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Autore: Kruaxi    03/03/2015    1 recensioni
In memoria di Leonard Nimoy (1931-2015)
Gli eventi si svolgono dopo quanto accaduto nel film 'Into darkness'.
Uno Spock anziano, il vulcan venuto da un futuro forse scomparso, si interroga sull'accaduto e sull'attuale realtà del suo popolo, quando un evento inatteso lo forza a scontrarsi con una scelta da incubo.
Da trekker d'antica data, confesso che faccio fatica a rapportarmi col nuovo corso di J.J. Abrams, tuttavia la diversità fra i due universi, paralleli od in conflitto che siano, può essere un buon stimolo per la fantasia…
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Kirk riprese a respirare soltanto molti secondi dopo.

Tutti erano rimasti ammutoliti ai loro posti.

La moltiplicazione, o quel che era, sembrava terminata. Tutto era quel che avrebbe dovuto essere.

Tranne il buio.

Il buio profondo che mostrava il monitor.

Il sole era scomparso.

 

-Ce l’abbiamo fatta, capitano, ce l’abbiamo fatta...

Kirk ascoltava le manifestazioni di timido entusiasmo in plancia. 

C’erano sorrisi e strette di mano, ma nessuno pareva certo di quanto accaduto, lui per primo.

-Ambasciatore...

-Capitano, consiglierei di abbandonare il sistema, o quel che ne resta, e dirigersi lontani dallo spazio romulano.

-Ambasciatore, non mi sembra molto soddisfatto.

-Jim... forse abbiamo fallito, più o meno...

Kirk guardò l’anziano vulcan e fece per controbattere, ma il dottor McCoy si intromise nel discorso: -Ha ragione. Non dovremmo essere scomparsi anche noi ? Il futuro che conosciamo non esiste più, perché quel sole non è esploso distruggendo Romulus e quindi Nero non è mai tornato indietro nel tempo.

-No- l’ambasciatore scuoteva fortemente la testa -no, Leonard, non è questo il punto. Per il concetto di causa ed effetto, noi non potevamo sparire. Se non fossimo mai esistiti non saremmo potuti tornare indietro e cambiare il corso della storia, quindi...

-...quindi mi fa già male la testa.

-Caro dottore, ho sentito questa frase mille volte quando si parla del tempo e dei suoi paradossi. Confesso che mi fa fatica affermarlo ma la logica, perlomeno quella che riusciamo a concepire come tale, lascia presto il posto all’apparentemente assurdo in questi casi.

McCoy annuì e non ebbe da dire altro.

 

Checov segnalava, nervoso, i dati dei sensori: -Il nucleo solare evidenzia delle instabilità inspiegabili. Il sistema di implosione pare non abbia funzionato, oppure...

-Ha funzionato, a modo suo- l’anziano ambasciatore guardava il sole del sistema nel grande monitor della plancia -come temevamo il sistema metafasico ha in qualche modo interferito con il buco nero artificiale.

-Spock... cosa è andato storto ?

-Capitano, abbiamo creato una singolarità latente in questa stella... una bomba ad orologeria che, fra un paio di secoli immagino, farà esplodere il sole in modo imprevedibile e bizzarro, magari con onde di distruzione che raggiungeranno Romulus a curvatura...

-Vuoi... vuole dire che abbiamo creato noi l’evento che volevamo evitare ?

-Non è così semplice, Jim... Noi abbiamo creato ben altro.

 

Mentre la Kobayashi maru si allontanava dal sistema, vanamente inseguita dalle obsolete navi romulane, Kirk studiava i dati della stella che stavano lasciando alle spalle: -Spock, dove abbiamo sbagliato ? Perché quel sole risulta essere assolutamente intatto ?

Il giovane primo ufficiale parlottava sommessamente con il suo anziano alter ego. Interruppe la conversazione e rispose al suo capitano: -Jim, effettivamente la nostra azione pare non abbia avuto alcun esito.

 

-...la nostra azione non ha avuto alcuna efficacia.

-Perlomeno non in questa dimensione- l’ambasciatore parlava, tenendo gli occhi chiusi e le dita intrecciate -ma di effetti ne ha avuti fin troppi.

Jim si massaggiò la fronte con una mano: -Spock, cosa volevi dire con ‘epifania’ ?

