Ora. Solo ora, per la prima
volta, lo vide in viso...
Non
era una bestia. Almeno, non come aveva pensato fino ad allora. Il muso
leggermente
sporgente e i denti, come zanne, le mani più simili a zampe,
le
ricordavano più un leone.
Ma i suoi occhi,
decisamente felini, che dapprima le erano sembrati solamente gialli,
ora
mostravano qualcosa che la sorprese. Speranza. Erano velati di
speranza. E
dolore. Un
dolore profondo che si nascondeva nel retroscena.
Guardò
il volto ricoperto da una peluria rossiccia e i capelli più
folti di quelli di
un uomo. Un
leone, così lo vedeva, non una bestia, ma un uomo con
sembianze
vagamente animalesche.
-A
cosa pensi?- sussurrò.
Ma
lei, gli occhi sbarrati, il fiato sospeso, il cuore in tumulto, non
riusciva a
parlare. Era pietrificata.
-Ti
disgusto-
Con
la stessa furia con cui si era avvicinato, ora si allontanava.
Sparì oltre la
porta prima che
lei potesse riprendere il controllo del suo corpo. Lo seguì
subito.
-No,
aspettate!-
Non
la disgustava. Aveva frainteso il suo silenzio. Era spaventata per il
modo
improvviso in cui
si era avvicinato, per la ferocia che aveva mostrato. Ma non
per il suo aspetto.
Corse
dietro di lui, cercando di stare al suo passo. Lo seguì fino
al piano che le
era proibito.
Sbatté contro la porta che si era richiuso alle spalle. La
colpì
con la mano. Una volta. Due.
Voi
non mi disgustate, avrebbe dovuto dire. Ma, in fondo, gli importava
davvero di
ciò che
pensava lei? E a lei, importava che lui
tenesse al suo giudizio?
Lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi, guardò quel corridoio
così tetro, immerso
nell’oscurità,
e tornò nella sua camera. Una voce la raggiunse al di
là del
legno.
-Miss,
va tutto bene? Vi serve aiuto per togliere il vestito?-
No.
Non voleva aiuto. Non voleva quei vestiti. Non voleva cene con bestie.
Non
voleva nulla di
tutto quello. Tirò via i lacci, si strappò di
dosso il
corsetto, gettandolo a terra. Sgusciò fuori dalle
gonne e le lasciò lì. Si
infilò sotto le coperte e lasciò che la
coprissero del tutto. Voleva solo
tornare a casa. Voleva solo che quei sogni finissero.
-Miss-
chiamò ancora, ma la ignorò.
Voleva
solo lasciare tutto fuori da quella stanza.
A
notte inoltrata lasciò la sua stanza per entrare in
un’altra. Si avvicinò alla
finestra e guardò la
desolazione della sua proprietà.
Ad
un tavolino, le mani poggiate con il dorso verso l’alto, le
labbra cucite, la
donna aprì gli occhi.
I capelli corvini erano pieni di polvere e il suo viso
sembrava di porcellana.
-Lei
può fermare tutto ciò? Dimmelo!-
Non
dipende da lei,
Adam. Dipende solo da te.
Sentì
quella voce familiare nella testa.
-Allora
fa’ in modo che possa conoscere i suoi pensieri-
Allungò
una mano verso di lui, senza voltarsi. Tra le dita stringeva una rosa.
Questo
ti permetterà
di entrare nei suoi sogni. Un petalo per ogni sogno.
Prese
il fiore e si avviò alla porta.
Ma
fa’ attenzione,
l’ultimo petalo sarà la tua ultima occasione per
salvarvi entrambi. Quando i
petali termineranno, anche il suo soggiorno qui come prigioniera
terminerà. Ed
allora, ogni vostra
possibilità sarà perduta. Per sempre.
Sorrise,
tornando ad essere sola.
Un
petalo per un
sogno..
il pavimento, le zanne pregustare la preda. Ma nella sua testa
c’era
spazio solo per il battito
frenetico del cuore. Girò l’angolo. E corse. Si
voltò ancora. Sbatté contro qualcosa e cadde a
terra. Trattenne il fiato. Alzò
lo sguardo. Due occhi spalancati la guardavano. Le porse una
mano per aiutarla
a rimettersi in piedi. Lei la strinse.
