentito una frase simile almeno un
centinaio
di volte. “Per quanto tempo dovrò ripeterti che
tra me e lui non c’è mai stato
niente, mh?” ribatte, infatti, sorridendo divertito.
Zayn si
stringe nelle spalle, l’aria offesa, ma Liam fa passare le
braccia intorno al
suo collo e si avvicina per baciarlo, troncando il suo broncio.
Harry si
ritira velocemente a letto, il cuore che batte forte per quella
scoperta e i
loro occhi pieni di amore impressi
nei pensieri.
“Qualcosa
non
va, Harry?”
Il ragazzo
fissa Liam con gli occhi spalancati, come se l’altro fosse
una specie di
animale non ancora conosciuta. Scuote la testa, abbassa lo sguardo
sulle
proprie mani e resta fermo, ignorando il fatto che dovrebbe fare
colazione come
gli altri – o almeno fingere.
“Deve
aver
fatto un incubo” gli viene in soccorso Niall, posando una
mano sulla spalla
dell’amico. Non ha idea di cos’abbia Harry quella
mattina, ma è da quando che
si è alzato dal letto che ha un’aria strana e non
trova un’altra soluzione.
Harry si
limita ad annuire.
“Oh”
borbotta
Liam, non sapendo cosa dire. Si china sul tavolo della cucina per
spettinare
affettuosamente i suoi ricci, cercando di farlo sorridere, ma il
ragazzo si
scosta in fretta e scatta in piedi.
“Vado
a fare
una passeggiata” sussurra velocemente, quasi fuggendo da
quell’abitazione.
“Sembra
che tu
abbia visto un fantasma.”
Harry sobbalza
vistosamente, ma non si gira. Rimane seduto sulla spiaggia, i pantaloni
sporchi
di sabbia e la salsedine che si infila tra i capelli, mentre fissa il
mare
ancora agitato.
Alcuni schizzi
salati gli arrivano sulle guance.
Una mano di
Louis si posa sulla sua coscia, dopo che si è seduto accanto
a lui, ma il
ragazzo se la toglie bruscamente di dosso. “Non
toccarmi.”
Louis nasconde
un’espressione ferita, aggrotta la fronte e rimane in
silenzio.
Harry alza gli
occhi al cielo, prima di chiuderli e lasciarsi cadere di schiena sulla
sabbia
umida, i palmi premuti contro le palpebre abbassate.
“Smettila di guardarmi
così!”
Il ragazzo ora è ancora più perplesso. Si china
su di lui, spostandogli con
delicatezza un ricciolo dal volto. “Così
come?”
“Come
se ne
valesse la pena.”
Louis non sa
cosa dire. Come può quel ragazzino di diciassette anni, di
cui ignorava
l’esistenza fino ad un paio di settimane prima, lasciarlo
sempre senza parole?
“Vieni
con me”
dice, infine, afferrandogli un gomito per farlo alzare in piedi a
forza,
sapendo che altrimenti non lo avrebbe fatto.
Harry sbuffa,
ma si toglie i granelli di sabbia da dosso mentre cammina dietro
l’altro
ragazzo, fidandosi di lui. Passano oltre il gruppo di rocce, arrivando
nel
punto del giorno prima – Harry arrossisce leggermente quando
nota il fatto che
sono esattamente dove si stavano per baciare; Louis fa finta di non
accorgersene.
“Abbassa
la testa”
gli sussurra, come se si stesse preparando per dirgli un segreto
enorme,
entrando nella fenditura della pietra. Harry lo segue, facendo come gli
ha
detto: si ritrova in un cubicolo stretto, circondato dalle ombre, e
fissa con
attenzione la schiena di Louis davanti a sé per paura di
perderla di vista. Una
manciata di secondi dopo, lo spazio si allarga e il più
piccolo si guarda
intorno con gli occhi spalancati, meravigliato: si trovano in una
grotta
piuttosto grande, con delle candele spente e altre un po’
consumate che servono
per illuminarla; quattro o cinque cuscini grandi sono adagiati in un
angolo,
vicino ad una coperta, mentre un’amaca (di cui
estremità sono legate a due
sporgenze nella roccia) riposa immobile in un lato della grotta.
“Benvenuto
nel
mio rifugio, Harry Styles.”
Harry ha
ancora la bocca aperta quando si volta a guardarlo, Louis ghigna
divertito.
“E’
stupendo!”
Il maggiore
annuisce, quasi con aria fiera, per poi tirare fuori dalla tasca un
accendino e
accendere delle candele per fare più luce: chiude subito
dopo le dita intorno
ad un polso del ragazzo, trascinandolo con sé, facendolo
stendere sull’amaca.
“Non
ci porto
mai nessuno, qui” gli confida, sedendosi su un cuscino
morbido accanto a lui.
“Mi piace pensare che sia solo il mio segreto.”
Harry,
sdraiato sull’amaca che dondola appena, trova abbastanza
coraggio per
sussurrare “il nostro segreto” con un sorriso
felice sulle labbra piene.
Louis lo
guarda negli occhi e fa scivolare le dita sulle sue, sfiorandole.
“Il nostro
segreto.”
Il riccio
spera che nella penombra non si vedano le sue guance rosse.
Harry e Louis
sono obbligati ad uscire dalla grotta per pranzo – hanno
tenuto le mani unite
per tutto il tempo, ma le separano quando devono uscire e Louis cerca
di
riprendere le sue dita, una volta fuori, ma il minore gli fa una
linguaccia
infantile e corre via, dritto alla casa
Ziam. Quando si chiude la porta alle spalle sente ancora la
risata
dell’altro dietro di sé.
“Eccoti,
ero
preoccupato!”
Harry si sente
un po’ in colpa davanti all’espressione sollevata
di Liam, un mestolo in mano e
quella libera posata su un fianco. (Il ritratto della perfetta
casalinga,
insomma.)
“Mi
dispiace”
bofonchia, abbassando lo sguardo sui propri piedi, ricordandosi poi che
deve
togliersi le scarpe per non imbrattare il pavimento con la sabbia. Se
ne sta
appunto sfilando una, cercando di rimanere in equilibrio su una gamba,
quando
si sente avvolto da due braccia forti.
