-Capitolo 12-
Reiko e Kohaku, alla fine riuscirono a partire
come lei stessa aveva deciso.
Inuyasha si era opposto per tutto il tempo,
lamentandosi continuamente, ma bastò un occhiataccia di Kagome a farlo
desistere definitivamente. Quest’ultima lasciò a Reiko un messaggio per Koga e
Ayame, ma lo stesso fece Inuyasha che si fece promettere, anzi giurare, di
riferirlo al “lupastro”.
Per più di un ora Reiko provò ad immaginarsi
cosa potesse essere accaduto tra di loro, ma poi ci ripensava. Aveva visto le
loro battaglie contro Naraku, ma soltanto quelle. Nient’altro.
I draghi dentro di lei erano demoni, dopotutto,
non erano interessati alle mere relazioni tra esseri umani e creature
demoniache.
Salutato Miroku, partito anche lui per
raggiungere il maestro Mushin, e Sango, alla fine presero congedo dal villaggio
di Musashi.
Myoga, il vecchio demone pulce, aveva deciso di
andare a controllare nuovamente la situazione al tempio di Ama; tutto da una
posizione rigorosamente sicura e priva di pericoli.
Reiko indossava nuovamente i suoi abiti seppure
Sango si fosse offerta di prestarle uno dei suoi kimono, ma aveva rifiutato.
Una maglia semplice, pantaloni e scarponcini, senza dimenticare il suo
giacchetto erano le cose che rendeva Reiko se stessa e non voleva lasciarle
indietro. Una cosa, però, non poté portare con se: la sua chitarra.
L’aveva affidata a Sango facendosi promettere
che nessuno, nemmeno i bambini, l’avrebbero toccata con un dito.
« Come mai hai deciso di lasciare indietro
quello strano strumento? Mi sembrava di aver capito che non te ne separi mai. »
domandò improvvisamente Kohaku, piegando appena il capo in direzione della
ragazza alle sue spalle.
Erano partiti da qualche ora ormai, viaggiando
in groppa a Kirara per cercare di risparmiare tempo e giorni di marcia.
« E’ un ricordo di mia madre … » rispose semplicemente
senza guardarlo in viso, gli occhi nocciola erano intenti a guardare lo
scenario sotto di loro dove il verde degli alberi spesso e volentieri lasciava
il posto a terreni e campi coltivati.
« Questo viaggio potrebbe essere pericoloso,
più del primo, non posso rischiare che si rovini o peggio … »
Kohaku annuì, incapace di aggiungere altro.
Reiko, dal canto suo, cercava di non pensare
troppo o fissarsi su una sola emozione per evitare di causare piogge improvvise
o altro. Myoga le aveva detto che anche il vento che odorava di salsedine era
causato da lei, così come quella pioggerellina che aveva preceduto il loro
arrivo, l’unico modo per controllare quei fenomeni fuori controllo era cercare
di non soffermarsi troppo su una sensazione particolare.
Avrebbe voluto fare conversazione con Kohaku,
parlargli ancora come la prima sera in cui l’aveva conosciuto, ma sembrava
essere diventato difficile fare anche quello e le parole morivano ancora prima
di raggiungere la punta della lingua.
Lui, invece, non sapeva che argomento
affrontare con la ragazza che aveva scoperto essere una discendente di sua
sorella e del monaco Miroku. Quando lei era andata via dalla casa della sorella
aveva spiegato, rispondendo ad una precisa domanda, le circostanze che
l’avevano portato a conoscere Reiko e da lì aveva scoperto la loro “parentela”.
Non sapeva spiegarlo, ma la cosa non gli aveva
fatto molto piacere.
Da quando l’aveva conosciuta aveva sempre
sentito quel legame invisibile, quella strana rassomiglianza con sua sorella e
quella sensazione di familiarità. Eppure non ne era felice. La stessa Sango
glielo fece notare al punto che dovette mentire pur di chiudere l’argomento.
