Fatta vento.
Era diventata il fruscio tra le foglie dei cespugli sulla spiaggia, leggera e trasparente persino più della brezza marina. Scompigliava i capelli dei bambini che giocavano, sollevava la sabbia bianca e rinfrescava i corpi accaldati.
Era vento, niente più.
Ricordava ancora i giorni in cui era stata corpo, tangibile e reale quasi quanto i suoi pensieri. Era visibile, era reale e le era piaciuto da matti poter giocare con tutto ciò che ora poteva solo accarezzare.
«Mamma, guarda le onde!»
Una bambina con i capelli biondi era seduta sulla sabbia, armata di paletta e secchiello per costruire il proprio palazzo delle favole. Era già a buon punto: aveva costruito tre torri, tutte e tre già collegate da un solido muro di sassolini, e stava creando la quarta.
«Le vedo, le onde, le vedo» le rispose la donna e si sedette accanto a lei. «E vedo anche questo bel castello! Chi ci andrà ad abitare?»
«Ma io, mamma» spiegò e capovolse il secchiello. «È il mio palazzo delle favole.»
Più in là, due bambini infornavano e sfornavano delle pizze di sabbia e le offrivano ai bagnanti. Ne voleva un po’ anche lei, di pizza, e ci soffiò piano sopra, rubandone alcuni granelli.
Era squisita, e lo dicevano tutti, nella spiaggia. Tutti si complimentavano con quei bimbi e a lei mancavano quei complimenti, i complimenti su quanto fosse brava a costruire, a cucinare, ad aggiustare e a decorare: ma il segreto stava nella sabbia, perché con lei si poteva fare tutto.
«Diventerà un castello bellissimo, Ambra, bellissimo» si complimentò la madre, ma la bimba era troppo concentrata a battere il fondo del secchiello capovolto con la palettina per ascoltarla.
Quello di Ambra era un lavoro meticoloso: batti sopra, batti ai lati e poi solleva delicatamente. Infine, aggiusta tutto con le mani e decora aggiungendo qualche conchiglia qua è là.
«Mamma, mi serve il secchiello grande per fare la torre al centro del giardino» disse e con dita sottili di bambina posizionò l’ultima conchiglia proprio sopra la porta che aveva fatto forando leggermente la torre col bastoncino. «Me lo passi, per favore?»
La madre glielo passò e lei, afferratolo, le rivolse un caldo sorriso.
«Vado a riempirlo e torno: tu riposa, perché dopo dovrai darmi una mano, perché questa parte è difficile!» le disse e, dopo averla squadrata, aggiunse: «E poi quest’anno ti sei abbronzata poco, lo sai?» e corse verso le onde che tanto l’avevano colpita prima.
La sabbia era davvero magica, ma l’acqua… oh, lei lo era molto di più. Senza l’acqua, non ci sarebbero state pizze, polpette, decorazioni sugli scogli. Senz’acqua lei non avrebbe costruito il suo castello.
Entrò in acqua e immerse il secchiello, ma l’acqua che vi entrò non era limpida come quella che vedeva all’orizzonte. Sbuffò e, sgambettando, arrivò sino a dove l’acqua le arrivava al gomito. Là andava meglio, l’acqua era più pulita, ma, oh!, quella lì in fondo era così bella.
Ignorò la madre che le diceva di tornare in spiaggia e fece qualche altro passo.
Un’onda si avvicinava, e lei alzò il secchiello: quell’acqua sarebbe stata perfetta, perché le onde sono forti, prorompenti, e lei aveva bisogno di un’acqua del genere per il suo castello. Aveva bisogno di un’acqua speciale.
Un bimbo si avvicinò alla riva e lei soffiò un po’ più forte, facendogli perdere l’equilibrio e impedendogli di entrare in mare. I bambini, Ambra lo aveva imparato, non possono entrare nell’acqua: è magica, è vero, ma la magia che le riesce meglio è quella del Sonno Eterno e neanche il bacio del Vero Amore è capace di riportarti indietro.