“Qualsiasi
cosa sia successa, puoi parlarne con me” gli mormora Liam
all’orecchio, stringendolo
con dolcezza a sé, prima di staccarsi da lui e rivolgergli
un sorriso
incoraggiante. “D’accordo?”
Harry lo
ricambia, nonostante la scena del suo bacio
con Zayn sia ancora
marchiata
nella sua mente. “D’accordo.”
Liam annuisce
appena e scompare in cucina, borbottando un
“dov’è quello scansafatiche di
Louis quando serve” che fa ampliare il sorriso di Harry.
“Ciao.”
Niall alza gli occhi chiari dal libro che sta leggendo, sdraiato sul
suo letto,
prima di chiuderlo e far vedere ad Harry il suo sorriso gentile.
“Ciao a te.”
Harry si siede
sul materasso davanti a lui, le gambe incrociate e il labbro inferiore
torturato dai denti. Si è assicurato di chiudere la porta
della stanza dopo
essere entrato. “Volevo parlarti di una cosa.”
“Okay.”
“Un segreto.”
Lo sguardo di Niall si illumina di curiosità.
“Okay.”
L’amico
sospira, non troppo sicuro che sia la scelta giusta. “Okay,
uhm. Giurami che
non lo saprà nessuno.”
Niall annuisce con vigore e alza una mano a pugno, facendo poi uscire
il
mignolo verso di lui. Harry sopprime la voglia di sorridere divertito
(e
intenerito), stringendo il dito del biondo col proprio mignolo.
“Ti
ricordi
ciò che ti ho detto sul fatto che due maschi non possono
amarsi, non è vero? Mentre
stavamo venendo qui?”
Niall annuisce
una seconda volta, adesso piuttosto confuso.
“E,
beh,
secondo te due maschi che si amano vengono odiati da Dio?”
Il ragazzino
sembra pensarci su, giocando distrattamente con il lembo della sua
maglia
lunga. “Io penso che Dio sia geloso.”
Harry strabuzza gli occhi, aspettandosi di tutto tranne quella frase.
“Cosa
intendi?”
“Lui
è lassù
in cielo, no? Ma deve occuparsi di tenere tutto sotto controllo, quindi
non ha
il tempo di amare nessuno. Mentre noi, quaggiù, abbiamo
tutto il tempo della
nostra vita per amare. Penso che possiamo amare chi vogliamo,
perché amare ci
fa essere felici” gli sorride, prendendogli una mano tra le
proprie e
stringendola appena. “Mamma me lo ripeteva sempre, di trovare
una persona da
amare e non lasciarla più, perché amare ci fa
essere felici.”
Harry non
è
mai stato tanto orgoglioso di essere il suo migliore amico come in
questo
momento. Lo tira a sé e lo abbraccia forte. “Penso
che tu abbia ragione, Nì.”
“E
quindi
c’era questo pesce enorme”
sta
raccontando Louis, durante il pranzo, le gambe incrociate sulle sedia e
le
braccia in aria, per contenere la lunghezza di quel pesce. “E
Zay era tipo lascia perdere, si spezza
l’amo!, mentre
io gli dicevo no, l’ho preso!”
continua, l’attenzione dell’intera stanza rivolta
su di sé.
Harry lo
osserva con un’espressione quasi sognante, gli occhi che
brillano; non può fare
a meno di pensare che Louis sia come un acrobata, un mago, una persona
speciale
e tu, misero spettatore, non puoi fare altro se non sederti
davanti a lui e ammirarlo, proprio come stanno facendo
tutti loro. Ma, soprattutto, come sta facendo Harry.
“Ti
sei
dimenticato di dire che stavi cadendo dalla barca” precisa
intanto Zayn, un
ghigno divertito sulla bocca rossa, lanciandogli un pezzo di carta
– strappato
dal tovagliolo – addosso.
Gli altri si
mettono a ridere, con Louis che ribatte “ho calcolato male le
distanze, ehi”,
l’aria offesa e un secondo brandello di carta appallottolato
che vola sopra la
tavola, questa volta colpisce la fronte di Zayn, “capita
anche ai migliori di
sbagliare”.
“Sei
così
modesto, Lou” lo prende in giro la sorella, la testa
appoggiata sulla spalla di
Perrie – mentre lei fa finta di ascoltare il racconto di
Louis, che prosegue
imperterrito, ma in realtà fissa Zayn in silenzio.
Harry nota
Liam accorgersene e finalmente capisce qual è il sentimento
riflesso negli
occhi dell’altro, ogni volta che vede qualcuno guardare in
questo modo Zayn: è
geloso, come se il ragazzo sia di sua proprietà, ma sa che
è così e si
accontenta di stringerlo un po’ di più con il
braccio intorno alle sue spalle.
Harry e Luke
stanno aiutando Liam e Jade a sparecchiare, una mezz’ora
scarsa dopo: Louis è
subito sparito dalla circolazione, cosa che non ha sorpreso nessuno,
Eleanor e
la coppia di sposi si sono diretti in città per degli
acquisti, Perrie ha
seguito Zayn sulla spiaggia senza dire niente. (Liam sta fissando la
finestra
mentre cerca di trovare le figure dei due, comunque.)
Quel giorno
tocca a Harry e Luke ad aiutarli con le faccende domestiche e in fondo
ai due
non dispiace: Liam è divertente e Jade fa delle facce buffe
quando della
schiuma le finisce sul naso, mentre lava i piatti.
“Sembri
preoccupato” ne approfitta Harry per iniziare una
conversazione col ragazzo,
nel frattempo che Luke e Jade stanno – rispettivamente
– asciugando i bicchieri
con uno straccio pulito e mettendoli nella credenza bianca.
“Come?”
Liam
alza un sopracciglio, preso alla sprovvista, scostando in fretta gli
occhi
dalla piccola finestra sopra il lavabo. “Oh, no, ero solo
sovrappensiero.”
Harry annuisce
vagamente, fa scorrere una spugnetta insaponata su un piatto.
“Io, uh. A Zayn
non piace Perrie, si vede.”
Liam spalanca
gli occhi, non capendo come possa aver capito che stesse pensando a
quello, ma
prima che possa dire qualcosa la porta della cucina si apre con un
tonfo.
“Woah, vedo che siete piuttosto indaffarati.”