La sera arrivò prima di quanto non si
aspettassero.
Si accamparono nel bosco, proprio accanto a una
sorgente termale naturale. Quando Reiko la vide i suoi occhi s’illuminarono.
“Posso farmi un bagno caldo! Posso farmi un bagno caldo!”
Kohaku aveva, nel frattempo, acceso un piccolo
fuoco e Kirara aveva ripreso il suo aspetto di piccolo demone gatto e non quello
feroce che mostrava abitualmente.
Stava per sedersi quando Reiko afferrò il suo
braccio, sorridendo solare come non l’aveva mai vista al punto da lasciarlo per
un momento senza parole, ma fu proprio lei a riprendere in mano il discorso.
« Vieni dai, facciamo il bagno insieme! »
« C- Cosa … ? »
« Facciamo il bagno insieme … Coraggio! »
Reiko non sembrava capire pienamente quello che
stava dicendo, o meglio, si rendeva conto delle implicazioni ma non era
qualcosa su cui si soffermava.
Il giovane sterminatore era completamente rosso
in viso, mentre Reiko, invece, sembrava a suo agio nonostante tutto. In realtà
non era così.
Persino Reiko si era imbarazzata per quella
proposta, ma era uscita così spontanea e naturale che ormai non poteva
rimangiarsela.
Kohaku era come un suo “parente”, si ripeteva,
sarebbe stato come fare il bagno con suo zio ma lei stessa notava quanto quei
pensieri fossero falsi.
Kohaku era solamente Kohaku. E lei era
solamente Reiko.
« Ecco … Non penso che sia il caso. » rispose Kohaku,
spostando lo sguardo e liberando con uno strattone il braccio dalle mani di
lei.
« Non è appropriato. »
« E allora? Io non sono tipo da badare a queste
cose, e poi … » si morse le labbra, rendendosi conto che era stupido e futile
continuare ad insistere a quel modo con lui.
« E poi … Sono parte della famiglia, dopotutto,
sarà come fare il bagno con una sorella … »
Kohaku la osservava, osservava i cambiamenti di
espressione sul suo volto e ancora non capiva il motivo di tanta testardaggine
solo per un misero bagno.
Non la capiva, probabilmente non l’avrebbe mai
capita. Lei era diversa in tutto rispetto alle ragazze della sua epoca e da sua
sorella, veniva da un mondo che nemmeno poteva immaginare con la fantasia e le
regole tra uomo e donna dovevano essere altre.
Alla fine, seppure non fosse completamente
d’accordo, decise di accettare.
La sorgente termale era abbastanza ampia e
divisa al suo interno da alcune piccole rocce che delimitavano una sorta di
percorso naturale con la parte meridionale del bosco, Kohaku si appoggiò con la
schiena a una roccia dalla parte opposta rispetto a Reiko deciso a non pensare
a quella strana situazione.
« Allora? E’ un’esperienza così malvagia? »
domandò la ragazza, completamente rilassata e intenta a giocare con l’acqua.
Kohaku non sapeva più se era rosso per via del
calore delle terme, oppure perché dalla parte opposta di una piccola roccia
c’era una ragazza completamente svestita.
Reiko sorrise, immaginando bene l’imbarazzo del
suo compagno di viaggio.
« Qui siete davvero molto pudici, ma infondo
dovevo aspettarmelo. Non conosco ragazzi, dalle mie parti chiaro, che non
farebbero il diavolo a quattro pur di fare un bagno con una bella ragazza. »
« Non sei molto modesta … »
« Dovrei? Insomma, marchio sul viso a parte, so
bene come sono fatta e fingere di non apprezzarmi fisicamente sarebbe alquanto
sciocco. »
Ci fu un leggero rumore di acqua che scrosciava
contro la parete della roccia. Kohaku piegò appena il capo per osservare alle
sue spalle, la vide allontanarsi dalla sua posizione per poi tornare accanto a
lui con la schiena sempre rivolta alla parete di roccia. In quel breve lasso di
tempo, seppure coperta dall’acqua e in parte dai vapori che fuoriuscivano,
riuscì quasi a scorgere meglio le forme del suo corpo. Trasalì girandosi
nuovamente dalla parte opposta, teneva gli occhi spalancati mentre cercava di
cacciare quell’immagine anche se, ormai, era chiaramente incastrata al suo
interno e non se ne sarebbe andata tanto presto. Avrebbe voluto girarsi,
ignorare ogni buon senso e tenerla vicino a lui. Un sentimento contrastante con
quello che doveva provare verso di lei.
