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Autore: northerntrash    01/03/2015    1 recensioni
"Grazie per aver ascoltato" disse Thorin, alzandosi in piedi. "Spero di poter ricambiare il favore, un giorno."
L'uomo nel letto non rispose, ma dato il fatto che era in coma da più tempo di quanto Thorin lo conoscesse, non fu del tutto sorpreso.
Bagginshield Modern AU | SlowBurn | Not a somnophilia story | Storia originale su Archive of Our Own | 38 capitoli
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Bilbo, Dìs, Fili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note della Traduttrice
Salve a tutti! La settimana scorsa non ci sono stata e non ho potuto pubblicare, ma d'ora in poi spero di poter esserci ogni settimana, in modo da finire nei tempi previsti :D E ora, appuntamento con il fluff settimanale!
Buona lettura! ♥

 
Capitolo 32
 

"Tutto qui?" chiese Dis, scrutando sorpresa la sacca nel bagagliaio della macchina di Thorin. "Pensavamo che saremmo venuti per aiutarti a ritrasferirti, sai."

Bilbo annuì, sorridendo. "Cosa vi aspettavate?"

Frerin abbassò col piede il cavalletto della sua moto, saltando giù con più eleganza, Bilbo pensò, di quanta lui sarebbe mai stato capace, non importa quanta pratica potesse fare.

"Un sacco di più di quello," si inserì mentre si sfilava il casco e tirava fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette. Thorin gli lanciò un'occhiataccia scorbutica, ma Frerin si scrollò allegramente di dosso il suo sguardo pesante. "Cosa, non possiedi nulla?"

Bilbo gli rivolse uno sguardo triste.

"Forse no, se Lobelia ha bruciato tutto per vendetta dopo che le è stato detto di andarsene."

La mano di Thorin si sistemò sulla sua schiena quando Bilbo alzò lo sguardo sulla porta d'ingresso verde della casa, di nuovo sua. Erano arrivati qualche minuto prima, ma non aveva ancora osato avvicinarsi, entrare, assicurarsi che tutto fosse di nuovo apposto. In qualche modo aveva la sensazione che se l'avesse fatto, l'idea di casa sua che si era costruito con tanta decisione sarebbe potuta frantumarsi, distruggersi, sarebbe-

"Entriamo, allora?"

Dis diede una brusca gomitata a Frerin, e Bilbo sentì un'improvvisa ed enorme ondata di sollievo.

La stava facendo più grave di quanto non fosse, e non la stava affrontando da solo. Aveva amici qui.

Il pollice di Thorin scivolò sotto il bordo della sua maglietta, e accarezzò dolcemente la pelle della sua schiena.

Aveva famiglia qui.

"Andiamo," disse deciso, e fece per prendere la borsa, ma Vivi ci arrivò prima di lui.

"Ci pensiamo noi," gli disse, sorridendo gentilmente, e Fili gli afferrò la mano, guidandolo verso la porta.

"Andiamo, zio Bilbo!"

Lui guardò Dis, sorpreso, ma anche lei sorrideva.

"Ha chiesto se poteva chiamarti così. Ti dispiace?"

Scosse la testa.

Come poteva dispiacergli?

Thorin afferrò le buste di cibo che avevano preso lungo la strada, e gli rivolse un piccolo, confortante sorriso.

La porta si aprì facilmente e senza intoppi, e ecco casa sua, di nuovo sua, e lui si calciò via le scarpe, il liscio pavimento di legno verniciato familiare sotto i piedi. C'era un odore strano, sbagliato, ma qualche ora con le finestre aperte nella giornata fredda e nuvolosa avrebbe risolto il problema, come rimuovere i profumatori d'ambiente al gelsomino che Lobelia aveva attaccato in ogni stanza. I bassi soffitti a volta erano sopra di lui, la lucentezza calda dei pannelli di legno sui muri ai suoi fianchi, ed era a casa. Si appoggiò all'indietro, percependo una presenza confortante contro la sua schiena, sul petto di Thorin.