Harry si morde
forte il labbro inferiore, reprimendo un sorriso non appena sente la
voce di
Louis, ancora girato di schiena. (Liam se ne accorge.)
“Che
vuoi, tu”
borbotta Jade, un po’ seccata dal fatto che lei venga sempre
incastrata nei
lavori quando Louis riesce tranquillamente a fuggire.
“Cos’è
questo
tono, Jai” Louis si posa teatralmente una mano sul petto,
appoggiandosi col
fianco al ripiano sotto la credenza. “Mi fai piangere il
cuore se mi tratti
male.”
Liam e Harry alzano gli occhi al cielo nello stesso momento.
“Tornatene nel tuo
mare” bofonchia il primo, dimentico delle parole del riccio,
tornando a
sciacquare delle posate.
“Lo
farei, se
non fosse ancora così arrabbiato.”
Harry sussulta
appena quando si sente avvolto da due braccia, i capelli di Louis gli
solleticano una tempia e il suo onnipresente
profumo di salsedine lo colpisce in pieno. “Mentre
il mio piccolo Haz non è
arrabbiato, vero?”
Harry si
sforza di non arrossire, avvertendo gli occhi di tutti addosso e il
cuore che
fa le capriole nel petto per come l’ha chiamato.
“Se mi tratti come un bambino
potrei esserlo, Lou.”
Sta ovviamente
mentendo.
“Sicuro”
dice
infatti Louis, affabile, prima di far scorrere le mani sulle sue
braccia
scoperte, causandogli dei brividi piacevoli lungo la schiena.
“Perché non vieni
con me, mh?”
“Mi
sta
aiutando a lavare i piatti” ribatte immediatamente Liam,
guardandolo in
tralice. “E smettila di
importunarlo,
idiota.”
Louis ride
contro l’orecchio di Harry, prima di lasciargli un bacio
così veloce sul lobo
che il ragazzo crede di esserselo immaginato. “Okay, mi
arrendo – beh, Haz, ti
aspetto fuori.”
Poi se ne va e
scompare, come sempre.
Fuori sta
piovendo, può tranquillamente affermare Harry.
Sta piovendo e
lui non ha neanche sentito la pioggia battere sui vetri, troppo
occupato a
finire in fretta per uscire e andare da Louis – il problema
è che Louis non
c’è e si sente così stupido
ad aver
pensato il contrario.
“Cerchi
qualcuno?”
La sua voce gli
fa immediatamente nascere un sorriso sulle labbra. Lo
ha sul serio aspettato tutto quel tempo? “Nah,
volevo fare una
passeggiata.”
Louis, le
braccia incrociate al petto e la schiena posata contro un muro esterno
della
casa, si avvicina a lui con passo lento, i capelli attaccati alla
fronte per
colpa della pioggia.
“E tu,
invece?” riprende Harry, alzando un sopracciglio.
“Aspettavo
un
bel ragazzo… Non è che ne hai visto uno nei
paraggi?”
Il
più piccolo
ride divertito e gli dà un pugno leggero sul braccio.
“Scemo.”
Louis sorride,
prima alzare gli occhi verso il cielo e lasciare che le gocce
d’acqua gli
colpiscano il volto, intrecciandosi alle sue ciglia e infilandosi nella
bocca
socchiusa. Canticchia tra i denti qualcosa che assomiglia ad “and I wonder, still I wonder
who’ll stop
the rain”, prima di prendere una mano del ragazzo e
incominciare a correre.
Harry lo segue
senza fare domande, una risata tra le labbra e gli occhi che brillano.
“Hai
già
fumato?”
Harry
annuisce, sdraiato sull’amaca. Si rigira la sigaretta del
ragazzo tra due dita,
prima di portarla alle labbra e prendere del fumo, che libera in una
nuvola
lasciata uscire dalla bocca semiaperta.
I riccioli
fradici gli coprono un occhio, se li scosta con la mano libera.
“All’orfanotrofio
rubavo delle sigarette a Padre Gregory” ammette poi,
abbassando gli occhi verso
Louis – seduto sui cuscini, come il giorno prima –
per rivolgergli uno sguardo
divertito. “Mi piaceva di più l’idea di
fare qualcosa di proibito, che fumare
in sé.”
Louis accenna
una risata, scuote leggermente il capo. “E io che credevo
fossi un bambino,
Haz.”
Harry rotea
gli occhi, ridendo piano. Passa la sigaretta all’altro, che
allaccia le labbra
sottili intorno ad essa mentre fissa Harry negli occhi.
Lui distoglie
lo sguardo.
“Io
rubavo le
sigarette a mio padre” dice infine Louis, quando il silenzio
si è propagato
abbastanza a lungo. “Prima che andasse via di casa.”
Harry sgrana
gli occhi, Louis gli rivolge un sorriso tranquillo.
“E’ andata meglio senza di
lui, devi credermi. Mamma ha vissuto gli ultima anni in pace,
finalmente. Non
che il cancro le abbia dato tregua.”
Harry avverte
un macigno sul petto. Le crepe sul volto di Louis appaiono
all’improvviso, una
lacrima scivola su una guancia, fermandosi sul mento.
Come
può
essere un ragazzo così allegro e sorridente e spezzato allo
stesso tempo?
“El mi
ha
aiutato molto. Non penso che sarei ancora qui se non ci fosse
lei” abbassa gli
occhi, giocherellando con una cucitura dei pantaloni.
Harry scende
in silenzio dall’amaca, si inginocchia davanti a lui. Posa
una mano sul suo
volto, Louis lo guarda in silenzio, lui trascina piano il pollice sulla
sua
guancia e cancella la traccia bagnata. Scosta con un paio di dita i
capelli
umidi dalle sue tempie, portandoglieli indietro, fermando una mano
sulla sua
nuca mentre posa un bacio sulla sua fronte.
Scende con le
labbra, lasciando un bacio leggero su una sua guancia, sulla linea
della
mascella, sul mento ispido, sulla punta del naso.
Louis sorride,
Harry non ha bisogno d’altro.
Continua a
curare i suoi pezzi rotti, la luce delle candele forma delle ombre su
di loro.
*
Harry non
è
propriamente sorpreso quando si accorge che un’altra
settimana è volata via.
