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Autore: StandAboveTheCrowd    03/03/2015    0 recensioni
Due neolaureate due anni a Chicago per un concorso. Non sanno che le aspettano incontri fuori dal comune, disastri, equivoci e fiumi di annacquato caffè americano.
(Scritta a quattro mani con Jump And Touch The Sky)
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V 
Ormai Valentina era abituata ai risvegli traumatici, ma quello che l’aspettava quella mattina fu più brusco del solito. 
L’italiana se ne stava beatamente sprofondata nel suo mondo dei sogni, per una volta ambientati in un ameno paesaggio di campagna, quando un rumore in lontananza la costrinse a smettere di cogliere margherite. Si voltò perplessa verso la fonte del rumore e sbiancò: una mandria di bufali campagnoli impazziti stava per travolgerla. 
Fu così che Valentina si svegliò di soprassalto e si rese conto che sentiva ancora il rumore. Si tirò su lottando contro le coperte e si voltò verso Arianna, scoprendo che la fonte del rumore era lei, che stava sbattendo i piedi in modo frenetico, con la testa sotto il cuscino, farfugliando cose inquietanti tipo: oh no, stampa tribale... edizione limitat... no! CAFFE’! vestito, no...! VAI VIAAAAA!, e urlando l’ultima frase lanciò un cuscino con violenza inaudita fortunatamente contro l’armadio e non contro la sua compagna di stanza, che comunque, per sicurezza, si nascose sotto al letto. Proprio nel momento in cui aveva trovato il coraggio di uscire dal suo bunker di fortuna, qualcuno bussò alla porta. Valentina strisciò verso la porta proteggendosi la testa con un cuscino, lasciando Arianna a lottare contro il fantasma del vestito. Aprì e si trovò davanti un Tomo spettinato con gli occhi assonnati, i pantaloni del pigiama a pinocchietto e le infradito, accompagnato da uno Shannon coi capelli simil-sparati, le ciabatte fornite dall’hotel troppo grandi per lui e i suoi inseparabili occhiali da sole. 
-Che sta succedendo?- mugolò Tomo, stropicciandosi gli occhi. 
-Oh, niente, è solo impazzit... ARIANNA, SMETTILA!- fece Valentina, voltandosi per lanciare il cuscino che usava come casco alla sua amica, con l’intento di farla tacere. Purtroppo, anziché volare in avanti, il cuscino le sfuggì dalle mani e finì in faccia a Shannon, facendogli cadere gli occhiali. Seguì un attimo di silenzio, durante il quale, nel tentativo di uccidere il vestito fantasma, Arianna si spiaccicò al suolo, Tomo sbadigliò in maniera clamorosa e Valentina smise di respirare, terrorizzata. 
Shannon guardò gli occhiali con gli occhi sbarrati, poi aprì la bocca per imprecare: -FU...
-NO. SHANNON. NO.- lo zittì Valentina, sprezzante del pericolo. Shannon alzò la testa per guardarla male, ma venne accecato dalla flebile luce che filtrava attraverso le tende. -Troppa luce in questa stanza, troppa...- piagnucolò, coprendosi il viso con entrambe le braccia.
-Mi fate dormire, per favore?!- saltò su Arianna in quel momento, per poi ributtarsi sulla moquette. A quel punto, Valentina non ci vide più, si diresse a passo di carica verso la finestra e scostò le tende con violenza. -La luce è mia nemica!- strillò Arianna, coprendosi alla meglio la faccia coi capelli. Shannon aveva appena raccolto gli occhiali, ma la luce improvvisa glieli fece cadere di nuovo di mano, costringendolo a farsi scudo con Tomo, mentre imprecava in una lingua extraterrestre. 
-Ecco! Adesso siete svegli?- fece Valentina, acida, ammirando la sua opera: Arianna giaceva raggomitolata sul pavimento, con un piede sul letto e i capelli in faccia, lamentandosi in modo patetico, Tomo dormiva in piedi, farfugliando domande riguardo i fatti appena accaduti e Shannon cercava a tentoni i suoi occhiali, caduti chissà dove.
-...siete?- chiese Arianna, scostandosi i capelli da davanti un occhio con l’aria terrorizzata di chi ha perso la memoria e scopre di aver fatto qualcosa di tremendo. Tomo aprì gli occhi a fatica e salutò con la mano: -Ciao, Ary!
-Dove *bip* sono i miei occhiali?!
Al solo sentire quella frase, Arianna assunse un’aria ancora più sconvolta. -Oddio Shannon. Oddio. E io sono in questo stat... ODDIO.- esclamò, tirandosi su nel minor tempo possibile. 