"Casa," disse Thorin, la voce bassa, e ci fu il frusciare delle buste di spesa quando ne posò una manciata sul pavimento, avvolgendo il braccio intorno alla pancia di Bilbo, tirandolo a sé.

Appoggiò il mento sulla sua spalla, grattandogli il collo con la barba, e Bilbo posò una mano su quella di Thorin per un momento stringendola leggermente.

"Casa," confermò, e poi Thorin piantò un lieve bacio sulla stoffa che gli copriva la spalla e si tirò via, prendendo di nuovo la spesa.

"Ora," disse, mentre il resto della famiglia si accalcava nel corridoio. "Cucina?"

Tutto era andato senza problemi, grazie a Gandalf, e sembrava che i suoi cugini se ne fossero andati con la pressione di azioni legali limitandosi a sonore lamentele, e sebbene il contenuto del cassetto delle posate sembrasse decisamente ridotto rispetto a prima, pensò di poter considerare la perdita dei suoi cucchiai poco più di un insignificante fastidio rispetto all'aver reclamato casa sua (anche se si sarebbe assicurato di sollevare l'argomento alla prossima cena di famiglia).

Sembrò quasi deludente, non poté fare a meno di pensare mentre cominciava a preparare il pranzo per tutti, con Dis che sminuzzava le cipolle da un lato e Frerin che riempiva il frigorifero dall'altro, un risultato ottenuto troppo facilmente dopo così tante lunghe settimane di tensione e irritazione, dopo aver aspettato così a lungo per tornare a casa; se aveva sperato in un qualche confronto drammatico sulla porta o in un'aula di tribunale, allora sarebbe rimasto deluso. Come la maggior parte dei codardi (perché solo un codardo avrebbe osato provare ad impossessarsi di una casa  mentre il suo occupante era in coma e incapace di opporsi ad un'occupazione ostile), Lobelia e Otho se ne erano andati con tante lagne ma pochi problemi reali, scivolando fuori dalla casa per ritornare alla loro con la coda piantata fermamente tra le gambe.

E ora la brezza soffiava sul giardino delle erbe dentro la sua cucina, portando con sé il profumo delle piante di menta, e un nipote che non sapeva di volere danzava intorno all'albero di buddleia cercando di prendere le farfalle, ed era di nuovo in salute e un meraviglioso, bellissimo uomo si stava occupando dell'asciutto uomo con i capelli rossi e gli occhi sfuggenti venuto a cambiare le serrature.

L'unica cosa negativa era, davvero, che presto Thorin sarebbe dovuto tornare a casa sua, e sulla casa sarebbe di nuovo tornata la familiare, lieve calma portata dalla solitudine, una calma con la quale non aveva alcun problema prima; sapeva che ora non sarebbe mai più andata bene.

Thorin rientrò, e Bilbo sorrise quando avvolse di nuovo le braccia intorno alla sua pancia, modellandosi contro la sua schiena, il naso nei suoi capelli mentre lui continuava a preparare i gamberetti nella ciotola di fronte a sé.

"Tutto fatto," Thorin gli disse, il respiro caldo sulla testa di Bilbo. Le nuove chiavi tintinnarono lievemente quando ne lasciò cadere tre mazzi sul bancone, e Bilbo lanciò loro una veloce occhiata. Uno per lui, ovviamente, e uno per Hamfast, per sicurezza (avere un mazzo di riserva si era rivelato incredibilmente utile in passato, non che avesse intenzione di ricadere in coma tanto presto).

Ce n'era ancora un terzo.

Il pollice di Thorin sfiorò la sua pancia, di nuovo sotto la maglietta di Bilbo, e Frerin alzò gli occhi al cielo, sbuffando irritato quando Vivi entrò e puntualmente imitò suo cognato con Dis, premendo un bacio sul collo dell'altra donna.

