Personaggi
: Sasuke
Uchiha, Itachi Uchiha, Deidara, Ino Yamanaka, Fugaku Uchiha, Mikoto
Uchiha, Naruto Uzumaki
Pairing : Itachi/Sasuke,
Itachi/Ino, accenni Sasuke/Naruto
Genere
:
sentimentale, drammatico, sovrannaturale, horror, triste
Rating
:
arancione
Avvertimenti
: AU (
Alternative Universe ), yaoi, uchihacest ( non contiene
scene esplicite ), death character, linguaggio colorito,
long fiction ( 2 capitoli )
Questa storia, con mio ENORME
stupore, si è classificata SECONDA ( *___* ), a pari merito
con la storia di Shizue Asahi, al Burnin'
Contest , indetto da uchiha_girl sul Forum di EFP.
Annuncio che, ebbene sì, è la mia prima
Uchihacest, e ammetto che ne sono abbastanza soddisfatta; da dove
è uscita fuori non chiedetemelo, perché
sinceramente non ne ho idea. XD
Prima di iniziarla avevo deciso già l'ambientazione, ma non
sapevo che nome dare al quartiere in cui i personaggi abitano; poi,
sfogliando il dizionario alla ricerca di una parole inglese che
suonasse bene e che si addicesse al tema, mi sono imbattuta in
Backbiting. Mi piaceva il suono della parola, e non appena ho letto il
suo significato in italiano, sono stata letteralmente folgorata dalla
mia solita ispirazione fulminante. XD
Poi, sarebbe dovuta essere una one-shot, ma poi si è
rivelata un po' troppo lunga, allora ho deciso di dividerla in due
capitoli altrimenti, probabilmente, sarebbe risultata pesante al
momento della lettura. Detto questo vi lascio alla storia; le note, per
ovvi motivi, le ho messe a fine fanfiction.
Voglio ringraziare di cuore la giudice uchiha_girl, per la sua
rapidità nel dare i giudizi e per l'assoluta
imparzialità, e tutte le altre concorrenti, con un mare di
complimenti, soprattutto alle altre podiste e in particolar modo a
Kei_Saiyu, prima classificata. *w*
Me lo lasciate un commentino? *-*
Il Mistero di Backbiting Street
Capitolo
1
Un tempo, nella periferia di una
piccola cittadina poco conosciuta, esisteva una strada dall'enigmatico
nome; in molti si erano chiesti perché si chiamasse in quel
modo, ma nessuno era mai riuscito a carpire il segreto di quel luogo
tetro ed inquietante.
Solo un ragazzo, guidato da uno sconfinato amore, ebbe successo in
quell'ardua impresa.
Il suo nome, era Itachi Uchiha.
Il giovane era nato in Giappone ma, pochi anni dopo la venuta alla luce
del fratello minore, i genitori decisero per il trasferimento in
America dove, pensavano, avrebbero avuto più
possibilità di lavorare e mandare avanti la famiglia. Ma la
povertà regnava sovrana, in un mondo devastato da guerre e
pregiudizi; così, Itachi e suo fratello Sasuke furono
costretti a vivere un'infanzia non propriamente felice, passata per la
maggior parte del tempo a giocare in Backbiting Street [*], il lungo
viale nel quale sorgeva la loro modesta abitazione.
Quella strada, specie di notte, metteva i brividi; spesso e volentieri
era caratterizzata da una fitta nebbia e, nelle fredde sere d'autunno,
le foglie cadute dagli alberi si libravano nell'aria grazie ai forti
venti, che molte volte impedivano perfino di uscire di casa. E la cosa
ancor peggiore, era che la dimora degli Uchiha si trovava proprio di
fronte al cimitero.
< Nii-san [*]... è vero che, quando moriamo, quel
posto diventa la nostra nuova casa? > chiese un giorno il
più piccolo a quella figura fondamentale ed eroica ai suoi
occhi, Itachi; per lui, il fratello maggiore era l'insieme delle
caratteristiche che sognava ogni notte di possedere: coraggioso,
affascinante, gentile. In una parola, perfetto. Ma in
realtà, egli nascondeva un terribile segreto, taciuto anche
alle persone che più gli erano vicine.
< No, Sasuke; il nostro corpo rimane lì, ma l'anima
se ne va in un posto migliore. > rispose il più
grande, con un dolce sorriso sul volto; diede una pacca sulla spalla al
fratellino e si alzò dalla sedia di vimini, avviandosi verso
l'uscita della stanza nella quale dormivano.