-Bene, adesso che è tornata in sé...- ma il telefono interruppe Shannon prima che potesse finire la frase. Valentina si fiondò subito a rispondere: -Chi è? 
-E’ la decima lamentela che mi arriva stamattina, volete fare silenzio, per piacere?- Il receptionist. Quell’essere inutile. 
-Ormai è ora di alzarsi, poco importa!- tagliò corto Valentina, riattaccando. Poi si voltò verso Shannon e Tomo. 
-Ora potete anche sloggiare, cari.
Se Tomo non avesse prontamente chiuso la porta, probabilmente Shannon avrebbe defenestrato Valentina.
-Se n’è già andato...?- fece Arianna, schiantandosi di nuovo sul letto con un braccio a penzoloni. 
-Già. Adesso ricomponiti. 
-Ricomporsi è troppo faticoso...
Suo malgrado, tuttavia, Arianna fu costretta a ricomporsi. Durante tutto il resto della mattinata si comportò come se avesse bisogno fisico di uccidere qualcuno. Valentina sapeva che in quei casi era meglio assecondarla e non starle troppo tra i piedi, per cui le stette alla larga il più possibile. Osò toccarla, per trascinarla via, solo quando incrociarono Jared per il corridoio. Quest’ultimo lanciò ad Arianna un’occhiata assassina dall’alto in basso, alla quale lei rispose con un’altra che in quanto a odio non era da meno e come sentì che Valentina le prendeva il braccio fece per morderla. 
-Che ne dici di andare a vedere quell’appartamento che avevi trovato...? Chiamiamo Jake, così viene anche lui... eh? Che ne dici?- azzardò Valentina, dopo pranzo, mentre Arianna giaceva a pancia in sotto sul letto, come svuotata di ogni forza vitale. -Mh.- fu l’unica risposta. 
Arianna cercò a tentoni il telefono sul comodino e, senza staccare la faccia dal cuscino digitò un messaggio. E subito dopo un altro. E poi un altro. E un altro. E un altro ancora. Ma Jake dopo venti secondi non rispondeva, così ne scrisse un altro. E un altro. E UN ALTRO. Quando stava per lanciare Sam fuori dalla finestra, ovvero quaranta secondi dopo, Jake rispose in modo molto poco fine. Offesa, Arianna lo esortò gentilmente a raggiungerle nel minor tempo possibile. E aggiunse anche un paio di parolacce, tanto per elevare ancora di più lo stile del suo messaggio. Valentina non osava fare domande. 
-Jake arriva tra due minuti. Spero per lui.- disse Arianna, finalmente alzandosi dal letto e uscendo dalla stanza dopo aver afferrato la borsa. Quando Valentina la raggiunse, trovò Jake già pronto con la macchina davanti alla porta dell’hotel e la sua amica che la aspettava con le braccia incrociate, battendo un piede a terra, spazientita. -Non chiedo spiegazioni sullo stato d’animo della tua amica. Andiamo?- fece Jake, lanciando un’occhiata ad Arianna.
Valentina evitò accuratamente di passarle troppo vicino. –Eh, saggia decisione. Andiamo.- rispose, salendo in macchina sul sedile anteriore, mentre Arianna si accomodava su quello posteriore, facendo sì che Jake potesse vedere il suo muso lungo dallo specchietto retrovisore. 
-Se metto un po’ di musica le passa?
-Non credo, Jake- fece Valentina, con un’espressione affatto convinta in volto.
-Ma- E qui Jake si avvicinò a Valentina per non farsi sentire da Arianna: -Detto tra noi... si può sapere che ha fatto? Le si è strappato il vestito di ieri?
-Non sono affari tuoi!- sbraitò Arianna, fulminandoli entrambi con un’occhiataccia. Jake impallidì e tornò istantaneamente a guardare la strada, muto come un pesce. Arianna sbuffò e incrociò le braccia al petto, guardando fuori dal finestrino. 
–Siamo arrivati.- avvertì, poco dopo, senza ottenere alcun risultato. 
-Siamo arrivati.- ripeté.
Jake continuò a guidare e Valentina a scrivere concentrata qualcosa al cellulare. Arianna sospirò, passò sul sedile al centro. –SIAMO ARRIVATI!- strillò. Jake inchiodò, terrorizzato, a Valentina sfuggì il telefono di mano. 
