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Autore: Majakovskij    03/03/2015    1 recensioni
Premetto che non sono un grandissimo fan delle Fan Fiction. Scrivo questa solo per allenarmi nella scrittura di un romanzo mio.
La storia si ambienta nel futuro rispetto alla trama canonica Adventure Time: Finn è adulto e non vede suo fratello da anni. Il cane vive ormai in compagnia di Lady Iridella, mentre l'umano vive nel Regno di Fuoco, che però lascerà quando verrà a sapere della morte del Signor Maiale: allora si riunirà a Jake, alla ricerca del Lich, primo sospettato. Non ci sono sottotrame romantiche, non fanno per me: se sei qui per vedere i risvolti della relazione tra Finn e la Principessa Fiamma puoi lasciar stare, non ne troverai.
Due indicazioni importanti: 1) Io Adventure Time lo guardo in americano e in contemporanea con l'America: ho iniziato a scrivere dopo aver visto la puntata "Something Big", così, se non sei già arrivato lì, non leggere questa storia, rischi degli spoiler (anche se in generale non credo ce ne saranno molti della sesta stagione);
2) Per lo stesso motivo, ho un po' di difficoltà con i nomi italiani. Li ho tradotti cercando sulla Wiki italiana e ho fatto quel che ho potuto.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finn, Jake, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stanco e frastornato rimango seduto in terra, nella mia cella, aspettando che le acque si calmino. Che la calca di prigionieri si dissipi almeno un po. La mia porta è stata aperta, e per questo credo di dover ringraziare il Maggiormenta. Ma ancora non mi fido a uscire. Quando è venuto da me mi ha fatto un discorso che lasciava così palesemente intravedere un piano di fuga... mi stupisco che le guardie ananas non ci abbiano ucciso sul posto. Potevo dirgli di lasciar stare. Potevo zittirlo mentre parlava. Ma ho deciso di non dire nulla. Ho soppesato le possibilità: poteva morire solamente lui, nel tentativo di liberarci, o potevamo morire entrambi sul posto. E ho scelto la prima opzione. Non mi sono comportato da amico. Ma mi sono comportato da soldato.
Dando per scontato che sarebbe morto prima di riuscire a liberarci sono stato colto leggermente impreparato quando i campi di forza sono stati spenti: prima un leggero sfrigolio mi ha fatto capire che c'era qualcosa d'insolito; poi qualche prigioniero ha provato a varcare la soglia, e ci è riuscito; quindi tutti hanno iniziato a scappare. Sulle prime non capivo come avesse fatto il piano del Maggiormenta a funzionare. Di certo le guardie ananas se lo aspettavano.
A questo punto le possibilità sono due: o gli ananas sono, per qualche motivo, d'accordo con il Maggiormenta e contrare alla tirannide di Bonnibel (o chi ha preso il suo posto), o vogliono far fuggire i prigionieri per divertirsi un po' ad ammazzarli. Nel primo caso posso fuggire in tutta tranquillità, seguendo la massa o, meglio ancora, facendo di testa mia. Nel secondo caso dovrò adottare un approccio pesante o uno furtivo, a seconda della situazione, recuperare Jake, recuperare il Maggiormenta (se è ancora vivo) e poi andare tutti assieme a far fuori l'impostore.
Seduto in terra conto i secondi. Mi propongo di arrivare fino a milleduecento: venti minuti. Se in venti minuti non c'è traccia di ananas posso muovermi tranquillamente. In caso contrario si vedrà.
Il mio istinto mi dice di buttarmi in mezzo a loro adesso, e uccidere tutti. Dopotutto sono criminali, per il regno. Ma da quando quest'ultima avventura è iniziata non ho fatto che prendere decisioni sbagliate. Da quando ho lasciato il Regno di Fuoco non ne ho fatta una giusta, commettendo errori su errori, mettendo a rischio la vita di tutti, quasi ammazzando Jake, probabilmente rovinandogli il matrimonio. Se fossi rimasto sotto la guida della Regina Fiamma ora tutti starebbero meglio. Una volta tanto, decido di fare la scelta giusta, anche se significa lasciare Jake in balia degli altri criminali per venti minuti.
