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Autore: coldfingergurl    28/02/2015    4 recensioni
Non ricordava il volto di quello schiavo, ricordava solamente i suoi occhi e tutta la paura che quel tipo aveva provato nello stare fermo in mezzo a una stanza piena. Non aveva avuto il coraggio di guardarlo in faccia per bene, per memorizzare le sue fattezze, mentre sperava che il padre non lo costringesse davvero a fargli del male.
Quel mondo non aveva mai rappresentato una persona come Minho, lui non si era mai sentito parte integrante di quella società malata e immorale e non aveva mai considerato un’altra persona indegna di rispetto.
[OnHo]
Genere: Angst, Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo fu meno traumatico di quanto si aspettava.
Dalla cucina arrivava un bel profumino di caffè e di qualcosa di dolce di cui Minho aveva un vago ricordo, non mangiava niente del genere da quando era arrivato nel quartiere povero della città,  il sole riscaldava l’ambiente attorno a sé permettendo ai propri raggi di illuminare il soggiorno e di rendere quel risveglio meno lugubre e triste.
La dormita su quel divano non era stata poi tanto male, la sua schiena avrebbe fatto i capricci per un paio di giorni ma almeno era riuscito a chiudere occhio dopo essersi sbronzato un po’ con Jonghyun. Jonghyun che ronfava nella sua camera, udiva il suo russare fin laggiù e non poté fare a meno di abbozzare un sorriso pensando a quanto l’amico avesse bevuto la sera prima fino a crollare sul bancone del bar (era stata una scena davvero ridicola, il pericoloso Kim Jonghyun che andava k.o. contro uno schifoso bancone di legno).
Alzandosi da quel letto improvvisato, i capelli scompigliati e le gambe indolenzite, si avviò in cucina per curiosare e per vedere cosa stesse combinando Jinki .

"Ti sei svegliato, spero gradirai un po' di caffè e dei pezzi di pasticceria appena sfornati. Avevo qualche soldo con me, quindi ho pensato di ricambiare la tua gentilezza con qualcosa di decente da mangiare... Avrei voluto darlo anche a Jonghyun, ma sta dormendo come un ghiro e mi dispiaceva svegliarlo"

"Hai fatto bene, ieri sera è crollato per il troppo alcool."

Jinki aveva abbozzato un sorriso di cortesia porgendogli il caffè appena fatto; era fumante ed aveva un profumo delizioso, non vedeva l'ora di assaporare quel veleno nero e amaro. Davanti a sé, sul tavolo, c'erano diversi prodotti di pasticceria, tutti freschi, che non sapeva quale mangiare per primo. Aveva una gran fame, non vedeva quella roba da anni e dalla sua faccia si capiva quanto fosse impaziente di mettere sotto i denti qualcosa, sperava che lo schiavo non si arrabbiasse vedendolo mangiare senza aspettarlo.

"Presumo che Jonghyun ti abbia detto della famiglia di Kibum..."

"Uhm e del vostro piano per vendicarvi. Sei sicuro che sia una buona idea? Tu starai qua a preparare il caffè mentre Kibum rischia la vita?"

Non era suo diritto intromettersi a quel modo, ma stavano organizzando di uccidere la sua famiglia e Jonghyun non aveva fatto altro che lamentarsi di Kibum e dire che lo avrebbe seguito fino al Nucleo... Qualche diritto di intromissione lo aveva tutto sommato. Per la sua famiglia e per il suo coinquilino/migliore amico (anche l'unico amico che aveva).
Jinki lo stava fissando con un'espressione impassibile, non pareva minimamente toccato da quello che gli stava dicendo e dalle cose di cui lo stava accusando - essere un vigliacco per esempio -; non gli piaceva quella freddezza che leggeva negli occhi dello schiavo, non sembrava neanche la stessa persona.

"E' stato lui a organizzare tutto, a venire a cercarmi. Gli ho procurato informazioni per anni, la mia libertà è il mio giusto pagamento."

