Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: La_Sakura    05/03/2015    8 recensioni
Una notte, una madre, una figlia, un album di foto che ripercorre i ricordi vissuti fino a quel momento, pagine bianche da riempire coi ricordi che verranno. L'amore materno, l'amore fraterno, l'amore che fiorisce e quello che non trova pace. Ali spiegate verso il grande cielo, fiori di ciliegio che riempiono l'aria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natsuko Ohzora/Maggie Atton, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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«Ssh Daichi, fai piano… svegliala con delicatezza…»
Apro un occhio e mi trovo davanti due volti simili che mi fissano divertiti.
«Che state facendo!» esclamo scattando in piedi e mi accorgo che… mi sono addormentata sul divano! Mamma si affaccia dalla cucina e mi sorride dolcemente.
«Non ho avuto cuore di svegliarti, dormivi così bene.»
Scosto la coperta che mi è stata messa e mi strofino gli occhi, mentre Daichi si arrampica sul divano e si siede alla mia destra.
«Neechan!» esclama, abbracciandomi.
«Ehi, cos’è tutto questo affetto?» gli domando, accarezzandogli la testa, mentre Tsubasa si siede alla mia sinistra porgendomi una tazza di caffè.
«Stamattina si è svegliato così, con tanta voglia di coccole.»
«E tu come ti senti, sposino
Lo vedo trasalire mentre beve il suo caffè, e sorrido divertita dalla sua ansia.
«Mi tremano le gambe…» mi confessa.
Mi accoccolo sul divano al suo fianco, posandogli la testa sulla spalla, mentre continuo a coccolare Daichi che se ne sta stranamente calmo e tranquillo insieme a noi.
«Lo sai che tra poco questa casa diventerà un porto di mare?» lo prendo in giro.
«Metteremo il capitano Ozora a gestire il traffico.» ridacchia. Stiamo in silenzio qualche minuto e solo Daichi si accorge (troppo tardi) che mamma ci ha scattato una foto.
«Beh?» esclamo, rimettendomi composta.
«Ho voluto immortalare i miei bambini prima che il primogenito prenda il volo.» ci dice, e noto che ha gli occhi lucidi per l’emozione.
«Andiamo!- esorto quindi i miei fratelli, alzandomi di scatto -Se iniziamo a piangere ora non finiamo più!»
 
La mia predizione è stata tremendamente veritiera: parrucchiera, truccatrice (per me e mamma), fotografo, parenti e amici. Casa Ozora si è trasformata in una bolgia di gente che entra ed esce, urla, ride, si commuove.
Sono in camera mia, continuo a fissare la mia figura allo specchio, stento quasi a credere di essere io.
Mamma ha insistito perché indossassi un furisode rosa pallido, decorato con rami di ciliegio fioriti, i cui petali sembrano essere trasportati dal vento e sono presenti anche nella parte superiore del kimono; l’obi che ha scelto è di un rosso intenso, come le ciliegie mature. Mentre me lo legava in vita, ho provato a chiederle quanto ha speso per comprarlo, ma non ha voluto saperne di dirmi il prezzo. Lo userai anche per il tuo Seijin shiki. Se sarai ancora qui. ha aggiunto poi, facendomi l’occhiolino. Era chiaramente una frecciatina relativa alle mie domande di iscrizione all’università. 
Quasi non mi riconosco, così elegante, così… cavoli, sembro quasi bella!
«Si può?»
Mi volto verso l’ingresso della mia camera e vedo Tsubasa, ed è perfetto nel suo abito scuro, è uno splendore.
«Ehi, e tu chi sei? Che ne hai fatto della mia sorellina?»
«Scemo…» lo apostrofo, arrossendo di imbarazzo. Lui si avvicina, mi cinge le spalle e osserva la nostra immagine riflessa nello specchio.
«Sei bellissima, Sacchan…»
«Anche tu lo sei, Tsu-chan: sei lo sposo più bello che si sia mai visto.»
