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Autore: Sheep01    01/03/2015    2 recensioni
“Sempre insieme, eternamente divisi. Finché il sole sorgerà e tramonterà, finché ci saranno il giorno e la notte.”
Questa è la storia di un falco, di un lupo e di una ladra. Di come quest'ultima, in fuga da una delle prigioni più inespugnabili del regno, si troverà, suo malgrado, coinvolta in una tragica storia, alimentata da forze oscure e misteriose. Fra le sue mani, il destino di due amanti, oppressi dal maleficio di un vescovo crudele e senza scrupoli, che li costringe a una semi vita fatta di albe e tramonti che si rincorrono.
[Clintasha – Medieval AU]
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

Aguillon

 

Se la funzione finirà pacificamente, sentirai le campane suonare a lungo, e così tu capirai che ho fallito.”

 

*

 

  

L’alba.

Per molti solo l’inizio di un nuovo giorno. Un avvenimento scontato, abitudinario.

I pigri raggi del sole cominciavano ad allungarsi come braccia che si sgranchivano su un lenzuolo d’azzurro.

Il lupo dormiva, sprofondato nella fossa accanto al capitano delle guardie, riparato dal vento gelido del mattino.

Kate seduta in disparte con il monaco, avvolta in una coperta di lana, sgranocchiava quello che restava del pane raffermo del giorno prima.

“Credete che funzionerà?” domandò. La voce ancora indebolita dai postumi di quella indimenticabile notte.

Fury scosse la testa, incerto sulla risposta da dare.

“Prega per un miracolo, Kate. E’ tutto quello che ci resta.”

La ragazza strinse a sé la coperta, senza staccare gli occhi dalla buca. Si chiese se l’idea fosse buona. Se non avessero potuto lavorare più tenacemente. Se fosse abbastanza profonda.

Si strofinò il naso gelato, ignorando quell’assurdo rimescolio allo stomaco al solo scorgere l’espressione di Clint, seduto accanto al lupo.

Avrebbe assistito per la prima volta al miracolo di quella trasformazione: si chiese se sarebbe avvenuta ugualmente, in presenza di ben due spettatori. L’improvvisa falsa speranza di poter spezzare la maledizione solo grazie a quattro paia di occhi estranei al maleficio.

Si trovò a trattenere il fiato, quando la luce cominciò a scivolare fra le pareti di terra e ghiaccio.

E attese.

Attese che il momento arrivasse e passasse. Attese che la maledizione si avverasse sotto i suoi stessi occhi. E fu proprio quando si rese conto di aver smesso di respirare che accadde.

Vide il nero manto del lupo farsi meno folto; il sole che lo rendeva lucente, adesso, rischiarava stralci di pelle candida come neve. Il corpo sembrò restringersi, farsi piccolo, minuscolo a confronto, tutto raggomitolato sotto strati di coperta. Dal capo che sbucava da un lato, si allungavano lunghi capelli color del rame.

Clint si mosse nella fossa. Poteva dire, dal modo in cui si era improvvisamente ritratto contro una delle pareti, di quanto egli stesso non si fosse atteso di veder compiere il miracolo sotto il suo sguardo.

Kate si alzò in piedi, lasciando scivolar via la coperta, avvicinando di un paio di passi la scena, ma non troppo per paura di interromperne il corso.

Vide Natasha destarsi e rimettersi a sedere e - come guidata da un istinto sacrale - voltarsi, scorgendo infine ciò che nemmeno nei suoi sogni più proibiti si era mai concessa si sperare.

La sorpresa nei suoi occhi che improvvisamente si rispecchiavano in quelli del capitano delle guardie. Un sussulto scosse Kate quando vide entrambi riconoscersi e, come in sogno, avvicinarsi, avvolti di quella luce incerta e inconsistente, in quel pulviscolo che ancora non si era concretizzato nel mattino. Le mani di entrambi ad allungarsi l’un l’altra in un attimo che sembrò durare in eterno, sospeso nel tempo.

Le dita a un soffio, pronte a sfiorarsi, toccarsi.

Kate sentì l’aspettativa farsi greve. La speranza di veder disintegrata la maledizione in quel glorioso mattino d’inverno fu improvvisamente così viva da farle male, in fondo allo stomaco.

Le lacrime che pungevano ai lati degli occhi, all’emozione palpabile di quel momento.

E poi improvvisamente, così come era iniziato, tutto finì.

