Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Farytales_catcher    28/02/2015    7 recensioni
" Perché ognuno di noi sa’ perfettamente che i sogni non sono reali, che è la nostra immaginazione che li produce , eppure non conosco persona che non sogni e non continui a credere nei sogni.
A me piacciono quei sogni dove magari sai pure di star sognando, perché sono palesemente irreali . Dove si può volare senza ali, e si può parlare con gli occhi, senza parole. "
Dal Prologo - Opaco
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 2 
Non mi è mai piaciuto il buio, e non so neanche il perché.
Da piccola costringevo mia cugina, Elisa, a dormire con me quando andavamo in campeggio vicino Latina.
“Vieni qui, ho sentito che ci sono i fantasmi” le dicevo, e lei con i suoi occhi colmi di paura si rannicchiava vicino a me. Non lo facevo per essere sadica, ero solo una bambina che aveva il terrore dell’oscurità.
Non pensavo che diventando più grande ci sarei cascata dentro, fino ad immergermi completamente in un abisso senza luce.
Ricordo che quando c’era vento, e gli alberi proiettavano la loro ombra sul terreno umido, io mi divertivo a fissarle e a raccontare delle storie assurde su principesse segregate in torri alte come grattacieli, e di principi tanto belli da mozzare il fiato a chiunque.
Mi piaceva raccontare le storie, e mi piace tutt’ora, solo che non lo faccio più.
Non trovo mai l’ispirazione.
Sospiro e guardo fuori dalla finestra.
 Non c’è dubbio: Milano è molto grande.
Industrializzato al massimo, con i suoi bei palazzi di vetro, il panorama si mostra limpido e perfetto ai miei occhi. Non c’è nulla di lasciato al caso: sembra di trovarsi in uno di quei film che ipotizzano su come il futuro potrebbe essere, con tanto di uomini d’affari che camminano tra le vie del centro con la loro ventiquattrore nera.
Tuttavia, qui alla periferia della grande città della moda, la realtà è completamente diversa .
Milano, da qui, sembra quasi il miraggio di una povera persona nel deserto del Sahara.
Le uniche persone che camminano spensierate, o quasi, per i corridoi, sono i medici con i loro bei camici bianchi, e con le cartelle cliniche in mano dei pazienti, e, manco a dirlo, adesso stanno arrivando nella mia stanza.
“Buongiorno Camilla” mi saluta la dottoressa Stefania Morelli con il suo sorriso sempre così radioso.
Lo vorrei tanto anch’io.
“Mh …” mugolo facendo finta si essermi appena svegliata.
“Ah, sei diventata la bella addormentata?” mi domanda.
La guardo storto imbronciandomi, come faccio solitamente.
“Si, ma arrabbiata” aggiunge il dottor Armenise, il primario.
“La fate facile voi” biascico e mi scopro il torace, sapendo che mi ascolteranno il cuore ed i polmoni.
Fatto tutto, ricevo una pacca sulla spalla dal primario.
“Ah, Camilla, potrei chiederti di fare amicizia con la ragazza nella stanza affianco? E’appena arrivata e …”
“No, dottoressa” le rispondo. Ed è un “no” categorico.
Non aiuterò nessuna ragazza con un tumore, ne tantomeno ne diverrò amica.
Non ho amici, non ne voglio e non mi va di dare false speranze a qualcuno .
No.
“Come vuoi” ribatte, prende la cartella clinica e se ne va.
Quando nel pomeriggio, arrancante, mi trascino la flebo per i corridoi dell’oncologia, mi viene spontaneo guardare nella stanza accanto alla mia, un po’ per curiosità, un po’ perché volevo scoprire il volto della ragazza che mi ero imposta di non conoscere.
E quando la vedo, resto immobile.
Lei si gira, mi vede e mi sorride.
E’ magra, magra da morire.
Crederei che fosse anoressica se non sapessi che, per essere in questo punto dell’ospedale, ha un cancro.
Non le sorrido. Mantengo lo sguardo dritto verso le ossa appuntite che spuntano dalle sue spalle, sulla mascella, dappertutto.
Non sento la sua voce quando mi saluta, poiché corro via disgustata.
Non sono cattiva, ma la vista di quelli come me, mi ricorda di essere più di là che di qua.
Trovo rifugio in un bagno infondo al reparto.
Appena entro, mi accascio contro la porta del gabinetto, incastrandomi perfettamente tra quest’ultima ed il water, solo l’asta della flebo fa un po’ resistenza, ma io la strattono abbastanza da far entrare anch’essa.
All’improvviso ho un conato e mi accingo al water in procinto di rimettere, e il vomito non si fa aspettare molto.
Arriva impetuoso, svuotandomi da qualsiasi cosa, anche dai pensieri.
Il mio piccolo segreto.
Era arrivato come un vizio, ed ora vive con me.
 La flebo ormai si è staccata dal mio braccio andando fuori vena, e facendomi sanguinare abbondantemente, ma il dolore non lo sento neppure.
Esco da quel piccolo posto, e vado vicino al lavandino per lavarmi il viso. Mi fisso allo specchio per qualche secondo, mentre sento il sangue picchiettare insistentemente sul pavimento.
Anch’io ho le ossa in bella vista sulle spalle e sul resto del mio corpo.
Le lacrime scendono calde sulla pelle già infiammata delle mie guance, ma ad un certo punto non sento più niente.
Soltanto la spiacevole sensazione del pavimento gelido sulla mia schiena.
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Farytales_catcher