Il padrone di casa non era ancora arrivato, per cui i tre lo aspettarono davanti all’ingresso dell’ex caffetteria. Jake guardava interessato attraverso la vetrina, Arianna... be’, Arianna spaventava i passanti col suo broncio, Valentina camminava avanti e indietro, canticchiando Fra’ Martino Campanaro
–Speriamo che il proprietario non sia un tipo strano... dopotutto, nel suo appartamento dobbiamo abitarci, e dobbiamo pagare l’affitto, e dobbiamo lavorarci...- stava dicendo, quando qualcuno richiamò la loro attenzione con un saluto. Tutti e tre si voltarono contemporaneamente... e impietrirono. Davanti a loro c’era uno spilungone allampanato con una camicia hawaiana a fiori gialla e viola, strani occhiali da sole a specchio, un cappello da cowboy, ma, soprattutto, due bei baffoni verdi. Verdi per essere verdi. Verde acido. Verdi come una rana spaziale, come una sostanza radioattiva, come i capelli di un punk! 
-Oh santi numi...- fece Valentina, che si sentiva mancare. Jake si limitò a sgranare gli occhi e storcere la bocca, senza fiatare. 
-Cheffigata- commentò Arianna, con occhi pieni di meraviglia per quegli strani baffi molto verosimilmente fosforescenti al buio. 
-Lei... lei è il proprietario del locale e dell’appartamento?- chiese Jake. L’uomo gli rivolse un sorriso a seimila denti, afferrandogli una mano e stringendogliela fino quasi a stritolarla. 
–In carne ed ossa, boy!  E voi siete i clienti, giusto?
-Che intuito...- rispose il ragazzo, tentando di liberare la propria mano destra da quella stretta stritolatrice. Per tutta risposta, il tizio si fece una grassa risata e gli mollò anche una sonora pacca sulla schiena, che per poco non lo stese. A quel punto, si voltò verso le due ragazze. –O-oh! Addirittura due fidanzatine, boy! O sorelle? O semplicemente girls?- esclamò, mentre stringeva la mano ad Arianna, che non riusciva a staccare gli occhi di dosso ai suoi eccentrici baffi, probabilmente dispiaciuta del fatto di essere una ragazza e non poterli avere. 
–Dipende da che intende per girls.- rispose Valentina, che invece si stava ancora chiedendo cosa avesse fatto di così brutto nella sua breve vita per meritarsi tutto ciò. 
-In realtà siamo le sue datrici di lavoro- precisò Arianna, abbandonando magicamente il broncio. Il proprietario dei locali le guardò ammirato. –Quindi le clienti sareste voi due, girls? Non me lo sarei mai aspettato da due girls così giovani, ma io sono pro-emancipazione femminile, per cui, congratulazioni!- esclamò, stritolando infine la mano di Valentina, che si trattenne a malapena dal piangere di disperazione. –Ma entriamo, via, vi mostro il locale e l’appartamento!- così dicendo, il tizio tirò fuori dal marsupio che portava legato in vita un mazzo di chiavi e si mise ad armeggiare con la serratura, fischiettando. 
–Ditemi che è un incubo, vi imploro.- sussurrò Valentina, acchiappando entrambi i suoi compagni. 
-Tu dillo a me, prima- fece Jake. Arianna, invece, rivolse loro un sorriso radioso. –E’ FAN.TAS.TI.CO.- commentò, al settimo cielo.
Jake e Valentina non poterono replicare, perché in quel momento la serratura scattò e l’uomo aprì la porta con un sospiro compiaciuto. –Forza, andiamo, guys!
Arianna afferrò amica e pseudo-autista e quasi li lanciò nel locale, elettrizzata. L’interno era semplicemente grigio, spoglio, polveroso e pieno di ragni. Persino l’entusiasmo di Arianna vacillò per un secondo davanti a quei desolanti teli di plastica che ricoprivano i tavoli e il bancone. 
–Forse visto così non è il massimo, ma vi assicuro che questo posto ha avuto la sua bella fetta di gloria.- annunciò solennemente il proprietario. 
-Forse ai tempi della Guerra di Secessione.- commentò cupo Jake, sottovoce. 
–No, boy, nei gloriosi anni ’50! Ah, quelli sì che erano bei tempi... O almeno, a detta di mio padre... Ma comunque! Questo era uno dei locali più chic, pop, rock, alternative, grunge, glamour, champagne, chocolat, frufrù, eccetera eccetera di tutta San Diego!- fece l’altro, orgoglioso. Valentina si morse un labbro. –Forse intendeva dire Chicago?
-Sì, certo, Chicago, la Grande Mela!
-...ci rinuncio.
In ogni caso, anche se deprimente e ammuffita, la caffetteria era bella spaziosa e completa di tutte le attrezzature, compreso un registratore di cassa estremamente vintage ed estremamente impolverato. –Una bella spolverata, una bella ritinteggiata... e questo posto diventerà il fiore all’occhiello di tutto l’Illinois!- fece Arianna, convinta, guardandosi intorno già immaginando il tutto trasformato. –Sarà un’impresa titanica.- commentò Valentina, appoggiandosi a una vecchia credenza, che scricchiolò in modo minaccioso. 
