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Autore: Scheherazade_Reim    04/03/2015    3 recensioni
Il marchio del drago, secondo alcune leggende, rappresenta il tocco della divinità.
Si narra che coloro che possiedo il marchio siano segnate dalla sventura e dal dolore, poiché è solo nelle tenebre che si può trovare la luce e la bellezza che sfuggirebbe agli occhi dei comuni esseri umani.
Le persone marchiate sono offerte in sacrificio, in cambio d'immensi poteri e della possibilità di realizzare un desiderio.
Dopo la battaglia per la Sfera dei Quattro Spiriti, un altro viaggio ha inizio!
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kohaku, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo 12-        

Reiko e Kohaku, alla fine riuscirono a partire come lei stessa aveva deciso.

Inuyasha si era opposto per tutto il tempo, lamentandosi continuamente, ma bastò un occhiataccia di Kagome a farlo desistere definitivamente. Quest’ultima lasciò a Reiko un messaggio per Koga e Ayame, ma lo stesso fece Inuyasha che si fece promettere, anzi giurare, di riferirlo al “lupastro”.

Per più di un ora Reiko provò ad immaginarsi cosa potesse essere accaduto tra di loro, ma poi ci ripensava. Aveva visto le loro battaglie contro Naraku, ma soltanto quelle. Nient’altro.

I draghi dentro di lei erano demoni, dopotutto, non erano interessati alle mere relazioni tra esseri umani e creature demoniache.

Salutato Miroku, partito anche lui per raggiungere il maestro Mushin, e Sango, alla fine presero congedo dal villaggio di Musashi.

Myoga, il vecchio demone pulce, aveva deciso di andare a controllare nuovamente la situazione al tempio di Ama; tutto da una posizione rigorosamente sicura e priva di pericoli.

Reiko indossava nuovamente i suoi abiti seppure Sango si fosse offerta di prestarle uno dei suoi kimono, ma aveva rifiutato. Una maglia semplice, pantaloni e scarponcini, senza dimenticare il suo giacchetto erano le cose che rendeva Reiko se stessa e non voleva lasciarle indietro. Una cosa, però, non poté portare con se: la sua chitarra.

L’aveva affidata a Sango facendosi promettere che nessuno, nemmeno i bambini, l’avrebbero toccata con un dito.

« Come mai hai deciso di lasciare indietro quello strano strumento? Mi sembrava di aver capito che non te ne separi mai. » domandò improvvisamente Kohaku, piegando appena il capo in direzione della ragazza alle sue spalle.

Erano partiti da qualche ora ormai, viaggiando in groppa a Kirara per cercare di risparmiare tempo e giorni di marcia.

« E’ un ricordo di mia madre … » rispose semplicemente senza guardarlo in viso, gli occhi nocciola erano intenti a guardare lo scenario sotto di loro dove il verde degli alberi spesso e volentieri lasciava il posto a terreni e campi coltivati.

« Questo viaggio potrebbe essere pericoloso, più del primo, non posso rischiare che si rovini o peggio … »

Kohaku annuì, incapace di aggiungere altro.

Reiko, dal canto suo, cercava di non pensare troppo o fissarsi su una sola emozione per evitare di causare piogge improvvise o altro. Myoga le aveva detto che anche il vento che odorava di salsedine era causato da lei, così come quella pioggerellina che aveva preceduto il loro arrivo, l’unico modo per controllare quei fenomeni fuori controllo era cercare di non soffermarsi troppo su una sensazione particolare.

Avrebbe voluto fare conversazione con Kohaku, parlargli ancora come la prima sera in cui l’aveva conosciuto, ma sembrava essere diventato difficile fare anche quello e le parole morivano ancora prima di raggiungere la punta della lingua.

Lui, invece, non sapeva che argomento affrontare con la ragazza che aveva scoperto essere una discendente di sua sorella e del monaco Miroku. Quando lei era andata via dalla casa della sorella aveva spiegato, rispondendo ad una precisa domanda, le circostanze che l’avevano portato a conoscere Reiko e da lì aveva scoperto la loro “parentela”.

