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Autore: MAMMAESME    01/03/2015    3 recensioni
Matrimonio in vista? Chissà ...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Non qui, non ora.

 

Tornai al presente, ai suoi occhi che mi guardavano freddi come il ghiaccio.

La sua mano era ancora sulle mie labbra per fermare le parole.

Lentamente afferrai il suo polso e mi liberai la bocca, non tanto per poter parlare, quanto per scacciare la tentazione di assaporare la sua pelle.

Posandole la mano in grembo, avvolsi il suo volto tra le mie dita.

-Perché, Nina? – sussurrai a stento, asciugandole le guance con i pollici.

Non potendo abbassare lo sguardo, chiuse gli occhi, deglutendo quello che mi sembrò un groviglio di lacrime e grida.

Strinsi un po’ più forte la mia presa.

-Parlami Nina … - la supplicai.

Avevo pronte mille spiegazioni, recriminazioni; avrei voluto litigare, sbraitare, dirle che non ero più affar suo, ma il suo mutismo rese vano ogni discorso.

Quando Nina si chiudeva in uno dei suoi silenzi, diventava impenetrabile.

D’istinto appoggiai la mia fronte alla sua, quasi a cercare una connessione telepatica, un modo per abbattere quel muro e trovare i suoi pensieri.

-Senti … capisco che, probabilmente, sono l’ultima persona al mondo con cui verresti parlare … e forse hai ragione, forse le parole sono superflue … ma vorrei tanto capire perché: perché hai pianto, perché sei furiosa con me … perché, Nina? –

Odiavo il gioco dei perché, lo detestavo perché con lei ne uscivo sempre perdente: più chiedevo, meno parlava. La mia naturale logorrea diventava un fiume che s’infrangeva contro la diga del suo silenzio.

Come accadde quella mattina … la mattina dopo … il punto di non ritorno.

-o-o-o-o-

Alla vista del mio anello esitò.

L’attimo rimase sospeso, il mio respiro fermo come le sue labbra mute, fino a quando i suoi occhi, lentamente, incontrarono i miei.

Fu questione di un istante.

La scatolina cadde sul letto, accanto alla rosa, mentre lei si buttava tra le mie braccia. Immediatamente mi sentii avvolgere dalla sua pelle fresca, lasciata nuda dall’asciugamano che era volato sul tappeto.

Il suo abbraccio sciolse l’ansia che aveva attanagliato il mio stomaco.

Nelle vene il sangue cominciò a scorrere più veloce, accelerato dal suo impeto: era una sensazione esaltante, travolgente … una folata di vento tropicale, caldo e umido, che penetra nei pori e si infila sotto la pelle, infuocandola.

Lasciai che le sue mani scorressero sui bottoni della mia camicia, slacciandoli uno alla volta, anche se avrei preferito che me la strappasse. Ad ogni asola sconfitta, i suoi polpastrelli accarezzavano centimetri della mia pelle, con una foga che mi lasciò senza fiato.

Quando anche l’ultimo bottone fu liberato, mi fece scivolare la camicia lungo le spalle, lasciandomi le braccia imprigionate nelle maniche. I suoi palmi iniziarono a scorrere sui miei muscoli tesi, mentre con la bocca vorace cercava le mie labbra, la mia pelle.

La sua passione era feroce e la mia si adeguò, crescendo con la sua.

Le sue unghie trovarono la mia schiena, mentre cercavo di liberarmi dagli ultimi vestiti che m’impedivano di essere un tutt’uno con lei; i miei gemiti si unirono ai suoi.

L’urgenza di averla era così potente che la presi e la scaraventai sotto di me senza fare attenzione.

Un lamento di dolore mi fece interrompere il contatto con la sua bocca.

Si morse le labbra per frenare un grido. L’avevo appoggiata sulla rosa, e le spine avevano fatto il loro doloroso lavoro.

La feci voltare e vidi due piccoli graffi sulla sua pelle candida.

Ci scappò una risata.

-Ti fa male? – le chiesi, buttando la rosa sul tappeto.

Lei non rispose, limitandosi a distendere le braccia sotto ai cuscini, mostrandomi così la schiena in tutta la sua bellezza.

Mi abbassai lentamente e passai la lingua sui qui piccoli segni rossi.

-Ian … - sospirò.

-Dimmi di sì … - la implorai mentre le mie labbra saggiavano ogni piccola porzione della sua pelle profumata.

Le mie mani s’infilarono sotto il suo corpo, per stringerla e incollarla al mio petto.