Il primo ufficiale sembrò abbozzare una specie di sorriso: -L’ordigno di Notbe e la mostruosa potenza di una stella hanno, in qualche modo, creato un frangiflutti, per così dire.

-E’ una buona analogia, Spock- l’ambasciatore assunse un’aria compiaciuta -un frangiflutti sul quale si è abbattuta l’onda temporale, dividendosi in tante altre onde distinte.

Il capitano Notbe, ignorato da tutti, aveva raggiunto i vulcan e si era seduto vicino a loro: -Quindi... non abbiamo cambiato il tempo, abbiamo soltanto creato altre dimensioni...

-Forse le abbiamo soltanto intraviste, ma erano comunque presenti, indipendentemente dalle nostre azioni.

-Mi sembra ci siano fin troppi ‘forse, magari e chissà’ nei tuoi ragionamenti, Spock- il dottore era alquanto serio mentre si rivolgeva al primo ufficiale -io so soltanto che lì c’é una stella che pare se ne sia bellamente fregata della nostra azione...

 

-...se ho ben capito quel sole sta per esplodere !

-Leonard, ci stiamo allontanando a curvatura 6, non corriamo alcun rischio.

-Davvero, Jim ? 

-Non sarei così sicuro, capitano- disse lo Spock del futuro -non possiamo sapere...

La stella esplose, espandendosi a curvatura nove.

La Kobayashi si vaporizzò, insieme a tutte le navi romulane. 

La distruzione totale coinvolse quattro sistemi solari, fra cui quello che ospitava la capitale dell’impero, Romulus.

 

Kirk guardava Notbe fisso negli occhi e sembrava trattenersi dal desiderio di prenderlo a pugni.

 

Il sole esplose, diventando una nova. L’intero sistema 74GD fu lentamente consumato dall’enorme palla di fuoco, insieme a decine di navi da guerra romulane. La Kobayashi, in curvatura, era già lontana.

 

Il giovane Spock discuteva furiosamente con McCoy.

 

La Kobayashi si dirigeva veloce verso casa, lasciando dietro di se un sistema abbandonato e gelido, con i pianeti che stavano lasciando, erratici, l’orbita di un sole ormai imploso.

 

Danneggiata da un’esplosione termonucleare, impossibilitata a raggiungere la curvatura, la Kobayashi si trovava alla mercé delle navi romulane.

Sullo sfondo, il fiero sole del sistema 74GD, intatto, pareva mostrare con forza l’orgoglio di un impero in espansione.

-Scudi al 18 %, signore- fece in tempo a dire Checov, prima di essere investito mortalmente dall’esplosione della sua consolle.

Fiamme e fumo si levavano ovunque.

Kirk pilotava disperatamente i phaser, sempre più deboli ed inefficaci.

L’anziano ambasciatore vulcan giaceva a terra, in una pozza di sangue verdastro. 

-E’ un vero peccato che la prova della Kobayashi maru non preveda possibilità di successo...- disse Kirk, sorridendo, alla volta del suo primo ufficiale.

 

La guerra fra la coalizione dei pianeti e l’impero romulano era in corso ormai da mesi. L’alto comando calcolava in centinaia di migliaia le vite perdute dal nemico, a fronte di perdite estremamente modeste, eppure non vi era tregua all’orizzonte.

La comandante T’Pol era stanca, inorridita da quell’assurda, illogica, carneficina. La nave dov’era momentaneamente distaccata, la Kolinahr, orgoglio della flotta vulcan, era in franchigia sulla stazione K-5, un’enorme base terrestre in costruzione, prossima ai territori reclamati dai romulani.

Seduta nel bar della stazione, se ne stava in disparte a leggere rapporti su di un palmare. Trovava sgradevole quell’ambiente di socializzazione forzata, così rumoroso e puzzolente, pieno di umani oggettivamente fastidiosi.

Ma a colpirla fu l’anziano vulcan che, mancando di rispetto per le convenzioni sociali, le si sedette davanti senza alcuna formalità.

Rimase quasi a bocca aperta per qualche secondo: era un approccio intollerabile !

-Lunga vita e prosperità, comandante- disse Spock -mi deve perdonare se le faccio indubbia violenza ma... Temo sia necessario.

-Chi è lei, signore ? E come si permette...

Spock allungò la mano e, dolcemente, le cinse un polso, trascinando la mano di lei verso la sua tempia destra. T’Pol, sbalordita e paralizzata per tanta audacia, per quest’incredibile licenza, sentì comunque il bisogno irrefrenabile di assecondare il vulcan.