Non sapeva spiegarlo, ma la cosa non gli aveva fatto molto piacere.

Da quando l’aveva conosciuta aveva sempre sentito quel legame invisibile, quella strana rassomiglianza con sua sorella e quella sensazione di familiarità. Eppure non ne era felice. La stessa Sango glielo fece notare al punto che dovette mentire pur di chiudere l’argomento.

La sera arrivò prima di quanto non si aspettassero.

Si accamparono nel bosco, proprio accanto a una sorgente termale naturale. Quando Reiko la vide i suoi occhi s’illuminarono.
“Posso farmi un bagno caldo! Posso farmi un bagno caldo!”

Kohaku aveva, nel frattempo, acceso un piccolo fuoco e Kirara aveva ripreso il suo aspetto di piccolo demone gatto e non quello feroce che mostrava abitualmente.

Stava per sedersi quando Reiko afferrò il suo braccio, sorridendo solare come non l’aveva mai vista al punto da lasciarlo per un momento senza parole, ma fu proprio lei a riprendere in mano il discorso.

« Vieni dai, facciamo il bagno insieme! »

« C- Cosa … ? »

« Facciamo il bagno insieme … Coraggio! »

Reiko non sembrava capire pienamente quello che stava dicendo, o meglio, si rendeva conto delle implicazioni ma non era qualcosa su  cui si soffermava.

Il giovane sterminatore era completamente rosso in viso, mentre Reiko, invece, sembrava a suo agio nonostante tutto. In realtà non era così.

Persino Reiko si era imbarazzata per quella proposta, ma era uscita così spontanea e naturale che ormai non poteva rimangiarsela.

Kohaku era come un suo “parente”, si ripeteva, sarebbe stato come fare il bagno con suo zio ma lei stessa notava quanto quei pensieri fossero falsi.

Kohaku era solamente Kohaku. E lei era solamente Reiko.

« Ecco … Non penso che sia il caso. » rispose Kohaku, spostando lo sguardo e liberando con uno strattone il braccio dalle mani di lei.

« Non è appropriato. »

« E allora? Io non sono tipo da badare a queste cose, e poi … » si morse le labbra, rendendosi conto che era stupido e futile continuare ad insistere a quel modo con lui.

« E poi … Sono parte della famiglia, dopotutto, sarà come fare il bagno con una sorella … »

Kohaku la osservava, osservava i cambiamenti di espressione sul suo volto e ancora non capiva il motivo di tanta testardaggine solo per un misero bagno.

Non la capiva, probabilmente non l’avrebbe mai capita. Lei era diversa in tutto rispetto alle ragazze della sua epoca e da sua sorella, veniva da un mondo che nemmeno poteva immaginare con la fantasia e le regole tra uomo e donna dovevano essere altre.

Alla fine, seppure non fosse completamente d’accordo, decise di accettare.

La sorgente termale era abbastanza ampia e divisa al suo interno da alcune piccole rocce che delimitavano una sorta di percorso naturale con la parte meridionale del bosco, Kohaku si appoggiò con la schiena a una roccia dalla parte opposta rispetto a Reiko deciso a non pensare a quella strana situazione.

« Allora? E’ un’esperienza così malvagia? » domandò la ragazza, completamente rilassata e intenta a giocare con l’acqua.

Kohaku non sapeva più se era rosso per via del calore delle terme, oppure perché dalla parte opposta di una piccola roccia c’era una ragazza completamente svestita.

Reiko sorrise, immaginando bene l’imbarazzo del suo compagno di viaggio.