Cerca di
reprimere la sensazione di tristezza nel pensare che rimarrà
lì solo sette
giorni, guardando Liam, Michael e le ragazze apparecchiare, fermo sullo
stipite
del soggiorno. Se aguzza le orecchie può sentire le risate
di Niall e Ashton,
fuori insieme a Luke e Calum, ma non ha voglia di unirsi a loro.
Vorrebbe solo
restare in quella casa per sempre, in mezzo agli abbracci di Liam, gli
occhi
comprensivi di Zayn, le voci allegre delle ragazze, i sogni di Tom e
Louise, i
suoi amici.
Louis.
Sta provando a
dormire, con ancora gli stessi pensieri di quel mattino in testa,
quando il
rumore di passi leggeri sul pavimento in legno lo fanno sussultare. Si
rigira
nel letto, guardando con curiosità la porta, pensando che
devono essere Zayn e
Liam, tornati tardi come al solito, ma sgrana gli occhi quando si
accorge della
testa di Louis che fa capolino dallo stipite socchiuso.
Il ragazzo si
porta un dito alle labbra, sussurrando un shh,
prima di sorridergli nella semioscurità e fargli segno di
seguirlo; sparisce in
corridoio.
Harry non se
lo fa ripetere due volta: infila i pantaloni scuri, la maglia e le
scarpe, per
poi alzarsi e, cercando di far meno rumore possibile, esce dalla stanza.
“Stai
scherzando?”
Louis ride,
alza un sopracciglio con aria di sfida. “Hai paura,
Harreh?”
Harry si morde
l’interno della guancia, mentre fa passare lo sguardo dalle
abitazioni con le
luci spente alla barchetta ancorata sulla spiaggia, su cui Louis vuole
fare un
giro in mare di notte. Harry non è stupido, si ricorda delle
parole di Liam, sa
che le acque sono pericolose, eppure “ovviamente
no” ribatte con convinzione,
raggiungendo il ragazzo, in piedi accanto alla barca.
Louis ghigna,
salendo poi sopra. Sporge una mano al più piccolo, fa un
buffo inchino, Harry
soffoca una risata e afferra la sua mano, mettendo piede sulla barca.
Louis gli
lascia la mano per prendere i remi, Harry cerca di non pensare allo
spazio
improvvisamente vuoto tra le proprie dita.
Il silenzio si
protrae abbastanza a lungo per fondersi con l’acqua.
“Prima
che ve
ne andiate” mormora improvvisamente Louis, risvegliandolo.
Incontra i suoi
occhi e non è tanto difficile illudersi che
l’altro sia triste come lui, nel
pensare che rimarranno lì per soli sei giorni, ora. Lo
sguardo di Louis è tinto
da una sfumatura diversa, ma forse è solo il riflesso della
luna sulle onde.
“Vorrei insegnarti a suonare un po’ il pianoforte
– ti va?”
Harry lo
guarda sorpreso, Louis sembra sul punto di ritirare la proposta, ma il
più
piccolo gli rivolge un sorriso enorme e annuisce. “Certo, mi
piacerebbe.”
Louis risponde
subito al sorriso, tagliando la superficie del mare con i remi.
Continua a
portare la barchetta verso il largo, ma Harry si fida di lui. (Spera
solo che
non si perdano perché, ehi, Liam ucciderebbe entrambi.)
“Quando
è
stata la prima volta che hai visto il mare?” domanda Harry,
poi, dal nulla.
Louis lo
guarda negli occhi mentre risponde. Sorride. “Quattro anni
fa, a diciotto anni.
Ne sono rimasto innamorato dal primo istante” risponde
subito, come se avesse
avuto quelle parole sulla punta della lingua da sempre.
“Capisci, Haz? C’era
questa distesa di acqua immensa che accarezzava – feriva?
– la spiaggia, con il
vento che la colpiva senza sosta. E c’era questo signore, con
stivali alti e
una giacca da pescatore addosso, in piedi, un pennello tra le dita e un
cavalletto davanti a sé. Una tela bianca sopra”
racconta, tutto d’un fiato.
Harry si
chiede se abbia mai confidato questo suo ricordo a qualcuno.
Probabilmente
no.
Sorride.
“Completamente
bianca” riprende, intanto, Louis.
“L’uomo, il pittore, intingeva il pennello in
una tazza, prima di portarlo sulla tela e lasciarci sopra dei sospiri
leggeri –
invisibili, totalmente invisibili. Sai perché?” la
piega delle labbra diventa
più complice, intima; Harry si sente in dovere di scuotere
la testa, non lo sa.
“Perché lui dipingeva il mare con il
mare
stesso, con l’acqua presa dalle onde.”
Harry sbatte
appena le palpebre, cerca di immagazzinare quello che ha detto Louis.
Si passa
una mano tra i capelli ricci, il vento freddo della notte gli accarezza
le
guance, facendole arrossare leggermente. “E’ per
questo che rimani qui”
sussurra improvvisamente, come se fosse un segreto. Non ha idea del
perché lo
dica, poi. “Stai cercando un modo per dipingere il
mare.”
Louis lo
guarda in silenzio. Se rimane colpito dalla frase non lo dà
a vedere.
Annuisce,
comunque, prima di “meglio se ti riporti indietro, Haz.
È tardi” concludere.
“Descrivere
il
mare.”
Harry potrebbe
sfiorare l’infarto, se non fosse abituato alle improvvise
entrate in scena di
Louis. Perciò non si scompone nemmeno: resta seduto sulla
spiaggia, i pantaloni
arrotolati fino al ginocchio e i piedi nudi che vengono immersi
nell’acqua
(gelida, se vogliamo dirla tutta) ogni volta che un’onda
particolarmente
temeraria scivola sulla sabbia scura.
“Come?”
si
limita a ribattere, quindi, aspettando che il ragazzo si sieda accanto
a sé.
Louis lo fa,
ovviamente. Si sistema a gambe incrociate, i gomiti piantati sulle
ginocchia,
il volto girato da un lato per guardarlo negli occhi. Harry lo sta
già
guardando – ovviamente. “Io non cerco un modo per
dipingere il mare; io cerco
un modo per descriverlo”
spiega, il
tono pratico, forse un po’ orgoglioso.