–E dopo questo gioiellino, passo a mostrarvi l’appartamento, guys!
Arianna batté le mani, eccitata. 
–Oh, certo. Dopo questo gioiellino non oso immaginare come possa essere l’appartamento.- fece di nuovo Valentina, cupa. 
-Non peggio della stamberga dove vivo io adesso, senza dubbio- rispose Jake, dandole una pacca solidale sulla spalla. 
Arianna, totalmente in controtendenza rispetto agli altri due, camminava a naso in su, guardandosi intorno come se fosse in un museo. 
Il proprietario aprì la porta con un calcio ed entrò, intonando una incomprensibile esclamazione di vittoria. 
-Prego, prego, accomodatevi!
Arianna entrò per prima, curiosa al limite. 
–Non è molto grande, ma per voi dovrebbe andar bene...- disse il baffone, facendo per tirar su le tapparelle. Ci provò una, due, tre volte, poi si sentì un cigolio agghiacciante e la serranda crollò, bloccandosi a metà finestra. Jake sospirò, già immaginando di doverla riparare lui, perché sicuramente quelle due combina guai l’avrebbero costretto ad aiutarle a ristrutturare il tutto.  
–Comunque!- tossicchiò il tizio, dopo un silenzio imbarazzato: -di là ci sono le camere e il bagno. La cucina da quest’altro lato e niente, tutto qui! Piccolo, pratico, comodo e meraviglioso! L’ideale per due girls e il loro boy!- Valentina si sentì gelare il sangue. –Come glielo devo spiegare che noi due...ehm... girls non abbiamo niente a che fare con quel... boy, che è solo un nostro dipendente?- fece, tra i denti, assumendo la sua aria da “sto calma, sto calma, io sono superiore a certe cose”. 
-Oh, perfetto, perfetto!- esclamò invece Arianna, beccandosi un’occhiata omicida dalla sua compagna. 
–Tranquilla, non ho intenzione di venire a vivere con voi.- sussurrò Jake, quasi con una punta di disprezzo che fece ribollire il sangue alla già poco paziente Valentina, la cui sopportazione in quel momento era messa a dura prova. L’uomo coi baffi alieni ovviamente non si curò minimamente della sua obiezione. Era evidentemente troppo contento di aver finalmente trovato dei poveracci disposti a vivere in quella vecchia soffitta arredata. –Allora, avete bisogno di pensarci o avete già deciso?- chiese, con un sorrisone. Arianna si fece seria in un istante: -Un attimo, per favore. Urge un consulto generale.- dichiarò, spostandosi sul pianerottolo con gli altri due. 
-Credo che possa andare, voi che ne dite, ragazzi? Certo, dobbiamo ristrutturare la caffetteria e dare una bella pulita anche all’appartamento... però per me è perfetto. E poi dai, abbiamo un padrone di casa con dei baffi strepitosi!- disse Arianna, che in quel momento navigava su un mare infinito di ottimismo.
-Ah, io qui ci devo solo lavorare, quindi la scelta sta a voi due.- fece Jake, alzando le mani.
A quel punto, Valentina iniziò a parlare, felicissima di poter finalmente esprimere il suo parere in modo completo. 
-Non credete che sia meglio considerare altre ipotesi, prima? E se non avessimo abbastanza soldi per risistemare questo posto? E se poi non avessimo clienti? E se poi quel tizio inquietante fosse un malintenz...
-Okay, quindi è andata.- decretò Arianna, senza nemmeno farla finire di parlare. Valentina lì per lì rimase con un palmo di naso. –Ehi! E se io mi tirassi fuori? Dopotutto, i miei soldi sono miei, potrei decidere benissimo di tornarmene in Italia o di trovarmi un’altra casa e un altro modo per campare!- esclamò, subito dopo, irritata. Arianna non si scompose: -Ti butterei in un tritarifiuti.- rispose, semplicemente. Jake la guardò spaventato, sgranando gli occhi. 
-Sono seria- fece Valentina, di rimando. 
–Oh, senti- sbuffò Arianna: -la fortuna bussa una volta sola. 
-Hai idea di quanto sia enorme questa maledetta città? Ci sarà qualcos’altro, da qualche parte! Almeno prima informiamoci!
-E se non trovassimo un’altra occasione come questa? Che ci mettiamo a fare, le netturbine?
-Non abbiamo tempo e denaro da sprecare. Ti sto dicendo solo di essere prudente e razionale.
-Forse dovresti darle retta...- azzardò Jake: -Chicago è grande e piena di opportunità. 
Arianna sbuffò, contrariata. –E va bene. Ma se entro due giorni non troviamo niente prendiamo questa, okay?
