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Autore: L_Honey    02/03/2015    1 recensioni
Mi chiamo Elise Lanvier e sono la vera protagonista del romanzo disastroso che è la mia vita. Forse la sto mettendo troppo sul drammatico. Non è che mi piaccia farlo, magari forse solo un po’, ma la maggior parte delle volte penso: “Cavolo! Ma queste cose succedono veramente a me?”.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Lysandro, Nathaniel, Professor Faraize, Rosalya
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era un mercoledi. Io odiavo i mercoledi. Io odiavo i mercoledi perché i mercoledi ero costretta a restare fino a tardi a scuola. Io odiavo i mercoledi perché tutti i santi mercoledi ero costretta a restare fino a tardi a scuola ad occuparmi del club di basket. Quel mercoledi non era diverso da tutti quelli che avevo già vissuto da quando settembre era arrivato, avevo appena finito di seguire le lezioni e restai un po’ in cortile con le ragazze a chiacchierare di vestiti, prendendo in giro i professori e lamentandomi di quanto avrei voluto tornare a casa con loro invece di restare lì. Rosa cercava in vano di convincermi del fatto che passare qualche ora del mio tempo a guardare un po’ di bei ragazzi sudati in calzoncini sculettare davanti ai miei occhi per tutto il tempo non sarebbe dovuto essere un tale supplizio, e come ogni settimana cercai di convincerla a scambiarci i club. Lei aveva quello di giornalismo, tutti vorrebbero entrare nel club di giornalismo! Iris invece era in quello di giardinaggio, e io mi divertivo un sacco a prenderla in giro. “Che farete domani!? Inventerete qualcosa di sana pianta!?” 
A volte se potessi mi darei tante pacche sulla spalla da sola per il mio umorismo così pungente.
“Davvero divertente, Elise. Ti lascio al basket mentre IO me ne torno a casa a fare un riposino rigenerante!”
“Questa è cattiveria Iris!”

Rosa se la rideva di gusto ad ascoltarci quando solo alla fine del suo divertimento ebbe l’ardire di suggerirmi che stavo facendo tardi lasciai entrambe con bacio veloce e mi misi a correre in direzione della palestra. Più mi avvicinavo alla meta più il mio stomaco si contorceva e la sensazione che quel pomeriggio sarebbe stato un disastro si faceva strada in me. Riuscivo a sentirlo. Lui era li, lo percepivo. La sua aura maligna si diffondeva nell’aria, e ad ogni passo ogni singola particella del mio corpo mi invitava ad un retro\front con fuga tattica. Varcata la soglia della palestra me il suo profilo fu la prima cosa che vidi. Restai qualche minuto senza fiato mentre lo osservavo giocare con gli altri compagni, era davvero bravo. Era un viscido serpente dannatamente bravo a mettersi in monstra. Non gli sfuggiva un passaggio, riusciva a marcare tutti i sui avversari. Era lì ansimante e con i capelli che gli svolazzavano sulla fronte sudata e i muscoli tesi, destreggiandosi con eleganza fino ad arrivare ad un canestro perfetto. Che razza di esibizionista. Stizzita e rassegnata al fatto che il mio subconscio abbia qualche potere mistico in grado di captare il male attraversai il campo incurante delle persone intorno a me. Cercava attenzioni e da me non le avrebbe avute.
“Time out ragazzi, è ora di fare qualche flessione avete delle gelatine al posto delle braccia!” ringhiò Boris dal fondo della sala.
“Signorina Lanvier siamo in ritardo. Sono passate le 4 mi pare!”
“Chiedo scusa Coach avevo degli appunti da recuperare! E dopotutto il ciarpame da risistemare non scappa mica!”
“Crede di essere spiritosa signorina!?”

“Io!? Per niente signo….”
“Si infili immediatamente la tuta, si unisca a gli altri per le flessioni!”
“Ma… io veramente...”
“Mi sembrava che volesse essere inviata a partecipare alla festa signorina!? Non è cosi!? La sto accontentando! Si sbrighi!” 