« Io non ti capisco, Reiko. » esordì Kohaku,
interrompendo quel leggero silenzio che si era venuto a creare tra di loro.
« Tu sei … Lontana da quello che potrei essere
io, o qualsiasi altra persona che conosca; e non parlo solo del marchio. »
Reiko aveva piegato il capo in direzione di
Kohaku, osservandolo perplessa e senza davvero capire perché le stava parlando
in quel modo e, alla fine, nemmeno il ragazzo capiva perché diceva quelle cose.
Da quando aveva accettato di fare il bagno con
lei sentiva che qualcosa nel suo animo era cambiato, una serie incontrollata di
pensieri negativi si erano affacciati sulla mente proprio nel momento in cui
aveva pensato, nel silenzio, quanto loro due potessero avere in comune.
Si mosse nell’acqua, veloce e rapida, poggiando
una mano sulla spalla del ragazzo e obbligandolo a guardarla in volto.
« Noi non siamo diversi! Te l’ho detto anche
quando ci siamo conosciuti, ricordi? La tua sincerità l’ho molto apprezzata
Kohaku, davvero, ma adesso perché mi stai mentendo. »
Le parole uscivano come un fiume in piena dalle
sue labbra.
Quella strana sensazione sulla punta delle dita
si fece nuovamente sentire, e quando toccò la spalla di Kohaku, aumentando la
presa, qualcosa fluì nella sua mente.
Erano ricordi. Ricordi lontani.
C’era un villaggio nascosto tra le montagne
dove gli abitanti praticavano lo sterminio dei demoni, lì, assieme a Sango, lui
viveva. Questo fino a quando Naraku non corruppe la sua anima costringendolo a
uccidere la sua famiglia, e ferire a morte sua sorella. Tutto questo fluì nella
sua mente come uno tsunami, e non poté fare niente per controllarlo.
Istintivamente ritrasse la mano, osservando Kohaku con un’espressione
indecifrabile e il respiro che moriva nella gola.
Il ragazzo aveva sentito qualcosa quando lo
aveva sfiorato, aveva sentito la sua mano delicata e le dita affusolate
irrompere nel suo cuore e stringerlo con delicatezza, frugando nella parte più
oscura della sua anima dove i ricordi rimanevano sopiti.
Gli occhi sbarrati di lei confermarono la sua
teoria: aveva visto tutto. Ora sapeva.
Myoga lo aveva informato di quella possibilità,
eppure aveva deciso di non darci troppo peso. Fece schioccare la lingua seccato
e uscì dall’acqua, non disse nulla a Reiko che invece rimase indietro ancora
per qualche minuto a riflettere.
Nella sua mente risuonava come una eco la voce
di suo zio.
“Reiko,
lo vuoi un consiglio su come mantenere i segreti? Non farteli mai rivelare, per
cominciare. E’ difficile mentire a qualcuno se lui si aspetta che tu menta. Se
si aspettano che tu racconti una bugia non puoi assolutamente dirne una. In
questo nostro ambiente è importante non rivelare mai a qualcuno i segreti più
intimi, se li scopri sarai coinvolta e il coinvolgimento non porta mai a nulla
di buono”.
Una lacrima scivolò lungo la guancia bruciando
gli occhi e pizzicando la punta del naso.