Valentina annuì e lei tornò dentro ad informare il proprietario. 
La strada dalla caffetteria alla macchina fu percorsa in silenzio. 
-Se anche non trovassimo niente e dovessimo aprire questa caffetteria- disse a un certo punto Valentina, calciando un sassolino. 
Guardò Arianna e Jake con la stessa faccia di chi ha sulla punta della lingua una domanda esistenziale: -Ma voi la sapete usare la macchinetta del caffè?
Arianna decise di non rivolgere più la parola alla sua amica per molto, molto, moltissimo tempo, dopo quella domanda cretina. 
-Facciamo che vi porto a fare un giretto al lago, per schiarirci le idee, va bene?- propose Jake, trattenendosi a stento dal gettarsi sotto una macchina per l’idiozia che aveva appena sentito. 
-Chiamalo lago... pare un oceano!
-Vale. Se vuoi essere soppressa, basta che tu lo dica.
*   *   *   *
-Conosci le implicazioni che quello che stiamo per fare comporta?
-In che senso?
-Nel senso che da qui non si torna indietro.
-E chi vuole tornare indietro?
-Perfetto. Allora andiamo.
Il nastro rosso teso davanti alla porta della caffetteria cadde leggero sul marciapiede. Valentina e Arianna, tenendo insieme le forbici con cui l’avevano tagliato, abbandonarono l’aria solenne che avevano tenuto fino a quel momento e risero, mentre gli altri applaudivano e Tomo improvvisava una danza della vittoria. 
-Signore e signori...
-...dichiariamo ufficialmente aperto...
-Lo Shadambucks!- esclamarono, stereofoniche.
Davanti a loro c’erano i loro compagni d’avventura e una piccola folla di curiosi che applaudivano. Era più che sufficiente. Sarebbe stato ridicolo aspettarsi un pubblico da concerto rock. 
-Era anche ora.- commentò Jared, ostentando un’aria indifferente che lo rendeva abbastanza buffo. 
-Prego, accomodatevi!- fece Arianna, aprendo le porte. La gente si riversò nel locale, curiosa e allegra.
-Tu non scomporti mai, eh, Jared, mi raccomando.- bofonchiò Valentina, in quel momento. Lui fece spallucce. –E’ solo che penso a quanto ci abbiamo messo per mettere in piedi questa baracca... 
-Abbiamo rischiato la pelle.- aggiunse Shannon.
-E abbiamo anche rischiato di morire!- fece Tomo. Tutti lo guardarono storto. 
–E io che ho detto?- fece Shannon.
Arianna sospirò. 
-Be’- tagliò corto Adam, mollando pacche sulle schiene di tutti quelli che gli capitarono sotto tiro in quei miseri cinque secondi: -è stata una bella avventura... ma adesso ci siamo, no? Mettiamoci al lavoro!
Jake annuì con aria grave. –La vera avventura inizia adesso. Diamoci dentro, ragazzi.
Entrarono e si disposero ognuno al proprio posto. Valentina, addetta alle bevande, e Adam, cassiere, dietro al bancone, Arianna e Tomo in cucina, Jake si legò un grembiule in vita e si predispose a prendere le ordinazioni. Jared si piazzò lì, appoggiato con un gomito al bancone vicino ad Adam, senza apparente intenzione di fare qualcosa. Adam stava già per chiedergli cosa avesse intenzione di fare, quando lo vide sbarrare gli occhi, in un’espressione inorridita che lo spaventò. –TU!- esclamò, puntando un dito verso la porta a vetri davanti a lui. La tizia che sedeva lì accanto sbiancò, terrorizzata. Ma Jared non ce l’aveva con lei. Si fiondò in cucina tra gli sguardi attoniti di Adam, Jake e Valentina e ne uscì un nanosecondo dopo con uno straccio e un flacone di detersivo spray per vetri con cui minacciò immediatamente la porta. 
-Perdoni, madame- disse, scostando gentilmente la povera tizia, che ancora lo guardava attonita. –E adesso, a noi due!- sibilò, iniziando a strofinare con insistenza il vetro della porta. 
-Jared... che stai facendo?- fece Jake, perplesso. Lui gli lanciò uno sguardo che aveva un che di psicopatico. –Faccio il mio lavoro! Sono o non sono l’addetto alle pulizie?
Nessuno ebbe il coraggio di dirgli che la macchia sulla porta la vedeva solo lui. 
Adam tornò a guardarsi intorno, tamburellando con le dita sul suo obsoleto e adorato registratore di cassa, tirato a lucido per l’inaugurazione. –Ma Shannon che fine ha fatto?- chiese, colto da un dubbio improvviso. Valentina ridacchiò mentre preparava due cappuccini. Adam la guardò interrogativo. Lei consegnò le tazze a Jake con un sorriso divertito. –Shannon è il promotore, l’addetto alla pubblicità.- rispose. 