< Aspetta! Cos'è l'anima...? >
domandò l'altro, afferrandolo per un braccio.
< Una cosa che a volte ti viene prepotentemente strappata via. E
quando ne vieni privato, ti senti come se fossi scomparso nel nulla,
eppure continui a camminare. >
Il più giovane non capì il senso di quella
risposta; era ancora troppo piccolo per conoscere sentimenti come
l'invidia, l'odio, la sofferenza. E Itachi aveva deciso di proteggerlo
dai mali del mondo, non voleva che anche lui venisse contaminato.
Se era vero che Backbiting Street condannava chiunque varcasse il
cancello di quel cimitero, Sasuke non sarebbe mai dovuto entrarci;
doveva a tutti i costi evitare che il suo otouto [*], una volta
abbandonato al proprio destino, andasse a cercare l'anima dei suoi cari
all'interno di quel posto maledetto.
~
In quel quartiere era estremamente
difficile mantenere un segreto; se succedeva qualcosa, il giorno dopo
tutti lo sapevano e tutti ne sparlavano. Per questo aveva chiesto ad
Ino Yamanaka, la sua prima ragazza, di tenere nascosta la loro
relazione; ma la bionda amava vantarsi, per cui non riuscì a
tenere la bocca chiusa sull'accaduto. Si sentiva estremamente fortunata
a stare con un ragazzo come lui che, nonostante all'apparenza fosse
freddo e scostante, nell'intimità si rivelava una persona
dolce e ricca di attenzioni verso gli altri. Suo fratello, invece, non
era affatto d'accordo; odiava Itachi dal profondo, e sosteneva di avere
diversi motivi per farlo. Non lo aveva mai sopportato, fin dal giorno
in cui lo aveva incontrato per la prima volta, e quando gli era
capitato di sentire delle voci secondo le quali sua sorella usciva
proprio con lui, giurò che prima o poi, con qualsiasi mezzo,
li avrebbe separati. Deidara era un tipo estremamente testardo ed
arrogante, tanto che pian piano, giorno dopo giorno, tutti coloro che
cercavano di farci amicizia provando ad accettare anche i suoi difetti,
si allontanavano gradualmente da lui. E a causa di tutto ciò
il ragazzo soffriva, anche se cercava di non darlo a vedere; e non
capiva per quale motivo chi lo abbandonava si avvicinava ad Itachi. Per
questo aveva più volte cercato di convincere i propri
genitori a tornare nel loro paese d'origine, ma loro non avevano voluto
sentire ragioni, dato che erano riusciti far fruttare un negozio di
fiori che assicurava loro un buon tenore di vita; certo non si poteva
dire che fossero ricchi, ma vivevano bene. Peccato che neanche loro
erano scampati alla maledizione; perché si sa, quando si
è giovani, la curiosità ci spinge a voler
conoscere il più possibile, del mondo in cui siamo nati e
cresciuti. Così, Ino e suo fratello, in occasione della
festa di Halloween di due anni prima, avevano deciso di provare il
brivido d'entrare nel cimitero di Backbiting Street, a notte fonda;
quel luogo non perdonò neanche due ignari giovani che si
divertivano a girovagare tra lapidi e croci. Infatti, una volta usciti
da lì, qualcosa in loro era cambiato, ma nessuno se n'era
accorto; questo perché tutti coloro che vi erano entrati,
avevano condiviso il medesimo destino: andare a visitare le tombe dei
propri cari, significava auto condannarsi inconsapevolmente.
Neanche l'Uchiha maggiore era riuscito a scamparla, e senza volerlo
aveva saziato la fame di quel terreno al di là della
recinzione che sorgeva di fronte alla porta di casa sua; un giorno,
infatti, aveva sentito il bisogno di visitare i defunti, di dedicare
loro dieci minuti del suo tempo, che talvolta pareva non scorrere mai,
in quel posto. E soprattutto, era come se il cimitero chiamasse a
sé le persone, completamente ignare del pericolo al quale
andavano incontro entrandovi.
Quando se n'era andato, si era sentito strano:
aveva pensato di fare una passeggiata prima di tornare a casa e,
durante il tragitto, si era imbattuto in un gruppo di ragazzi
scompostamente seduti su un muretto al lato della strada.