Lei rispose muovendo i fianchi: l’impulso di darmi a lei fu incontenibile.

Se potevo averla, non mi servivano altre risposte.

Affondai il naso tra i suoi capelli e premetti i polpastrelli sulla sua pancia morbida.

Lei si plasmò al mio tocco, si adeguò al mio peso su di lei, alla forma del mio corpo, al desiderio che mi annullava.

E fu come morire della morte più dolce, bruciare nel fuoco più ardente, rinascere dalle ceneri e volare nei cieli più alti, sferzati da venti impetuosi e lacerati da lampi folgoranti.

E fu, come sempre, perdersi e ritrovarsi in un groviglio di gambe e pelle, lenzuola e baci.

Dopo … molto dopo … mi addormentai sul suo ventre: una mano sui suoi fianchi e l’altra stretta attorno al portagioie.

-o-o-o-o-

 

-Ok Nina … quando vorrai parlarne mi troverai fuori, da qualche parte … forse. – iniziavo a sentirmi esasperato.

La chiave scattò nella serratura.

Un sospiro, un respiro più profondo, mi fece fermare ancora un attimo.

Quando parlò, la sua voce mi gelò il sangue nelle vene.

-Lo so. So già tutto quello che c’è da sapere. Conosco tutte le spiegazioni, le ragioni, i motivi. Razionalmente so che hai ragione, che non c’è nulla che io possa recriminare, nulla che possa pretendere da te. Ma dentro, il mio respiro si ferma e brucia nella gola quando lo libero, il mio stomaco mi manda fitte dolorose se solo ti immagino sposato, legato ad un’altra per tutta la vita … perché io ti conosco: se decidi è per tutta la vita! … e fa male … non dovrebbe, ma fa male. –

Le sue parole mi presero come in laccio intorno al collo: mi sentivo soffocare, incapace di rispondere, di emettere un qualsiasi suono.

Stinsi la maniglia con una forza tale che mi divennero bianche le nocche.

 

- Guardami! - mi richiamò Nina. – Guardami bene: questi non sono i miei occhi. Guarda questa donna allo specchio: la riconosci? Io no, non mi riconosco. Mi chiamo e non rispondo. Cosa mi hai fatto, bastardo! Guarda come mi hai ridotta! – la sua voce stridula era irriconoscibile.

Strinsi i denti per frenare la rabbia che stava per traboccare.

-Io? – riuscii a malapena a mormorare.

-Tu, l’idea che ho di te, il marchio che hai lasciato sulla mia pelle. So che, per quanto io ti ami, non siamo fatti per stare insieme. So che le nostre differenze sono inconciliabili: tu vorresti salvare il mondo, io vorrei solo addentarlo come una mela matura, spremere la vita fino all’ultima goccia. Sarà l’età? Forse. Sarà il mio modo di essere? Anche. Ma io voglio vivere la mia vita sulle montagne russe. Il colmo è che tu me lo hai insegnato, tu mi hai dato le ali per poi volermele tarpare. So tutte queste cose, so quanto ci castreremmo insieme eppure … eppure fa male … eppure ti voglio ancora. Sono in conflitto con me stessa, con la parte di me che ti vorrebbe e quella che ti allontana: la testa dice che è tutto ok, ma l’istinto dice no; la ragione urla di lasciarti andare, ma il cuore protesta. I pensieri mi dicono di scappare lontano, le gambe non si muovono di un passo. Tu mi hai dato tutto e tutto mi hai tolto volendo andare oltre, troppo presto … troppo in fetta! –

L’ascoltavo e sentivo l’eco delle mie stessa sensazione, dei miei stessi conflitti.

L’ascoltavo e altre immagini si sovrapponevano al presente, mescolandosi con le lacrime trattenute a stento, con la rabbia che scemava in fitte pungenti dritte al cuore.

-o-o-o-o-

Svegliandomi, dopo la notte più intensa della mia vita, non la trovai accanto a me.

Il sonno, che appannava la mia mente, rendeva tutto ovattato. Pigramente mi misi a sedere sul letto per capire dove potesse essere Nina.

Sentii l’acqua della doccia scorrere. Un sorriso mi si stampò sulla faccia ancora assonnata.

Mi alzai e decisi di raggiungerla in bagno. Una doccia di coppia era proprio quello che ci voleva per affrontare la prima di un’infinita serie di giorni insieme. Avremmo dovuto fare programmi, dirlo ai suoi, ai miei, al mondo intero … decidere una data.

