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Autore: Ilune Willowleaf    12/02/2005    1 recensioni
Questa è la primissima fanfic che ho scritto, e in effetti risente un po' della forte influenza del fantasy che ha segnato la mia crescita. Perchè Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango e Shippo sono finiti in un mondo tutto diverso, dove vivono le personificazioni del tempo? E cosa devono fare per tornare indietro? Leggete!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A SNOWY STORY

 

capitolo 5 - i loro sentimenti

 

Continuarono a girare per diverse stanze e corridoi, che però parevano privi di illusioni. Ad un certo punto, il sensibile naso di Inuyasha captò un odore un po’ familiare. -Aspettate. - disse, annusando profondamente in giro. Incuriosito dalla cura con cui l’hanyou annusava l’aria vicino alle pareti e a terra, Shippo lo imitò, e dopo poco, entrambi giunsero alla stessa conclusione.

-Lady Loryn è passata di qui. - disse fieramente il volpino.

-Non più di qualche ora fa: la traccia è fresca, ancora. Ma c’è odore di argilla fresca e di ferro, e ho trovato dei pezzetti di pietra. E questo. - disse, mostrando una nappa colorata. Sango la riconobbe: era uno degli ornamenti del suo hiraikotsu. Quindi, evidentemente, la dama e le loro armi erano stati portati tutti nello stesso posto, perché era assai improbabile che la donna riuscisse a sollevare il boomerang d’osso, e magari a scappare, incalzata dalle guardie di pietra e di argilla. Probabilmente, era stata legata, e portata via dai soldati, mentre loro, inutili a Humer, erano stati lasciati in pasto al ragno gigante. Arrivati a questa conclusione, si misero di buon passo a seguire Inuyasha, che seguiva sicuro la pista. Non poteva sbagliarsi sull’odore della dama: aveva l’esatto odore dell’aria quando sta per cadere la neve.

Camminarono per ore, ma, almeno, non trovarono nessuna illusione. Quando le gambe non ressero più loro, si sedettero, in mezzo a una stanza assolutamente vuota, salvo per la presenza di quattro guardie di legno in statuaria posizione, immobili, che però si animarono subito alla vista degli intrusi. Inuyasha li distrusse con un solo colpo degli artigli, e ne utilizzarono i legnosi resti per fare un fuocherello, acceso dal  fuoco fatuo del piccolo Shippo, e scaldarsi un poco. Infatti, l’aria era fredda e umida, e non sempre c’era luce, nei corridoi e nelle sale deserte che attraversavano.

Kagome era seduta tra Sango e Inuyasha, con Shippo in braccio. Guardava sottecchi l’hanyou, mentre le mille domande che le erano sorte in mentre in quelle ore di monotono cammino le frullavano in testa come biglie in un flipper impazzito. Avrebbe voluto chiedergli se quello che lui le aveva detto mentre erano persi in quelle illusioni era vero, se davvero non amava più Kikyo, se quel bacio glie lo aveva dato non perché poteva essere l’ultima azione della loro vita, ma perché l’amava… Lei gli aveva detto la verità, lo amava, da molto tempo se ne era resa conto, ma non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo. L’ombra di Kikyo si era sempre frapposta tra lei e la loro felicità; con la sua semplice presenza, lacerava il cuore dell’hanyou in due, e lei non sapeva se Inuyasha amasse in lei soltanto l’aspetto di Kikyo, o le volesse bene davvero, a Kagome, non alla reincarnazione di Kikyo. Ma ora, forse, qualcosa era cambiato. Lui le aveva detto che amava solo LEI, e non più Kikyo, e anche se era stato in un mondo creato da un’illusione, i loro sentimenti, sperava, erano veri. Solo, adesso avrebbe voluto sapere una cosa: quelle parole, le parole più belle che aveva udito in tutta la sua vita, Inuyasha glie le aveva dette solo per trascinarla fuori dall’illusione? Oh solo perché forse stavano per morire? Kagome non voleva neanche pensare a queste possibilità. Scosse la testa, mandando le palline da flipper dei suoi pensieri nella testa in giro per tutto il cervello. Tirò fuori dalle tasche della tuta le ultime tre tavolette di cioccolato, che si divisero tra loro, e che mangiarono in silenzio.