“Zio … Che cosa ho fatto?”
Si portò una mano al viso poggiandola
delicatamente. Avvertiva chiaramente un nodo alla gola per quello che aveva
scoperto, e per il peso che quel segreto comportava.
Nell’oscurità della foresta alcune figure si
ammassavano, i loro occhi di ghiaccio, privi di vita, si fissarono su Reiko che
rimaneva ignara di essere l’oggetto dell’attenzione di quelle creature.
« La giovane ancella … » esordì una voce,
infantile e alterata.
« … Sembra stare soffrendo molto. Il suo cuore è ancora debole. »
« Mi chiedo … Mi chiedo … Perché non l’aiutiamo
a fortificarlo. »
La notte com’era arrivata alla fine passò.
Quando sorse l’alba ne Kohaku ne Reiko ebbero
voglia di riprendere il discorso della sera precedente, così rimasero in
silenzio proseguendo a piedi verso un villaggio che sapevano non essere molto
distante dalla loro posizione.
Respirava profondamente cercando di placare i
battiti nervosi del suo cuore, ma la sua anima sembrava voler gridare qualcosa
che la mente non riusciva a percepire. Era ansia, forse? Reiko non riusciva
davvero a inquadrare quel sentimento, più ci pensava e meno riusciva ad
afferrare quella paura.
All’improvviso, la loro marcia ebbe sosta.
Kirara si era posizionata davanti a Kohaku, il
pelo ritto mentre ringhiava debolmente contro qualcosa nell’oscurità. Un
istante, e il suo piccolo corpo venne invaso dalle fiamme diventando molto più
grande e minacciosa.
La mano di Kohaku era corsa alla sua arma,
posizionata sulla schiena, preparandosi a combattere contro quel rumore che si
avvicinava a gran velocità verso di loro.
« Reiko … Stai indietro! »
Un cenno di assenso che probabilmente non venne
colto, ma non fece in tempo ad obbedire a questa richiesta poiché dalla foresta
emerse un gigantesco demone millepiedi. Una parte del corpo era quella di un
insetto, la parte superiore, invece, era umanoide.
La creatura si gettò contro di lei, paralizzata
dalla sorpresa e incapace di spostarsi, sarebbe stata attaccata sicuramente se
Kirara non si gettò contro il demone deviandone di poco la traiettoria.
La coda colpì il terreno generando un pesante
onda d’urto che la spinse via.
Finora non aveva mai visto demoni simili,
nemmeno uno l’aveva attaccata quando era vicino al villaggio di Musashi e
nemmeno durante il suo viaggio di tre giorni. Non una volta i demoni si erano
fatti avanti.
Poteva capire il villaggio dove viveva
Inuyasha, ma per quale motivo nessuno li aveva mai attaccati prima di quel
momento?
Osservava Kohaku mentre immobilizzava con la
catena della sua arma il demone, aiutato da Kirara che si occupava della parte
posteriore e poi, con un colpo preciso, lo spezzo a metà per poi finirlo in
tanti piccoli pezzi sotto lo sguardo stupito di Reiko.
Lo sguardo di Kohaku mentre combatteva era
completamente diverso. Era concentrato, i suoi occhi due pozze scure e profonde
in cui perdersi; persino i suoi lineamenti sembravano trasfigurarsi, donando al
giovane sterminatore un’aura completamente diversa.
« Tutto bene? » domandò avvicinandosi a lei,
porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
Guardò prima la mano, poi il ragazzo davanti a
lei visibilmente preoccupato e sorrise.
Afferrò la sua mano senza indugi, stringendola forte e tirandosi in
piedi. Avrebbe voluto parlargli, spiegargli quanto fosse mortificata per aver
frugato nei suoi ricordi, avrebbe così messo una pietra sopra la faccenda e
tutto sarebbe tornato alla normalità. O quasi, almeno.
« Perdonate … » una voce esterna giunse
improvvisa, riscuotendoli dai loro pensieri.