Si ritrovò nella sua mente, osservando meraviglie ed orrori impensabili.

Tutto finì presto, l’anziano vulcan, gentile ma deciso, le allontanò la mano.

-Comandante, non posso dirle altro e neppure posso garantirle in alcun modo di non averla ingannata, ma la prego di ascoltare questa mia richiesta.

Così detto, tolse da una manica della tunica un piccolo rettangolo arancione: -Questo la prego di consegnarlo, fra 80 anni esatti, ad un giovane vulcan che, per l’epoca, si sarà fatto strada nell’Alto Comando. Il suo nome è, sarà, Sarek.

T’Pol sulle prime non osò replicare, si sentiva succube dell’enorme carisma dell’anziano e totalmente incapace di elaborare razionalmente quel che aveva visto durante la fusione mentale, poi fu soltanto capace di dire: -Cosa le da la sicurezza che lo farò ?

L’anziano la guardò benevolo: -Lo so.

Così detto, si alzò e se ne andò senza guardarsi intorno.

T’Pol guardò brevemente quel piccolo oggetto arancione, poi lo nascose in un anfratto della sua cintura.

-Davvero lo farà ?

-Certo, Spock- disse l’anziano ambasciatore al giovane che, improvvisamente, gli si era affiancato nella passeggiata della stazione -ed il giovane Sarek, pur senza sapere perché, percorrerà l’apparentemente illogica strada che gli mostreranno le istruzioni... Ed in un giorno molto lontano, nel nostro passato, troveremo una vecchia Enterprise abbandonata, ma in piena efficienza, e risulteremo a lungo in ombra per i sistemi di rilevamento della Federazione.

-In quante altre dimensioni staranno facendo la stessa cosa ?

L’anziano scosse la testa: -Non credo che l’evento ne abbia create più che poche decine, potremmo anche essere gli unici.

Il primo ufficiale abbassò lo sguardo: -Ma noi... perché dovrebbe essere importante assicurarci che accada veramente quel che è accaduto... In fondo abbiamo fallito, nell’ottica delle cose proposta da Notbe.

-Non credo proprio, anzi.

L’anziano entrò finalmente in un tunnel di collegamento verso un traghetto per il sistema più vicino, seguito dal giovane vulcan.

-Prima facciamo tutto come va fatto, poi ne riparleremo.

Il sorriso che accompagnò le ultime parole dell’ambasciatore provocò un certo sgomento nel primo ufficiale.

 

Spock era anziano, molto anziano a dire il vero, anche per un vulcan.

Il freddo di Nuovo Vulcano quella sera era mitigato dalla piacevole presenza di un vecchio amico. 

Il dottor McCoy si era incautamente prestato ad un giro di conferenze sul rapporto fra l’approccio medico andoriano e quello terrestre, rischiando di provocare non pochi incidenti interplanetari. Di ritorno verso la Terra, aveva avuto l’opportunità di uno scalo sul nuovo pianeta madre della comunità vulcan.

Spock lo aveva accolto con grande familiarità; provava indubbiamente affetto per quella che, tornava a ripeterselo, era la persona più affine all’omologa conosciuta nel ‘suo’ tempo.

-Quindi, dottore, come è finita ?

-Ovviamente nel nulla ! E chi mai poteva accusarci di aver rubato una nave su Venere, quando eravamo tutti ben presenti e visibili a migliaia di persone sull’Enterprise in orbita terrestre ? Nessuno è risalito a noi, pensano a qualche grave azione terroristica ben congegnata, abili agenti stranieri...

-Però, mi diceva, stranamente negli ultimi mesi qualcosa sta cambiando.

-Già- McCoy sorrise apertamente -i fondi per la difesa sono stati tagliati drasticamente, a favore della ricerca. Molte navi da guerra vengono refittate per altri scopi e sono state promosse intense campagne di sensibilizzazione nei confronti dei rapporti inter specie che, son sicuro, porteranno indubbi benefici negli anni a venire...

-Dei propositi di riarmo romulano che paventava Notbe si sa qualcosa ?

-Dal poco che sento dire le sonde spia che sopravvivono alla distruzione non hanno notato nulla, anzi...- il dottore fece un’esplicita pausa ad effetto -se so una cosa, riportata dalla sua versione giovanile assetata di sesso- rise -è che quella stella pare assolutamente stabile... non si vede motivo per cui dovrebbe diventare quella che ci ha descritto nel futuro...