Kagome non era la sola ad avere un flipper impazzito al posto dei pensieri: tutti, a parte Shippo, parevano immersi in profonde riflessioni, interrotti solo da qualche occhiata furtiva all’oggetto dei propri pensieri, tutt’altro che rivolti alla situazione in cui si trovavano. L’unico tutto sommato abbastanza tranquillo era Shippo, che si stava abbioccando (NdG-chan: termine dialettale [anche se non so quanto sia diffuso, quindi, se non lo conoscete, leggete la spiegazione] che significa semi-addormentarsi per la stanchezza e/o la pancia troppo piena) in braccio a Kagome, tranquillo come lo era stato tra le braccia della sua mamma.

Kagome, invece, era di nuovo sommersa dai suoi pensieri su ciò che era successo tra lei e Inuyasha nell’illusione.

Analoghi pensieri frullavano nella testa dell’hanyou. Anche lui guardava sottecchi Kagome. Le sarebbe piaciuto stringerla ancora tra le braccia, ma in presenza di Sango e (soprattutto) Miroku, non osava, o sarebbe partita una raffica di domande, commentini e risatine da far diventare bordò dalla vergogna sia lui che Kagome. Ma le parole di Kagome gli continuavano a riecheggiare in testa: “E io… io amo te…”; glie le aveva dette davvero? Provava qualcosa per lui, non era stato parte dell’illusione, quelle parole che gli accarezzavano il cuore? Lo sperava con tutto sé stesso. In fondo, lei non pareva aver fatto resistenza, la sera prima, quando erano stati sul punto di baciarsi; e lei aveva voluto dormire accanto a lui, sul carro, e non certo per il freddo, perché, sotto la sottile coperta proveniente dal ventesimo secolo, era calda e comoda. Avrebbe tanto voluto abbracciarla, o anche solo prenderla per mano, ma non osava; né osava Kagome: l’ultima cosa di cui la ragazza aveva voglia, in quel momento, era di sentire i commenti maliziosi ed inevitabili che sarebbero piovuti da Miroku se li avesse visti per mano.

Ma il monaco, in quel momento, non avrebbe rivolto nessuna frecciatina a Kagome e Inuyasha: anche lui, infatti, avrebbe tanto desiderato poter prendere per mano, o meglio ancora, tra le braccia, Sango, che si era appoggiata, sfinita, al muro alle sue spalle. Quell’illusione, cui era scampato per un pelo, gli aveva fatto ricordare che la sua vita, a meno che non fosse riuscito ad ammazzare Naraku, era destinata ad essere breve. E la cosa che più gli sarebbe bruciata, se fosse morto di lì a breve, non sarebbe stata quella di non aver lasciato un figlio a cui mollare la scomoda eredità di un buco nero in una mano e uno youkai malvagio da eliminare. La cosa che più gli sarebbe bruciata, che gli avrebbe impedito di riposare in pace, sarebbe stato non aver mai detto a Sango quanto lei fosse importante, per lui. La guardò, senza farsi notare, ma i suoi occhi non indugiarono sulle curve inferiori o superiori della ragazza, sulle sue lunghe gambe o sulla vita sottile. Il suo sguardo si soffermò sul volto, segnato dalla stanchezza che cominciava a farsi sentire in tutti loro, un volto che però non lasciava trasparire mai tutto il dolore che quella ragazza straordinariamente forte si portava dentro, il dolore di chi ha perso tutta la propria famiglia. La ammirava per ciò, e avrebbe tanto desiderato alleviare un poco quel dolore, renderla felice. Ma, malgrado dicesse a Inuyasha che con le donne non ci sapesse fare, anche lui, con quella donna, commetteva tanti di quegli errori da poterci scrivere un libro. Non riusciva a trattenere la sua natura di libertino, e anche quando voleva dirle qualcosa di carino, le sue mani agivano come d’istinto, rovinando tutto. Si sarebbe preso spesso e volentieri a cazzotti in testa, per tutte le volte che era riuscito ad offendere Sango (ma in realtà non ce n’era davvero bisogno, che si prendesse a cazzotti in testa… ci pensava già Sango ad ampliare la sua collezione di bernoccoli e segni di ceffoni sul viso! Eh eh…), si sentiva davvero un houshi-baka, come lei lo apostrofava quando era arrabbiata. Se riusciamo ad uscire vivi da questo stramaledetto posto, giuro che mi dichiaro. Non voglio avere rimpianti, se dovessi finire all’altro mondo. Anzi, alla prima occasione, fuori o dentro da questo castello, la prendo da parte e le parlo…