"Oh, andiamo!" si lamentò. "Fratello impressionabile qui, che non ha bisogno di vedere i suoi fratelli che pomiciano, grazie mille."

Fili, che aveva seguito sua madre con la speranza di sgraffignare qualcosa da mangiare, tirò la mano di Frerin.

"Ti pomicio io, zio Frerin!" gli disse con un innocente sorriso radioso, e Frerin sospirò quando gli altri risero. Tirò su Fili, prendendo un biscotto dal barattolo che stava riempiendo per ficcarlo nella bocca del bambino.

"Grazie," borbottò mentre Fili gli lanciava le braccia intorno al collo. "Molto meglio degli abbracci sdolcinati dei grandi, vero?"

Fili annuì comprensivo, ma Bilbo piuttosto sospettava che fosse più preso dal biscotto che dalla stretta di Frerin.

"Dovresti portare la tua ragazza la prossima volta," disse distrattamente, decidendo infine che il tempo e il luogo erano appropriati per la sua vendetta. "Così puoi avere tutti gli abbracci da grande che vuoi."

Thorin e Dis probabilmente avrebbero avuto il torcicollo per la velocità con cui si girarono a fissare il fratello, che per un istante ebbe l'aria di un cervo sotto i fanali prima che provasse a nascondersi dietro Fili. Kili, dal suo posto sul seggiolone pieghevole che Dis e Vivi avevano portato, tubò, come se gradisse l'imbarazzo di Frerin - che sebbene non fosse arrossito, era impallidito parecchio.

Bilbo sorrise compiaciuto ai suoi gamberetti che stava finendo, prima di prendere un coltello pulito e un lungo chorizo[1] da affettare.

"Bilbo!" gemette, "Hai promesso."

Potè percepire le vibrazioni della risata mal-repressa di Thorin nella schiena, e sorrise al tagliere

"Scusa," disse, pur perfettamente consapevole di star sogghignando e di non suonare sincero. "Devo essermene dimenticato."

Dis era raggiante.

"Ragazza?" chiese. "Ragazza? Tutti i dettagli, per favore."

Frerin gemette. "Dobbiamo?"

"Se ricordo bene," disse Thorin, strofinando il naso sull'orecchio di Bilbo "una cosa simile mi fu pretesa qualche tempo fa."

"Non mi hai detto nulla," disse Frerin con aria imbronciata, mentre Fili gli ficcava un dito nell'orecchio.

"No," ammise Thorin, "ma poi sei piombato nella stanza d'ospedale per incontrarlo."

Frerin aprì la bocca per protestare, e Bilbo sbuffò sarcastico.

"Comatoso, non conta," disse, e tutti risero ancora, persino Fili, anche se probabilmente non aveva capito la battuta. Era bello, riderci su, ora che era di nuovo a casa sua e la sua vita stava lentamente tornando alla normalità. Non era mai stato il tipo da rimuginare inutilmente sulle disgrazie una volta finite, anche se ammetteva di lamentarsi parecchio nel mentre. Bilbo lanciò a Frerin uno sguardo di scuse.

"Scusa," gli disse, più genuinamente questa volta. "Ma dovevo rifarmi."

Frerin sbuffò. "Probabilmente me lo meritavo," ammise, facendo sedere Fili sul bancone per poi passargli un altro biscotto, prima di rivolgere a Bilbo un sorriso provocatorio. "Ma te lo rinfaccerò comunque."

"Più che accettabile," Bilbo lo rassicurò, sorridendo ancora, e le braccia di Thorin si strinsero un poco intorno a lui. "Ma mi riservo il diritto di lamentarmi quando lo fai."

Frerin annuì. "Andata."