Restai qualche momento così, come una scimmietta ammaestrata, ero sbigottita e terrorizzata da quello che il futuro aveva in serbo per me. La mia pigrizia aveva preso il sopravvento per 16 lunghi anni della mia vita e il mio corpo rigettava qualsiasi tipo di vago sentore sportivo. Avanzai a grandi passi verso lo spogliatoio e quasi non riuscivo a respirare mentre infilavo l’uniforme della squadra, mi guardai allo specchio per un istante prima di uscire mi sistemai i capelli biondi in una coda alla meglio e osservai il colore rosso porpora della canottiera, in quel momento fu come se qualcuno mi avesse dato un pugno in piena faccia. I sospiri accompagnarono il mio ritorno in sala mentre tutti erano già a faccia a terra ascoltando le direttive del coach. Il mio cervello fece un rapido esame della situazione mentre i miei occhi cercarono lui. Iniziai a pregare con tutta me stessa che un abisso si mettesse fra noi, mi bastavano anche solo un paio di ragazzi sudaticci.
“Signorina prego ha bisogno della standing ovation!? Si metta qui faccia a terra subito!” 
“cazzo.” Perché dio non mi vuole bene!? Perché?!
Il Coach indicò l’unico microspazio vitale che separava il mio persecutore dal mondo, e io ero inerme.
Riuscì solo a scorgere di sfuggita il suo solito sorrisetto malefico che si faceva largo sulla stupida faccia mentre il mio corpo entrò in contatto con il parquet gelido della palestra.

 “1. Siamo solo all’inizio signori, piegate quelle braccia!” 

“Ciao ragazzina!”
“Ciao Castiel! Credo che dovresti aggiustarti il colore ho notato che ti si vede la ricrescita!” 


“2. Ma andiamo!? Scherziamo vi faccio arrivare a 50 se non vi impegnate!?”

“Qualcuno ha fatto delle ricerche!”
“Mi è bastato dire idiota perché tutti mi facessero il tuo nome!”

“3. Scendete ancora!!”

“A me basterà dire tavola da surf perché la gente mi faccia il tuo!?”
“Puoi anche non chiamarmi, ne sarei solo felice!”


“4. Non ci siamo ancora!!!”

“E tu credi che voglia renderti felice?”
“La tua morte prima o poi mi renderà tale!”

“5. Allora quei sederi al vento!?!”

“A quanto pare nessuno ti ha insegnato l’educazione, ragazzina!”
“Educazione l’hai letta stamattina sul tuo prezioso calendario delle parole del giorno?”

“6. Siete delle mammolette.” 


“Mentre il tuo sarcasmo era in offerta?”
“3x2, se vuoi te ne lascio un po’, magari diventi più interessante.”

“7. Neanche delle flessioni siete in grado di fare come pretendete di giocare!”



“Potrei volere qualcos’altro da te.” 
Mi mancava il respiro tutto quel flettersi, sentivo che la maggior parte delle mie energie che se andavano per riuscire a tenere testa a quell’idiota. Il mio sforzo fisico maggiore negli ultimi tempi si era ridotto allo stiracchiarsi la mattina appena scesa dal letto. Il mio corpo stava per crollare ma la il mia mente si opponeva. Dovevo resistere.

“8. No,no,no il primo che si ferma ne farà un'altra serie da 10!”

“E di grazia cos’è che potresti volere!?”

Mi sentivo mancare.

“Oh, per il momento mi basta ammirarti prostrata a terra ansimante.” 

“9. Siete una completa delusione.”

“Ti spacco la faccia Castiel.” 

Volevo ucciderlo con le mie stesse mani. In quel preciso istante. Davanti a tutti quei testimoni. Non mi importava.

“10. Alzatevi! 20 giri del cortile adesso! Siete stati uno spettacolo penoso!”

“Peccato che prima però dovresti riuscire ad alzarti, Elise.”

Stramazzai di lungo sul parquet. Ero stremata, e senza fiato non riuscivo a muovermi, tradita dal mio stesso corpo, restai accasciata ancora al suolo respirando a fatica mentre con assoluto disprezzo osservai la sua faccia, il suo ghigno, mi fece l’occhiolino e si rigirò seguendo gli altri fuori dalla palestra. Restai qualche attimo a sbollire cercando di fare leva sulla ultime energie che mi restavano. Il suono del mio nome pronunciato dalle labbra di quel maledetto mi ripugnava. A quanto pare aveva fatto ricerche anche lui.

“Signorina Lanvier si ricomponga e sistemi questa topaia, spero che in futuro non si lamenterà più dei compiti elementari che le vengono assegnati!” 