La testa poggiata contro il muro, gli occhi socchiusi, Sango aveva permesso ai suoi muscoli stanchi di rilassarsi un poco, e alla sua mente di allentare la vigilanza. Aveva però notato che Miroku la stava guardando. Basta, che guardasse pure le sue forme, era troppo stanca per reagire, bastava che non allungasse le mani! Ma, sorpresa, notò che lo sguardo del ragazzo indugiava solo per un istante sulle gambe, e risaliva rapido, non fermandosi quasi sul seno, ma fermandosi sul volto. Per un secondo ne incrociò lo sguardo, poi abbassò gli occhi, confusa. Negli occhi di Miroku non c’era riflessa la solita idea fissa (“Avere un figlio! Presto!” oppure “cacchio, che gran bel pezzo di ragazza”), ma una dolcezza che non ricordava di aver mai visto negli scuri occhi del ragazzo. Senza che potesse far nulla per impedirlo, le tornò alla mente l’ultima frase che aveva sentito pronunciare da Miroku, mentre era ancora preda dell’allucinazione che le mostrava tutte le persone a lei care uccise: “…io ho bisogno di te…”. Erano state quelle parole a riportarla fuori dall’allucinazione. Anche lei aveva bisogno di lui. Non riusciva ad ammetterlo neanche con sé stessa, ma gli voleva bene. Un affetto diverso da quello che provava per Kagome e Inuyasha, diverso da quello che aveva provato per suo padre e suo fratello… un affetto che la faceva essere gelosa e arrabbiata ogni volta che lui faceva la corte a una ragazza, un affetto che, ora se ne rendeva conto, sconfinava nell’amore. Ma, orgogliosamente, lo ricacciava indietro, quasi seccata con sé stessa per il sentimento che provava per quell’houshi pervertito. Eppure, sapeva essere così dolce, a volte, quasi un’altra persona! Quale era il suo vero carattere? Il “polpo” dai tentacoli palpatori, che non perdeva occasione di chiedere ad ogni bella ragazza di fare un figlio con lui? O il giovane houshi che l’aveva assistita con tanta cura, mentre si riprendeva dalle ferite riportate nel secondo scontro che aveva avuto con Naraku? Oppure… tutti e due? Ora che ci pensava, non le aveva mai chiesto di fare un figlio con lui, sebbene questa domanda fosse una delle prime cose che chiedeva ad ogni normale ragazza carina, conosciuta o sconosciuta, che aveva modo di abbordare. Forse non la giudicava bella? No, altrimenti, perché avrebbe cercato tante volte di spiarla, alle terme, o quando si cambiava? Sango sperava invece che Miroku non la giudicasse solo una “normale ragazza”, sperava davvero di essere qualcosa di più. A questi pensieri, arrossì. Non avrebbe mai ammesso ad alta voce che Miroku non le era indifferente… già s’immaginava le frecciatine di Inuyasha. Kagome no, Sango sapeva che l’amica non avrebbe fatto commenti di quel genere, in proposito; anche lei soffriva di pene amorose, soltanto uno stupido non se ne sarebbe accorto, e avrebbe saputo certamente consigliarla… o almeno, lo sperava. Sango sperava tanto di riuscire a trovare cinque minuti per poter parlare, da amica ad amica, a Kagome, per chiederle un parere. Di sottecchi, non riuscì ad impedirsi di guardare Miroku, che aveva ceduto alla stanchezza, e aveva chiuso gli occhi, poggiato ad una colonna, con i piedi vicino al fuoco, le mani abbandonate ai lati del corpo, con l’aria di chi dormirebbe volentieri una settimana. Certo che, in quel momento, aveva un viso davvero stupendo. Nessuna ragazza avrebbe sospettato, vedendolo in quel momento, che poteva trasformarsi in un tale maniaco! Ma era anche vero che nessuna ragazza che gli avesse mollato un ceffone, dopo l’immancabile domanda “vuoi fare un bambino con me?” e l’inevitabile reazione, avrebbe mai potuto immaginarlo dolce e rassicurante come sapeva essere a volte. Sango scosse la testa, confusa dai suoi stessi pensieri.

Baka di un houshi, che mi fai fare questi pensieri, e baka anche io che continuo a pensarci!

-Inuyasha, ci fermiamo qui, per un po’? Siamo tutti esausti. - chiese all’hanyou. Aveva i muscoli a pezzi, e non desiderava proprio muoversi. Ma Inuyasha non rispose: sia lui, sia Kagome, si erano addormentati, poggiati l’uno all’altra, e dormivano profondamente. Dovevano essere tutti esausti, anche Inuyasha, che sosteneva di poter reggere alla fatica molto meglio di qualsiasi “debole umano”; ma, in fondo, era da quando erano scesi dal carretto che non dormivano, perché, a conti fatti, le allucinazioni che avevano vissuto mentre erano privi di sensi non si potevano certo definire un “buon sonno ristoratore”… Sango tornò a poggiarsi al muro alle sue spalle, chiuse gli occhi, e lasciò che il sonno le portasse ristoro alla mente e al corpo.