Le parole di Jinki gli avevano fatto gelare il sangue nelle vene, quella era la prima volta che vedeva quel lato cinico e meschino dello schiavo. Si era illuso che fosse una persona completamente estranea alla cattiveria del mondo, un giovane uomo naïve e innocente, troppo diverso dagli altri schiavi che giravano per il Nucleo.
Quanto era stato stupido?
Quanto era stato ingenuo da parte sua credere che qualcuno potesse essere perfetto in tutto e per tutto! Le persone nascondevano sempre un lato oscuro, desideri personali che trovavano libertà una volta arrivata l'occasione perfetta (come lo era stata la vendetta di Kibum per Jinki).
Minho era stato talmente ammaliato da Jinki e dalla sua personalità, da come aveva affrontato la sua schiavitù, che non aveva tenuto conto di non conoscerlo affatto.

"Jonghyun vuole seguirlo, vuole andare al Nucleo con lui e tu? Tu parli come se la cosa non ti interessasse."

"E tu come se quella non fosse la tua famiglia, Minho. Tuo padre verrà fatto a pezzi, tua madre potrebbe finire nelle mani del boss di Kibum e subire chissà quali violenze e tuo fratello... Beh, lui subirà lo stesso destino dei suoi schiavi, di quelli che ha ucciso e torturato; come può non importarti niente?"

Non gli importava sul serio?
Per quanto continuasse a chiederselo, a sperare di provare un minimo di preoccupazione per loro, Minho non sentiva niente.
Non c'era paura per loro, non c'era voglia di supplicare di risparmiarli, non c'era niente di niente se non la consapevolezza che lo meritassero. Avevano fatto del male a tante persone, avevano diviso famiglie e abusato di schiavi per tutta la loro vita, persone come loro non meritavano di vivere. 
Da un figlio ci si aspettava tutto tranne un pensiero del genere, ma lui non era più un Choi, loro lo avevano abbandonato e lo avevano allontanato fregandosene di quello che ne sarebbe stato di lui una volta nel quartiere povero.

"Se lo meritano."

"Quindi cosa ti importa di quello che farà Kibum? Non sarà da solo in questa impresa, molti schiavi vogliono essere liberi."

"Ma non è sicuro lo stesso! Il Nucleo pullula di guardie, come farà ad entrare? Come farà ad arrivare ai miei? E' una pazzia e se Jonghyun andasse davvero con lui... Rischierebbe di non tornare."

E la sola idea di dover vivere in quella catapecchia senza la presenza di quello scimmione, senza il suo russare e i suoi dispetti, lo rendevano irrequieto. Sentiva di dover fare qualcosa, di dover affrontare il suo passato una volta per tutte e chiudere definitivamente con esso; non poteva continuare a pensare ai suoi genitori, a quello che gli avevano fatto passare.

"Andrò con loro, li aiuterò ad entrare nel Nucleo."

Non avrebbe permesso a quei due di rischiare la vita ancora prima di arrivare a casa sua, Jinki poteva rimanersene là con Roo in attesa del loro ritorno visto che non era intenzionato a partecipare a quella missione suicida. Sarebbe stato un buon aiuto, chi meglio di Jinki sapeva come sgattaiolare ed entrare nel Nucleo? Era scappato dalle grinfie di Minseok per chissà quando tempo, doveva conoscere per forza un modo per entrare senza essere visto (così come lo conosceva Minho, anche se c'era sempre il rischio di venire scoperto).

"Non puoi tornare al Nucleo, le guardie ti ucciderebbero a vista... C'è un specie di tunnel che collega il Nucleo al resto della città, è nascosto tra gli arbusti di un parco."

"Lo usavi per scappare di nascosto?"

Era una domanda abbastanza stupida, era ovvio che Jinki non usasse il cancello principale per allontanarsi dal Nucleo -  visto che non poteva farlo - ma una risposta affermativa avrebbe reso la possibilità di un'entrata segreta ancora più reale. 
Jinki lasciò andare un lungo sospiro prima di portare lo sguardo su Minho e riprendere a parlare, molto più tranquillo rispetto a prima.

"Verrò con voi, vi accompagnerò fino agli arbusti e vi aspetterò lì. Questa è anche la mia battaglia..."

Abbozzando un sorriso, Minho allungò una mano per prendere quella dello schiavo; era un sollievo sapere che non si era sbagliato su di lui, che lo aveva giudicato bene quando aveva pensato al suo non essere crudele e meschino. 