« Qui siete davvero molto pudici, ma infondo dovevo aspettarmelo. Non conosco ragazzi, dalle mie parti chiaro, che non farebbero il diavolo a quattro pur di fare un bagno con una bella ragazza. »

« Non sei molto modesta … »

« Dovrei? Insomma, marchio sul viso a parte, so bene come sono fatta e fingere di non apprezzarmi fisicamente sarebbe alquanto sciocco. »

Ci fu un leggero rumore di acqua che scrosciava contro la parete della roccia. Kohaku piegò appena il capo per osservare alle sue spalle, la vide allontanarsi dalla sua posizione per poi tornare accanto a lui con la schiena sempre rivolta alla parete di roccia. In quel breve lasso di tempo, seppure coperta dall’acqua e in parte dai vapori che fuoriuscivano, riuscì quasi a scorgere meglio le forme del suo corpo. Trasalì girandosi nuovamente dalla parte opposta, teneva gli occhi spalancati mentre cercava di cacciare quell’immagine anche se, ormai, era chiaramente incastrata al suo interno e non se ne sarebbe andata tanto presto. Avrebbe voluto girarsi, ignorare ogni buon senso e tenerla vicino a lui. Un sentimento contrastante con quello che doveva provare verso di lei.

« Io non ti capisco, Reiko. » esordì Kohaku, interrompendo quel leggero silenzio che si era venuto a creare tra di loro.

« Tu sei … Lontana da quello che potrei essere io, o qualsiasi altra persona che conosca; e non parlo solo del marchio. »

Reiko aveva piegato il capo in direzione di Kohaku, osservandolo perplessa e senza davvero capire perché le stava parlando in quel modo e, alla fine, nemmeno il ragazzo capiva perché diceva quelle cose.

Da quando aveva accettato di fare il bagno con lei sentiva che qualcosa nel suo animo era cambiato, una serie incontrollata di pensieri negativi si erano affacciati sulla mente proprio nel momento in cui aveva pensato, nel silenzio, quanto loro due potessero avere in comune.

Si mosse nell’acqua, veloce e rapida, poggiando una mano sulla spalla del ragazzo e obbligandolo a guardarla in volto.

« Noi non siamo diversi! Te l’ho detto anche quando ci siamo conosciuti, ricordi? La tua sincerità l’ho molto apprezzata Kohaku, davvero, ma adesso perché mi stai mentendo. »

Le parole uscivano come un fiume in piena dalle sue labbra.

Quella strana sensazione sulla punta delle dita si fece nuovamente sentire, e quando toccò la spalla di Kohaku, aumentando la presa, qualcosa fluì nella sua mente.

Erano ricordi. Ricordi lontani.

C’era un villaggio nascosto tra le montagne dove gli abitanti praticavano lo sterminio dei demoni, lì, assieme a Sango, lui viveva. Questo fino a quando Naraku non corruppe la sua anima costringendolo a uccidere la sua famiglia, e ferire a morte sua sorella. Tutto questo fluì nella sua mente come uno tsunami, e non poté fare niente per controllarlo. Istintivamente ritrasse la mano, osservando Kohaku con un’espressione indecifrabile e il respiro che moriva nella gola.

Il ragazzo aveva sentito qualcosa quando lo aveva sfiorato, aveva sentito la sua mano delicata e le dita affusolate irrompere nel suo cuore e stringerlo con delicatezza, frugando nella parte più oscura della sua anima dove i ricordi rimanevano sopiti.

Gli occhi sbarrati di lei confermarono la sua teoria: aveva visto tutto. Ora sapeva.

Myoga lo aveva informato di quella possibilità, eppure aveva deciso di non darci troppo peso. Fece schioccare la lingua seccato e uscì dall’acqua, non disse nulla a Reiko che invece rimase indietro ancora per qualche minuto a riflettere.

Nella sua mente risuonava come una eco la voce di suo zio.

Reiko, lo vuoi un consiglio su come mantenere i segreti? Non farteli mai rivelare, per cominciare. E’ difficile mentire a qualcuno se lui si aspetta che tu menta. Se si aspettano che tu racconti una bugia non puoi assolutamente dirne una. In questo nostro ambiente è importante non rivelare mai a qualcuno i segreti più intimi, se li scopri sarai coinvolta e il coinvolgimento non porta mai a nulla di buono”.