Dopo quattrocentocinquantotto secondi sento il primo sparo. Poi un ananas sorpassa la mia cella. Mi supera senza vedermi. Sono arrivati. Sorrido, mi alzo, mi stiracchio e mentalmente mi preparo a combattere. Mi rendo conto di quanto la situazione sia delicata: loro sono in tanti, ben addestrati e armati. Io sono uno solo; monco; disarmato; stanco; e mi hanno picchiato fino a poche ore fa. Non posso concedermi alcun errore. Lentamente cammino verso la porta della mia cella e mi sporgo nella direzione da cui l'ananas è arrivato: ne sopraggiungono altri tre. In fretta mi ritraggo, ma mi hanno visto. Iniziano a correre. Velocemente cerco di elaborare una strategia: se riesco a disarmare il primo posso anche riuscire a ucciderlo con un colpo alla testa, ma gli altri due mi farebbero fuori in fretta. Non posso disarmarlo e usarlo come scudo, perché poi non saprei come sparare, avendo un solo braccio. Quando la prima guardia mi si piazza davanti decido di agire a caso: prima che possa spararmi afferro la punta del suo fucile, la spingo verso l'alto e gli do un calcio in pieno petto; si ritrae e l'arma rimane nella mia mano sinistra. Quindi gli sparo in pancia, poi con forza infilo il fucile e tutto il braccio nel buco e uso l'ananas che ho appena ucciso come scudo. Sparo ancora, così da avere un buco dal quale far uscire la punta del fucile: inizio a premere il grilletto alla rinfusa, mirando a caso, non vedendo quello che ho davanti. Il grosso ananas che uso come scudo mi sovrasta, rantolando, e un misto di saliva e polpa mi cade addosso.
Esaurisco le munizioni. Decido di aspettare qualche secondo, e nessuno mi spara: sfilo il braccio dall'ananas e mi sporgo: anche gli altri due sono morti. Poso il fucile zuccherato, ormai scarico, e raccolgo i due che sono in terra. Uno lo fisso sulla schiena, al posto del braccio meccanico, l'altro lo tengo in mano.
Mentre riprendo fiato arriva un gruppo di cinque o sei prigionieri che ha tutta l'aria di essersi perso. Mi guardano con rispetto e ammirazione: vicino a me ci sono i tre cadaveri delle guardie, sono ricoperto di polpa d'ananas e sono armato. Faccio loro cenno di seguirmi: non se lo lasciano ripetere.
In poco tempo si forma dietro di me una fila di dolcibotti che conta sul mio aiuto. Capiscono subito che sono più efficiente, più organizzato e mi oriento meglio. Le stanze sembreranno pure tutte uguali, ma in una c'è un tasto leggermente sbiadito sulla macchinetta distributrice; in un'altra c'è una sedia con una macchiolina in più; e così via. Nessuna zona è perfettamente identica a un'altra, e se voglio salvare Jake e uscire di qui devo imparare a distinguere ogni differenza. La mappa mentale della prigione si ingigantisce ogni secondo, mentre mi lascio dietro una scia di guardie morte e idioti che hanno pensato di potermi disarmare.
Dopo più di un'ora raggiungiamo la porta dalla quale sono entrato. Ci sono segni di battaglia: i cadaveri di due guardie e una decina di prigionieri. L'uscita è sbarrata. Fuori ci aspetta Dolcelandia: altre guardie, altre battaglie. E noi siamo stremati. Mi schiarisco la gola e dico a tutti a voce alta:- Questo è l'uscita. Siete liberi di cercare di sfondare la porta, tornare a Dolcelandia e probabilmente farvi uccidere. Oppure potete seguirmi:  devo tornare indietro per salvare due persone, una delle quali è quella che dovete ringraziare per essere liberi.
La maggior parte di loro non mi dà retta. Ovviamente. Si accalcano contro la porta cercando di buttarla giù a spallate. Rimangono solamente due dolcibotti con l'aria di non avere più niente da perdere. Il primo mi chiede:- È possibili che  i tuoi due amici se ne siano già andati?