Ero rimasta sola e inerme. La mia me stessa interiore si sentiva un vero schifo insieme alla me esteriore che la prese sotto braccio. Mi ricomposi e mi drizzai sulla schiena guardando intorno la desolazione generata dalla mia sconfitta. Cercai di rassettare alla bene e meglio la sala il più in fretta possibile. Il mio ego ferito voleva solo scappare per rifugiarsi a casa. Furono i 20 minuti più lunghi della mia intera esistenza. Imboccai le scale di servizio che collegano la palestra all’istituto cercando accuratamente di evitare di passare per il cortile, in modo da non incrociare i miei compagni e ritornai nel corridoio principale. Lo attraversai a testa bassa per raggiungere l’armadietto recuperare le mie cose e filarmela da quell’inferno che chiamavano liceo. Dovevo trovare assolutamente un modo per rifarmi, avrei potuto iniziare a lavorare un po’ sulla mia resistenza. Potevo cominciare ad andare a correre la mattina presto o alla sera, iniziare una qualche dieta e fare un po’ più di allenamento. Volevo entrare in squadra, e questa volta il mio buon proposito non era campato in aria, gliel’avrei fatta vedere io. Non avevano nulla quegli energumeni che io non avessi anzi, magari avevo io qualcosa in più. Mi sarei impegnata e mi sarei presa la rivincita ormai ne ero convinta, e sapevo di potercela fare. Immersa nei miei pensieri di grandi cambiamenti esistenziali infilavo nello zainetto i libri per ripassare qualche formula di matematica che mi sarebbero serviti l’indomani per il “piccolo test” che il professore ci aveva assegnato quando vidi di sfuggita Nathaniel uscire e chiudersi alle spalle il suo ufficio. Un po’ di effetto Nathaniel in quel momento era tutto quello di cui avevo bisogno, me lo sentivo. Divenni raggiante al solo pensiero che già la mia mano si alzò per salutarlo ed  invitarlo a raggiungermi.
“Hey segretario!”
“Elise!” 

Mi sfoderò uno dei suoi sorrisi più belli scacciando così l’orribile eco del mio nome pronunciato dal mio acerrimo nemico qualche minuto prima.
“Che ci fai ancora qui è tardi!”
“Oh. Ho appena finito di risistemare qualche pratica arretrata, sono completamente esausto.”
“A chi lo dici.”
“Che succede, hai una faccia.”

“Diciamo che oggi ho ricevuto una sonora lezione dal mio coach, che mi ha buttato a terra in tutti i sensi possibili.”
“Mi dispiace, posso provare a tirarti un po’ su?”
“Figurati. Penso mi sia servito da domani mi impegnerò solennemente per dimostrare a quelle scimmie che sono in grado anch’io di fare tutto quello che fanno loro e anche meglio!”
“Così mi piaci! Ti voglio combattiva!”

“Oh Nathaniel.”
“Cosa c’è!?”
“Perché non ho scelto il giardinaggio!?” 

Scoppiò in una grossa risata e i suoi occhi dorati si accesero divertiti.
“Mi sembrava di aver capito che il pollice verde non fosse per te!”
“Te ne ricordi ancora…”
“Andiamo ti riaccompagno a casa, ti va?”
“Certo!”

Ecco fatto, tutto aveva ritrovato il suo equilibrio. Io, Nathaniel e decine di buoni propositi per i giorni avvenire. Lo accompagnai all’armadietto a prendere le sue cose e lasciammo insieme la scuola, davanti a noi uno di quei tramonti brillanti che mi rimisero in pace con il mondo. Il cielo era completamente arancione e le nuvole si diradavano, l’autunno non era ancora arrivato e l’aria intorno era ancora calda e piacevole. Ci incamminammo verso casa chiacchierando su come in poco tempo sarei diventata una stella del basket ammirata e rispettata da tutti. Gli raccontai della mia disavventura in palestra e lui insistette per fermarci a prendere un dolcetto di consolazione. Lungo il tragitto Nathaniel mi raccontò tutto sulle ultime avventure dei romanzi che aveva letto iniziammo a parlare di letteratura e scoprimmo di avere un sacco di libri preferiti in comune dai gialli di Agatha Christie, passando per la nostra infanzia imbarazzante con Geronimo Stilton, arrivando a parlare di poesia e citando Prevert. Fu davvero romantico ascoltarlo recitare qualche verso anche se sapevo perfettamente che non fondo non li stava veramente dedicando a me. Entrammo lentamente nel vialetto di casa mia e più la porta si avvicinava più cercavo di avere un contatto fisico con lui. Ma il mio imbarazzo ebbe il sopravvento. Ci fermammo girandoci l’uno di fronte all’altra per salutarci e per un momento scese tra noi un alone di disagio che riuscivo perfettamente a distinguere, quando dalla porta di casa apparve mia zia Remie a placarci.
“Allora!? Sei tornata finalmente!”
“Oh, scusa zia pensavo fossi ancora a lavoro!”
“Buonasera signora!”
“E questo giovanotto sarebbe?”
“Mi chiamo Nathaniel un compagno di scuola. Ho insistito io per accompagnare a casa Elise, mi scuso per il ritardo.”
“Oh figurati che giovanotto gentile!” 