Lo fisso con orgoglio, e le lacrime mi riempiono gli occhi quando penso che dopo il matrimonio ripartirà, e non da solo, e stavolta sarà per sempre. Perché Tsubasa sta per sposare Sanae.
«Sacchan… - mi stringe a sé - è arrivata questa.»
Mi porge una busta bianca, il mio nome e l’indirizzo sono scritti in romanji, e come la prendo in mano inizio a sentire il cuore battere all’impazzata nel petto.
«L’hai già aperta?»
«Non ne ho bisogno - mi fa l’occhiolino - so già cos’ha c’è scritto. Ti aspetto di sotto, è quasi ora di andare.»
«Non ti farò fare tardi, promesso.»
 
Quando entro in salotto si zittiscono tutti e mi guardano come se fossi un alieno: zia Fuyumi estrae un fazzoletto dalla tasca del suo kimono e si asciuga le lacrime.
«Tsubasa è un uomo ormai, e tu sei una bellissima donna.» dice poi, trattenendo l’emozione. Accenno un inchino per ringraziarla e mi volto verso i miei genitori.
«Possiamo andare?»
Papà si avvicina e mi deposita un bacio sulla fronte coperta dalla frangia, poi mi prende a braccetto.
«Allora andiamo!»
Saliamo sulla limousine che ci condurrà fino alla chiesa, mamma e papà davanti, io Tsubasa e Daichi nel lussuosissimo retro. Tengo in mano il bouquet che mio fratello dovrà consegnare alla sposa non appena arriverà, e lo rimiro, è davvero bellissimo.
«Ancora non ci credo che ti sposi veramente… è un’emozione unica…»
Mi posa una mano sulla mia, così sollevo lo sguardo e incrocio le sue iridi antracite che mi osservano sorridenti.
«La vuoi smettere? Questa non è la fine, è solo un nuovo inizio.»
«Lo so… mi mancherai…»
«Anche tu…»
«Siamo arrivati! Guardate quanta gente!»
«Daichi, aspettami, non correre!» lo redarguisco mentre scendo, ma lui neanche mi ascolta, si è già diretto verso Genzo. Dalla macchina dietro alla nostra vedo scendere Misaki, che ho opportunamente cercato di evitare anche prima, quando era a casa nostra, ma adesso diventerà difficile dato che siamo entrambi i testimoni dello sposo. Infatti mi si avvicina e mi porge il gomito:
«Credo sia superfluo dirti che sei bellissima.»
«Grazie, senpai
Sogghigna mentre con un cenno del capo saluta alcuni membri della mia famiglia.
«Adesso sono diventato un senpai?»
«Lo sei sempre stato, solo che io non ti portavo il dovuto rispetto.» gli faccio l’occhiolino, e lui sembra divertito da questo scambio di battute. Ci posizioniamo accanto all’entrata della chiesa, e lo vedo estrarre un ingombrantissimo telefono cellulare dalla tasca.
«E quello?»
«Me l’ha regalato mia madre, con la scusa di sentirci più spesso. Volevo chiamare Yukari e Ryo e dire che noi siamo in posizione.»
Annuisco e osservo l’interno della chiesa, sobriamente addobbato: qualcuno ha già preso posizione e si è messo a sedere, Daichi corre avanti e indietro e mamma fa fatica a gestirlo, così mi scuso con un gesto e mi allontano da Taro per fermare il mio fratellino.
Quando riesco a prenderlo, Tsubasa si avvicina a noi.
«Siamo scalmanati oggi, eh piccolo?»
«Io voglio giocare…» piagnucola, mentre Tsu lo prende in braccio.
«Senti, facciamo un patto: dammi il tempo di… sistemare le cose qui. - ridacchio, e lui mi guarda male - Poi quando arriviamo al ristorante ti lascio libero di correre, saltare, giocare.»
Ed è proprio mentre siamo lì a convincere Daichi a fare il bravo che arriva la limousine di Sanae. Papà recupera Daichi, io mi avvicino di nuovo a Taro, che nel frattempo è stato raggiunto da Ryo e Yukari, e Tsubasa va ad aprire la portiera.