Ma quando aprii la porta del bagno ogni traccia di felicità venne cancellata dalla scena che mi ritrovai davanti.

Nina era seduta sul piatto della doccia, l’acqua che le scorreva sui capelli già fradici, il viso nascosto sulle ginocchia strettamente serrate al suo petto, chiuse nella morsa delle sue braccia.

Convinto che stesse male, infilai la mano sotto l’acqua e raggiunsi il miscelatore per spegnerla. Afferrai il primo asciugamano che mi capitò tra le mani e glielo buttai sulle spalle.

Mi chinai per aiutarla ad alzarsi ancora prima di chiederle cosa avesse: il suo corpo era rigido e sembrava incollato alle piastrelle.

In preda al panico l’afferrai per le spalle e la scossi leggermente per farla reagire.

-Nina … - la chiamai.

Lei non fece alcun movimento, non emise un suono.

Rassegnato al suo mutismo, entrai nella doccia e mi sedetti di fronte a lei, le mie gambe attorno al suo corpo immobile.

-Parlami, Nina, dimmi cosa succede. Stai male? –

- Vattene, Ian … - la voce roca filtrava attraverso le cosce serrate.

Andarmene. Dove? Perché?

-Cosa stai dicendo? Perché dovrei andarmene? –

Lentamente alzò la testa e fissò il suo sguardo sul mio volto: era sfatta, distrutta.

La sorpresa mi lasciò stordito.

Che cosa era accaduto per ridurla in quello stato?

Allungai le mani per afferrarle il volto, per convincerla a confidarsi, ma lei bloccò i miei movimenti, scuotendo la testa ostinatamente e fissandomi con un’espressione che non ammetteva dubbi: non voleva che la toccassi.

… e dopo la notte trascorsa in uno stato di perfetta estasi, tutto ciò non aveva alcun senso.

Mi fermai. Le mani incominciarono a tremarmi per lo sforzo di non urlare, di non cavarle le parole direttamente dalla gola.

-Cazzo, Nina … ancora non so leggere nel pensiero e, se non mi dici subito cosa ti sta accadendo, diventerò pazzo!-

In risposta alla mia imprecazione le lacrime iniziarono a sgorgare dai suoi occhi come un fiume in piena ed io, impotente, le guardai fluire, non sapendo come fermarle, non conoscendone l’origine, il motivo scatenante.

Una telefonata? Qualcuno che stava male ... o peggio?

Non l’avevo mai vista tanto straziata, mai vista piangere così disperatamente.

Nina non piange …

L’umido della doccia stava penetrando nella mia pelle e, insieme all’ansia, incominciava a procurarmi brividi intensi, ma non mi mossi per prendere un accappatoio. Non volevo allontanarmi da lei senza capire il motivo di tanta angoscia.

All’improvviso le parole uscirono dalla sua bocca come un’esplosione.

-Perché hai dovuto rovinare tutto? Perché non pensi prima di agire … prima di parlare? Sei il solito vulcano in eruzione: hai un’idea e la devi realizzare, senza pensare che la tua energia potrebbe essere devastante. –

M’irrigidii sentendo il tono di rimprovero della sua voce: era arrabbiata, ferita.

Di cosa mi stava incolpando?

Gocce di sudore freddo bagnarono i miei palmi stretti a contenere uno stupore incredulo.

-Ma … - riuscii a balbettare.

-Tu arrivi con tuo bell’anello e sconvolgi la mia vita perfetta, senza pensare che forse sono troppo giovane … che forse vorrei fare altro prima di ritirarmi in campagna a sfornare tanti bambini con gli occhi azzurri. Ho una carriera appena iniziata, amiche con cui divertirmi, un mondo da sbranare e tu mi chiedi di sposarti? Perché, Ian …? –

Già … perché?

-Forse perché ti amo e voglio passare la mia vita con te? Realizzare i miei sogni con te? Costruirmi un futuro con te? –

-I tuoi sogni … e i miei? Il tuo futuro … e il mio? Il mio presente? Un paio d’anni, Ian … solo un paio di fottuti anni e forse avrei potuto pensare, valutare … -

La sua voce spezzata echeggiava nelle pareti della doccia, ormai gelida come il mio umore.

Ero completamente spiazzato dal suo discorso; non sapendo cosa ribattere, rimasi immobile in un marasma di emozioni, sconforto, incredulità: il freddo penetrava sempre più nella mia pelle, nelle mie vene, nella mia anima … nel profondo.