-Perché sicuramente non è quella.

McCoy lo guardò di soppiatto: -Non ricominciamo...

-Leonard... chi può dire da quale futuro provenga ? La stella del mio tempo era indiscutibilmente instabile, e si sapeva da secoli anche se nessuno mai avrebbe  lontanamente immaginato quel che sarebbe successo. Inoltre... onestamente ho approfondito le mie conoscenze storiche negli ultimi tempi, e credo di riconoscere più di un’incongruenza fra quel che sapevo del passato e quel che ho appreso adesso.

-Spock, ma questo è ovvio !

-No, dottore, sto parlando del tempo prima della nostra azione, ma si tratta comunque di particolari talmente infinitesimali che, chissà, potrei sbagliarmi...

-Uhm...- McCoy bofonchiava: -Dubito che una testa quadrata come la sua possa sbagliarsi in queste cose...

-Dottore, non ho la testa quadrata.

-Nonostante l’età, mi sembra non abbia neppure una grande padronanza del concetto di metafora, ambasciatore, detto senza offesa.

Spock increspò le labbra: avrebbe forse voluto sorridere ma si trattenne.

-Rientrare sulla terra giusto poche ore prima che... i noi del passato la abbandonassero alla volta di Venere è stata un’azione davvero ben studiata.

-Di cui dobbiamo ringraziarla, Spock. La nave automatica inviata da suo padre era esattamente in orbita solare... proprio dove aveva scritto di farla arrivare, decenni e decenni prima. Non mi dica che anche a lei piace essere continuamente celebrato per i successi come il suo fratellino !

-Non è mio fratello...

-Ci siamo capiti !

-Non riuscirò mai ad abituarmi alle sue esplosioni umorali... a proposito, Scotty si è ripreso dallo shock ?

McCoy assunse un’espressione falsamente perplessa: -L’aver dovuto lanciare l’Enterprise, pardon, la Kobayashi maru nel Sole l’ha davvero depresso... Oltretutto era quasi impazzito per permetterle la necessaria efficienza per intraprendere un nuovo salto temporale... Ma rimetter mano sulla sua Enterprise l’ha velocemente guarito.

L’anziano iniziò a frugare in una credenza, tirandone fuori una polverosa bottiglia. La guardò a lungo, salvo lanciarla alla volta di McCoy che, in automatico, la prese al volo.

Sgomento, il dottore guardò il vulcan: -Vuole uccidermi ambasciatore ?

-Probabilmente si, di quella roba si muore ma, conoscendola, credo accetterà il rischio... era con me nella Jelly fish, come una specie di memento, un regalo fattomi da un caro amico tanto, tanto tempo fa.

McCoy tolse l’ultima polvere dall’etichetta e quasi svenne per l’emozione. 

Non aveva mai visto un Bourbon così vecchio.

 

Spock chiamò un aerotaxi: in pochi minuti sarebbe arrivato in Accademia.

Curiosamente raccolse per primo l’appello un vecchio pod con autista. Il giovane ufficiale non se ne crucciò; un essere umano era pur sempre una struttura di comando ridondante, meglio averla.

Non si attendeva però che il pilota gli rivolgesse la parola: -Come sta, primo ufficiale ?

-Capitano Notbe ?!

-In persona.

-Mi... stupisce trovarla qui...

-Sto facendo vari lavori, voglio metter da parte abbastanza crediti da potermi aggregare a qualche missione civile di colonizzazione.

Il vulcan parve colpito: -Ha preso sul serio la promessa di non usare le sue conoscenze superiori per spianarsi la strada...

-Credo che di paradossi temporale se ne siano provocati fin troppi... e per colpa mia, oltretutto.

Il giovane vulcan rifletté in silenzio per molti secondi: -Amico mio, lei è stato strumento degli eventi, eventi che dovevano accadere. Probabilmente noi non cambiamo affatto, mai, il corso delle cose ma ne siamo soltanto attori passivi.

-E’ un quadro piuttosto spaventoso, Spock... pensare che, nostro malgrado, siamo tutti agenti dell’entropia...

-E se lo scopo ultimo della vita intelligente fosse quello di comprendere l’entropia ?

Rimasero in silenzio per il resto del viaggio.