-Corri- disse
concitata. Lo tirò avanti, lungo il corridoio. Verso la
porta che si faceva
sempre più
stretta. Sempre più piccola.
-Corri!-
Spalancò la porta e
vi appoggiò le spalle, una volta che fu chiusa dietro di
lei. Tirò un sospiro
di
sollievo.
Il nuovo arrivato la
scrutava.
Ancora col fiato
corto e il petto in fiamme, gli sorrise.
-E tu chi sei?-
-Sono.. un amico-
-Ed hai un nome?-
-Mi chiamo.. Leon-
Gli porse la mano.
–Io sono Belle, Leon. Benvenuto nella mia testa-
Qualcosa urtò con
forza contro la porta, facendola balzare in avanti. Tornò
subito a poggiarsi
sul
legno. Il ragazzo seguì il suo esempio.
-Chi c’è là fuori?-
-Vorrai dire cosa. In
realtà, non lo so. Ma direi che è meglio che non
ci prenda-
-I tuoi sogni sono
sempre così.. movimentati?-
Lei rise. –Ti ci
abituerai- lo guardò, soppesandolo da capo a piedi. Aveva i
capelli biondi, il
fisico
magrolino e i suoi occhi, di un verde intenso, le ricordavano qualcosa.
-Sai, è strano che la
mia mente ti abbia fatto così, i biondi li detesto-
Sorrise. –Perché?-
-Perché nelle storie
più belle le protagoniste sono sempre bionde, mentre..- si
fermò.
-Mentre tu non lo
sei-
-Già-
-Neanche a me
piacciono le bionde, hai ragione-
-Ma se hai i capelli
chiarissimi!-
-Tu mi vedi così, ma
non vuol dire che io sia così-
-Sei frutto della mia
mente, quindi sei come ti vedo-
-Allora cerca di
vedermi diversamente-
Un rumore sordo li
fece voltare entrambi. Proveniva dall’oscurità
davanti a loro.
-Ci ha trovati-
sussurrò. Gli strinse con forza la mano e lui si
voltò a guardare quelle dita
che
stringevano convulsamente le sue.
-Sono contenta che tu
sia qui, chiunque tu sia davvero. Nei miei sogni, sono sempre stata
sola-
Lo spinse via.
–Vattene, prima che ci raggiunga-
Un ululato la fece
rabbrividire. Il cuore tornò a pulsarle terrorizzato nel
petto.
-Scappiamo allora- si
alzò e le porse la mano. Ma lei non lo guardava
più. Il suo sguardo era
terrorizzato.
I suo occhi spalancati verso il buio.
-Non capisci. In
questi sogni cercano sempre di uccidermi. E mi sveglio sempre nello
stesso
momento-
-Cioè?-
-Un istante prima di
morire-
La belva balzò fuori
dall’ombra. Con gli occhi gialli e le zanne ricoperte di
sangue. Corse verso di
lei
ringhiando. Saltò. E lei vide quei denti ad un soffio dal
suo viso.
Sobbalzò.
Fece vagare lo sguardo a destra e a sinistra, in cerca della luce.
Espirò.
Ancora quei
dannatissimi sogni. Da quando era arrivata nel palazzo, si erano
fatti più vividi. Distingueva ogni dettaglio,
ogni parola, come se stesse
davvero vivendo tutto ciò che sognava. E, quando si
svegliava, ricordava
ogni
singolo particolare. Da quando era lì, in tutti i suoi sogni
qualcosa cercava
di ucciderla. E ci riusciva.
Si
alzò dal letto e le gambe per un attimo le tremarono. Quella
notte, però, aveva
sognato qualcosa di nuovo.
Leon. Anche lui faceva parte di quei
sogni. Quelli che lei sapeva si sarebbero avverati. Forse, un
giorno,
lo avrebbe incontrato davvero. Nella realtà.
Si
avvicinò alla finestra. Quella sera avrebbe rivisto la
bestia. O, dopo ciò che
era accaduto la sera prima,
non si sarebbe presentata? Cosa le avrebbe detto?
Avrebbe mostrato la stessa furia del giorno precedente?
Le avrebbe mostrato
ancora il suo volto?