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Autore: Kokky    10/12/2008    10 recensioni
[Per i 16 anni di Linn]
Ed eccolo, lì su uno dei due colossi di pietra, lì a guardarlo dall’alto con la bocca spalancata, il respiro affannato e le guance rosse, e gli occhi azzurri – immensi, immensi – che lo scrutavano stupefatti.
«Sasuke... sei veramente tu», mormorò Naruto, fra i denti.
Poi si gettò dalla statua e atterrò malamente accanto allo specchio d’acqua.
la fic partecipa al contest Lovely Valentine <3 indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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He was the fire, restless and wild
And you were like a moth to that flame

The funeral of hearts ~ HIM

 

A Linnie.

 

 

r e q u i e m


 

 

 

Camminava sull’acqua, come un Dio, guardando i propri piedi, fasciati da sandali neri, che avanzavano su quello specchio cristallino.

E lui non lo era mai stato, mai, un Dio.

Se solo avesse scostato lo sguardo avrebbe visto la sua immagine riflessa: una chiazza scura, che in quella superficie fluida perdeva le sue fattezze originali, diventando colore.

Ma sarebbe stato troppo, e sarebbe fuggito via, come un coniglio. Come l’ultima volta.

Invece stava lì. Attendeva.

 

Sarebbe potuto essere un quadro: una semplice macchia di azzurro, un’unica pennellata diluita; poi il bianco del suo vestito, colorato nel dettaglio con strisce di grigio. E il nero acceso della sua chioma indefinita, il marrone delle statue, il colore chiaro del cielo vuoto, vacuo.

Un lavoro da impressionista, un fermo immagine surreale.

Era pace stessa, quel quadro. La calma dei colori, l’assenza delle nuvole plumbee e quella figura solitaria che tranquillamente camminava.

Ma in qualche modo, in qualche modo...

Si sentiva quasi il vento, lì sulla tela, il vento che soffiava incessante. Senza smuovere nulla. Eppure c’era, portatore di notizie.

Si vedeva l’attesa di quella figura: stava lì. Attendeva.

 

 

Aveva mandato una lettera. A lui, ovviamente, con la certezza del riserbo.

All’incontro doveva esserci solamente Naruto, e nessun altro, nessuno intruso a infastidirli. Avrebbe ucciso chi si fosse messo in mezzo; e se Naruto avesse osato parlarne con qualcuno di Konoha, se quella fosse stata un’imboscata... peggio per loro.

Era stanco,  stava lì a camminare sull’acqua, ma non voleva consegnarsi nelle mani del Diavolo. O almeno, lo avrebbe fatto con un po’ di stile, dopo tutta quella rovinosa caduta che non gli aveva solamente sbucciato le mani e le ginocchia, ma molto di più.

Eppure ignorava le ferite e non aspettava che fossero guarite per tornare sul campo di lotta. Si fasciava con abiti bianchi, larghi e puliti, vestiti per una festa, invece che con bende.

 

 

La calma riflessa era solo una macchia di colore. Il vento, al suo interno, spirava crudele e carico, quasi ne presagisse l’arrivo.

Con impazienza, ancora, Sasuke camminava sull’acqua.

Pallido nel suo vestito da festa, attendeva impastando il chakra, meccanicamente.

In fondo l’aveva sempre fatto, nella sua vita: aveva aspettato, aspettato di diventare abbastanza. Abbastanza forte per sconfiggere Itachi, e abbastanza grande per tutto quanto.

Ma alla fine, non lo era mai diventato, abbastanza. Forse lo si nasceva, e lui non aveva alcuna possibilità – alcun diritto – di esserlo.

Così la sua vita era stata una continua attesa.

Un’attesa che nessun tentativo riusciva a far terminare.

 

{Era sbagliato, forse. Un vaso troppo grande da riempire:

solo il vento sembrava riuscire ad occuparlo senza che asfissiasse.}

 

 

Si sentiva un po’ ridicolo a stare lì.

Si sentiva così uguale a Naruto da odiarlo, quasi; eppure attendeva perché sapeva di doverlo fare.

Camminò un altro poco per scaricare l’insopportabile tensione, percependo la mancanza della spada alla sua vita, il peso confortante dell’arma.

Non serviva, si era detto. Con quale fiducia si buttava fra le braccia del nemico.

Sasuke sapeva – lo sapeva e basta, come sapeva che il sole è una stella, che la morte prima o poi arriva, che il vento alimenta il fuoco – che Naruto non lo avrebbe tradito. Perché potevano essere uguali, ma non avevano avuto lo stesso obiettivo; e la fiducia che ora Sasuke confidava nel suo ex compagno, era stata riposta da Naruto in lui, il mukenin.

Ciò bastava per conoscere.

Si voltò velocemente, percependo una presenza, e sbarrò gli occhi neri per vederlo arrivare.

Ed eccolo, lì su uno dei due colossi di pietra, lì a guardarlo dall’alto con la bocca spalancata, il respiro affannato e le guance rosse, e gli occhi azzurri – immensi, immensi – che lo scrutavano stupefatti.

«Sasuke... sei veramente tu», mormorò Naruto, fra i denti.

Poi si gettò dalla statua e atterrò malamente accanto allo specchio d’acqua.

 

 

Sasuke piegò impercettibilmente le labbra in un sorriso, leggero come un soffio. Naruto lo fissava con gli occhi sbarrati dallo stupore, incredulo, e stancamente respirava – se n’era quasi dimenticato, ma doveva farlo per continuare a vivere.

«Ci sei davvero», bisbigliò Naruto, rialzandosi e mettendo un piede sull’acqua.

«Pensavi che non sarei venuto? Sei uno sciocco», rispose Sasuke, immobile nella sua posa bianca ed eterea, riflessa di striscio dallo specchio.