 

Kirk guardava il cielo stellato da una terrazza del centro di comando della Federazione sulla Terra.

Guardava i miliardi di stelle che, pur avendo viaggiato mille volte negli spazi più lontani, continuavano ad essere tanto distanti da essere irraggiungibili, qui come nel posto più remoto che avesse mai visitato.

Aveva evitato di farsi troppe domande su quanto era successo, su quanto aveva vissuto, ma non aveva potuto fare a meno di tormentarsi riguardo la sua decisione finale.

Tuttavia... cosa sapeva di... certo ?

Di certo ben poco, se non che lui era lì ed ora.

Avevano creato altre dimensioni ? Avevano semplicemente potuto guardare per un attimo infinite dimensioni parallele preesistenti ? 

Chissà perché, era arrivato alla conclusione, dettata dalla semplice emozione, di non aver sbagliato.

Sentiva che il suo futuro non era scritto in alcuna sua parte, che la strada davanti a se sarebbe stata carica di sconosciute meraviglie e spaventose minacce. Sapeva che avrebbe combattuto, come pensava gli uomini dovessero fare, contro il caos, l’odio, la morte... 

Velleitario ? Forse...

 

Spock era anziano, molto anziano a dire il vero, anche per un vulcan.

Aveva affrontato quel viaggio con scarse aspettative, ed era rimasto sorpreso di come il nuovo senato romulano, che aveva sostituito la precedente assemblea, interamente  massacrata dai Remani del ribelle Shinzon, sembrasse disponibile a nuove aperture nei confronti della Federazione. La recente, onerosa, cooperazione contro le forze del Dominio, ed il contributo insostituibile dell’Enterprise di Picard nell’eliminazione della minaccia remana, avevano alquanto ammorbidito certe storiche contrapposizioni.

Intensi colloqui si svolgevano da settimane e Spock, considerato un autorevole super partes da tutti, lavorava costantemente con la Pace come unico scopo.

 

Quella sera, invitato dall’alto ammiraglio Tallerak a cena, si ritrovò a conversare a lungo sui trascorsi del rapporto fra le due grandi civiltà.

-Nessuno ha mai capito il perché della guerra del 2156, ammiraglio. Rimane un grande mistero nei nostri database- disse l’ambasciatore, mentre assaggiava distrattamente un’amara minestra di radici -sappiamo soltanto che, senza provocazione, attaccaste le nostre colonie prossime al confine, facendone strage al costo, illogico, di terribili rappresaglie. 

-E’ vero, non potevamo vincere ambasciatore- disse l’ammiraglio, con fare curiosamente amichevole per un romulano -ma troppa fu la rabbia e la paura conseguente alla vostra azione, che definirei un po’ più di una provocazione.

La frase catturò l’attenzione del vulcan: -Di quale provocazione sta parlando, signore ? Credevo di avere accesso a tutti i file, peraltro ormai completamente desecretati, di quel conflitto...

Tallerak sorrise: -Lei sa che i nostri segreti, invece, sono molto ben mantenuti... Un segreto deve rimanere tale per sempre.

Spock storse la bocca: -Mi permetta di affermare che trovo questa posizione alquanto discutibile, perlomeno nella maggioranza dei casi.

-Uh- l’ammiraglio sbuffò platealmente -ovvero quando non torna comodo ai quartier generali della Federazione...

-Ammiraglio, ho come l’impressione che lei stesse per raccontarmi qualcosa.

Tallerak si alzò dalla tavola, mestamente imbandita ad uso dei romulani, e mosse una mano per aria. Un grande schermo olografico apparve dal nulla.

-Questo è Kalak, il sole del nostro sistema Mun’kik.

-Non sono a conoscenza di questo astro.

-Non ne dubito, Kalak è scomparso poche ore prima del nostro... sconsiderato attacco.

-E’ esploso ? Non risulta alcuna nova in quei giorni, non sono eventi che passano inosservati.

L’ambasciatore era perplesso e dubbioso, l’inganno aveva sempre accompagnato la politica romulana.

L’ammiraglio si versò del liquido verde in un alto bicchiere, senza dubbio della birra romulana pensò Spock, e continuò a parlare: -I fatti sono semplici. Intercettammo una nave misteriosa entro i nostri confini, inafferrabile per la nostra flotta dell’epoca, e questa riuscì ad arrivare nel sistema Mun’kik, poi... 