Fortunatamente la conversazione sembrò essersi spostata dai dettagli della vita amorosa di Frerin per il momento, anche se il luccichio negli occhi di Thorin e la curva irritante della bocca di Dis suggerivano che presto l'argomento sarebbe stato ripreso. Preparato tutto, Bilbo tirò fuori la larga pentola d'acciaio per la paella e si mise a preparare loro il pranzo; agganciò il braccio intorno al fianco di Thorin mentre il riso sobbolliva. Gli latri si erano allontanati per occupare il soggiorno, accomodandosi nei grandi, soffici divani che erano lì da quanto ricordava.

"Vuoi rimanere stanotte?" chiese piano, e Thorin fece un rumore basso e sollevato.

"Si," rispose, e in quel momento Bilbo capì che Thorin ci aveva pensato tanto quanto lui, il silenzio di una casa vuota e il freddo di un letto vuoto; aveva passato solo due notti avvolto fermamente intorno al corpo di Thorin, e l'idea di dormire da solo era già una che lo metteva un po' a disagio.

Tirò Thorin più vicino, e si allungò per baciarlo; le sue mani erano tra i suoi capelli e Bilbo lo spinse indietro così da farlo appoggiare al bancone, stabilizzandolo così da poter appoggiarsi al suo petto, facendo leva per baciarlo con decisione. Thorin sospirò lievemente sulla sua bocca, le sue labbra morbide su quelle di Bilbo, tenendolo fermo con una mano intorno alla vita.

Bilbo emise un suono soddisfatto, ma poi Thorin si tirò via, facendo sfiorare i loro nasi.

"Il tuo riso," disse, la voce calda, così piena di affetto che Bilbo dovette sbattere le palpebre dalla sorpresa, perché sembrava che fosse stato sul punto di dire qualcos'altro.

"Cosa?" chiese, e Thorin rise, lasciandolo andare.

"Il tuo riso, penso si stia bruciando."

"Merda!" 

Saltò via da Thorin, e anche se c'era mancato poco, grazie al cielo il riso non si era bruciato, aveva solo bisogno di una girata. Roteò gli occhi con affetto quando Thorin rise, e lo spedì via in soggiorno perché non lo distraesse più dal pranzo; presto la paella fu pronta, vino freddo di frigorifero fu versato e l'unico modo in cui sarebbe potuto essere più perfetto sarebbe stato avere il sole e poter mangiare fuori. Invece si accamparono sulle poltrone e sui divani del soggiorno, senza preoccuparsi della formalità di un tavolo da pranzo.

"È fantastica," disse Dis, e Bilbo sorrise.

"Dopo così tante cene con voi, vi devo almeno un anno di cucina."

I letti erano tutti stati disfatti, ma le sue lenzuola erano ancora nei cassetti, stirate e ripiegate intorno ai piccoli pacchetti di seta contenenti erbe secche che sua madre usava per mantenere fresca la biancheria - avevano perso il profumo anni prima, ma Bilbo non li aveva mai buttati via. C'era da dar credito a Lobelia per la pulizia; non c'era un granello di polvere in giro, e tutto era stato riposto meticolosamente. Persino il bucato che doveva essere fatto quando era entrato in coma era stato lavato, stirato e appeso nell'armadio.

Fissò per un momento la sua fila di magliette, giacche, pantaloni, e poi meravigliato il suo cassetto dei calzini - si era quasi dimenticato come fosse vivere con più delle quattro paia che Hamfast gli aveva portato in tutta fretta.

