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Autore: baffesque    04/03/2015    1 recensioni
Ancora una volta, l'inizio fu meraviglioso. La Scozia non era male, tutto quel verde e quel freddo mi ricordavano casa, e almeno non ci comandavano più di strisciare nel fango. Ma ad esser sincero la cosa che più mi rendeva felice era poter vedere lui. Ah, sembrerò pure una donnetta, ma stare sotto il comando di Jorge mi rendeva felice, e, a quanto pare, rendeva felice anche lui.
Sembrava tutto perfetto.
«Soldato York!»
Poi arrivò il giorno dell'attacco.
[Storia partecipante al contest "Zombie attack!" di MistyEye]
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo diciannove anni quando mi arruolai nell'esercito.
Dannazione, ne ho diciannove ancora oggi, eppure sembra essere passato così tanto tempo...

«Andrew.»

Mi avevano riempito la testa di belle frasi fin da bambino, e una volta chiuso con gli studi, l'idea di onorare la lunga carriera militare di famiglia mi esaltava come poco altro.
Devo ammetterlo, i primi tempi furono interessanti. Certo, la sveglia alle cinque del mattino e gli esercizi sfiancanti sotto al sole e alla pioggia non erano una passeggiata, ma gli altri ragazzi erano simpatici e, prima o dopo, abbiamo finito tutti per considerarci una grande famiglia.
In un modo o nell'altro ce la cavavamo, e a noi andava bene.

Quando il tempo per la nostra prima missione arrivò, eravamo tutti in preda all'euforia. Sembrava qualcosa di facile, perfetto per dei principianti come noi, dovevamo soltanto sorvegliare un centro di ricerca scientifica. In pochi si fecero delle domande e ancora in meno diedero loro corda. Quando raggiungemmo la Scozia e notammo che già un gruppo di soldati con ben più esperienza della nostra si trovava sul posto, ci ritenemmo fortunati e i dubbi vennero ancora una volta ignorati.

Ci avevano detto che stavano lavorando sulla cura definitiva che avrebbe sconfitto dall'influenza stagionale al cancro, o qualche buffonata del genere. Non memorizzai i dettagli, ma era ben chiaro che il peggio che si potesse aspettare sarebbe stata una protesta hippie contro le cellule staminali o cose del genere.

«Andrew!»

Ancora una volta, l'inizio fu meraviglioso. La Scozia non era male, tutto quel verde e quel freddo mi ricordavano casa, e almeno non ci comandavano più di strisciare nel fango. Ma ad esser sincero la cosa che più mi rendeva felice era poter vedere lui. Ah, sembrerò pure una donnetta, ma stare sotto il comando di Jorge mi rendeva felice, e, a quanto pare, rendeva felice anche lui.
Sembrava tutto perfetto.

«Soldato York!»

Poi arrivò il giorno dell'attacco.

«Ripeti gli ordini, soldato!»

Mi resi conto di avere gli occhi sbarrati, eppure non vedevo nulla. Sentivo solo il tocco tiepido di una mano a coprirmi mascella e parte del volto. Quella mano era tesa, ma fu gentile nell'alzarmi il volto verso l'alto. Solo allora ripresi a comprendere cosa stavo guardando: davanti a me c'era il volto stanco di Jorge, con quegli occhi azzurri e i capelli biondi che avrebbero fatto vergognare qualsiasi altro scozzese. Eppure a Jorge non importava, lui era sempre così sicuro di sé.

«Andrew, ripeti gli ordini.»

Il suo tono si era fatto più gentile e automaticamente assecondai la sua richiesta.

«Se messi in contatto con elementi infettati dal virus CH37, la missione principale è recuperarli e portarli al primo centro di cura disponibile. Se...»

Mi fermai, attirato dal rumore di spari proveniente dall'esterno. Cercai di voltare il capo verso l'uscita, ma Jorge mi tenne fermo.

«Continua.»

Diedi un'altra sbirciata verso la porta, ma poi mi concentrai nuovamente sul suo sguardo.