Con il movimento di un dito, l’immagine incerta sullo schermo mostrò il sole allontanarsi a velocità mostruosa, anzi... si stava restringendo ! Spock seguì attentamente la progressiva scomparsa dell’astro, che si estinse in un bagliore.

-Mi faccia capire ammiraglio... Cosa ho visto ?

-Non offenda la mia intelligenza... ha visto un sole implodere.

-E’ stata quella nave ? Come ? E chi erano ?

Tallerak bevve alcuni sorsi dal suo bicchiere, rimanendo per secondi a guardare nel vuoto: -Facciamo un patto... lei per un secondo ignorerà la nostra presunta tendenza all’inganno, io farò altrettanto con la vostra presunta capacità di mentire come nessun altro.

Spock chiuse gli occhi: -Chissà se c’é davvero differenza fra ingannare o mentire, vedo solo sfumature semantiche... Mi dica, ammiraglio.

-Non so cosa sia successo. Decenni di studi non ci hanno dato risposte. Nessun residuo analizzabile, nessun senso nell’azione. Mun’kik era un sistema di nessuna importanza, senza pianeti abitabili ne risorse degne d’interesse. Non ci tenevamo neppure un presidio.

-Una dimostrazione di potenza ?

-Non avrebbe senso, ambasciatore, senza rivendicazioni.

-Ci attaccaste pensando fossimo stati noi ?

Tallerak esitò: -A dire il vero erano tutti contrari, inoltre grazie alla nostra rigida catena di comando e di controllo, neppure gli equipaggi delle navi impegnate nel sistema ebbero modo di accorgersi di quanto stava avvenendo, escludendo poche decine di persone nelle plance di comando, soldati integerrimi che mai rivelarono, come da ordine del senato, quel che avevano visto.

-Dunque ? Cosa portò alla guerra ?

-Soltanto l’azione di un comandante locale, impazzito per l’odio, che portò la sua flotta di settore ad attaccare le vostre colonie...

Spock era sconcertato: -Perché non avete... già, l’orgoglio... avete preferito farvi uccidere piuttosto che ammettere un errore.

-Lei ci conosce, ambasciatore.

-Conosco i vulcan, e so che farne derivare un romulano non è difficile.

Tallerak elaborò velocemente se era il caso di considerare l’ultima affermazione dell’ambasciatore un’offesa, ma preferì sorvolare: -Qualunque cosa sia successa, quella nave, in qualche modo, ci ha distrutto una stella.

-Me ne dolgo, ma la Federazione non credo abbia alcuna responsabilità !

-Forse i vostri servizi segreti ?

-Ammiraglio, come potevamo avere armi capaci di tanto ?

Il romulano giunse le mani: -In effetti non lo abbiamo mai pensato... Comunque, noi distruggemmo quella nave. Era infinitamente più potente delle nostre ma, colpo dopo colpo, la mettemmo in ginocchio... infine la terminammo con una testata termonucleare, un colpo diretto.

-Avete fatto in tempo a studiarla ?

-Le nostre cannoniere erano ben poco sofisticate... di superiore a voi avevamo soltanto il dispositivo d’occultamento. Non raccogliemmo dati degni di nota prima di vaporizzarla.

Spock allargò leggermente le braccia: -Poco lungimirante.

-Tuttavia...- Tallerak mosse ancora una mano in aria: -Solo recentemente qualche storico autorizzato ha ripreso in mano gli scarsi dati di quell’evento e, dimenticata da tutti, è venuta fuori questa... foto, l’ultimo regalo della nostra bomba atomica in rotta di collisione con quella nave... gliela faccio vedere solo per curiosità, ne pensi quel che vuole... Non ci è di alcuna utilità e la facciamo tornare subito nell’oblio dell’imponderabile...

L’anziano vulcan sentì nascere in se pesanti emozioni, che represse a fatica.

La foto era ben dettagliata, una ricostruzione di buona qualità dai sensori dell’arma romulana. Era una sola, unica, assurda immagina.

Si vedeva in primo piano il disco superiore di una nave classe ‘Constitution’.

Tutti i dati identificativi erano stati coperti da una mano di vernice arancione, ma sotto si intravvedevano ancora le scritte originali in caratteri neri:

U.S.S. ENTERPRISE

NCC-1701

Spock inarcò un sopracciglio.

 

Fine

 

Kruaxi’s 2015

 
   
 
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