Lui continuava a non capire. 
–In pratica, deve attirare i clienti.
Lo sguardo di Adam si fece preoccupato, ma Valentina tornò alla sua macchina per il caffè e non aggiunse ulteriori particolari, lasciandolo in sospeso.
Quella sera erano tutti stanchi, ma felici. 
Quando i clienti furono usciti tutti, Arianna attaccò il cartello con scritto “chiuso” sulla porta e si lasciò andare a un sospirone soddisfatto. –Bilancio della giornata?- chiese. Adam richiuse il cassetto del registratore di cassa con un colpetto affettuoso. –Ottimo, per essere il primo giorno.
-Perfetto, adesso buonanotte- fece Valentina, schiantandosi su una sedia con uno sbadiglio da record.
-O-oh, che eleganza!- ridacchiò Jared, facendo la stessa identica cosa.
-Se qui c’è qualcuno che deve essere stanco, be’, quello sono io- disse Shannon, raggiungendoli con Adam che ancora lo guardava interrogativo.
-Perché mi fissa in quel modo?- chiese l’addetto alla promozione del locale, preoccupato. Valentina alzò le spalle, con un sorrisetto.
Anche Arianna si unì a loro. –Ma ci pensate? Fino a un mesetto fa eravamo dei completi sconosciuti... e adesso eccoci qua, a gestire un locale tutti insieme! Non è assurdo?- esclamò, facendo per mettere i piedi sul tavolo, ma venendo subito bloccata dall’addetto alle pulizie. 
–Già...- sospirò Valentina, ripensando ai caotici avvenimenti che avevano seguito il loro arrivo nel Nuovo Mondo. Certe volte si sentiva come Cristoforo Colombo. Be’, forse non aveva proprio scoperto l’America, però si sentiva come se l’avesse fatto. L’aveva trovata già ben piena di grattacieli, ma questo era solo un trascurabile dettaglio. 
–Se non aveste trovato noi, poveri disoccupati senza un soldo, sicuramente ancora stareste vagando sperdute per l’Illinois importunando tutti i poveretti sul vostro cammino.
Arianna lanciò a Jared un’occhiataccia. –Se vuoi possiamo sempre licenziarti.- rispose, zittendolo. 
-Certo... quando ho accettato la vostra strana proposta non avrei mai pensato che sarei finito a dire “venite allo Shadam Buck’s” per le strade di Chicago- disse Shannon, mentre dava una pulita ai suoi inseparabili occhiali da sole. 
Tutti sorrisero quando ricordarono il momento in cui le due strane italiane, circa un mese prima, li avevano convinti a seguirle nella loro strana avventura. Il che era abbastanza paradossale.
* * * * *
-Allora? Che ne dite?
Jared, Shannon e Tomo si guardarono, seri quasi da far paura. –Scusateci un momento- disse Tomo. I tre si alzarono e andarono a confabulare poco più in là, dando loro le spalle. Valentina e Arianna si lanciarono un’occhiata. Ovviamente si sentiva tutto di quello che si stavano dicendo, ma decisero di stare al gioco. –Allora?- li incalzò Valentina, per metter fine a quella patetica situazione. I tre americani sciolsero la riunione e tornarono a sedersi davanti a loro con le stesse facce di prima. 
–All’unanimità- esordì Shannon. –Quasi- bofonchiò Jared, beccandosi una gomitata. –Accettiamo.- concluse Tomo, annuendo.
Valentina e Arianna si scambiarono un sorrisetto. Lo sapevano entrambe che avrebbero accettato. Dopotutto, non avevano un soldo. Come potevano rifiutare?
-Però nel mio contratto deve esserci scritto a caratteri cubitali, chiaro e tondo, in grassettocorsivosottolineato, che potrò andarmene liberamente in caso di attentati alla mia vita o alla mia salute psicofisica.- fece Jared, affondando a braccia incrociate nel divano impolverato della hall dell’hotel.
-Per la salute fisica garantisco- rispose Arianna: -ma per quella psichica... non sono certa tu ne abbia u...
-Sì, certo, lo scriviamo anche in rosso e in stampatello!- strillò Valentina, per coprire l’ultima frase. Frase che ovviamente Jared aveva sentito. L’occhiataccia che lanciò ad Arianna aveva un che di apocalittico, ma lei non se ne curò, rivolgendogli di rimando un sorriso smagliante.
-Fuori il contratto.- disse Shannon, seduto accanto a suo fratello, atono, ignorandoli totalmente. Stavolta l’occhiata sbieca provenne da Valentina. 