< Ehi, ce l'hai un po' di roba? > gli aveva chiesto uno
di loro, con un sorriso strafottente sul volto; era pallido e, a
giudicare dalle evidenti difficoltà a stare in piedi,
probabilmente drogato od ubriaco.
E in quell'occasione, per la prima volta in vita sua, aveva provato
l'impulso di uccidere; s'impaurì a causa di quel pensiero,
così fuggì via, mentre il gruppetto gli sputava
contro insulti di ogni genere. Corse a casa e si chiuse in camera,
buttandosi poi sul letto; la testa gli faceva male, come se fosse stata
sul punto di scoppiare, e il suo corpo tremava, scosso da brividi
d'evidente spavento. Che diavolo gli stava succedendo? Non gli era mai
capitato di fare certi pensieri; aveva sempre pensato che tutti gli
esseri umani, in fondo, possedessero un lato buono, per questo usava
perdonare anche coloro che sbagliavano, o almeno provava a capirli. In
quel momento, invece, nella sua mente si ripeteva un unico,
agghiacciante pensiero: uccidere. Uccidere per
ripulire il mondo, farlo per dimostrare la propria forza ed essere
rispettato.
Per chi entrava in quell'apparenza normalissimo luogo d'eterno riposo,
non ci sarebbe mai più stata pace interiore; ognuno, pero',
reagiva in modo diverso alla maledizione: non
tutti, infatti, provavano il desiderio di ammazzare chi non gli andava
a genio. C'era chi si dava ai peggiori vizi, chi usava violenza sugli
altri, chi tradiva, e via discorrendo. E la cosa peggiore era che, chi
veniva colpito, ne era perfettamente consapevole e spaventato.
Ad esempio, Deidara temeva non poco il suo esser diventato ancor
più intrattabile del normale, mentre sua sorella si era
stupita d'aver iniziato a concedersi molto facilmente, anche a chi
conosceva appena; la ragazza pero', a differenza del fratello, era
riuscita quantomeno ad “adeguarsi” alla nuova
condizione, cercando di trarne vantaggio in qualche modo, ottenendo
regali di ogni genere. Certo non ne andava fiera ma, per qualche strano
motivo, non riusciva proprio a farne a meno.
La cosa che comunque accumunava le vittime, era una strana sensazione
di vuoto, come se qualcosa d'indispensabile gli
fosse stato strappato via; come se il loro fuoco si
fosse inesorabilmente spento. Perché se si paragona la vita
umana ad una candela, la fiamma rappresenta ciò che la rende
viva ma che inevitabilmente la consuma, lentamente, fino a morire; fino
all'estinguersi delle passioni. Solitamente, la fiamma che arde
nell'essere umano si spegne in tarda età ma, per gli
abitanti di Backbiting Street entrati nel cimitero, non era
così; non importava quanti anni avessero, quella strana
“entità” non guardava in faccia a
nessuno. Bambini, adolescenti, adulti, anziani... chiunque era a
rischio; chiunque poteva, d'improvviso, spegnersi. Morivano dentro di
sé, ma continuavano imperterriti a camminare, a parlare e
magari a sorridere, sperando di svegliarsi il prima possibile da
quell'assurdo incubo. Qualunque cose ci fosse in quel luogo, di certo
si divertiva a cancellare, per quanto poteva, i buoni sentimenti dai
cuori delle persone; costringendoli, poi, a fare ciò di cui
più avevano paura.
C'era chi veniva completamente sopraffatto e si suicidava, infatti le
autorità non riuscivano a spiegarsi il perché di
tutti quegli strani casi che si verificavano anche nell'arco di
pochissimo tempo. Ma c'era anche chi, con sforzi sovrumani, riusciva a
conservare un po' d'umanità: fra questi c'erano Itachi, la
sua ragazza, e Deidara. Essi lottavano, per quanto possibile, contro
quell'insopportabile condizione; per questo motivo l'Uchiha, che temeva
per il fratello, tendeva il più delle volte a segregarlo
dentro casa, anche se egli protestava, cercando spiegazioni.