È meravigliosa, non ci sono altre parole. Ha un candido vestito vaporoso con la gonna ampia e il corpetto aderente ricoperto di perline, che lascia scoperte le spalle, su cui però ha posizionato un velo per poter entrare in chiesa. Riceve il bouquet dalle mani di mio fratello e gli sguardi che si lanciano sono più che eloquenti.
«Direi che possiamo andare!» Ryo mi si avvicina e, come Taro poco fa, mi porge il gomito per poter percorrere la navata della chiesa. Dietro di noi, Yukari e Misaki fanno la stessa cosa. Tsubasa ci raggiunge e, accompagnato da mamma e Daichi, ci precede. Quando arriva in fondo, entriamo anche noi, e l’organista inizia a strimpellare qualche nota, mentre noi raggiungiamo i nostri posti e finalmente Sanae può fare il suo ingresso, accompagnata dalla marcia nuziale.
 
«Bella cerimonia, vero?»
Mi volto di scatto, come se fossi stata sorpresa a compiere chissà quale misfatto, e mi trovo davanti il volto sorridente di Misaki. Sorrido appena annuendo, poi torno a concentrarmi sul buffet.
«Hai già assaggiato qualcosa? - gli chiedo, mentre scelgo un paio di tartine posandole sul mio piattino - Io sono un po’ indecisa…»
«Paté d’olive.» e, indicandole, ne prende una e se la mette in bocca, masticando di gusto.
«Ho avuto una pessima esperienza, a Parigi, col paté d’olive: ho comprato la confiture...»
Lo vedo riflettere per qualche secondo, poi diventa rosso e scoppia a ridere, attirandosi l’attenzione di tutti i presenti e soprattutto della mia famiglia. Lo tiro per un braccio cercando di farlo smettere mentre sento le gote avvampare.
«Che fai? Ci guardano tutti!»
«Hai comprato la confettura di olive convinta che fosse paté! E l’hai mangiata?»
«Certo che l’ho mangiata… - abbasso lo sguardo colpevole - E faceva abbastanza schifo… Louis e Elle Sid mi hanno preso in giro per settimane.»
Si asciuga qualche lacrima che gli è scesa per il troppo ridere e, prendendo una tartina con il vero paté d’olive, me la porta davanti alla bocca.
«Avanti, assaggia, questo è buono.»
Credo di aver raggiunto tutte le gradazioni di rosso possibili, mentre lui mi imbocca, e per un attimo sono davvero felice del fatto che Ishizaki sia mezzo sbronzo intento a ballare in mezzo alla pista, perché così non può sfottermi. È incredibile come dopo otto anni, Taro sia in grado di farmi arrossire… anzi, avvampare… no, diciamocelo, vado letteralmente a fuoco quando c’è lui nei paraggi, soprattutto se mi dedica queste attenzioni. Va da sé che, essendo il matrimonio di mio fratello, ed essendo noi due i testimoni dello sposo, dobbiamo interagire un po’ più del solito. E sinceramente la cosa non mi dispiace.
«Come va la gamba?» gli chiedo, per evitare che la conversazione muoia lì e che lui si allontani: ho ancora bisogno di sentire il suo profumo, di percepire la sua presenza accanto a me.
«Continuerò a fare terapie, ma il peggio dovrebbe essere passato… certo è che devo stare attento quando gioco, soprattutto ai contrasti.»
«Niente follie in mezzo al campo quindi, o twin shots…»
«Scherzi? - mi dice, fingendo di inorridire - Quella è la nostra arma segreta, non potremmo mai rinunciarci!»
Sorrido con affetto notando che l’incidente non ha intaccato il suo rinomato buon umore, né la sua volontà. Sollevo lo sguardo e i nostri occhi si incrociano, e il mio cuore perde un battito: Kami, è diventato così bello…
«Sei stanca eh? È stata una lunga giornata.»
«E non è ancora finita. Dopo la cena, appena i parenti se ne andranno, il deejay partirà con la musica giovane, come la chiama mia zia.»