Harry si
mordicchia il labbro inferiore, come sovrappensiero. Resta zitto, sa
che Louis
vuole aggiungere qualcosa. Eppure è in silenzio anche lui,
così prende coraggio
e schiude le labbra. “Tenti ogni giorno” mormora,
quasi avesse paura di essere
sentito. “Mentre lo guardi, lo attraversi in barca. Cerchi di
descriverlo con
le parole, probabilmente insegui anche il suono al tuo
pianoforte” accenna alla
sua abitazione col mento.
Louis sorride
di più, annuisce. Si alza in piedi.
“Vieni.”
Harry va. Ovviamente.
“Allora,
che
ne pensi?”
Harry continua
a rimanere in silenzio, gli occhi enormi che passano da un particolare
all’altro della stanza, impaziente di rinchiudere nella mente
ogni dettaglio,
per non dimenticarlo mai. La stanza in questione – chiamata
da Louis, poco
prima, la Stanza della Musica –
è
piuttosto piccola, in realtà, riempita da un tappeto rosso e
circolare, con
l’aspetto morbido, dei quadri dall’aria instabile
attaccati alle quattro
pareti, una finestra chiusa da cui si vede il mare e un pianoforte
lucido,
nero, nel bel mezzo della camera. Ne cattura l’intera
attenzione, con i raggi
del sole che filtrano attraverso il vetro e colpiscono i tasti bianchi,
curati;
davanti ad esso c’è uno sgabello, su cui sembra
possano stare comodamente due
persone.
Louis lo sta
osservando, in piedi accanto a lui, un sopracciglio alzato e un sorriso
divertito sulle labbra sottili.
“E’
--
bellissimo” decide infine di rispondere, le dita che
gesticolano senza un motivo
apparente, mentre passa lo sguardo dal pianoforte a Louis e poi da
Louis al
pianoforte, la bocca socchiusa come sul punto di dire qualcosa, ma non
riesce a
tirare fuori nulla.
“Lo
è, non è
vero?” commenta il ragazzo, questa volta sorridendo
affezionato, accarezzando piano
la superficie liscia dello strumento. Si siede, poi, sullo sgabello,
colpendo
leggermente il posto vuoto accanto a sé, invitando Harry a
fargli compagnia.
Harry si morde
l’interno della guancia quando si siede a sua volta, nervoso,
quasi si
aspettasse di dover suonare qualcosa per far piacere a Louis.
“Apparteneva
a
mia madre” dice invece lui, il tono basso, come se gli stesse
confidando un
segreto. Tiene gli occhi puntati sui tasti bianchi, una gamba
appoggiata a
quella di Harry. “E’ lei che mi ha insegnato a
suonarlo, quando ero bambino. Eleanor
non – non è mai stata particolarmente
interessata?” scrolla il capo e accenna una risata; Harry
sorride nel modo più
confortevole possibile, posandogli una mano sulla schiena. Incomincia a
tracciare
dei cerchi invisibili con la punta dell’indice, Louis sembra
rilassarsi sotto
quel gesto. “Adoravo stare in braccio a lei -- a mia madre,
mentre dava vita
alle note malinconiche del Chiaro di luna
e di composizioni inventate da lei stessa” si ferma, alza una
spalla.
“Suonami
qualcosa”
mormora Harry, guardando la linea dura della sua mascella,
l’accenno di barba
che gli accarezza le guance. Non alza gli occhi nei suoi, neanche
quando Louis
gli rivolge un’occhiata gentile; preme l’indice su
un tasto – l’attenzione di
Harry si sposta sul movimento – e un suono dolce, prolungato,
si diffonde nella
stanza.
Le punte delle
sue dita sembrano quasi sfiorare i tasti, accarezzarli, come se
avessero paura
di far loro del male; le note sono dolci, lente, gli occhi del ragazzo
sono
chiusi, un sorriso accennato gli distende le labbra.
Harry lo
guarda in volto, rapito, i raggi del sole che glielo illuminano per
metà,
lanciando delle ombre scure sull’altra; Louis apre gli occhi
di colpo ed Harry
non fa in tempo a distogliere lo sguardo.
“Uhm,
ho qualcosa in faccia?” ribatte il più grande, il
tono
sorpreso e la fronte aggrottata, senza smettere di suonare. Harry
scuote la
testa e abbassa lo sguardo, sorridendo timidamente, ma lo rialza subito
quando
si accorge che Louis si è fermato. Trattiene il fiato quando
una sua mano
prende la propria, facendola rimanere sospesa sui tasti.
“Prova
tu, ora, mh?” sorride, facendosi più vicino,
aprendo il
palmo per coprire il suo dorso e spingere piano un dito contro un
tasto. “Do,
re, mi, fa…” inizia a sussurrare, spostando i suoi
polpastrelli su ogni nota,
ma Harry già non lo segue più –
preferisce osservare i suoi occhi, più scuri in
penombra, la ruga di concentrazione in mezzo alla fronte, i capelli
castani
sulle tempie, il suo tocco leggero.
“Mi
stai ascoltando, ragazzino?”
Harry sussulta
visibilmente, arrossendo sulle guance. Il sorriso
di Louis è a metà tra il divertito e
l’intenerito.
“Uh?
Certo! Do – re – mi – fa?”
tenta, ripetendo le ultime cose
che ha sentito. Louis ride, facendolo diventare ancora più
rosso.
“Se la
mia lezione ti fa perdere la concentrazione, posso
insegnarti altro” riprende poi; Harry inarca entrambe le
sopracciglia, non
capendo il ghigno che si è formato sulla sua bocca.
“Che
intendi con --” sta per chiedere, ma la mano di Louis vola
sulla sua coscia e gli blocca le parole in gola. Sgrana gli occhi,
guardando il
ragazzo che gli scosta una ciocca di riccioli dalla guancia bollente,
lasciando
le dita attorcigliate ai suoi capelli, dietro la nuca. Il naso di Louis
sfiora
il proprio e, sul serio, da quando è così vicino?
Da quando un incendio si è
trasferito nel suo stomaco, facendolo sentire incandescente ovunque?