Ma, un giorno, avvenne la tragedia: colui che con fatica immane si era
trattenuto, infine cedette alla tentazione; la voglia di uccidere, di
macchiarsi di rosso sangue, lo portò a compiere il suo primo
omicidio. Piangendo amare lacrime, mentre spingeva con forza la testa
del suo migliore amico nell'acqua stagnante del laghetto del parco,
tolse la vita ad un ragazzo la cui unica colpa era stata quella di
volergli talmente tanto bene, da indagare per lui nel privato di Ino,
scoprendo i suoi tradimenti. Il moro non voleva credere alle sue
parole, tanto era convinto che l'amico volesse solamente rubargli la
fidanzata. Così, il giovane Shisui venne ucciso, alla tenera
età di 17 anni. E il cuore del suo assassino si
spezzò più volte, mentre ascoltava le sue
suppliche e i suoi gemiti di dolore; gli voleva bene, ma sentiva di
dover cancellare la sua esistenza. Chissà, forse lo aveva
addirittura salvato.
Nessuno scoprì l'identità del killer, e il caso
venne archiviato dopo poco tempo; la verità, era che neanche
le forze di polizia se la sentivano di indagare su quel luogo.
Successivamente, si verificarono altri omicidi, difficilmente
imputabili ad un assassino seriale, visto che i metodi utilizzati erano
sempre diversi: alcuni poveracci venivano strangolati, altri
accoltellati, o addirittura legati accuratamente sui binari della
stazione.
Per due anni le cose andarono avanti così, e ci fu quasi un
assassinio al mese; la gente era dunque impaurita, e la maggior parte
delle persone si rintanava in casa, uscendo solo in caso di bisogno, ad
esempio per andare a comprarsi il cibo.
< Itachi... tu credi che ci sia un nesso fra quel che sta
accadendo, e il nome di questa strada? > domandò Ino
un pomeriggio, mentre si crogiolava nel suo caldo abbraccio.
< Backbiting, intendi? >
< Sì... non trovi strano chiamare un viale “la
strada della maldicenza” ? >
Già, strano lo era, eccome; ed era ancor più
curioso il fatto che nessuno sembrasse conoscere l'origine di quel nome
così assurdo, per una strada.
< Non lo so. > sentenziò il moro, freddamente;
in realtà, aveva paura di scoprire il motivo.
La maldicenza è uno dei più comuni mali che
affliggono il mondo, dunque non era da escludere che quell'appellativo
c'entrasse qualcosa con la maledizione.
< Ino! Ino! L'ho visto! Ieri sera! > esclamò
Deidara, correndo affannosamente verso la sorella, lanciando al
fidanzato un'occhiataccia.
< Eh? Di che parli? > chiese la ragazza, preoccupata.
< Del mistero del cimitero! >
Il moro sussultò; temette che il biondo lo avesse sorpreso
in compagnia di una delle sue vittime.
< Cioè? >
< Il fuoco! >
< Fuoco? >
I due non riuscivano a capire cosa volesse dire, quindi lo invitarono a
calmarsi e a spiegargli meglio.
< Ho visto... una fiamma... stavo camminando alla ricerca di
qualcosa di strano, ed ho notato una piccola luce... ma era strana...
era blu. > raccontò.
< Blu? >
Ino ed Itachi si guardarono, straniti.
< Non è che ti sei fumato qualcosa, Deidara? >
lo schernì il moro, senza pero' cambiare espressione; si
sentiva stranamente preoccupato.
< Vaffanculo, Uchiha! Io l'ho vista davvero! Non sono un fottuto
drogato come te! > protestò, afferrandolo per il
bavero della camicia.
< Calmati! Lascialo stare! > lo fermò la
sorella, < Sei sicuro di aver visto bene? >
< E soprattutto... per quale motivo questa
“fiamma” dovrebbe essere il famoso mistero?
> chiese l'altro, alquanto scettico.
< Non lo so... pero' l'ho trovata strana... non saprei come
spiegare questo fenomeno in altro modo! > insistette, tremante
di rabbia e paura.
< Ok, ok... facciamo una cosa; questa sera, quando tutti
dormiranno, ci recheremo al cimitero. Sperando che una certa persona
abbia detto il vero. > propose, lanciando una frecciatina al
biondo, che non mancò di “omaggiarlo”
con un dito medio bene in mostra.
I due, comunque, annuirono. Si diedero appuntamento per quella sera
stessa, a mezzanotte, davanti al grande cancello.