Nemmeno il tempo di toccarsi, di unire le dita per un misericordioso istante, che un frullio d’ali spezzò il silenzio come uno schiocco di frusta. I vestiti di Clint accartocciati sul fondo della buca e il falco che si librava in volo, fuggendo dalla malefica luce del giorno.

Kate sentì qualcosa spezzarsi al centro del petto, quando il grido di Natasha riempì la vallata, in un’eco distorta.

 

*

 

“Che ci fa lui ancora qui?” domandò Natasha che aveva appena finito di sistemarsi il lungo mantello sulle spalle.

Fury le lanciò uno sguardo colpevole, ma non si sottrasse al suo giudizio.

Kate venne avanti, portando la sella di Golia.

“Non ha funzionato…”

“Non ha funzionato cosa?” la sentì Natasha, senza preoccuparsi di riservare anche a lei il medesimo sguardo ostico e assolutamente odioso.

“Credevamo che…” esitò solo un istante, prima di sistemare la sella sul cavallo e poi voltarsi di nuovo verso la donna, fronteggiandola, “Oh, insomma, non venirmi a dire che non ti ha fatto nessun effetto rivedere il capitano Barton, questa mattina, in quella buca!”

La vide trasalire appena, un moto d’esultanza ad accenderle il petto al modo in cui era riuscita a far crollare, sebbene solo per un istante, quel muro fatto d’orgoglio.

Poi i suoi occhi verdi si fecero di nuovo cupi, velati d’irritazione e il momento passò.

“Avete giocato sporco solo per convincermi a desistere dai miei intenti?” l’accusò allora, venendole incontro innervosita.

“Era l’unico modo per costringerti a ragionare, Natasha!”

“So ragionare con la mia testa! Ho già preso la mia decisione. Non sta a una ragazzina sprovveduta e un monaco ubriacone decidere per me!”

“E di Clint che mi dici?” esclamò Kate smettendo di arretrare dinnanzi alla sua minacciosa avanzata, decisa a non farsi intimorire dalla sua foga.

“Cosa c’entra Clint?”

“Se credi che ce lo abbiamo spinto a forza in quella buca ti sbagli di grosso! Era d’accordo con noi. E’ ancora… d’accordo con noi! Pensa che tu stia agendo in modo scellerato ed impulsivo!”

“No.”

“Pensa tu sia un’egoista!” le gridò in faccia.

“Taci, ragazzina!”

“E lo penso anche io! Sei un’egoista! Pensi solo a quella tua stupida vendetta! Pensi solo a soddisfare un istinto primordiale e sciagurato. Che ne sarà di voi quando la tua insensata vendetta sarà compiuta? Non ci pensi? Non pensi a Clint? Non pensi che non avrai più modo alcuno di rivederlo o anche solo di sfiorarlo così come quasi hai fatto prima? Finirai per uccidere entrambi! E’ questo che vuoi?”

“Ho detto: taci!” esclamò Natasha, prendendola per la collottola, strattonandola quel tanto che bastò a scoprirla ed esporla al gelo: sulla candida pelle della ragazzina, tre grossi solchi insanguinati le percorrevano il petto. Ancora bruciavano da impazzire.

Natasha sgranò gli occhi e la lasciò andare. Stupore e confusione nel suo sguardo.

“Che cosa… che cosa hai fatto?”

“Sei stata tu…” intervenne Fury andando a sorreggere Kate che, tremante e ancora indebolita dalla prova della notte passata, aveva sentito cedere le gambe.

“Non… non sono stata io.”

“Ieri notte. Il lupo ha attraversato il lago ghiacciato ed è caduto in acqua. Kate ti ha salvata.” Le sbandierò in faccia la verità, lanciandole uno sguardo di rimprovero.

“Ieri notte…”

“Sì, ieri notte. Prima di infilarti in quella fossa assieme a Barton. Volevamo avessi la possibilità di rivederlo.”

“Non lo sapevo.”

“Ora lo sai.” Fece duramente, scuotendo il capo, “Siamo qui solo per aiutarvi. Niente altro. Siamo sempre stati qui solo per aiutarvi. Credi che non mi maledica io stesso ogni santo giorno per quello che vi ha fatto il vescovo? Pensi che cercherei davvero di fregarti? O fregare lui?”

Lasciò andare Kate che gli fece cenno di riuscire a cavarsela da sola.

Natasha sembrò improvvisamente placarsi. Il volto teso, amareggiato ma improvvisamente consapevole.

“Mi dispiace, Kate…”

“Non fa niente.” Le rispose la ragazza, serrando a sé i lembi del vestito strappato.