“Minho… Minho apri gli occhi, andiamo amico, non farmi scherzi!”

Il suono incessante di una macchina fu la prima cosa che gli arrivò alle orecchie non appena i sensi gli tornarono.
Si sentiva frastornato, affaticato e poco riposato, la testa gli stava scoppiando ed era come se un gruppo di piccoli nani stesse celebrando all’interno del suo cranio; cosa diavolo era successo? Perché si trovava sdraiato in quello che, presumeva, fosse un letto d’ospedale?
Non ricordava praticamente niente se non la voce di Jonghyun che lo supplicava di svegliarsi, le mani del più grande che vagavano sul suo volto e sul suo corpo alla ricerca di qualcosa… 

“Il proiettile dev’essere uscito, c’è il foro d’uscita.”

“Dobbiamo portarlo via da qua Kibum! Non possiamo lasciare che muoia per colpa nostra!”


Gli avevano sparato? Per questo si trovava in ospedale?
Si rese conto di avere un respiratore attaccato al naso, l’ossigeno ribolliva nel piccolo contenitore di plastica accanto a lui e sospirò quando vide una fasciatura stretta al suo petto; gli avevano sparato in quel punto, giusto? Forse il proiettile gli aveva perforato un polmone o c’era andato vicino e per questo non riusciva a respirare bene.
Cercando con una mano di afferrare il campanello d’allarme, voleva far capire ai medici di essere vivo, vagò con lo sguardo per tutta la stanza in cui si trovava e alzò un sopracciglio: non era l’ospedale del quartiere povero.
C’erano troppi macchinari, la stanza non puzzava e non aveva quella tipica decadenza dell’ospedale dei poveri… Non era decisamente normale che si trovasse lì, lo sarebbe stato se fosse stato ancora un Choi, se avesse avuto ancora i privilegi che suo padre gli aveva tolto cinque anni prima, ma adesso? Adesso si poteva permettere una stanza putrida senza nemmeno una finestra.

Una porta si aprì dall’interno della stanza e Minho vide Jinki avvicinarsi a lui con un bel sorriso stampato sulle labbra, era così contento di vederlo oppure quel sorriso era di cortesia? 
Non ricordare cosa era successo quando erano entrati nel Nucleo gli stava facendo aumentare il mal di testa, avrebbe voluto sapere ogni cosa immediatamente ma dubitava che i medici avrebbero permesso ai suoi amici di rivelare ogni cosa. Sempre se Kibum e Jonghyun erano ancora vivi. 

“Ti sei svegliato, temevo non lo avresti più fatto…”

“Quanto ho dormito?”

“Cinque mesi.”

Cosa?
Com’era possibile?
No, no, il giorno prima erano entrati nel Nucleo ed avevano raggiunto la sua vecchia casa, avevano sorpreso suo padre a picchiare sua madre e di Minseok non c’era stata traccia fino a… fino a quando di preciso? 
Aggrottando la fronte, si sforzò di ricordare quello che era successo, di ricordare com’erano andate le cose quel giorno ma niente gli tornò in mente, niente di niente. Solamente la voce preoccupata di Jonghyun gli rimbombava in testa, solo quelle parole di supplica.
Cinque mesi della sua vita erano trascorsi in quel letto d’ospedale senza che lui lo sapesse, era finito in coma a causa della ferita al petto?

“Vado a chiamare un medico, ti spiegherò tutto più tardi.”

“No, no! Aspetta Jinki, per favore. Voglio sapere cos’è successo, perché sono in questo ospedale e dove sono Kibum e Jonghyun?”

Lo schiavo sospirò piano prima di togliere il campanello d’allarme dalle sue mani e sedersi, in un secondo momento, su una sedia accanto al suo letto.
Adesso che ci faceva caso, che la sua mente era più lucida, Minho poteva notare degli avanzi di cibo su un vassoio e un altro letto poco distante dal suo; che Jinki avesse dormito là per tutto quel tempo?

“Stanno bene, sul serio, sono… In questo momento non lo so di preciso ma sono scappati dalla città qualche settimana fa. La polizia li stava cercando e tua madre li ha aiutati a scappare.”

“Mia madre?”