Ride divertito, poi si volta verso la pista dove alcune coppiette, compresi mio fratello e Sanae, stanno ballando un lento che è appena iniziato.
«Ti va di ballare?»
«Que… questa canzone?!» balbetto. In effetti One degli U2 è una delle mie canzoni d’amore preferite ma… ballarla con lui…
Ma lui pare non accorgersi del mio smarrimento e prendendomi delicatamente per mano, mi porta in mezzo alle varie coppie, giusto il tempo di sentire Ishizaki, Urabe e Izawa fischiarci dietro divertiti. Ma appena le sue mani depositano le mie dietro la sua nuca, e le sue si appoggiano delicatamente sui miei fianchi, appena sotto l’obi del mio furisode, tutto il resto svanisce, e ci siamo solo io e lui.
«Da quanto non passavamo un momento così?» chiede lui, più a sé stesso che a me.
«Penso… da prima che io partissi per Parigi…»
Lui si rabbuia, io idem. Per quanto io abbia adorato quell’esperienza, e se tornassi indietro la rifarei mille e mille volte, devo essere sincera nell’ammettere che è stato il punto di rottura tra me e Taro.
«Parigi… le qualificazioni… l’incidente… il World Youth…»
Mi mordo la lingua perché vorrei aggiungere anche Azumi alla lista di ciò che ci ha tenuto separati in questi quasi due anni, ma non lo faccio per rispetto a lui e a quello che li lega: dopotutto lei lo ha aiutato moltissimo durante la convalescenza, e se abbiamo vinto il World Youth lo dobbiamo anche a lei. Un sorriso amaro mi sale alle labbra, essere riconoscente verso una che considero la mia più grande rivale in amore non è il massimo, ma tant’è.
Decido di scacciare i pensieri e godermi il contatto che questi quattro minuti e mezzo di canzone mi regalano, e torno a specchiarmi negli occhi nocciola che tanto amo.
«Che c’è?» mi chiede sorridendo. Scuoto la testa e continuo a sorridere. Lui fa lo stesso e mi stringe un po’ più a sé, continuando a dondolare a destra e a sinistra in quello che assomiglia più al rollio di una barca che a un lento, ma nessuno dei due sembra interessarsene. Come se questo contatto fosse ciò che stavamo aspettando. Come se non ci fosse nessun altro nella stanza. Come se non ci fosse nemmeno più la musica. Un momento… la musica… che fine ha fatto?
Come se mi fossi ripresa da uno stato di trance mi allontano di scatto da lui posando le mani sui suoi avambracci e mi guardo intorno: la canzone è finita, e tutte le altre coppie sono tornate a sedere, siamo rimasti solo io e lui al centro della sala come due deficienti troppo presi l’uno dall’altro. Anche lui sembra essersene accorto perché si passa la mano sulla nuca, imbarazzato.
«Chissà che avevate di tanto importante da dirvi, eh piccioncini
Ora, io voglio molto bene a Ryo, posso dire che si tratta di uno dei miei migliori amici, di quelli che mi sono stati vicino quando Tsubasa è partito per il Brasile e non mi hanno mai fatto sentire sola… ma in questo preciso momento sto immaginando di passargli le mani attorno alla gola e stringere forte, molto forte. Con gli occhi ridotti a due fessure mi volto verso di lui e lo fulmino con lo sguardo, per fortuna Misaki con il suo proverbiale aplomb interviene al mio posto.
«Ishizaki, se anche tu fossi stretto a una così bella ragazza perderesti la cognizione del tempo, ti pare?»
Mi volto verso di lui con lo sguardo sconvolto, e così devono aver fatto tutti quanti perché d’improvviso sento gli sguardi dei ragazzi su di noi. Lui non si scompone e, riaccompagnandomi al tavolo aggiunge:
«Così almeno avranno qualcosa di cui sparlare per gli anni a venire.»
Scoppio a ridere mentre lui mi fa accomodare sulla sedia e prende posto accanto a Ryo, ancora incredulo, mentre accanto a me Yukari mi fa l’occhiolino.