Le labbra fredde
di Louis, poi, si posano sulle proprie,
lasciandolo ancora più confuso – ma non
è così male, anzi. È come precipitare
in una buca infinita, con il mondo che ti sfreccia accanto e tu non
riesci a
guardarlo, perché la velocità con cui cadi
è troppo per te. Dopo di che, Louis
chiude le palpebre e prende il suo labbro inferiore tra i denti, senza
mordere,
passandoci semplicemente la punta della lingua contro, ed Harry smette
di
pensare.
Non ha idea di
quanto tempo – secondi? Giorni? – sia passato
quando Louis si allontana, lasciandolo a respirare affannosamente. Non
si era
nemmeno accorto di star trattenendo il respiro.
“Cosa
pensi di me, ora?” chiede Louis, il tono urgente, il volto
improvvisamente più serio e meno sicuro di sé.
“Quello
che ho sempre pensato” ribatte Harry, sporgendosi per
lasciargli un bacio impacciato sulle labbra socchiuse.
I lineamenti del
ragazzo si distendo e gli passa un braccio
intorno alle spalle, stringendoselo al petto. “E cosa hai
sempre pensato?”
mormora contro la sua fronte, lasciandogli un bacio tra i capelli.
“Che
sei un pessimo insegnante!”
Louis spalanca
la bocca, offeso, colpendogli piano un fianco.
“Come ti permetti, Styles?”
Harry ride,
troppo occupato a scappare dal solletico di Louis per
ricordarsi di ciò che gli aveva detto Eleanor, giorni prima.
“Intendo
solo che ha delle abitudini
che non tutti reputano corrette. Non dargli troppa corda,
d’accordo? Potresti
pentirtene.”
Potresti
pentirtene.
“Non
ti
credo.”
Harry rotea
gli occhi, esasperato e divertito. Ruba la sigaretta di Louis per
fargli
dispetto, se la infila tra le labbra e incrocia le braccia dietro la
testa. “E’
la verità” ribatte ancora e gli sembra di averlo
detto così tante volte che le
parole iniziano a perdere il loro significato.
Louis borbotta
un “tsk” tra i denti, riprendendosi la sigaretta.
Ha la schiena appoggiata
all’amaca in cui è sdraiato il minore, con la
testa sul suo grembo. Lo guarda
al contrario, inumidendosi le labbra secche prima di riprendere a
parlare. “C’è
sicuramente qualcosa tra Mike e Luke. È fottutamente
palese.”
“Sono
solo
amici, Lou, si vede!” ripete, convinto, scuotendo la testa e
facendo muovere i
ricci in una danza strana, ubriaca.
“E’
qui che ti
sbagli! Non devi semplicemente vedere, devi sentire”
esclama, mettendosi seduto sulle ginocchia per arrivare più
vicino a lui. “Ad
esempio – se qualcuno ci vedesse ora, potrebbe pensare che
siamo amici,
giusto?” gli accarezza il dorso di una mano, seguendo il
percorso delle dita
lunghe. “Ma se fosse abbastanza sveglio, questo qualcuno,
riuscirebbe a sentire che tra noi
c’è altro.”
Harry si morde un labbro, distoglie lo sguardo e avverte lo stomaco
stretto in
una morsa. “Non dire sciocchezze. Non siamo tutti come te,
Louis.”
Se Harry
l’avesse guardato in volto, avrebbe visto qualcosa spezzarsi
dietro i suoi
occhi. “Che diavolo – che stai dicendo?”
Harry ritira
la mano dalla sua, fissa una sporgenza nella roccia con interesse.
“Intendo,
okay, negli ultimi giorni ci siamo baciati spesso, ma non sono ovviamente gay” afferma,
sicuro. Ha
visto i film che hanno mostrato loro all’orfanotrofio, grazie
mille. Sa che
essere omosessuali è sbagliato, sa che il Signore non lo
permette, che non
avrebbe una vita semplice.
Sa anche che sente l’amore tra Zayn e Liam,
ma è una
loro scelta. Non la propria.
“Vattene.”
Si gira di
scatto verso Louis, sgranando gli occhi. Quelli del ragazzo sembrano
racchiudere
il mare in tempesta; la sigaretta è caduta sulla pietra,
ormai spenta, i pugni
chiusi stanno tremando.
“Cosa?”
sussurra Harry, incredulo, interdetto.
“Va’
via” sibila
Louis, trafiggendolo con quei occhi blu. La luce delle candele crea
delle ombre
stanche, tristi, ferite, nel suo sguardo.
Harry fa come
gli dice.
La partenza
è
arrivata, alla fine, e si sta tirandosi dietro uno stanco Ed Sheeran,
accaldato
per colpa del sole delle ultime giornate di Agosto, alla guida del
solito
pick-up malandato, la vernice verde scrostata.
Harry
preferisce fissare i graffi della vettura, le sue ammaccature,
piuttosto di
voltare la testa e incontrare gli occhi di Louis. Non vuole vederlo
più, si
sente così fragile che potrebbe cadere tra la sabbia per
colpa di un solo
sguardo.
“Grazie
per
averci accolto così gentilmente a casa vostra.”
Stralci di
conversazione gli colpiscono le guance, forse lo fanno sanguinare un
po’ – o
forse è il proprio cuore quello che sta sanguinando, non ne
è sicuro.
Tiene gli
occhi bassi, le parole delle persone attorno a lui gli si affollano
nella
mente; abbracci veloci, saluti affrettati, sbrighiamoci che
è tardi!, è stato
un piacere conoscervi.
Qualcuno gli
stringe il braccio, Harry alza lo sguardo di scatto e incontra quello
dolce –
preoccupato? – di Liam. “Potete venire a trovarci
quando volete” puntualizza
l’uomo, prima di infilare le dita tra i capelli del ragazzo,
spettinandoli
scherzosamente. “Vi aspettiamo a braccia aperte!” e
lo stringe a sé, come per
sottolineare il concetto.
Harry ricambia
l’abbraccio, gli sorride, mormora qualche
“grazie”, lascia un bacio sulla
guancia liscia di Louise e stringe la mano a Tom, batte il cinque a
Zayn,
saluta con una mano le ragazze e poi si siede accanto a Niall, in
macchina,
stipati sul sedile davanti. Louis sta già andando via, verso
le rocce, le mani
nelle tasche del giubbotto e la testa bassa. Tira un po’ di
vento, fa crescere
le onde, sgombra il cielo dalle nuvole – è dello
stesso colore dei suoi occhi,
ora girati a guardare loro, a guardare Harry.