“Anzi ti ringrazio”, riprese Natasha, rialzando su di lei uno sguardo che nascondeva l’ombra di un sorriso, cercando anche Fury con gli occhi, nel processo, “andremo ad Aguillon. Tutti e quattro. E aspetteremo questo famoso miracolo di cui vai parlando, padre. E faremo in modo di trovare finalmente la pace… tutti noi.”

Il monaco si concesse un sorriso che finì per contagiare anche Kate.

 

*

 

Attesero il famigerato nuovo giorno, prima di decidersi ad avvicinare la fortezza pochi minuti dopo l’alba.

Attraversare il villaggio senza Barton aveva la priorità. Avrebbero potuto riconoscerlo fin troppo facilmente. Mentre Natasha, svestita dei panni oscuri del cavaliere, e i capelli nascosti, avrebbe potuto dirsi una giovane fanciulla venuta dai villaggi limitrofi.

“Quasi non ti riconoscevo vestita a quel modo, mia signora!” esclamò Kate, osservando il lungo vestito color porpora che la donna indossava. Il lungo mantello, mantenuto solo per coprirle spalle e dare appoggio al travestimento.

“E’ uno dei miei vecchi vestiti, questo…”

“Sul serio?”

Natasha la guardò vagamente divertita: “Pensavi andassi sempre in giro vestita da cavaliere?”

“No!” si affrettò a rispondere Kate, “cioè, insomma… ti ho conosciuta in quei panni e credo mi faccia solo… strano.” Raddrizzò il tiro sorridendole.

Ora riusciva a comprendere come avesse fatto ad attirare l’attenzione dell’intera Aguillon e non di meno di quel sant’uomo del vescovo. Sotto quegli strati di stoffa però, era ancora lo spirito della guerriera ad emergere.

“Dobbiamo muoverci. Le funzioni non aspetteranno noi per cominciare”, disse solo la donna, issandosi sul carretto del monaco che trasportava una gabbia con il falco pellegrino.

“Il capitano vi odierà immensamente per questo.” Lo stuzzicò Kate, infilando un dito fra le sbarre, sorridendo all’animale.

“E’ l’unico modo per ottenere un accesso alla fortezza.” Spiegò il monaco, ma Kate aveva già compreso le dinamiche del piano e si allontanò dal carretto osservandoli dal basso. Ansia e aspettativa per la giornata le comprimevano il petto.

Da lì a poche ore si sarebbe compiuto il miracolo che avrebbe decretato la fine del maleficio. Nel bene o nel male.

Non era certa di voler affrontare in qualche modo l’argomento o di pensare a cosa avrebbe potuto succedere dopo. Non era abituata a pensare in quella maniera. E di certo non avrebbe cominciato a farlo in quell’istante. Lo sguardo determinato di Natasha, quello serioso del monaco, le diedero la spinta sufficiente ad assumersi la responsabilità del proprio compito.

In una settimana la sua vita era completamente cambiata. Il suo modo di vedere le cose, la prospettiva con cui le osservava era cambiata. Era sempre stata convinta che un giorno avrebbe partecipato a qualcosa di grandioso, in barba a quella sua famiglia che la dava per spacciata, irrecuperabile, che la voleva costringere in regole ed istituzioni che le erano sempre andate strette.

E adesso lo stava vivendo, quel qualcosa di grandioso… per quanto bizzarro e pericoloso potesse essere. Aveva compreso l’importanza della collaborazione e forse… - lei che di amici non ne aveva avuti mai - dell’amicizia.

Decise di accantonare le elucubrazioni mentali, sperando di poterci ragionare con calma una volta conclusa quella faccenda. Adesso era il momento di restare concentrati e di sfruttare quella spinta d’orgoglio positiva.

“Io mi dirigo al fossato. Se tutto è rimasto come l’ultima volta… dovrei riemergere esattamente da dove sono fuggita.”

“Mi raccomando, Kate…”

“Oh, non vi preoccupate. Se uscire è stato facile, rientrare sarà una passeggiata al sole.” Li rassicurò, allontanandosi di un paio di passi per farli passare.

“Ci rivediamo alle undici in punto!”

Fece loro un cenno di saluto, guardandoli allontanarsi lungo il sentiero che portava al ponte levatoio.

“Signore, mai come in questo momento abbiamo bisogno del tuo sostegno…” mormorò, prima di correre attraverso il declivio e raggiungere il retro della fortezza, “non ci deludere!”

