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Autore: Parole nuove    03/03/2015    1 recensioni
Umberto Spagnuolo, commissario di polizia a Palermo, vittima di un attentato fallito, chiede il trasferimento. Diventerà il commissario di Capri. Nuovi casi, nuovi colleghi, nuove amicizie. Nel primo caso, vittima un professore quarantenne con il vizio del gioco. Gli indizi parlano chiaro, ma il commissario varcherà nuove piste e riuscirà ad assicurare alla giustizia l'assassino del professore.
Genere: Drammatico, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~~Spagnuolo, il commissario.
L’innocenza di un bacio
2. IL COMMISSARIO DI CAPRI

Brezza marina e tutt’intorno silenzio. Si avverte uno sparo, un fenicottero cade giù dal cielo. Mi alzo di botto per soccorrere quella povera creatura. Inciampo sul piede del letto e cado rovinosamente a terra. E intanto il fenicottero non smette di lamentarsi, credo stia soffrendo parecchio. Mi rialzo, mi dirigo verso il pennuto e mi accorgo che un bigliettino, piegato, è legato alla sua zampa. Diceva così: “Caro commissario, benvenuto a Capri. La sua permanenza qui, sarà molto breve. Una sua vecchia conoscenza”. Un altro botto, la finestra si apre ed entra una folata di vento che sfiora il mio viso, strappandomi dalle braccia di Morfeo. Forse è meglio così. Era un abbraccio troppo stretto, inquietante, oserei dire raccapricciante. In quell’attimo transitorio, quasi impercettibile, in cui passiamo dall’intorpidimento del sonno alla coscienza dei sensi, i miei pensieri prendono strade mai varcate. E se lasciassi la polizia? Potrei intraprendere la carriera di insegnante di Diritto. Stare a contatto con dei ragazzi e chiudere definitivamente con minacce ed incubi, non sarebbe poi così male! Per fortuna il telefono squilla e mi distoglie da quei pensieri assurdi.
- «Si, pronto?»
- «Umberto sono mamma, ti disturbo?»
- «Ma no mamma! Perché dovresti disturbare! Alle sei del mattino poi! Stavo giusto innaffiando le piante sul balcone. Dimmi pure.»
La tecnologia! Tutta colpa della tecnologia. Ne siamo proprio schiavi. Decide lei quando alzarci dal letto. Il telefono squilla ininterrottamente e se non vuoi beccarti una denuncia dai condomini, devi proprio rispondere. Vi chiederete perché non metto il silenzioso? Perché non lo spengo durante la notte? Bene, vi racconto un episodio increscioso, capitatomi qualche mese fa.
Avevamo appena chiuso un caso di omicidio. Una ragazza ventunenne barbaramente trucidata dallo zio. È stato un caso difficile, impegnativo. Un mese di indagini! Arrestato il colpevole, felici di aver reso un barlume di serenità, (se così si può definire), ai genitori della ragazza, andai a casa per concedermi qualche ora di meritato riposo. Quindi tolsi la suoneria al cellulare. Erano le quattordici circa. A mezzanotte la mia casa aveva l’aspetto di un commissariato. Tutti i miei uomini erano lì, armati e circospetti. Mia madre, dopo aver tentato invano di ottenere una risposta alle sue chiamate, preoccupata di una rivalsa di un ipotetico complice dell’assassino arrestato la mattina, ha chiamato in commissariato, mettendo in allarme il mondo intero. Da quel giorno evito di rendermi non raggiungibile.
Ed eccomi così alle sei del mattino, dopo una notte un po’ strana, aleggiata da incubi fantascientifici e inquietanti, al telefono con mia madre, che non fa altro che raccomandarmi di mettere in valigia maglioni di lana, sciarpe e cappelli. Manco stessi andando al Polo Nord!
Corro in bagno a fare una doccia, scelgo accuratamente cosa indossare. Oggi devo incontrare il questore. Il dottor Maiorana è un uomo di una precisione infinitesimale, sarebbe anche capace di farmi rapporto se la mia cravatta non fosse perfettamente intonata al colore dei miei occhi. Oggi è un giorno difficile, perché devo salutare i miei uomini, mia madre, Oscar e Nico. Non mi sono mai piaciuti gli addii. E come tagliare via parte della tua vita, come quando finisci di leggere un libro e ti resta dentro qualcosa dal quale non vuoi separarti. Gli affetti sono quanto di più caro ci sia nella vita. Quando i giorni sono bui, chi li rischiara? L’ambizione? Il lavoro? O forse la tua nuova Ferrari fiammante? I pensieri sono una trappola difficile da eludere. Un pensiero è fatto di sentimenti, paure, ricordi.
La strada per il commissariato è sempre molto trafficata, ma finalmente arrivo con un velo di stizza.
- «Buongiorno dottore!»
Esplodono tutti in un fragoroso applauso.