~
Itachi era preoccupato. Sebbene non
fosse del tutto convinto della buona fede del fratello della sua
ragazza, gli sembrava comunque strano che egli fosse arrivato ad
inventarsi una cosa oltremodo assurda come quella; ma se davvero aveva
detto la verità, che cosa mai poteva essere la fiamma che
aveva visto? Che cosa poteva rappresentare? Ci pensò a
lungo, frugando nella libreria dei suoi genitori, che conteneva anche
qualche volume dedicato al paranormale in generale, alla ricerca di
risposte.
< Che fai? > indagò Sasuke, osservando il
fratello, particolarmente concentrato.
< Nulla, ero alla ricerca di una lettura interessante. >
< Tu? Ma se non leggi mai! > esclamò, sorpreso.
< Ho deciso di iniziare da oggi. >
< Devo dedurne che la tua fidanzata ama i tipi colti? >
lo punzecchiò il più piccolo, e l'altro gli
lanciò un'occhiataccia, o almeno ci provò, ma con
Sasuke era difficile; non aveva mai capito perché, ma
benché ci avesse provato più e più
volte, non era mai riuscito a trattar male il fratellino.
< Ino non c'entra. > sentenziò, pacato come
sempre.
< Facciamo una passeggiata? >
< Adesso no. La prossima volta, otouto. > disse,
scuotendo la testa e scompigliandogli amorevolmente i capelli corvini.
< Uffa! Dici sempre “la prossima volta”, ma
alla fine non mantieni mai le tue promesse! >
protestò l'Uchiha minore, sbuffando; era un tipo cocciuto, e
a ben guardare lui e suo fratello si somigliavano non poco. L'unica
differenza, stava nell'impulsività di Sasuke, caratteristica
che non contraddistingueva Itachi, anzi; quest'ultimo, era un tipo
tranquillo e riflessivo, che pensava prima di agire. Ma erano entrambi
determinati e testardi. Talmente decisi a raggiungere i propri
obiettivi, da calpestare tutto il resto.
Itachi voleva il bene di
Sasuke.
Sasuke voleva Itachi, anche
a costo di
farlo soffrire.
< Davvero, stavolta parlo sul
serio. > lo tranquillizzò il più grande,
immergendosi poi, di nuovo, nella lettura di un tomo che sembrava
interessante; narrava di fenomeni paranormali ed inspiegabili, di
leggende metropolitane e cose del genere.
< Speriamo. >
Lesse per un bel po', prima dell'ora di
cena, ma non trovò nulla che si potesse ricongiungere a quel
che aveva detto Deidara; notò, pero', che una pagina del
libro era stata strappata. La cercò anche all'interno di
altri volumi, ma niente; così, domandò anche ai
genitori. Nessuno, alla fine, gli seppe dire dove potesse essere finita
quella dannata pagina. Ovviamente, non era sicuro che essa narrasse di
ciò che egli voleva sapere, anche perché non
aveva la più pallida idea di che cosa aveva deciso di
affrontare, quando spavaldo aveva proposto di recarsi al cimitero,
quella sera.
Attese che i suoi genitori si coricassero, per agire. Com'era ovvio,
Sasuke se ne accorse, e curioso gli domandò cosa doveva fare
fuori, a quell'ora così tarda; Itachi riuscì,
apparentemente, a convincerlo che si trattava di un appuntamento
segreto con Ino, per evitare che suo fratello non si mettesse fra i
piedi come al solito. Lo lasciò uscire controllandolo dalla
finestra, deciso ad indagare; lo trovava cambiato nell'ultimo periodo,
e voleva a tutti i costi scoprire che segreti nascondesse dietro la sua
maschera d'indifferenza. Era cresciuto, Sasuke; e, oramai quindicenne e
particolarmente maturo per la sua età, aveva capito subito
che qualcosa non quadrava. Osservava il suo nii-san con attenzione,
analizzando le sue espressioni e i suoi movimenti, quasi a volergli
leggere dentro. Questo perché avrebbe fatto qualsiasi cosa,
pur di averlo tutto per sé; perciò non poteva
permettere che una ragazzina qualunque glielo portasse via. Quello che
pero', purtroppo non sapeva, era che il vero pericolo non era affatto
rappresentato da lei, ma da qualcosa di molto più grande;
qualcosa che andava al di là dell'immaginazione di meri
esseri umani.
Fine Capitolo Uno
Note:
1 [*] Backbiting:
termine inglese, il cui significato letterale è
“maldicenza”
2 [*] Nii-san:
fratello maggiore ( giapponese )
3 [*] Otouto:
fratello minore ( giapponese )