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Autore: Zomi    04/03/2015    5 recensioni
-Si, ma povero ragazzo: non ha mai una casa in cui tornare, un letto in cui dormire, un tavolo a cui sedere per fare colazione in pace…-
Il pescatore alzò nuovamente lo sguardo sul pirata Pugno di Fuoco, scuotendo il capo compatendolo.
Lo studiò mentre, con movimenti esperti legava con forza alcune corde al molo, lasciandolo dondolare calma la Striker, sorridendo come suo solito nel vederla ormeggiata.
Non sembrava rimpiangere nulla del suo mondo.
Né una casa, né un luogo sicuro in cui tornare.
-Povero ragazzo, non sa nemmeno di che avere nostalgia…- lo compatì ancora, tornando ad aiutare il collega...
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jewelry Bonney, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ace era considerato un nomade.
Un senza fissa e dimora, uno scavezzacollo, pirata per giunta, che correva da un angolo all’altro del mondo, non accorgendosi che il pianeta fosse tondo.
Un nomade.
Il suo sorriso non gli avrebbe mai dato un luogo da chiamare casa, e l’unico calore che poteva sentire era quello del suo frutto Mera Mera, e non di un ambiente sicuro e accogliente.
Pugno di Fuoco non aveva una casa, e tutti coloro che lo vedevano ne erano concordi: Portuguese D. Ace era un nomade.
“Povero ragazzo” lo compativano a ogni porto in cui si fermava, in cerca di ristoro.
“Corre sul mare sulla sua barchetta, ridendo, nascondendo la nostalgia di una casa… povero nomade”
-Credo non abbia mai dormito in un letto degno di tale nome…- borbottò un pescatore, indicando il moro con un moto del capo, parlandone con un collega.
-È un pirata!!!- sbottò ad alta voce l’altro, tirando in barca le reti colme di pesci –Ha scelto da sé la sua vita, e non può rimpiangere ciò a cui ha rinunciato!!!-
-Si, ma povero ragazzo: non ha mai una casa in cui tornare, un letto in cui dormire, un tavolo a cui sedere per fare colazione in pace…-
Il pescatore alzò nuovamente lo sguardo sul pirata Pugno di Fuoco, scuotendo il capo compatendolo.
Lo studiò mentre, con movimenti esperti legava con forza alcune corde al molo, lasciandolo dondolare calma la Striker, sorridendo come suo solito nel vederla ormeggiata.
Non sembrava rimpiangere nulla del suo mondo.
Né una casa, né un luogo sicuro in cui tornare.
-Povero ragazzo, non sa nemmeno di che avere nostalgia…- lo compatì ancora, tornando ad aiutare il collega.
Con il cappello arancione calato sugli occhi, Ace superò i due pescatori, salutandoli con un caloroso sorriso quando passò a passo lento davanti alla loro imbarcazione.
Aveva sentito il loro scambio di battute, ridendone divertito.
Era la stessa storia ad ogni porto a cui approdava.
Gli sguardi colmi di pietà, le parole sussurrate con compassione mista a disprezzo per la sua scelleratezza, i capi scossi quasi a sottolineare che si, era lui il nomade che aveva scelto di sua spontaneità volontà quella vita senza casa ne calore.
Rise, sguaiatamente, avanzando lungo il molo, guardando di sfuggita le varie navi ormeggiate.
Che sciocchi.
Lui nomade?
Non avevano idea di quante case avesse.
La Moby Dick, dove suo padre lo aspettava sempre a braccia aperte.
La Sunny, dove suo fratello lo aspettava con grida di gioia e un eterna voglia di fare festa.
Foosha, e la sua foresta, dove una piagnucolante Dadan lo avrebbe sempre riabbracciato tra urla e piagnistei, che non si sarebbero mai fermati, nemmeno alla sua ripartenza.
E infine anche quella nave a forma di torta, ricoperta di panna e glassa.
Si, anche quella nave era una sua casa.
Sorridente e improvvisamente scattante, Ace saltò sulla passerella della nave, salendola di gran lena prima di saltare a piè pari sul ponte dell’imbarcazione, spaventandone l’equipaggio, stretto negli abiti striminziti.
Casa.
La nave sapeva di casa, con il suo profumo dolciastro misto alla salsedine.
Casa, dolce, confortante, colorata e…
-HO FAME!!! DI A QUEL CRETINO DEL CUOCO DI PREPARARRE IL PRANZO!!!-
-M-ma capitano… sono le nove del mattino, avete appena fatto colazione…-
-NON ME NE FREGA UN ACCIDENTI: IO. HO. FAME!!!!-
… e calma.
Sorridente, salì fin sul castello di poppa, approdando nella sala comune della nave pirata.
Fissò divertito il capitano della nave pirata saltare sulla tavola della camerata, scalciando i sottoposti e sbraitando al cuoco, freneticamente in movimento nella adiacente cucina, di muovere il suo flaccido culo peloso, se non voleva ritrovarsi poppante e con dei ricciolini biondi sulla testa.
Ghignante, si avvicinò a passo lento alla donna, posando il suo sorridente cappello sulla sua chioma rosata, riuscendo a zittirla e a farle voltare completamente il viso su di lui, ammutolendo le proteste sonore del suo stomaco senza fondo.
Gli occhi violaceli le divennero profondi e languidi, quasi golosi, mentre lui le accarezzava la guancia con il piercing, facendolo tintinnare.
Il moro sorrise solare al leggero tintinnio, riconoscendolo come il più bello dei campanelli di una casa.
-E allora?- sprofondò nella sedia imbottita del capitano, fissandola –Non si mangia? Anch’io ho fame!!!-
Bonney tremò leggermente sul posto, schioccando il cuore dipinto sulle labbra prima di pestare un piede a terra e, ritrovato il suo ringhio affamato, riprendere ad urlare alla ciurma e al suo dannatissimo cuoco.
-… e guai a te se non ti sbrighi!!!- strillò, sedendosi cavalcioni su Ace, sfregando il capo rosato conto la sua calda gola, appiattendosi sul petto nudo.
Nuovamente il moro ghignò, facendo scorrere le dita sulla schiena semi nuda della rosa, lasciandola lanciare fulmini dalle iridi chiare mentre la sua ciurma si affrettava a lasciare l a sala, correndo intorno a loro.
Casa.
Casa.
Casa.
Anche quella era casa.
Una casa con un tavolo a cui sedere, e mangiare, come quello imbandito proprio davanti a lui.
Un letto su cui dormire, con Bonney, addormentata sui suoi pettorali caldi, nuda e morbida come la panna che tanto amava.
E la porta sempre aperta da cui entrare e venir accolti.
Perché Ace lo sapeva, lo sapeva in cuor suo, che il nomade non è colui che non ha una casa, ma è il vagabondo che non ha nessuno da cui tornare.
E lui, finché quella golosa e isterica ragazza dalle iridi violacee e dai riflessi di ibisco tra i capelli, che tanto lo tranquillizzavano, lo avesse sempre accolto con un sorriso spontaneo e una dolcezza come la panna montata, sapeva che una casa l’avrebbe sempre avuta.
Perché Ace non era un nomade perché girovagava per il mondo o perchè dormiva con addosso, come coperta, solo le stelle.
Lui non era un nomade, perchè il suo cuore una casa l’aveva trovata, ed era a bordo di quella dolce nave pirata a forma di torta con panna.
 
 
 



 
ANGOLO DELL’AUTORE:
Fanfiction scritta per lo scorso Panda Day con la parola Nomade, non pubblicata a causa di imprevisti ^^”.
Primo esperimento di Ace x Bonney: non abbiate pietà. 
Zomi
   
 
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