- «Dottore, oggi lei va via e abbiamo pensato di salutarci con dei pasticcini.  Migliore li ha appena comprati alla pasticceria “Dolce incanto”, la sua preferita…»
- «Mah…»
Cercavo le parole giuste per esprimere la mia gratitudine, la mia sorpresa. Ma non le trovavo. Vagavano nella mia mente alla velocità della luce. Inarrivabili, inafferrabili.
- «…e a proposito la signora Amelia, la proprietaria, le manda questi cannoli, ci teneva tanto!»
Ero visibilmente imbarazzato, ma afferrai lo spumante e invitai tutti al brindisi.
- «Beh, grazie ragazzi. Brindiamo al nuovo commissario, sperando che sia meno corrucciato del sottoscritto! Ma ora ditemi, ci sono state chiamate?»
Patanè con il suo istinto da “primo della classe” rispose ancor prima di aver sentito la domanda.
- «Dottore stia tranquillo. Solo un furto in un’enoteca. Se ne sta occupando il dottor De Maria.»
Abbracciai tutti, senza proferire parola. E andai via con i cannoli della signora Amalia. Mi aspettava mia madre a pranzo.
L’appuntamento col dottor Maiorana era alle 15.00, quindi il pranzo con mia madre non si sarebbe protratto a lungo.
Mia madre è una donna forte, ma io sono il suo unico figlio.  E la notizia del mio trasferimento a Capri non l’ha ancora metabolizzata.
Suono il campanello.
Apre lei, capelli scomposti, sguardo triste e un po’ di mascara colato giù insieme alle lacrime.
- «Umberto, entra il pranzo è pronto. Ti ho preparato…»
Ma io non stavo già più a sentirla, guardavo le foto che mi ritraevano, sparse su di un tavolo. C’era anche qualche foto di Giulia.
Era stata tutto il giorno a perdere la vista su quelle foto.
Il pranzo, contrariamente alla mie aspettative, fu piacevole. Un misto di gioia e nostalgici ricordi. Ridemmo molto pensando ai tempi passati, a quando Giulia, per esempio, scambiò mia madre per la donna delle pulizie, trovandola a casa mia intenta a rassettare le mie cose. Quella gioia nel ricordare, nel ridere di buon gusto, mi fece capire che ero pronto ad andare avanti.
Che Capri sarebbe stato un altro capitolo della mia vita, che forse non era tutto sbagliato e che Giulia sarebbe stata sempre con me, nei miei pensieri, nel mio cuore. Capii che le stavo rendendo giustizia, scegliendo di continuare a fare il mio mestiere e col suo sorriso in mente abbracciai mia madre così forte, certo che mi sarebbe mancata ma confortato dal suo sguardo fiero.
Il dottor Maiorana mi accolse nel suo ufficio, non fece alcun cenno di saluto, mi guardò dritto negli occhi e mi disse:
- «Commissario Spagnuolo lei è in ritardo di sei minuti e ventotto secondi, nell’invitarla a riflettere sulla sua puntualità non proprio svizzera, volevo ricordarle che i colleghi di Capri, non sono così pazienti come me! »
Avrei voluto rispondergli che “la mia puntualità non proprio svizzera” era compensata da anni di brillanti risultati investigativi che egli stesso aveva vantato sorridendo davanti all’occhio della telecamera. Ma mi limitai a pronunciare un flebile:
- «Mi scusi. »
Svolte le procedure di rito, andai dritto a casa. La valigia non era ancora pronta. In velocità rassegnai la lista che avevo preparato. Controllai che non mancasse nulla d’importante. Presi in mano il libro che avevo comprato e al quale avevo destinato il duro compito di tenere a freno i pensieri durante il viaggio e andai dritto alla stazione, anche se mancavano più di tre ore alla partenza.
 Mi sedetti sulla panchina e con una certa frenesia guardavo minutamente l’orologio. I profumi dei bar vicini alla stazione erano un invito a rimanere. Così mi alzai e entrai in uno di quei bar.
- «Commissario buonasera! Come mai da queste parti?»
Gli si leggeva in viso una strana tensione.
- «Salve, tranquillo Massimino, non sono qui per un controllo. Per questa volta mi accontento di un arancino e un caffè. Mi trasferisco a Capri!»
Una goccia di sudore scese rapidamente dalla sua fronte. Lo sapevano tutti a Palermo che quel bar era il centro dello spaccio di droga. Ma non ero realmente interessato ad indagare ancora, qui. Ci avrebbe pensato il mio successore. Uscii dal bar mangiando nervosamente l’arancino. C’era Nico che mi correva incontro. Buttai tutto a terra per afferrarlo al volo e stringerlo. Oscar si avvicinò lentamente a noi. Aveva l’aria stanca, riuscì a dire solo «Ci mancherai» prima che il treno arrivasse.
Era arrivato il momento di salire sul treno che mi avrebbe stravolto la vita.
Come in un film, affacciato al finestrino, tutti i miei uomini, i miei amici, mia madre, stavano lì ad agitare le mani fin quando in lontananza non sembravano che puntini neri. Inizia così il mio viaggio verso Capri, io su un treno con un libro in mano e una nuova storia da vivere.

  
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