Ed mette in
moto, Niall sta dicendo qualcosa, Harry è troppo occupato a
guardare Louis per
curarsene. Sporge il capo fuori dal finestrino, non lo perde di vista
mentre si
allontanano.
Pensami urlano gli
occhi tristi di Louis,
silenziosamente, bagnati come il mare.
Sempre sibilano quelli
di Harry, il suono
straziante che viaggia insieme al vento.
*
Harry rimane a
pensare ai suoi grandi occhi tristi per mesi. Il ricordo è
sempre in agguato
dietro l’angolo, nascosto sotto le palpebre chiuse, pronto a
sostituire i suoi
usuali incubi con l’immagine di un ragazzo – un
po’ bassino, se vogliamo dirla
tutta – con i capelli bagnati di mare, un sorriso a mezzaluna
sulle labbra che
diventa subito risata, sguardo allegro che si trasforma in serio,
triste.
Inutile dire
che il cambiamento di Harry è radicale: si perde a guardare
fuori dalle
vetrate, ignorando le persone attorno a sé, si passa la
lingua tra le labbra
come per cercare chissà quale sapore, smette persino di
fumare per paura di
strapparselo via senza volerlo – nonostante le dita pizzicano
per la mancanza
di una sigaretta tra esse. Impossibile non preoccuparsi, perfino Padre
Gregory
ha cercato di informarsi a riguardo; impossibile anche sapere il motivo
di
questo cambiamento, per tutti tranne che per Niall.
“Ti
manca
Louis, non è vero?”
Harry cerca di
continuare a respirare quando sente il suo
nome. Tiene le braccia incrociate, quasi spinte a forza contro al
petto, come
per nascondere il cuore stretto nei fili neri della nostalgia. Non
guarda in
faccia il migliore amico, il suo sussurro (è notte fonda,
tutti dormono) che si
perde nel silenzio della stanza.
“Non
c’è nulla
di sbagliato” aggiunge Niall, sempre piano, dolcemente,
sgusciando fuori dalle
lenzuola per entrare in quelle dell’altro, come faceva lui le
prime notte in
cui Niall è stato lì, tremante nel buio
spaventoso.
“Nel
sentire
la sua mancanza?” replica Harry, mormorando, sciogliendo la
presa delle braccia
per aprirle e accogliere al loro interno il biondino.
“Nell’amarlo.”
Niall si
accoccola
al suo petto, Harry fa fatica a respirare un’altra volta.
“Non
ce la
facciamo a vederlo così” si lamenta Calum,
arricciando il labbro inferiore in
un broncio pronunciato. Michael si lascia sfuggire un sorriso
divertito,
passando un braccio attorno alle sue spalle, ma poi torna serio e
annuisce con
convinzione.
“Dobbiamo
capire quale sia il problema” dà manforte Ashton,
le dita intrecciate sotto al
mento, seduto a gambe incrociate sulla sedia.
Luke, una
guancia appoggiata stancamente sul braccio steso sopra al tavolo
sparecchiato,
“stava male anche gli ultimi giorni lì,
giusto?” si accerta.
“Ma
per tutto
il resto del tempo è stato anche meglio del
solito” ribatte prontamente Ashton,
la fronte aggrottata, come se non riuscisse a capire un proprio
pensiero.
“Soprattutto quando c’era Louis…
Sembrava splendesse.”
Gli altri sono
d’accordo, è impossibile non esserlo. Calum si
morde piano le labbra carnose,
le inumidisce prima di parlare. “Tra qualche settimana
è il suo compleanno,
no?”
Ancora una
volta tre teste annuiscono, anche se solo una con convinzione.
“Avrà diciotto
anni!” esclama Michael, il sorriso che gli illumina il volto.
“Potrà andarsene
da questo posto!”
“E noi
sappiamo perfettamente dove potrà andare, non è
vero?” Luke ricambia il sorriso
furbo che si sta formando sul volto di ognuno, batte una mano chiusa a
pugno
contro quella di Ashton.
Suor Mary li
caccia subito dopo, roteando gli occhi nel trovarli in mensa quando
l’ora del
pranzo è passata da tempo, ma sono troppo occupati a
bisbigliare tra loro per
darle molto peso.
“Chi
parla con
Sheeran?”
Non è
così
sicuro di sapere come sia finito in quel vecchio pick-up sgangherato,
comunque.
Un secondo
prima c’è il sorriso strano di Niall, come se gli
stesse chiedendo scusa per
non averlo avvertito di qualcosa, poi ci sono quelli furbi e scaltri
degli
altri quattro australiani e poi quello quasi sconsolato di Sheeran,
divertito,
forse un po’ intenerito.
“Non
ci voglio
andare” ha esclamato subito Harry, la voce infantile, gli
occhi sbarrati e il cuore
che batte forte. “Non ci posso andare”
si è corretto poi, ripensandoci. Come può
spiegare a Louis che aveva solo
paura? Come può sopportare il suo sguardo deluso, i battiti
che gli finiscono in
gola e rischiano di soffocarlo?
I ragazzi non
hanno sentito ragioni, ovviamente. Sono ancora minorenni, non sono
riusciti a
strappare il permesso di andare via anche loro (ma loro solo per una
giornata –
i bagagli di Harry sono già stati stipati nei sedili
posteriori), così sono
rimasti a fissare la macchina andare via, sotto gli occhi umidi di Suor
Mary e
quelli brillanti di Padre Gregory.
“E’
una
pazzia” continua a lamentarsi Harry, fa quasi (quasi?) fatica
a respirare;
probabilmente i suoi polmoni si sono dimenticati come si fa.
“Non mi vorrà più
vedere.”
“Ragazzino,”
ribatte Sheeran, allegro come al solito, girandosi un attimo a
guardarlo con un
sopracciglio alzato, “non ho la minima idea di chi tu stia
parlando”.
Il ragazzo
sbuffa una risata nervosa, l’autista sorride di nuovo.
Passano qualche minuto
immersi nel silenzio, il vento freddo che sferza i finestrini e spazza
via le
nuvole, il cielo così opaco che sembra vuoto. Non
è più rimasto nulla di
quell’estate, ora che sono a febbraio.