Una lacrima scivolò lungo la guancia bruciando gli occhi e pizzicando la punta del naso.

“Zio … Che cosa ho fatto?”

Si portò una mano al viso poggiandola delicatamente. Avvertiva chiaramente un nodo alla gola per quello che aveva scoperto, e per il peso che quel segreto comportava.

Nell’oscurità della foresta alcune figure si ammassavano, i loro occhi di ghiaccio, privi di vita, si fissarono su Reiko che rimaneva ignara di essere l’oggetto dell’attenzione di quelle creature.

« La giovane ancella … » esordì una voce, infantile e alterata.

« … Sembra stare soffrendo molto. Il suo cuore è ancora debole. »

« Mi chiedo … Mi chiedo … Perché non l’aiutiamo a fortificarlo. »

La notte com’era arrivata alla fine passò.

Quando sorse l’alba ne Kohaku ne Reiko ebbero voglia di riprendere il discorso della sera precedente, così rimasero in silenzio proseguendo a piedi verso un villaggio che sapevano non essere molto distante dalla loro posizione.

Respirava profondamente cercando di placare i battiti nervosi del suo cuore, ma la sua anima sembrava voler gridare qualcosa che la mente non riusciva a percepire. Era ansia, forse? Reiko non riusciva davvero a inquadrare quel sentimento, più ci pensava e meno riusciva ad afferrare quella paura.

All’improvviso, la loro marcia ebbe sosta.

Kirara si era posizionata davanti a Kohaku, il pelo ritto mentre ringhiava debolmente contro qualcosa nell’oscurità. Un istante, e il suo piccolo corpo venne invaso dalle fiamme diventando molto più grande e minacciosa.

La mano di Kohaku era corsa alla sua arma, posizionata sulla schiena, preparandosi a combattere contro quel rumore che si avvicinava a gran velocità verso di loro.

« Reiko … Stai indietro! »

Un cenno di assenso che probabilmente non venne colto, ma non fece in tempo ad obbedire a questa richiesta poiché dalla foresta emerse un gigantesco demone millepiedi. Una parte del corpo era quella di un insetto, la parte superiore, invece, era umanoide.

La creatura si gettò contro di lei, paralizzata dalla sorpresa e incapace di spostarsi, sarebbe stata attaccata sicuramente se Kirara non si gettò contro il demone deviandone di poco la traiettoria.

La coda colpì il terreno generando un pesante onda d’urto che la spinse via.

Finora non aveva mai visto demoni simili, nemmeno uno l’aveva attaccata quando era vicino al villaggio di Musashi e nemmeno durante il suo viaggio di tre giorni. Non una volta i demoni si erano fatti avanti.

Poteva capire il villaggio dove viveva Inuyasha, ma per quale motivo nessuno li aveva mai attaccati prima di quel momento?

Osservava Kohaku mentre immobilizzava con la catena della sua arma il demone, aiutato da Kirara che si occupava della parte posteriore e poi, con un colpo preciso, lo spezzo a metà per poi finirlo in tanti piccoli pezzi sotto lo sguardo stupito di Reiko.

Lo sguardo di Kohaku mentre combatteva era completamente diverso. Era concentrato, i suoi occhi due pozze scure e profonde in cui perdersi; persino i suoi lineamenti sembravano trasfigurarsi, donando al giovane sterminatore un’aura completamente diversa.

« Tutto bene? » domandò avvicinandosi a lei, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.

Guardò prima la mano, poi il ragazzo davanti a lei visibilmente preoccupato e sorrise.  Afferrò la sua mano senza indugi, stringendola forte e tirandosi in piedi. Avrebbe voluto parlargli, spiegargli quanto fosse mortificata per aver frugato nei suoi ricordi, avrebbe così messo una pietra sopra la faccenda e tutto sarebbe tornato alla normalità. O quasi, almeno.