Guardavo la faccia di mia zia estasiata per l’atteggiamento da principe azzurro di Nathaniel e non volevo altro che quel momento finisse alla svelta.
“Beh Segretario ci vediamo domani a scuola allora!”
“Certo, buona serata Elise. E ottima serata a lei signora!”
“Ciao Nathaniel, vieni a trovarci presto mi raccomando!”

Volevo sprofondare. Mia zia stava davvero facendo la ruffiana con il mio ragazzo!? Ok, non era il mio ragazzo, ma ci siamo capiti insomma.
Nathaniel mi fece un cenno divertito mentre imboccò il cancello incamminandosi verso casa.
“Caspita!!! Ma dove l’hai trovato!? Ha un fratello più grande, un padre!?”
“Zia!!!!”
“Andiamo entra, sto solo scherzando. Ho preparato le lasagne, spero tu abbia fame.”

“Diciamo pure che hai –scongelato- le lasagne!” 
“Non sei per niente divertente. Puoi anche non cenare per quanto mi riguarda!”
“Muoio di fame. Dai!” 

L’indomani la sveglia suonò alle sei e trenta, ero decisa a fare grandi cambiamenti nella mia vita e ci avrei messo tutta la buona volontà. Presi un thè al volo per reidratarmi e mi infilai la mia tuta preferita, che avevo messo si e no un paio di volte in vita mia, per poi sgusciare di casa il più silenziosamente possibile. Iniziai a marciare a passo svelto in direzione del parco decisa nel fare una breve corsetta prima di incominciare le lezioni. Il sole stava per sorgere e l’aria fredda mi pizzicava il naso, stavo bene, e intorno a me c’era solo silenzio. Il gran parco di Everhill distava solo pochi metri da casa di mia zia ed era il luogo di dove preferivo andare pieno di fontane e fiori colorati. Decisi ad infilarmi le cuffiette e cercare una canzone che mi desse la carica per cominciare il mio allenamento quando da lontano riconobbi una chioma rossa che si avvicinava a gran velocità nella mia direzione. Mi si gelò il sangue. Riconobbi Castiel da lontano, e lui fece altrettanto incatenando i sui occhi grigi nei miei. Non so che razza di faccia dovevo avere in quel momento ma la sua era di sicuro esterrefatta.
“Che ci fai tu qui?”
“Non sono affari tuoi. Lasciami il mio spazio vitale e vai a correre da qualche altra parte!” 

Scoppiò a ridere iniziando come al solito a farsi beffa di me.
“Non mi dire che dopo la lezioncina di ieri ti sei decisa a fare qualcosa per quel gracile corpicino!”
“Quello che facciamo io e il mio gracile corpicino non ti riguarda, non abbiamo bisogno dei tuoi commenti. Che diavolo ci fai poi tu qui a quest’ora!”
“Io vengo tutte le mattine qui a correre ragazzina!”
“Perfetto, adesso che lo so cercherò i sentieri più remoti del parco!”
“Come vuoi ma sappi però che…” 
cominciò a dire avvicinandosi sempre più pericolosamente al mio orecchio “…Potrebbe essere pericoloso con nessuno in giro avventurarsi nella radura da sola.”
Vidi un sorriso malizioso farsi strada sulla sua faccia mentre indietreggiavo da quel demonio. Lui si mise a ridere e riprese a correre passandomi di fianco. Ancora una volta inerme mi lasciò lì da sola, a chiedermi cosa avessi fatto di male perché la giustizia divina mi puniva in questo modo. Decisa a lasciarmi quello sventurato incontro alle spalle iniziai il mio allenamento e dopo poco più di un ora stavo già rivarcando la porta di casa per prepararmi ad andare a scuola. Entrando sentì l’aroma di caffè appena fatto e mia zia in cucina a fare colazione. Vedendomi rimase sbalordita con gli occhi sgranati, la bocca aperta e la tazza di caffè sospesa a mezz’aria.
“Non ci credo. A che ora ti sei svegliata?”
“Alle 6 e mezza. Perché fai quella faccia? Passami un po’ di caffè!”
“Dove saresti andata? Tieni.”
“A correre al parco. Pessima mossa non ho fatto atro che cominciare male la giornata. Ma sto cercando di allenarmi per entrare nella squadra di basket.”
“Non ci credo.”
“Oh andiamo smettila, posso essere un tipo sportivo anch’io.”
“Certo che no!!”
“Va bene vado a fare una doccia e mi preparo ad affrontare un'altra dura giornata liceale!”
“Incredibile.”

Lasciai mia zia perplessa in cucina e mi diressi in bagno. Mi fermai cinque secondi davanti lo specchio guardando la mia figura riflessa. Nonostante tutto ero fiera di me dovevo solo riuscire a mantenere i miei propositi, ce la volevo fare e ce l’avrei fatta.
   
 
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