Sua madre era ancora viva? Credeva che l’avessero uccisa come Kibum aveva programmato, come avevano pensato di fare una volta raggiunta casa sua e la sua famiglia!
Non aveva senso, niente di tutto quello che gli stava dicendo Jinki ne aveva, sua madre non avrebbe mai aiutato due poveracci, non avrebbe mai aiutato qualcuno intenzionato a sterminare la sua famiglia, ad uccidere suo figlio e suo marito. Era normale che non credesse a quella storia, Minho aveva sempre visto la donna come la First Lady del Nucleo, come il braccio destro di suo padre e non di certo come una persona dolce e compassionevole.

“Vi ha aiutati a scappare da casa tua quando ti ha visto ferito e in una pozza di sangue, Jonghyun le aveva puntato la pistola contro ed era pronto a sparare, ma lei lo ha pregato di salvarla perché non è mai stata d’accordo con il modo di fare di tuo padre e, beh, ti ha trasportato in ospedale pretendendo le migliori cure per te. Eri messo male, il proiettile di tuo fratello ti ha perforato un polmone, i medici sono riusciti a salvarti per miracolo ma sei finito in coma fino ad adesso. Non credevano ti saresti svegliato.”

Più Jinki parlava, più quelle gesta non rispecchiavano per niente sua madre, la madre che conosceva lui ovviamente.
La donna non si era mai mostrata gentile con i figli, non li aveva mai degnati di una carezza o di un abbraccio, era sempre stata la prima a dir loro di prendere esempio dal padre, di diventare uomini come lui, tutto quello che Minho ricordava di lei erano le parole dure e i commenti acidi quando capitava di avere uno schiavo troppo vicino. 
Non poteva credere alle parole di Jinki, no, era impossibile che la donna lo avesse aiutato a quel modo, che avesse aiutato Jonghyun e Kibum a lasciare la città.

“Non ci credo, non è possibile che sia stata lei.”

“Minho… Ti sto dicendo la verità, tua madre ti ha aiutato ed è qua fuori, ha aspettato per mesi che ti risvegliassi.”

“Non… Non capisco.”

Tutte quelle informazioni lo stavano agitando, avrebbe dovuto dare ascolto a Jinki e aspettare di stare meglio prima di ascoltare le sue storie, prima di apprendere che diavolo era successo quella sera al Nucleo, ma non era nella sua natura stare zitto e aspettare che le cose si risolvessero da sole.
Kibum e Jonghyun erano spariti, lui era stato in coma e sua madre lo aveva vegliato tutto quel tempo: com’era possibile tutto ciò?
Doveva essere uno scherzo, era svenuto durante l’attacco e stava ancora sognando, sì.

“Capirai meglio non appena ti torneranno i ricordi, sei solo confuso. Non hai perso la memoria e non hai subito danni al cervello, devi solo risposare.”

“Ho riposato per cinque mesi, sono stanco di riposare! Voglio sapere cosa è successo davvero.
Voglio sapere perché mia madre mi sta aiutando e perché ha aiutato Kibum e Jonghyun!”

Lo schiavo si era mordicchiato un labbro abbassando lo sguardo. Minho era convinto che ci fosse molto altro dietro ai gesti di sua madre, c’era qualcosa di più in tutta quella storia e la reazione di Jinki non faceva altro che convincerlo ancora di più.

“Dà retta al tuo amico, dovresti riposare.”

“Madre…”

Il suo sguardo si incollò immediatamente alla figura magra  e sinuosa della madre, erano passati anni ma la donna aveva ancora quell’aspetto elegante ed etereo. Non era cambiata nemmeno di una virgola: il suo volto non trasmetteva niente e la sua voce era fredda come il ghiaccio.
Come al solito lo stava fissando senza provare nessuna emozione,  non c’era preoccupazione nei suoi occhi, né compassione o gioia nel rivederlo dopo ben cinque anni; quella totale assenza di empatia e di sentimenti lo facevano dubitare sempre di più delle parole di Jinki, com’era possibile che quell’automa di madre lo avesse aiutato a salvarsi?

“E’ bello rivederti, figlio mio. Avrei preferito farlo in un’altra situazione, ma in quel caso non sarebbe mai avvenuto.”
   
 
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