 

Dopo qualche ora di un sonno piuttosto scomodo, uno dopo l’altro si svegliarono tutti. Shippo si lamentò di aver fame, e Inuyasha gli rispose malamente di stare zitto, perché, in quanto youkai, lui era l’unico che non aveva effettivamente bisogno di mangiare. Il kitsune gli rispose a tono, e i due cominciarono ad azzuffarsi come bambini. Il “gentile tocco” del bastone di Miroku li convinse a smettere, e poco dopo si poterono rimettere in marcia. Abbattevano senza difficoltà le guardie di pietra e di ferro, ma, in una sala, si trovarono di fronte a soldati diversi dagli altri. Non parevano particolarmente pericolosi, come armi, essendo armati di semplici spade corte, e se ne stavano immobili, semplicemente sbarrando loro la strada. Ma quando Inuyasha ne mandò in frantumi alcuni, per aprirsi un varco e passare, una cascata di un liquido sfrigolante uscì dai loro corpi! Imprecando per il dolore, l’hanyou fece un salto indietro, tenendosi il poso destro con la mano sinistra: l’acido gli era caduto sulla pelle, e lo aveva ustionato fino al gomito.

-Inuyasha! Sei ferito!-

-Non è niente, Kagome. Tra poco sarò a posto. - disse secco Inuyasha, stringendo i denti, e apprestandosi a colpire uno di quei goffi soldati che stava tentando di infilzarli con la corta katana.

-Fermo, non farlo!-

Troppo tardi: Inuyasha aveva rotto altri due soldati pieni di acido, che gli si riversò sulle braccia e sulle gambe, prima che Kagome potesse afferrarlo per una manica e costringerlo ad allontanarsi, mentre Miroku, col suo bastone da monaco, cercava di tenere lontani i soldati che, lentamente, ma costantemente, si avvicinavano.

-Siamo in una brutta situazione, ragazzi: non possiamo distruggerli a mani nude… e cominciano a farsi sentire le esalazioni del veleno… se solo potessimo raggiungere quella porta laggiù…- Miroku si riferiva alla porta alle spalle dei soldati. Non pareva sprangata, solo accostata, e forse, al di là, sarebbero stati più al sicuro che in quel posto.

Dalle braccia di Inuyasha scendeva copioso il sangue, dove la pelle dell’hanyou era stata più colpita dall’acido, ma lui non se ne curava. Afferrò Kagome per la vita con un braccio, e immerse le unghie dell’altra mano nei profondi solchi lasciati dall’acido.

-Seguitemi!- gridò, scagliano le lame di sangue, e facendo a pezzi i soldati. Saltando sui cocci fumanti delle statue animate, stava attraversando la sala. Sango prese in braccio Shippo, e sia lei che Miroku seguirono l’amico sui cocci fumanti in mezzo alle pozze di acido. Inuyasha, malgrado il dolore alle braccia e alle gambe ustionate dall’acido, correva verso la meta, disintegrando con le lame di sangue i soldati che si paravano davanti, e, finalmente, dopo quella che a Kagome era parsa un’eternità, ebbero attraversato la sala. Con una spallata, Inuyasha aprì la porta, che non oppose resistenza, facendo quasi finire a terra sia l’hanyou che la ragazza.

Tra gli stipiti della porta, una nebbia lattiginosa impediva la vita di quello che poteva esserci oltre. Come un muro bianco, stava di fronte ai cinque, a separarli dall’ignoto. Cosa li aspettava oltre?

Senza dire né a né ba, Inuyasha la attraversò con passo deciso, e…

 

Questo capitolo è breve breve, ma mi manca l’ispirazione! E poi, il prossimo penso sarà l’ultimo (se non cambio idea mentre lo scrivo), e forse li troverete insieme. In effetti, questo capitoletto voleva essere solo sui sentimenti di Kagome, di Inuyasha, di Sango e di Miroku, mentre il prossimo… volete sapere cosa succederà dopo quell’”e…”? Ah, forse vi faccio aspettare, e forse no! Sono perfida, vero? Eh eh…

Ombra e acque freche by Ilune

 

  
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