 
«Mamma mia, quanto ho mangiato!» Yukari ha fatto aderire la schiena alla sedia e si sta massaggiando la pancia. Sospiro, ha proprio ragione, è stata una mangiata coi fiocchi: d’altronde, né noi Ozora né i Nakazawa hanno badato a spese, per questo matrimonio. Mi sento tirare per la manica del furisode e abbasso lo sguardo, vedendo Daichi che mi guarda con gli occhioni.
«Almeno tu… vieni in giardino con me… a giocare…?»
Gli accarezzo la testa e annuisco, due passi mi faranno bene, così lo prendo per mano e lo conduco fuori.
«Però niente pallone! Non voglio che ti rovini il vestito!»
Ma lui ha già preso la direzione di un gruppo di bambini che stanno giocando in mezzo al parco della villa.
«A noi Ozora non piace seguire le convenzioni, lo sai.»
Tsubasa mi si avvicina e mi posa una mano sul fiocco dell’obi, mentre osserva Daichi che ride e corre con gli altri bambini.
«Mamma mi ucciderà, ma non posso impedirgli di giocare: guardalo, ha il tuo stesso sguardo.»
«Come va? Ti ho vista parecchio presa da Misaki.» e sogghigna. Io abbasso lo sguardo, inutile, qualcuno pronuncia il suo nome e io arrossisco come una scolaretta.
«Abbiamo chiacchierato… tutto nella norma. Ma non gli ho chiesto di Azumi, se è questo che vuoi sapere.»
«Ostinata, eh?»
«No, Ozora. - e gli faccio una linguaccia - Torna pur dentro, ci penso io a Daichi.»
«Il fotografo voleva scattare qualche foto con i familiari, dobbiamo tornare dentro. Coraggio - e mi dà una pacca sulla spalla - Nem mesmo a noite mais escura poderá impedir o nascer do sol
Rientriamo con un recalcitrante Daichi e facciamo le foto con tutti i parenti, testimoni compresi, e le zie con gli occhi lucidi dalla commozione mi strizzano le gote e mi intimano di lasciar passare qualche anno prima di accasarmi, per far sì che si riprendano dallo shock.
«Tranquille, Sakura ha altri progetti.» lancia lì Tsubasa, e io vorrei tanto strozzarlo con le mie mani, perché lo so che vuole sapere se ho aperto la lettera della Sorbona.
Mi volto verso le zie e le vedo sbiancare.
«Ehm… ecco… io…»
«Tranquilla. - mamma si avvicina a me e mi passa un braccio attorno alle spalle - Le ho già avvisate.»
«Di che?!» adesso mi spavento. Papà sbuca alle mie spalle e mi porge la lettera della Sorbona: ma non l’avevo lasciata a casa, in camera mia?
«Sono un papà curioso, non ho resistito. E non parlo il francese ma a occhio e croce direi che ti hanno preso. Brava, Sakura. Siamo fieri di te.»
Con mani tremanti prendo la busta, estraggo la lettera e la leggo d’un fiato, constatando che, sì, mi hanno preso alla Sorbona.
«Mi hanno… mi hanno preso… è solo un pre-test ma… mi hanno preso, Tsu!» e volo tra le sue braccia. Perché è a lui che devo la mia testardaggine, è a lui che devo la voglia di combattere, di non arrendersi e di perseguire il proprio obiettivo. È a lui che devo me stessa. 

Neechan è un modo affettuoso per dire "sorellona", in Giappone i fratelli minori non sempre usano il nome per chiamare i maggiori.
Nem mesmo a noite mais escura poderá impedir o nascer do sol = neppure la notte più scura impedirà al sole di sorgere 


Il penultimo capitolo... Cherry Blossom è una storia corta, ma nella quale ho investito tanto. Da secoli avevo voglia di raccontare di Sacchan, ma non sapevo come fare, poi un giorno ho iniziato a scrivere, di getto, come faccio sempre... e CB ha visto la luce. 
Per i saluti vi aspetto al prossimo capitolo... al varco xD
Bacioni e grazie per il vostro supporto!
Sakura 


 
   
 
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