 

*

 

Il vescovo di Aguillon passeggiava nervosamente su e giù per la sua stanza. Fra le labbra una febbrile preghiera, ripetuta all’infinito, per placare quella sua anima tormentata.

“Avete per caso cercato di me… vostra grazia?”

Il vescovo rialzò lo sguardo trovandosi ad osservare lo sguardo di fuoco del demonio che, nelle ultime ore, aveva ignorato i suoi richiami.

“Dove eravate finito?” lo accusò di mala grazia, tremante sotto le vesti formali delle celebrazioni che si sarebbero tenute di lì a poco.

“Sembrate nervoso…”

“Lo sono! Non ho più sentito una sola parola da voi. Credevo aveste deciso di andarvene!”

“Andarmene?” indagò divertito Loki, saltando giù dal davanzale della finestra su cui era comparso, appollaiato come un avvoltoio, “senza aver riscosso il mio debito? Suvvia, sono sicuro che un uomo di mondo come voi sa come avvengono certi tipi di trattative.”

“Non avrete da me un bel niente! Non ho ricevuto da voi nessuna rassicurazione! Dovevate sbarazzarvi di Barton, dovevate portarmi la ragazzina!”

“Davvero? Non mi sembrava di avervi promesso proprio niente del genere, vostra grazia…” calcò sull’ultima parola, in un’evidente parodia dei suoi leccapiedi.

L’uomo trasecolò, stordito da quell’affermazione.

“Avevate promesso di aiutarmi!”

“E l’ho fatto… ma il destino ha deciso diversamente, chi sono io per oppormi?”

Il vescovo sentì la forza del suo sarcasmo e si fece rosso in volto, irato, indignato, le mani frementi, il corpo tutto percorso dalle scosse della frustrazione.

“Il nostro patto è saltato!” gridò andandogli incontro, le mani che si allungarono sul demone afferrandolo per le vesti, strattonandolo senza riserbo.

E fu solo in quel momento che Loki parve farsi grande, enorme. I suoi occhi glaciali, acuti e lucenti di scherno divennero di pece. La profondità del suo odio e della sua rabbia catturarono il vescovo avvinghiandolo in spire di tenebra.
“Come osate, piccolo, inutile, insignificante essere!” esclamò con la voce che si era fatta profonda e cupa, come scaturita da un altro luogo, un altro universo. Lo sovrastò, mentre il vescovo perdeva lentamente tutta la spavalderia di cui sembrava essere stato investito solo qualche attimo prima.

“Avete chiesto il mio aiuto ed io ve l’ho dato! Ho assecondato il vostro patetico, lussurioso, ignobile capriccio. Vi ho messo in guardia, vi ho consigliato, vi sono stato amico! E ora osate persino ritrattare il nostro patto!”

“M-ma gli accordi!”

“IO HO RISPETTATO GLI ACCORDI!” esclamò la voce roboante fra le quattro pareti di quella minuscola stanza, “si può dire lo stesso di voi? Sono qui per riscattare il mio debito. E che voi lo vogliate o meno… oggi si compirà il vostro inutile destino. Ed io… avrò la mia ricompensa, che voi vogliate concedermela… oppure no.”

Il viso di quel dio sconosciuto si deformò e ingrandì. La sua pelle sembrò sfaldarsi e ricomporsi sotto le mani di un abile scultore. I suoi capelli imbiancarono, la sua pelle prese ad arricchirsi di profonde rughe.

Il vescovo perse l’equilibrio e cadde a terra, scosso da tremiti incontrollabili, le mani a pararsi lo sguardo, come se quella visione si fosse fatta troppo spaventosa, orribile. Si rese conto, prima che Loki sparisse, che aveva appena osservato il volto puro del male…

Come in uno specchio, aveva riconosciuto, nella trasformazione di Loki, il proprio viso.

 

*

 

La nuotata attraverso le fogne la ricordava un tantino diversa.

Forse la volta scorsa era solo stata la spinta alla libertà ad averle fatto perdere il senso dello spazio e del tempo. E non le sarebbe risultato insincero dare merito alla riuscita dell’impresa anche a quella sacra provvidenza che andava sempre invocando.

Stavolta però non aveva calcolato i tempi. Né l’odore che l’aveva investita, pestilenziale, una volta raggiunto l’obiettivo. Il viaggio, per farla breve, non era stato così liberatorio come la volta precedente. Al contrario le sembrava di essere tornata a vivere il suo incubo peggiore.