-No - rispondo. - Sono entrambi vecchi e stanchi, e hanno bisogno del mio aiuto.
Annuiscono. Mi metto in marcia, loro dietro. A nessuno viene in mente di presentarsi: non ci interessa chi sia chi, ci basta compiere il nostro dovere. Nessuno pensa di sopravvivere ancora a lungo, così non ci interessa stringere nuove amicizie.
Quando abbiamo perlustrato tutto il piano cerchiamo delle scale e saliamo al successivo: stessa scena. Ormai la prigione è deserta, e i pochi superstiti che non sono ammassati contro la porta principale ci guardano con diffidenza quando li incontriamo. Pensando che siamo persi quanto loro. Dopo un po' inizio a urlare il nome di Jake, e i miei due compagni mi imitano.
Passa poco tempo, e rimaniamo in due: incontriamo due ananas; del primo mi sbarazzo subito, ma il secondo riesce a fare fuoco: muore il dolcibotto che mi aveva chiesto se Jake e il Maggiormenta potessero essere fuggiti. Non perdiamo tempo a onorare alcun cadavere. Un po' mi dispiace: è morto perché ha deciso di seguirmi. Poi mi dico che probabilmente sarebbe morto anche fuori dalla prigione. Anzi, se non fosse stato per me sarebbe morto all'interno della prigione, perso, da qualche parte.
Dopo una decina di minuti incontriamo sempre meno dolcibotti. Di ananas vivi non c'è più traccia. Quando ne troviamo di morti ci fermiamo a mangiare.
A un certo punto vediamo una piccola porta di servizio: qualcosa di diverso in questi corridoi tutti identici, fa quasi strano a vedersi. Ha tutta l'aria di dare a una sala manutenzioni o qualcosa del genere. Imbocchiamo e ci troviamo in un piccolo corridoio. Dall'altra parte sento arrivare un rumore di pistoni e ingranaggi.
-Cosa spinge un non dolce a entrare a Dolcelandia?- Mi chiede il dolcibotto sopravvissuto, quello che fino a ora non ha proferito parola. - Intendo, non sono razzista, ma mi sembra folle entrare in un regno in cui i tutori dell'ordine ti vogliono morto.
Non rispondo. Sono un eroe, per questo sono venuto a Dolcelandia. Lo so io e tanto basta, non sono in vena di chiacchiere. Entro invece nella stanza e la prima cosa che mi colpisce è la forte puzza di zucchero bruciato. Sembra un marshmallow messo sul fuoco e dimenticato per delle ore. Seguo l'odore, nella penombra, fino a trovare una tubatura esplosa. Qualcosa cola sul pavimento: mi ci sporco il dito e lo porto alle labbra; caramello che sta carbonizzando. Sa di menta piperita. La prima cosa che penso è che il Maggiormenta abbia sacrificato la propria vita per far esplodere la tubatura attraverso un repentino cambio di temperatura. Poi però mi accorgo che i terra c'è una manica, ma non il resto del vestito: non è morto, ha solo sacrificato un braccio. Grazie a Glob.
-Conosci il Maggiormenta? - Chiedo al mio compagno.
-Di fama - risponde lui - lo conoscono tutti. Non di persona.
-Devi ringraziare lui se siamo liberi - gli mostro il caramello colante sul tubo. Lui annuisce.
Facciamo un giro completo della stanza, e quando sto per perdere le speranze l'altro dolcibotto lo trova, privo di sensi, sotto un pistone. Per la seconda volta in pochi minuti temo possa essere morto, ma respira ancora. Do al mio compagno il mio fucile e mi aggancio il Maggiormenta alla schiena. Non so se è svenuto per la perdita del braccio, per la paura o per qualsiasi altro motivo, ma decido di non svegliarlo. Quindi usciamo dalla sala manutenzioni e continuiamo a vagare.