«Forse», mormorò Naruto, sorridendo flebilmente. Non ci credeva ancora, a quella visione.

Era impossibile, eppure eccolo lì, con il vestito della festa, i capelli e gli occhi neri, il volto impassibile. «Che cosa sei venuto a fare?», domandò allora.

«Oh», sussurrò Sasuke, quasi stupito da quella nuova freddezza che sentiva nelle parole e nei gesti dell’ex compagno. In fondo che si sarebbe dovuto aspettare? Gioia?

Naruto e Sakura stavano cercando di farsi una ragione del suo tradimento; una ragione qualunque del suo attacco malriuscito a Konoha e della sua perenne fuga. Sarebbe stato meglio che non fosse tornato più. Avrebbero cercato di dimenticare.

«Non ci sareste riusciti», borbottò interdetto Sasuke, ma riprese subito la calma.

C’era sempre una causa ed un effetto, c’era sempre uno stupido perché.

«Sono qui per vederti, è ovvio, no?».

«No», rispose rapidamente Naruto, per poi sogghignare debolmente ed avvicinarsi un altro po’ al mukenin.

Erano faccia a faccia, di nuovo – ma Sasuke stavolta era un po’ più alto –, e si squadravano silenziosi.

«Baka... devo dirti una cosa». Era un sospiro, quello del mukenin, troppo vecchio in quelle parole che sarebbero dovute essere pronunciate anni prima. Sussurri ormai antichi.

«Dimmi», continuò Naruto, distaccato.

Sasuke alzò lo sguardo torvo verso le statue rocciose. Si mosse impercettibilmente all’indietro, topo in gabbia.

«Stup... sei stato tu a chiamarli? Sei stato tu?», disse Sasuke con voce roca, ferita. Era in trappola.

«Te ne sei accorto?».

Lì sopra, a controllarli con occhi di falco, c’erano ninja di Konoha pronti a uccidere – non a catturare, ad uccidere – Sasuke Uchiha che, per la prima volta da anni, si era fidato. Stupidamente.

«Avrei voluto avere un po’ di tempo», continuò con malinconia Naruto.

«Io credevo che tu...». Il mukenin ebbe uno spasmo involontario.

Il Diavolo era pronto ad accoglierlo... un po’ di stile...

«Ormai non importa. Alla fine tutti cambiano, eh? Sia in bene, che in male», borbottò Naruto baldanzoso. Eppure una nota strideva in quel discorso, un dolore antico sopito in quelle parole.

Mi dispiace.

«Non importa, già… Sbrigati a farlo», sbottò Sasuke, in un ultimo moto acido.

«Non sarò io a ucciderti», sussurrò Naruto, con gli occhi azzurri sfuggenti – l’immensità di prima, dov’era finita?

«Codardo», lo sbeffeggiò Sasuke e, con calma, gli diede un pugno.

 

 

Eccoli, li sentiva attivare il chakra.

E la fine, per quel mukenin, ebbe il sapore amaro delle parole non dette. Gli occhi di Naruto sfuggivano, pieni di lacrime. Sasuke non avrebbe voluto pietà, ma in fondo cosa importava? Tsunade-sama lo aveva fatto uccidere, al Diavolo chiunque.

Combatté per la sua vita, anche se era insulsa, per avere almeno un’opportunità; ma non gliene avevano negati, di perdoni e redenzioni. Era stato lui ad averli sempre rifiutati.

«Naruto», mormorò esanime, senza tendergli la mano, attendendo sulla roccia dura e con i piedi nell’acqua dello specchio.

Lui gli si avvicinò, evitando di guardarlo in faccia, con delle piccole stille trasparenti che gli scendevano giù per le guance. «D-dimmi».

Mi dispiace.

«Io ti amo», soffiò Sasuke, spegnendosi in quelle parole antiche, finalmente dette. Il vento, quieto, gli tempestava il viso fresco.

Naruto aprì gli occhi cerulei. Non riuscì a dire nulla.

Come aveva potuto, come aveva permesso...

 

 

Un altro quadro, un dipinto devastante.

I ninja di Konoha, dritte linee scure non diluite,  vigilavano il corpo del mukenin Sasuke Uchiha, spirato su d’una roccia, immerso fino alle caviglie nell’acqua. Pallido come il suo vestito della festa, macchiato di nero e di sangue scarlatto, che sgorgava a gocce dense.

Naruto Uzumaki, annegando nelle sue lacrime, sussurrava solamente scuse su scuse e sussurri d’amore che riempivano l’aria di un doloroso requiem.

Lo si vedeva quasi, quel canto – smorto, pallido come il cadavere del traditore – salire nell’aria limpida del dipinto.

In lontananza, stavano le statue a sorvegliare la composizione, vigili pennellate di massiccio marrone.

«Anche io…», sembrava sussurrare quella figura chiara, avvolta da desolazione fiammeggiante.

 

 

«Anche io… anche io».

 

 

 

 

Lui era il fuoco, irrequieto e feroce
E tu eri come una falena di quella fiamma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~

 

 

 

Con tutto il cuore, con tutto quanto, Grazie Macrì. Una beta unica, una limatrice di frasi e parole. Spostati pezzi, aggiunte virgole... così poco, così tanto. Ti amo, sappilo.

A Linnie, questa shot futuristica dove Sasuke ha attaccato Konoha e dove è poi tornato, pentendosi, per parlare finalmente a Naruto. Avranno un diciotto, diciannove anni.

A Linnie, per i suoi mitici 16 anni. Stupenda, bravissima autrice, simpaticissima donna. Te lo meritavi, ecco.

Spero che ti piaccia, almeno un po'. So che la coppia è la tua preferita ^.-

 

Recensite!,






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