-Lo creo dal nulla?- replicò, acida. Shannon prese un respiro profondo e non rispose, aggiustandosi gli occhiali da sole sul naso tanto per distrarsi. 
Tomo, come al solito, decise di porre fine alla guerra fredda che si stava combattendo in quella stanza. 
-Che ne dite di andare a vedere il locale?- propose, con un sorrisone invitante. Arianna smise di guardare male Jared e scattò in piedi, battendo entusiasta le mani. –L’idea migliore della giornata! Forza, prendete la macchina, andiamo!
-La mia macchina, ovviamente.- bofonchiò Jared.
-La nostra macchina.- lo corresse Tomo. 
Arianna alzò gli occhi al cielo. –E certo, con quale macchina vuoi andarci? Vedi qualche altra macchina? Conosci qualche altro possessore di macchine, le quali si trovino a Chicago, qui dentro? Eh?!
Jared si mise le mani tra i capelli, imponendosi di stare calmo. L’italiana prese Tomo sottobraccio e i due si avviarono alla porta senza aggiungere altro. Valentina rimase un attimo immobile, senza aver capito bene cosa fare, ma poi si rese conto di essere rimasta sola con due tizi irritati e potenzialmente pericolosi, ragion per cui decise di tagliare discretamentela corda, quasi correndo dietro agli altri due e rischiando di distruggere un vaso che non aveva visto lungo il tragitto. 
Una volta fuori, Jared fece per mettersi al posto di guida, ma fu prontamente bloccato da Tomo, che si parò tra lui e la macchina. L’altro non si scompose, ma sicuramente, se fosse stato un cartone animato o qualcosa di simile, si sarebbe visto il fumo uscirgli dalle orecchie.
-Perché.
-Perché... sei arrabbiato.
Tomo tirò fuori la faccia più seria del mondo. Sembrava quasi un professore, cosa che, inutile dirlo, terrorizzò sia Arianna che Valentina, sul sedile posteriore, che si tirarono il più possibile verso destra per allontanarsi da lui.
-E quindi.
-E quindi non puoi guidare.
-Perché.
-Perché... perché è meglio di no, fidati.
Shannon mollò una pacca sulla schiena al fratello, solidale. –Lo sai che è meglio per tutti se non guidi tu.- disse, andando a sedersi sul sedile anteriore con moltissima nonchalance. Jared guardò prima Tomo, poi Shannon, poi alzò gli occhi al cielo e incrociò di nuovo le braccia al petto.
-Sta per avere una crisi nervosa- sussurrò Arianna. –Come lo sai?- fece Valentina, di rimando, lievemente inquieta. L’altra indicò Jared con un cenno del capo. –Tu fai la stessa faccia.
Valentina la guardò malissimo, ma non fece in tempo a strozzarla, perché il capellone si sedette di schianto sul sedile accanto a lei, sbattendo lo sportello e mettendo su un broncio degno della prof di matematica del liceo delle due italiane quando non aveva voglia di spiegare. Nessuna delle due ragazze osò fiatare finché non arrivarono alla caffetteria e scesero dalla macchina.
Valentina aprì la porta e li fece entrare. Tutti si guardarono intorno pensierosi. Specialmente Jared.
-Troppo sciatto. Facciamolo tutto color frullato al lampone!- decretò. 
-Color che cosa?!- esclamarono Valentina e Shannon, in coro.
Jared rivolse loro un’occhiata seccata. –FRUL-LA-TOAL-LAM-PO-NE. Devo ripetere?
-Sì! Sìsìsìsìsìsì! Bel colore!- esclamò Arianna, entusiasta.
Shannon e Valentina si trovarono per la prima volta nella storia d’accordo su qualcosa.
-Non se ne parla! Voi due siete matti!
-Vediamo di non mandare subito tutto a putt...
-SHANNON. NO.
-...insomma, vediamo di non fare pastrocchi.
Stessa identica cosa accadde dal lato opposto con Arianna e Jared, istantaneamente coalizzatisi contro gli altri due.
Dal canto loro, Tomo e Jake optarono per la diplomazia. Quando c’erano di mezzo quei due e quelle due, sempre meglio stare alla larga da loro, specialmente se litigavano.

Quando Adam entrò nel locale, si trovò davanti una situazione paradossale. 
In mezzo alla stanza c’erano due pile di tavoli: dietro a una Jared e Arianna, dietro all’altra Valentina e Shannon, che si urlavano addosso frasi incomprensibili riguardanti... forse una vernice...?