“E se
Louis mi
ha dimenticato?”
Ed tamburella
le dita sul volante; Calum deve avergli accennato di un certo Louis,
quando gli
ha chiesto – supplicato sarebbe la parola corretta
– di portare Harry a Remarkable
Rocks,
ma non ha esattamente capito il rapporto tra quei due.
“Ti
ha amato, questo
tizio?”
Harry
arrossisce, mantiene
gli occhi sul finestrino appannato. L’altro si inumidisce le
labbra, capisce
che non gli risponderà.
“D’accordo,
allora
rispondi a questo” cambia tattica, raddrizza la schiena e
“avete mai dormito
nello stesso letto?”
Harry
non può fare a meno
di sorridere, ripensando a quando Louis si infilava di nascosto nel
proprio
letto, di notte, per qualche ora, e rimanevano per un po’ a
baciarsi, prima che
il sole spuntasse fuori da dietro le tende e Louis se ne andasse in
fretta, così
che nessuno potesse vederlo.
“E
i tuoi amici, Niall e
gli altri, ti hanno mai trattato come ti trattava lui?”
Harry,
ora, scuote
leggermente il capo. Nessuno lo aveva mai trattato in quel modo,
può starne
certo – non sa neanche se riesce a definirlo quel
modo.
“Beh,
in effetti ho visto
come faceva finta di non guardarti, il ragazzo con gli occhi azzurri,
prima di
andare via da lì” aggiunge l’uomo, il
tono sicuro. “Si sforzava di non
sfiorarti nemmeno per sbaglio con il suo sguardo, e invece finiva su di
te ogni
volta. Sicuro che sia una pazzia?”
Prende
un respiro
profondo.
Le
onde del mare sono
alte, il rumore sfida quello del vento nel sentirsi di più,
la sabbia si
solleva un po’ ed Harry socchiude gli occhi per paura che gli
finisca dentro.
Tiene
una mano poggiata
sulla portiera del pick-up, come se avesse paura di lasciarla; lo
sguardo di
Zayn, non poi così severo come lo ricordava, lo segue con
fermezza mentre fa un
paio di passi in avanti.
Zayn
è in piedi davanti
alla porta di casa, probabilmente Liam lo ha raggiunto. È di
schiena ora,
Harry, e non può staccare gli occhi da quello che ha davanti.
Da
chi ha davanti.
Si
chiede distrattamente
chi potrebbe essere stato a chiamarli, Zayn e Liam. Se è
stato Luke e la sua
voce timida avesse tremato un po’ al telefono, se invece
è stato Ashton con la
sua voce squillante di sempre, se Michael stesse tenendo le dita
incrociate, se
Niall stesse giocherellando con le proprie, di dita, se Calum avesse
tenuto un
braccio attorno alle sue spalle per tutto il tempo.
Preferirebbe
pensare a
qualunque cosa, invece di pensare a quello che ha fatto a Louis. A
quello che
farà. Perché, davvero, non ne ha idea.
Louis
non lo guarda: è
quasi rassicurante. Tiene gli occhi fissi sul mare.
Harry
si siede vicino a
lui, sulla spiaggia, le punte delle scarpe che rischiano di essere
toccate
dall’acqua.
Louis
dà segno di essersi
accorto di lui solo dopo una manciata di minuti, girandosi a guardarlo.
Ha un
sottile strato di barba sulle guance e sul mento, gli occhi stanchi, i
capelli
spettinati dal vento; forse non è mai stato così
bello.
Harry
vorrebbe dirgli un
miliardo di cose. Le frasi si affollano nella sua testa, fanno a gara
per
venire fuori, si spintonano; non dice nulla.
“Ti
aspettavo” mormora
Louis. Harry fa fatica a sentirlo, per colpa del rumore delle onde e
del vento
e del proprio cuore.
Lo ha sul serio aspettato
tutto quel tempo?
“Sono
tornato.”
Louis
gli rivolge un
piccolo sorriso, come per invitarlo a continuare.
“Oggi
compio diciotto
anni” inizia Harry, prende un respiro profondo. “E
mi hanno sbattuto fuori
dall’orfanotrofio. Letteralmente. E mi hanno messo sulla
macchina di Sheeran –
di Ed. E mi sono ritrovato qui. E, non per sottolineare
l’ovvio, ma sono uno
stupido. E penso che non avrei mai dovuto muovermi da qui, da te. Penso
che non
siamo amici, perché gli amici dormono in letti diversi e non
mi trattano come
fai tu e penso che anche le ultime cose che ho detto possono sembrare
stupide.”
Il
sorriso di Louis si è
allargato, intanto. “Non sono stupide” afferma, i
battiti furiosi o felici o
impazziti che gli rimbombano nel cuore. “Sembrano quasi una
canzone.”
Harry
ride, si alza in
piedi. “Quasi” concorda, gli porge una mano.
Sorride. “Facciamo una corsa, ti
va? Se corro più veloce io, devi darmi un bacio.”
Louis
afferra la sua mano,
torna in piedi anche lui. Passa un braccio attorno ai suoi fianchi, lo
stringe
a sé: lo ha aspettato.
“Posso
dartelo subito?”
I'm thinking about how
people fall in love in mysterious ways,
maybe
just
the touch of a hand. Oh,
me I fall in
love with you
every single day and
I just wanna tell you I am.
Woah,
ho finalmente (!!!)
finito di scrivere questa maledett-- questa storia. Che era in cantiere
da
mesi. Che parto.
Passiamo
alle cose serie, i tre riferimenti:
°
“Scommetto un bacio che ti batto” – preso
dal meraviglioso (non per
obbligare nessuno
ma leggetelo immediatamente se non l’avete ancora
fatto) libro “Storia
di una ladra di libri”.
°
La scena dell’uomo che dipinge il mare, preso cortesemente
dal –
anche questo meraviglioso
– libro di
Baricco, “Oceano mare”.
°
La canzone di Sheeran, Friends, durante il discorso sul pick-up,
che spero abbiate colto da soli. xxx
E,
beh, spero che a qualcuno sia piaciuta questa cosa luuuunghissima.
Ciao Val!