Quando riemerse nelle fogne dopo aver attraversato in apnea le acque del fossato, sgocciolante d’acqua, i capelli appiccicati alla faccia come mostro di laguna, individuò immediatamente la botola che il giorno della sua fuga le aveva aperto le porte del paradiso.

Guardò su, attraverso la grata; l’odore di incenso, per una volta tanto, le venne in aiuto a cancellare il tanfo di carogna. Si trovava esattamente sotto la chiesa.

Il canto che si elevò all’improvviso fu il suo segnale per dare il via alle operazioni.

Si aggrappò con agilità da stambecco alla nuda parete rocciosa e agganciando dita e punta di scarpe nelle fenditure, cominciò la sua arrampicata.

 

*


Il falco mandò un lungo fischio quando Natasha smise di carezzarne il piumaggio. La mattina era trascorsa rapidamente e le campane, che annunciavano l’inizio delle celebrazioni, avevano messo fine a quella lunga attesa.

La donna si voltò in direzione del monaco che, dal canto suo, non mancò di riservarle un cenno d’assenso.

“Sei pronta?” le domandò solo, guardandola alzarsi in piedi; il lungo vestito che aveva deciso di non cambiare per l’occasione le accarezzava morbido i fianchi.

Per tutta risposta la vide afferrare la lunga spada che aveva portato con sé.

Si poteva distinguere, nel solo modo in cui la maneggiava e da come si muoveva, che era nervosa – quantomeno Fury, nella sua esperienza avrebbe saputo dirlo – ma più che determinata a porre fine a quella interminabile maledizione.

“Se Kate è già entrata in chiesa e riuscirà ad aprirmi le porte dall’interno… potrò essere finalmente al cospetto del vescovo.”

“Dovresti aspettare il compiersi del miracolo che mi è stato predetto.”

“Potrebbe non esserci tempo, per quello. Devo affrontare il vescovo… prima che abbia inizio.”

Fury non riuscì a contestare le decisione, andando a cercare il sole con lo sguardo: ancora splendeva alto e fiero nel cielo mattutino. Solo un’ombra sembrava minacciarne un lieve spicchio. Ancora praticamente invisibile, per un occhio umano.

“Se la funzione terminerà in modo pacifico, sentirai le campane suonare…” mormorò Natasha, “e allora saprai che ho fallito.”

“E Clint? Che ne sarà di Clint?”

Natasha serrò le labbra, mentre qualcosa di profondo, doloroso e terribile le attraversava lo sguardo.

“Ti chiedo di…” esitò solo un istante, come se pronunciare quelle parole le costassero grande sacrificio, “ti prego… di togliergli la vita rapidamente.”

Fury rabbrividì senza poter fare molto per evitarlo. Il suo peggior sospetto concretizzato in poche, terrificanti parole.

“Non posso farlo.”

“Sì che puoi. Ti imploro”, il suo sguardo andò a cercare i suoi occhi, “la vera crudeltà sarebbe quella di costringerlo a una semi vita. Non è ciò che lui vuole… non ciò che io stessa… vorrei.”

“Non sono sicuro di poterlo fare, Natasha…”

“Ed io penso che tu possa invece. Hai mai pensato che potesse essere già stato tutto scritto?” gli domandò allora, “così come sapevi che sarebbe arrivato il giorno stabilito per porre fine alla maledizione, questa potrebbe essere una delle soluzioni che non avevi… considerato.” Gli mise una mano sulla spalla e si chinò su di lui per ringraziarlo con un lieve bacio sulla guancia ruvida.

“Augurami buona fortuna, padre…”

“Non ne hai bisogno”, le concesse, cercando di rimandarle un sorriso poco convincente.

Quando la vide salire in sella al cavallo e imbracciare la sua spada, seppe che l’onda inarrestabile degli eventi si era appena messa in moto.

 

___

 

 

Note:

Ebbene sì, il prossimo sarà l’ultimo capitolo. E poi ci sarà l’epilogo. Sono già un po’ triste per l’addio.

Grazie a tutti quanti siano arrivati sin qui. Soprattutto, come sempre, alla beta e socia Sere, alla quale volevo dire che ho adorato la scorpacciata giapponese di ieri. Prima o poi replichiamo, eh.

E infine, una dedica particolare va a una persona speciale, una persona che con le sue storie della buonanotte ha arricchito la mia infanzia e un po' mi ha reso ciò che sono adesso.

Io vi rimando alla prossima.

  
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