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Autore: SagaFrirry    01/03/2015    1 recensioni
Seguito di un'altra storia pubblicata in precedenza (Risveglio). Sono passati degli anni e molte cose sono cambiate al santuario. Questa volta i cavalieri si ritroveranno faccia a faccia con l'origine di ogni cosa: il Caos. come si rapporteranno con la sua progenie? e quante volte può morire un cavaliere?
chiedo perdono per i risvolti deprimenti. io sono una persona fondamentalmente depressa ;)
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Thanatos, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Risveglio'
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XIX

 

RAGNARÖK

 

“State tutti bene?” domandò Thanatos, vedendo i cavalieri tornare, privi di vestigia.

“Io..non capisco” si grattò la testa Arles II “Cosa è successo?”.

“Credo di poter elaborare una teoria” rispose Camus.

“Dov’è Tania?” si preoccupò, invece, Thanatos.

“Devi smetterla di gironzolare attorno alla mia donna, chiaro?” sbottò Arles II, stanco del continuo interessamento di quel ex divinità.

“Guarda che non te la voglio portare via!” lo rassicurò il gemello di Hypnos “Il mio interesse è dettato da altro, credimi”.

“E da cosa, vecchio maniaco?”.

“Tania è..la mia bambina”.

“Non ti permetto di chiamarla così, pervertito!”.

“Nel senso che è mia figlia, ragazzino impertinente”.

“Che dici? Sul serio?!”.

“Sì. È l’unica che ho. Non l’ho cresciuta con me perché l’inferno non è posto per una bambina ma me la son ritrovata qui, al grande tempio, ben lontana dalla pace che le auguravo”.

“In questo caso..sei giustificato”.

Tania, che si trovava poco più indietro, era riuscita ad udire buona parte della conversazione. E sorrise.

 

“E così..questi sono i campi elisi” borbottò Erebo, mangiucchiando il gambo di una spiga.

“No. Credo sia semplicemente il paradiso” rispose Nyx.

“Papà!” gridò una bimba, correndo a braccia spalancate verso Kydoimos.

“Lalia!” la riconobbe lui, facendosi abbracciare.

Altri bambini seguirono l’esempio e ben presto lui si ritrovò circondato da ragazzini in festa. Dietro di loro, Shuna e Desa. Shuna, la madre di Lalia e Neikos, oltre che di altri bambini lì presenti, sorrise. Desa, colei che aveva messo al mondo Nàgiri, pareva un po’ preoccupata.

“Che è successo?” domandò “Perché siete tutti qui? Siete, dunque, tutti morti?”.

“A quanto pare..” si osservò le mani Apollo, accorgendosi di non avere più un corpo fisico.

“E perché?”.

“Perché il figlio di Pollon ci ha cacciati qui, ecco perché!” ridacchiò Erebo.

“Pollon?” alzò un sopracciglio Kydoimos.

“Tuo figlio Dhòro, non è forse figlio della figlia di Apollo?”.

“Sì. E chi è Pollon?”.

“Sei un ignorante” scosse la testa l’antico Dio, sorridendo.

“Quindi Dhòro ha ucciso tutti noi?”.

“A quanto pare...”.

“Mi spiace”.

“Kydoimos! Mio gioiello!” intervenne il Caos “Non dispiacerti. A noi mai sarebbe stato concesso di riposare in un simile luogo. Nonostante tutto ciò che è stato, siamo tutti insieme qui, in un luogo magnifico, dove passare l’eternità. Siamo in pensione, si può dire”.

“In pensione?”.

“Ragazzo mio, sono in circolazione da un sacco di tempo. Era ora che mi concedessero un po’ di riposo”.

Kydoimos si guardò attorno. Vedeva molte divinità, non solo del palazzo nero.

“Ma...” si chiese “...se le divinità sono qui, chi governa il mondo?”.

“Dhòro. Per un po’. Poi più nessuno. È il crepuscolo degli Dèi, piccolo mio. La fine dell’era del santuario e delle divinità”.

“Che fine hanno fatto i cavalieri di Atena? E Ahriman?”.

“Dhòro ha risucchiato tutti i poteri divini altrui. Senza Atena, i suoi cavalieri non possiedono più un cosmo. Chi aveva un’età per poter sopravvivere come mortale, ora è sulla Terra e continuerà i suoi giorni come persona normale. Tutti gli altri..sono qua”.

“Il crepuscolo degli Dèi?”.

“Esatto”.

“E questo per voi è un bene?”.

“Certo. È bellissimo. Finalmente: pace!”.

Kydoimos pareva perplesso. Poi vide Saga, che gli sorrideva, avvicinandosi lentamente. Aphrodite lo superò ed abbracciò forte Arles, felice di rivederlo. Poi arrivò Saga, e Aphrodite gli lasciò posto. Le due anime, un tempo appartenute allo stesso corpo, si fissarono in silenzio.

“Saga...” mormorò Kydoimos “...adesso smettila di piangere”.

I due si abbracciarono, mentre l’anima di Saga non smetteva di versare lacrime.

“Non piangere più, Saga. Non voglio vederti piangere”.

“Mi sei mancato” ammise Saga “Ora non mi abbandonerai più, vero?”.

“No, certo che no. Però tu non piangere più. Perché fai così? Io...ti ho rovinato la vita!”.

“Non importa. Non è vero. Mi sei mancato tanto”.

Non sapendo che cos’altro dire, l’ultimo arrivato si lasciò abbracciare.

 

“Guarda! C’è Lady Oscar!” ridacchiò un uomo, indicando un giovane che camminava per strada.

Il giovane, con pesanti occhi scuri, si fermò solo qualche istante. Con le mani nelle tasche dei jeans, fece un sorriso. Aveva lunghi capelli ramati molto ricci, che gli ricadevano sulle spalle. Si tornò a voltare e proseguì per la sua strada.