« Perdonate … » una voce esterna giunse improvvisa, riscuotendoli dai loro pensieri.

Si voltarono entrambi, imbarazzati e ancora con le mani strette l’una con l’altra, davanti a loro stavano alcuni abitanti del villaggio.

« Siete stati voi a uccidere questo demone? »

« Sì. » rispose Kohaku, sistemando l’arma dietro la sua schiena com’era solito fare.

Si sentiva un po’ in colpa quando gli abitanti avevano detto “siete”, ignorando completamente Kirara che nel frattempo si era ritrasformata apparendo come una semplice gattina.

« Erano diversi giorni che quella creatura tormentava il nostro villaggio. » continuò uno degli uomini, appena dietro al più anziano che aveva parlato all’inizio.

“Sicuramente è il nonno il capo villaggio”.

« Vorremmo che vi fermaste nel nostro villaggio per la sera. Non abbiamo molto da offrirvi, ma sarebbe il minimo per ripagarvi. »

Reiko stava per rispondere che non era necessario e che non potevano fermarsi quando una voce tra il gruppo del villaggio l’interruppe, era un grido di terrore di uno degli uomini che teneva lo sguardo fisso in quello della ragazza.

Spaventato, terrorizzato, i suoi occhi erano completamente spalancati. Nel fare qualche passo indietro cadde, urtando il terreno con il fondoschiena e indietreggiando ancora.

« Che ti prende Rikuji? » domandò il capo villaggio, preoccupato della reazione del suo compagno al pari dei due ragazzi.

« Quella … Quella ragazza … Quella ragazza ha il marchio dei demoni sul volto! » disse, additandola come se fosse una strega.

Lo sguardo di tutti gli abitanti del villaggio, almeno di quelli venuti ad accoglierli, si fissò improvvisamente su di lei causandole un leggero moto di stizza. Sentiva il suo cuore accelerare i battiti mentre si ritirava un poco, le mani serrate in pugni e lo sguardo di chi non ha intenzione di farsi spaventare da nessuno.

Kohaku allungò il braccio davanti a lei, deciso a proteggerla anche dagli esseri umani.

« Avete qualche problema con me? » domandò Reiko, precedendo ancora una volta Kohaku mentre anche Kirara si posizionava davanti a lei in atteggiamento difensivo.

« Nessuno, anche se forse … sarete voi a volere qualcosa da noi, ora. »

Due occhi spenti e vuoti stavano osservando quell’incontro da lontano.
L’oscurità della foresta li proteggeva donando loro il beneficio dell’anonimato, al riparo dal fiuto del demone gatto che accompagnava lo sterminatore di demoni e abbastanza distanti per non essere scoperti dall’occhio del drago di Reiko. Una risata lieve ma inquietante si levò da quelle tenebre mentre il vento si alzava da terra, muovendo le cime degli alberi portando messaggi infausti sulle sue ali.

Salve a tutti!

Da non credere, quasi mi dimenticavo di aggiornare oggi … Che testa ho.

Comunque, gente e popolo, oggi abbiamo fatto dei passi avanti. Piccoli, piccoli, ma li abbiamo fatti.

Il capitolo in questione è molto inutile e serve per introdurre il nuovo arco della storia dove i protagonisti saranno, per l’appunto, Kohaku e Reiko. Finalmente scopriremo qualcosa sulla Bestia, informazioni importanti, e il cuore della protagonista sarà messo a dura prova.

Tutto quanto è generato da esso, e al cuore farà sempre ritorno.

Un ringraziamento speciale a KagomeNoTaisho che nonostante tutto non mi ha mai abbandonata <3  e Aiko Inochi per aver commentato e lasciato tutte quelle fantastiche informazioni.

Al momento, per l’arma, sono ancora indecisa e vedrò di tenere conto di tutti i suggerimenti possibili <3 <3

Un grandissimo abbraccio a tutti <3

Scheherazade

  
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