-Non ti ho detto che dobbiamo sposarci domani … - abbozzai.

-Ian, ti amo da impazzire, desidero stare con te, ho bisogno di te ...  ma non voglio sposarti! Non oggi … non domani … -

-Né mai. – conclusi per lei.

Il silenzio che seguì ghiacciò il mio cuore e una crepa lo attraversò.

Qualcosa si era spezzato: io.

 

-o-o-o-o-

 

Rivivere gli stessi istanti, la stessa dolorosa sensazione di precipitare in una voragine, in un orrido senza fondo, mi fece cadere negli stessi conflitti, nella stessa lacerante agonia.

Andare o restare? Amarla o odiarla? Vivere o languire nel ricordo?

Io non so stare fermo, non so odiare e voglio vivere: questo è quello che sono … ma in quel momento, ascoltando il suo sfogo, sentendo la sua rabbia fondersi con la mia, la sua angoscia con la mia frustrazione, avrei voluto solo restare, amarla … languire tra le sue braccia e chiudere la vita fuori dalla porta di quell’angusto camerino.

Richiamando a me la calma, richiusi la porta e tornai da lei.

-Nina … vorrei poterti dire che c’è una soluzione, vorrei veramente che ci fosse, ma non c’è. Noi non siamo questi, non siamo così: tristi, rancorosi, arrabbiati. Non siamo Damon ed Elena. Non possiamo vivere per sempre, aspettarci per sempre. Non abbiamo l’eternità. Io ho i miei progetti e sai con quanta passione voglio realizzarli … tu hai i tuoi e hai tutto il diritto di percorrere la tua strada, diversa dalla mia. Le nostre vite hanno direzioni parallele e ci sono solo attimi, stazioni in cui possiamo salutarci attraverso i finestrini di treni che continueranno la loro corsa l’uno accanto all’altro per alcuni tratti, ma mai vicini abbastanza, perché il rischio di collisione è altissimo. Siamo solo in attesa che un bivio ci porti definitivamente in direzioni opposte, lontane, mai più secanti. Un’altra serie di The vampire diaries, un altro anno e poi …  

Le parole mi morirono in gola: già … e poi? Non l’avrei più rivista, non avrei più avuto il mio alter ego per stringerla tra le braccia, baciarla o semplicemente averla accanto.

-E poi …? - mi fece eco Nina, lasciandosi sfuggire un singulto.

Avrei dovuto rassicurarla, allontanarla, renderla forte e consapevole, ma a quel pensiero, l’unica cosa che desiderai fu stringerla fino a soffocarla, fino a soffocare quel dolore sordo che mi aveva preso come in pugno alla bocca dello stomaco.

Presi un respiro profondo, le afferrai le mani e le baciai il palmo.

-Hic et nunc, Nina. Quando sarà, lo affronteremo … non qui, non ora. Adesso cerca solo di ricomporti, di stare bene, di capire che se io sposerò Nikki è perché dobbiamo andare avanti: io devo … tu devi, come hai fatto ieri, l’altro ieri … e tutti i giorni che non sei stata mia. Io, per un lungo periodo dopo che abbiamo rotto, mi sono limitato a sopravvivere, ma adesso non mi basta più. Io per te ci sarò sempre, ma non mi chiedere di rinunciare ai miei sogni, come io non ti ho chiesto di rinunciare ai tuoi. Io sono qui fuori, qui dentro, dove vuoi, se mi vuoi, se avrai bisogno di  me … ma, altrove, io continuerò ad andare avanti e tu farai lo stesso. –

Le labbra salirono dai palmi ai polsi, raggiunsero le sue guance umide e vi posarono un bacio colmo di tutto il calore, di tutto l’amore che, nonostante tutto, nonostante le distanze inconciliabili, provavo per lei.

Lei abbassò gli occhi e si sforzò di sorridere.

-Vivere … prima o poi mi spiegherai il segreto celato dietro questa parola … -

-Quando lo scoprirò, ti manderò un tweet – risposi, posandole una carezza sui capelli arruffati. – Ricomponiti … ti aspetto fuori: non rimanere qui da sola, non servirà. –

-Mi dovrei accontentare delle briciole? – ironizzò.

- L’ho fatto per mesi … mi sono saziato delle tue briciole, eppure sono ancora qui. –

- Dammi cinque minuti e ti raggiungo. –

-Ti aspetto … -

L’avrei aspettata sempre.

 

(continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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