“Pensavo che lo avresti ammazzato” commentò Ahriman, che camminava accanto al ragazzo.

“E perché mai? Fra meno di un anno morirà in un incidente” sorrise chi aveva a fianco.

“Mi spaventi, Dhòro”.

“Non è forse questo lo scopo di un Dio?”.

“Può essere”.

“Ti sei già dimenticato cosa voglia dire esserlo, fratellone?”.

“Certo che no”.

“Allora, sei pronto? Dopo quasi un anno, vi rivedrete”.

“Già. Chissà come gli va la vita”.

“Non male, direi”.

“Ma, dimmi, fratellino...tu conosci il destino di tutti quanti noi, giusto?”.

“Come unica divinità rimasta, sì. Mi pare ovvio”.

“E non puoi svelarmi qualcosa?”.

“No”.

“E perché?”.

“Perché cercheresti di non far accadere certe cose, e non è così che deve andare”.

“Mi accadranno cose brutte?”.

“Ahriman, nessuna vita è mai del tutto felice”.

Il fratello maggiore non disse altro. Insieme, i due camminarono per le strade di Atene fino a raggiungere un piccolo appartamento. Ahriman aprì la porta e salirono lungo il corridoio, fino all’ultimo piano. Entrarono in una casa con un grande terrazzo sul tetto dell’immobile.

“Eccoli, i ritardatari” ghignò Milo.

“Come state, ragazzi?” salutò Ahriman.

Attorno ad un grande tavolo all’aperto, molti uomini un tempo cavalieri erano pronti a mangiarsi una fetta di torta. Neikos sedeva, con in braccio una bimba in fasce, e sorrise come tutti.

“Facciamo un brindisi!” propose Kiki “Al nostro primo anno da comuni mortali”.

“Alla salute!” concordò più di qualcuno.

“Allora...” iniziò Camus “Come vi trovate per il mondo? Senza un cosmo?”.

“L’inizio non è stato facile” ammise Deathmask “Specie dopo essere stato un Dio. Ma poi impari a rilassarti e a vivere”.

“Sapete qual è stata la cosa più difficile?” ridacchiò Milo “I documenti!”.

“È vero” ammise Ahriman “Quando è nata la bambina, in ospedale mi hanno chiesto il cognome ed io non sapevo che cosa dire. Io non lo so il cognome di mio padre!”.

“E allora che hai fatto?” domandò Camus.

“Me lo sono inventato”.

“E noi abbiamo tutti adottato la sua invenzione” sorrise Nàgiri.

“Che cognome avete?” incalzò Ioria.

“Arleson. Figlio di Arles”.

“Non ci credo!” scoppiò a ridere l’antico cavaliere del leone “Che cognome ridicolo!”.

“Pensa per te, Leonardo!”.

“Hei, Leonardo è un nome da intellettuale!”.

Entrambi risero. Perfino a Camus scappò un vago sorriso.

“Nel mio caso, è stato più semplice” ammise Milo “Mi è bastato dire che Milo è il cognome. Ci hanno creduto tutti”.

“Sì, anche per me è valso lo stesso” annuì Camus.

“Ma non dirmi che ti fai chiamare Albert!” sogghignò Deathmask.

“Tu pensa al tuo nome: Angelo. Tu di angelico, non hai proprio nulla”.

“Scherzi? Sono un angelo caduto”.

“Ah, ecco. Ad ogni modo, il mio nuovo nome è Andrè”.

“Lady Oscar?” sorrise Tania.

“Ma chi è sta Oscar?” alzò un sopracciglio Dhòro “Oggi ne parlano tutti”.

“Ti farò vedere il dvd” sorrise Ahriman “Ma dopo aver scoperto il nome di Milo”.

“Omìros” ghignò Milo.

“Caspita”.

Aiaco, che ora si faceva chiamare Dustan Eaco, sorrise alzando un bicchiere. Dei presenti, in pochi avevano mantenuto i nomi originali ufficialmente, risultando molto bizzarri nella vita reale. Solo i discendenti di Arles non li avevano cambiati, forse come ricordo di chi li aveva chiamati così. Nàgiri sedeva accanto ad Heiwa, che si faceva chiamare Irene, e si tenevano per mano. Di fronte a loro, Arles II, divenuto Alessandro, e Tania. Lei iniziava ad arrotondarsi, nei primi mesi di gravidanza. Thanatos, che si limitava ad abbreviare il suo nome in “Tony”, guardava la tavolata con un pizzico di nostalgia. Suo fratello, Hypnos, chissà come se la passava!

“Nomi troppo belli” rise Ioria “E tu, Ahriman? Niente cose strane? Giuditto? Puccio? Vabbè che già il cognome è una vera porcheria”.

“ναπαρ'τα" (napar'ta ) rispose Ahriman, aprendo il palmo della mano, nel tipico gesto d’insulto greco.

“Anch’io ti voglio bene!”.

Dhòro scosse la testa, divertito. Guardò in su. Sapeva che suo padre era felice, in un luogo dove un giorno si sarebbe ricongiunto con tutti loro. Sapeva che lui e Saga erano vicini e si stringevano la mano. Sapeva che Saga era l’unico che avesse mai provato sentimenti così forti nei confronti di Arles. Anche il Caos lo amava, quasi follemente, perché ne riconosceva la pazzia, ma non così intensamente.

“L’importante è che tu sia felice” mormorò.

Gli Dèi erano morti, il grande tempio smantellato. Le persone in quella casa si mantenevano come potevano, come persone normali. Il declino dell’umanità era inevitabile, ma non aveva importanza. L’importante era che fosse felice.

 

FINE

   
 
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