«Se costretti in situazione di pericolo, eliminateli.»

Il mio tono divenne flebile in quell'ultima parola, mentre la presa di Jorge si sciolse, lasciandomi libero di muovermi.
Lentamente abbassai il capo e mi ricordai di tutto. La sua divisa era stracciata e insozzata di sangue e fango, ma ciò che catalizzava l'attenzione era la sua spalla: ora che aveva smesso di sanguinare, era inequivocabilmente chiaro che ciò che gli lacerava la pelle era un morso.

Senza che potessi controllarmi in alcun modo, sentii il mio respiro farsi pesante ed irregolare, mentre le mani cominciavano a tremare. Cercai di avvicinarle alla sua ferita ma non ci riuscii, fermandole nel vuoto spazio posto fra di noi.
Sono sicuro che cominciai a balbettare, la mente pronta a perdersi nuovamente nella nebbia del rifiuto di ciò che era tanto dolorosamente chiaro.
Jorge era un infetto, adesso.

«Andrew, devi calmarti. Sai già cosa devi fare.»

La voce di Jorge lo tradì nell'ultima frase, mostrando la tensione e la paura mascherata con tanta maestria. Sì, sapevo esattamente cosa fare.

«Hai... hai ragione. Dobbiamo seguire le istruzioni.»

Tentai di dirlo con calma mentre mi alzavo da terra. Il capo mi girò violentemente quando ci provai, ma riuscii ugualmente a farcela.
Esaminai per un momento la situazione notando di non aver nessuna ferita, e poi porsi una mano a Jorge.

«Dobbiamo sbrigarci, possiamo ancora farcela.»

Uno sguardo confuso fu tutto ciò che mi rivolse, e in quell'esatto momento mi resi conto di quanto il suo colorito fosse pallido, grigiastro ad esser onesto.

«Newcastle. La base più vicina è a Newcastle, lì potranno curarti. Dovremo...»

Sospirai, cercando di fare qualche conto.

«Dovremo correre, sbrigarci. Abbiamo tempo fino a domani mattina, forse solo stanotte, ma arriveremo in tempo.»

Perfino io mi rendevo conto che quella che parlava, lì in mia vece, era pura disperazione. Correre, arrivare in tempo, salvarlo era una possibilità… remota, ma esisteva. Pensavo a quei disperati che avevo visto, quelli che erano riusciti a resistere per un paio di giorni dopo l’infezione, evitando accuratamente di ricordare all’inferno che avevano dovuto sopportare prima dell’inevitabile trasformazione. Riuscivo a pensare soltanto al fatto che per lui, Jorge, ci sarebbe stata una possibilità, e per quello valeva la pena di correre e tentare. Era la mia unica certezza.

«Bel piano ragazzino. Peccato non possiamo seguirlo.»

Mi voltai velocemente, rendendomi conto in quell’istante di non avere nessuna arma a portata di mano, e vidi Callum.
Sporco di fango e sangue rappreso, era entrato senza che lo sentissi. Era poggiato contro l’unica porta accessibile della stanza in cui ci trovavamo e aveva un fucile stretto fra le mani, il volto continuamente in movimento a controllare il piccolo vetro della porta.

«Com’è la situazione?»

La voce di Jorge era lieve e logora, trasmetteva fatica al solo sentirla.
Callum lo guardò, distogliendo lo sguardo dalla finestra alle sue spalle: i suoi occhi erano gravati da una tristezza immensa, e lo giuro, in quel momento avrei voluto dargli un pugno per vedere ritornare la sua solita arroganza.

«Pessima. Sono riuscito ad uccidere la maggior parte di quei bastardi che ti hanno…» Si fermò per mordersi il labbro, poi scrollò il capo e passò oltre. «Sono di meno e più lontani. Però gli spari ne hanno allarmati altri, li ho visti in lontananza. Dobbiamo sbrigarci.»