Gli sarebbe mancata l'enorme doccia di Thorin, pensò mentre scrutava la propria, sospesa sopra la vasca da bagno, un grosso affare Vittoriano nel mezzo del grande bagno. Ed ecco là le sue saponette, i suoi shampoo; lì anche i suoi asciugamani troppo grandi, spessi e morbidi, in sfumature abbinate di crema e verde. Si ritrovò a vagare di stanza in stanza, facendo scorrere le mani su mensole e cuscini, gli intagli di suo padre e i lavori di cucito di sua madre, incapace di dire cosa andasse che non andava. Gli altri lo lasciarono solo per un po', forse dopo aver visto la sua aria strana e pensierosa e aver deciso che aveva bisogno di spazio.
Lì c'era la grande sedia a dondolo dove si sedeva suo padre, con sua madre che si accoccolava nel suo grembo certe sere, o lì i fiori secchi del bouquet nuziale di sua madre, pressati e incorniciati sul muro. Aveva sperato di vederlo sposato, ma non c'era mai stata la persona giusta, il tempo giusto, il momento giusto; non c'era mai stato quel sentimento disperato e inguaribile, quel travolgente desiderio di stringere insieme non solo i corpi ma le vite, far spazio per un'altra persona nel mondo che si era attentamente costruito intorno.
Mi dispiace, mamma, si ritrovò a pensare mentre fissava le delicate rose bianche, i petali ora resi quasi trasparenti dal tempo. L'ho trovato troppo tardi per fartelo conoscere. Lo adoreresti però.

Poi una mano leggermente appiccicosa tirò la sua, e abbassò lo sguardo su occhi grandi e compassionevoli, una macchia di cioccolata sulla guancia di Fili provocata da un ennesimo biscotto datogli da Frerin.

"Stai bene, zio Bilbo?" chiese, tirandogli leggermente la mano. "Sembri triste."

Benedetta e dannata la percettività giovanile, pensò arruffando i capelli di Fili.

"Non sono triste, tesorino," disse, ed era vero, perché era stata più una strana nostalgia a travolgerlo mentre familiarizzava di nuovo con la casa, che tristezza. "Pensavo solo a delle cose."

"Che tipo di cose?" chiese Fili, con l'accesa curiosità dei bambini.

"Oh," rispose Bilbo, sorridendo leggermente. "Tutti i tipi di cose, davvero." Innamorarsi, e la promessa di un domani che non mi sarei mai aspettato, e il modo in cui gli occhi di mia madre si arricciavano agli angoli quand'era felice per qualcosa; l'odore delle sigarette di mio padre nelle calde serate estive e alla famiglia, immagino, e cosa significa davvero, e che mentre ero via sono spuntati i cinorrodi[2] alla rosa canina, e se a Thorin piace lo sciroppo di rosa, e come sarebbe prendere il caffè insieme la mattina nella mia cucina, ogni mattina, e a una terza chiave della quale non so cosa fare.

E gli occhi di Fili, di un così bel blu-grigio, con venature che sembravano d'oro, che lo guardavano con una fiducia così confortante da far stringere qualcosa nel suo petto, far sì che la parte chiusa a chiave del suo cuore si allentasse, solo un po', per amore, e fu solo ora, mentre guardava ai resti dei suoi genitori e del loro amore, che si rese conto di quanto dire quelle parole ad alta voce lo spaventasse, di guardare Thorin e baciarlo e dirgli che era innamorato di lui.

Perché lo amava. In un modo piuttosto impossibile.

"Ho comprato della torta," disse a Fili, invece di dirgli quelle cose, perchè non è un peso di cui carichi un bambino. "La prossima volta te ne faccio una, la tua preferita, ma non ho avuto tempo oggi. Andiamo a prenderne una fetta?"

Fili annuì, sorridendo ancora, e condusse Bilbo fuori dalla stanza.

Presto, pensò tra sé e sé. Presto.


 
 

..Continua.

[1]: I chorizo sono della specie di salami spagnoli, credo molto speziati.
[2]: Ah, le cose che si scoprono leggendo fanfiction! I cinorridi (nome bruttissimo tra l'altro) sono i frutti delle rose, le bacche rosse che producono le rose dopo la fioritura!


Note della Traduttrice - repriseI
Idilliaca la cosa, vero? E il nostro Bilbo ha avuto la rivelazione! (seeeh, sapevamo tutti che lo sapevi già, tsk tsk). Alla prossima settimana, e recensite così mi fate tanto felice! :D

- Kuro
   
 
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