Si voltarono entrambi, imbarazzati e ancora con
le mani strette l’una con l’altra, davanti a loro stavano alcuni abitanti del
villaggio.
« Siete stati voi a uccidere questo demone? »
« Sì. » rispose Kohaku, sistemando l’arma
dietro la sua schiena com’era solito fare.
Si sentiva un po’ in colpa quando gli abitanti
avevano detto “siete”, ignorando completamente Kirara che nel frattempo si era
ritrasformata apparendo come una semplice gattina.
« Erano diversi giorni che quella creatura
tormentava il nostro villaggio. » continuò uno degli uomini, appena dietro al
più anziano che aveva parlato all’inizio.
“Sicuramente è il nonno il capo villaggio”.
« Vorremmo che vi fermaste nel nostro villaggio
per la sera. Non abbiamo molto da offrirvi, ma sarebbe il minimo per ripagarvi.
»
Reiko stava per rispondere che non era
necessario e che non potevano fermarsi quando una voce tra il gruppo del
villaggio l’interruppe, era un grido di terrore di uno degli uomini che teneva
lo sguardo fisso in quello della ragazza.
Spaventato, terrorizzato, i suoi occhi erano
completamente spalancati. Nel fare qualche passo indietro cadde, urtando il
terreno con il fondoschiena e indietreggiando ancora.
« Che ti prende Rikuji? » domandò il capo
villaggio, preoccupato della reazione del suo compagno al pari dei due ragazzi.
« Quella … Quella ragazza … Quella ragazza ha
il marchio dei demoni sul volto! » disse, additandola come se fosse una strega.
Lo sguardo di tutti gli abitanti del villaggio,
almeno di quelli venuti ad accoglierli, si fissò improvvisamente su di lei
causandole un leggero moto di stizza. Sentiva il suo cuore accelerare i battiti
mentre si ritirava un poco, le mani serrate in pugni e lo sguardo di chi non ha
intenzione di farsi spaventare da nessuno.
Kohaku allungò il braccio davanti a lei, deciso
a proteggerla anche dagli esseri umani.
« Avete qualche problema con me? » domandò
Reiko, precedendo ancora una volta Kohaku mentre anche Kirara si posizionava
davanti a lei in atteggiamento difensivo.
« Nessuno, anche se forse … sarete voi a volere
qualcosa da noi, ora. »
Due occhi spenti e vuoti stavano osservando
quell’incontro da lontano.
L’oscurità della foresta li proteggeva donando loro il beneficio
dell’anonimato, al riparo dal fiuto del demone gatto che accompagnava lo
sterminatore di demoni e abbastanza distanti per non essere scoperti
dall’occhio del drago di Reiko. Una risata lieve ma inquietante si levò da
quelle tenebre mentre il vento si alzava da terra, muovendo le cime degli
alberi portando messaggi infausti sulle sue ali.
Salve a tutti!
Da non credere, quasi mi dimenticavo di aggiornare oggi … Che testa ho.
Comunque, gente e popolo, oggi abbiamo fatto dei passi avanti. Piccoli,
piccoli, ma li abbiamo fatti.
Il capitolo in questione è molto inutile e serve per introdurre il nuovo
arco della storia dove i protagonisti saranno, per l’appunto, Kohaku e Reiko.
Finalmente scopriremo qualcosa sulla Bestia, informazioni importanti, e il
cuore della protagonista sarà messo a dura prova.
Tutto quanto è generato da esso, e al cuore farà sempre ritorno.
Un ringraziamento speciale a KagomeNoTaisho
che nonostante tutto non mi ha mai abbandonata <3 e Aiko Inochi per aver commentato e lasciato tutte quelle
fantastiche informazioni.
Al momento, per l’arma, sono ancora indecisa e vedrò di tenere conto di
tutti i suggerimenti possibili <3 <3
Un grandissimo abbraccio a tutti <3
Scheherazade ♫