Improvvisamente, da dietro il bancone fece capolino la faccia spaurita di Jake, che gli fece cenno di raggiungerlo di corsa. Adam lo guardò perplesso, ma obbedì, attraversando la stanza il più velocemente possibile. Solo quando li ebbe davanti si accorse che Tomo aveva in testa uno scolapasta di metallo e brandiva un mestolo mezzo arrugginito, mentre Jake teneva in mano una padella tutta mezza bucata e incrostata. Dava l’impressione di non essere più stata lavata dalla prima Guerra Mondiale. 
-Posso chiedere che sta succedendo? - sussurrò  Adam spaurito senza distogliere lo sguardo da quella sotto specie di trincea davanti a lui.
Tomo si sistemò lo scolapasta sulla testa e uno sguardo degno di Ned Stark stile "l'Inverno sta arrivando" disse - Frullato al lampone.
-...Eh?
-Per le pareti
- Che brutto.
- Lo so.
- CHI OSA PROFERIRE PAROLA?!- sbraitò Arianna mentre agitava la sua povera borsa in aria.
In quel preciso momento entrò Jeanie nel locale, fermandosi esattamente tra i due blocchi di tavoli. - Amore ma che sta succ...
Non riuscì a finire la frase che per caso (o volontariamente? non lo sapremo mai) la borsa di Arianna le volò dalle mani colpendo la povera arrivata in testa.Per un attimo i litiganti smisero di litigare e tutti quanti si voltarono verso Jeanie, che si guardò un attimo intorno, come rintronata, e cadde per terra come una pera cotta, svenuta.Arianna guardò prima lei, poi la borsa, poi si guardò le mani, con gli occhi sgranati, alla fine, sotto gli sguardi attoniti di tutti gli altri, se ne scappò fuori dal locale, per esibirsi in una grassa risata satanica nel bel mezzo della strada, mentre Adam correva a raccogliere Jeanie.
Con l'uscita di scena di Arianna Jared, in inferiorità numerica, fu costretto a desistere con un minaccioso "Avete vinto una battaglia, ma non la guerra.", per cui i contendenti uscirono dalle trincee e tutti si fecero intorno alla tizia tramortita, compresi Jake e Tomo, ancora armati, per sicurezza.

Arianna rientrò un secondo dopo, asciugandosi le lacrime con le dita. - Allora, Adam?- tossicchiò, tentando di recuperare un minimo di contegno: -Accetti?
Dipende

-Da?
-Tenterai di uccidere di nuovo Jeanie?
- Non posso promet..
Valentina, che stava tentando di rimettere a posto i tavoli, le corse subito incontro, rischiando tra l'altro di cadere, e le tappò la bocca.
-Non lo farà, altrimenti la rispedisco in Italia!- garantì, fulminando con un'occhiataccia Arianna, che annuì solennemente, con ancora la bocca tappata.
-Be', dovrei chiedere un parere anche a lei...- fece Adam, che intanto sventolava Jeanie con una mano. 
-NO.-si oppose Arianna, proprio nel momento in cui la poveretta rinveniva. 
-Adamino... che è successo?

-Oh, niente, signorina, un ufo.-rispose Tomo, noncurante.
Jeanie sgranò gli occhi. -Un... che?!
-Un oggetto voltante non identificato l'ha colpita in testa. Ma va tutto bene.
-...e Adam ha accettato di lavorare con noi!-s'intromise Arianna, con un sorrisone.
Adam la guardò storto, ma alla fine annuì. -Tesoro, ho bisogno di un lavoro. E questa è una buona opportunità...

Jeanie guardò i presenti, uno per uno, regalando una buona dose d'ira alle due italiane, memore della finaccia che avevano fatto fare al suo vestito.
-Spero che tu non debba pentirtene.- sibilò, alzandosi in piedi e sistemandosi i capelli.
-E spero che questa bettola ti faccia guadagnare qualcosa.

Stavolta anche Valentina fu sul punto di accopparla, ma per fortuna Jeanie se ne andò senza nemmeno degnarsi di salutare, subito seguita da Adam, che borbottava scuse e saluti a profusione.
-Be'- fece Jake: -allora è arruolato? Meno stipendio per tutti?
-A quanto pare!-sorrise Arianna:-Io ottengo sempre quello che voglio!-aggiunse, e Valentina e Shannon non poterono evitare di leggere nelle sue parole una forte allusione al colore delle pareti.

Ma quanto tempo è passato? Tanto... Troppo... Chiediamo umilmente perdono! Siamo due povere liceali in continua lotta con tragedie greche e lettura in metrica. Stranamente abbiamo trovato il tempo di rivedere questo capitolo due giorni prima dell'interrogazione di latino ( noi genie)... Speriamo e preghiamo Santo Tomo di non dover aspettare la prossima era glaciale per pubblicare il prossimo capitolo.
Con la speranza che non vi siate dimenticati di noi,
Ary&Va

 
 
   
 
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