Più il tempo passa e più mi preoccupo. Inizio a sentirmi in ansia per Jake: andiamo verso l'alto, e fin ora abbiamo esplorato due piani della fortezza, ma del corpo peloso del mio amico non c'è traccia. Sono certo che da solo non sia riuscito a uscire: è vecchio, è stanco, ma soprattutto non è stupido. Sa di essere ricercato e uscire lì fuori non gli provocherebbe che stress, causando una nuova apertura dello squarcio. La mia paura è che anche lui si sia messo sulle mie tracce, e magari ora ci stiamo girando intorno l'un l'altro senza riuscire a trovarci. Lui non ha più l'olfatto di una volta, e non mi troverebbe mai facilmente come in passato. Dannazione, stiamo perdendo un sacco di tempo. Tempo che non abbiamo. Soprattutto tempo che non ha.
Troviamo una scalinata che porta al piano successivo. Questo lo abbiamo esplorato completamente, così saliamo. Però all'ultimo gradino vedo qualcosa che non va: c'è una gigantesca pozzanghera gialla, mista a rosso. Appena la vedo il mio cuore perde un colpo. Pregando Glob, con il fiato in gola, mi avvicino. No, non può essere lui. Non può.
Tocco la pozzanghera: è calda. Pelosa. Un senso di rifiuto mi dice di girarmi, tornare al piano di sotto e continuare a cercare, facendo finta che non sia successo nulla. Di non aver visto nulla. Però mi faccio coraggio, calpesto la pozza gialla fino a vedere un grosso squarcio. Continuo a camminare, reprimendo il desiderio di urlare, fino a trovare delle guanciotte gialle. Che riconoscerei ovunque.
Le mie gambe cedono. Mi viene da vomitare, piangere e urlare. Tutto assieme.
Jake.
Non ha retto lo stress. Lo squarcio si è riaperto.
No, no, no, no.
Non è possibile.
Jake.
Inizio a tremare violentemente. Con me trema anche il pavimento.
Il mio compagno cade in terra, i muri iniziano prima a traballare, poi a creparsi. La mia spalla inizia a formicolare, grossi pezzi di parete si staccano come fossero soltanto poggiati, e la temperatura si alza. Vedo il corpo del dolcibotto che mi ha seguito bruciare velocemente. Come fosse un tornado tutte la macerie iniziano a roteare intorno a me, e io vedo il cielo. Si annuvola.


[N.d.A: Sì, lo so, lo so. Sono comparso per quattro mesi. Non è stato gentile da parte mia: uno inizia a scrivere una storia e poi se ne va. Non è il comportamento migliore da tenere. Il fatto è che questa Fanfiction io l'avevo iniziata, è scritto anche nella descrizione, per impostarmi nella scrittura di un romanzo. E da quando l'ho cominciata ho scritto due romanzi. Una mia raccolta di racconti è stata anche pubblicata su Amazon. Quindi ormai non mi serve più a molto, portare avanti questa storia. Come se non bastasse, se posso essere onesto, a me non piace. Magari a voi sì. Non ho moltissimi lettori, ma li ho. Però a me non piace. È piena di difetti. Trovare difetti in quel che scrivo è positivo: significa che da quando l'ho iniziata sono migliorato. Però sono veramente tanti: stilistici, di forma, di grammatica, veramente tanti. Ha così tanti difetti che per un periodo avevo deciso di lasciarla a se stessa. Ma questa mattina ho realizzato che non posso. Non posso abbandonarla, perché questa storia mi perseguita. Non posso lasciare a metà una storia che, bella o meno, mi ha dato così tanto. Effettivamente mi sono affezionato ai personaggi. Sì, non li ho inventati io, però li ho resi più miei. Ooo è diventato un mondo ancora meno ospitale e di conseguenza si sono evoluti i suoi eroi. Finn è pazzo, Jake è sempre più vecchio.  Mi dispiace anche averlo dovuto uccidere: non era nei mie progetti originari. Però la Storia alle volte si ribella e decide che alcune cose vadano in un certo modo. E così Jake è morto. Non il Jake di Pendelton Ward: il mio Jake. È come aver ammazzato un figlio: divertente, però poi ti tocca seppellirlo.
E quindi niente, eccomi di nuovo qui. Cercherò di chiudere questa storia in bellezza. Di produrre un testo di qualità anche se sono il primo a non amarlo. Grazie.]
   
 
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