Vidi Jorge allargare la labbra in quelle che doveva essere un sorriso e cercare di alzarsi. Però era così debole.
Lo aiutai facendo modo che si appoggiasse a me e il contatto fisico con lui, seppur tremante, mi aiutò a concentrarmi. Passai la mano sulla sua schiena e mi strinsi contro il suo fianco, abbassando il capo e socchiudendo gli occhi cercando di ragionare.

«Aspettate un attimo. Quello che state dicendo è che se non usciamo in fretta da qui saremo fottuti? Cosa stiamo parlando a fare allora?!»

Le mie parole morirono nel loro tono aggressivo senza ricevere alcun risposta. Ci fu un lungo silenzio in cui né Jorge né Callum riuscirono nemmeno a guardarmi. Per i miei nervi era veramente troppo.
Avrei voluto per la seconda volta prendere a pugni Callum per avere una reazione sensata da quella sua testa bacata, ma Jorge aveva cominciato a stringere la mano attorno al mio braccio e non sapevo nemmeno se se ne stesse rendendo conto o meno.

«Andrew, ascoltami. Newcastle è lontana, e già faccio fatica a stare in piedi.»

«Ah, non sparare cazzate adesso. Ci sono io ad aiutarti, e c’è Callum e se solo ci sbrigassimo- »

«Andrew!»

La sua voce, che così poche volte avevo potuto udire sussurrata al mio orecchio, mi impietrì.

«È finita. Per me è finita.»

Lo fissai e scrollai il capo lentamente, avrei voluto allontanarmi.

«N-no, non è finita. Sono sopravvissuti, Jorge. Alcuni ce l’hanno fatta!»

«Solo per morire nei centri senza che nessuno li vedesse. E dovrei sacrificare te e mio fratello per questo?»

Per un attimo non capii. Non riuscivo a comprendere come lui, l’uomo più coraggioso che avessi mai avuto il modo di incontrare, che era riuscito a lottare fino a lì, si stesse arrendendo. Era pazzia pura, nemmeno il mondo sarebbe riuscito a girare su se stesso se Jorge si fosse arreso.
Volevo gridare, urlare le parole che mi logoravano dentro e dirgli di smetterla e di svegliarsi, che c’era tanto da fare e tutto da perdere.
Forse lo feci, forse no. Forse gli urlai tutto in faccia sperando di farlo rinsavire, forse semplicemente collassai al suolo, trascinandolo con me, in ginocchio sul pavimento marcio, a fissare il vuoto.
So solo che mi tenevo stretto contro di lui, il capo poggiato nell’incavo del suo collo come se fosse l’unico rifugio sicuro contro un mondo che non volevo più affrontare. Perché se lui si arrendeva, allora non c’era nessun motivo rimasto per combattere.

«Devi andare. Devi vivere almeno tu.»

Scossi il capo lievemente, e con la mano ancora buona mi carezzò il capo con gesti ampi.
«Non ti abbandono, Jorge, non m’importa. Andrò con te qualunque strada prenderai.»
Non mi disse nulla, solo si scostò abbastanza da guardarmi con un sorriso triste e avvicinare le sue labbra alle mie. Rimase immobile per un istante, poi le poggiò con calma e lì rimasero.
Era il bacio più casto a cui una persona potesse pensare: la passione non aveva posto lì, quella era cosa per i vivi. Solo malinconia e il bisogno puro e semplice di un contatto con la persona che più amavo. Ed era perfetto.
Alla fine anche quel momento d’idillio terminò, e il silenzio dovette essere nuovamente rotto.

«Callum, prenditi cura di lui.»

Sentii i singhiozzi alle mie spalle, ma non riuscii a capire. Mi resi conto solo del flebile calore di Jorge contro il mio corpo, di un “ti amo” mormorato velocemente e del rumore di uno sparo.
Sentii il suo corpo cadere contro il mio e il calore del sangue avvolgermi.
Non sentii più nulla, ma sono sicuro che urlai.
 
 
 
 
Hush my little star
your nightmare has yet to start
   
 
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