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Autore: Francine    05/03/2015    6 recensioni
Toutes les grandes personnes ont d'abord été des enfants. (Mais peu d'entre elles s'en souviennent.)
(Antoine de Saint-Exupéry,
Le Petit Prince, dedica a Léon Werth, 1943)
[Note:Baby!Saint]
Genere: Avventura, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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I.
Prima del concerto
(Pope Sion)



(Santuario, Atene, 1 Gennaio 1966)


Una grande avventura inizia sempre con un piccolo passo. Succede all’improvviso, come un refolo di vento dispettoso che solleva gonne e gioca con cravatte e cappelli. E tu ti ritrovi in viaggio senza nemmeno essertene reso conto.

Il vecchio Sion vive in attesa.
Duecentoquarantacinque anni sanno farsi sentire quando nelle sere di Maggio il vento racconta una canzone dolcissima accarezzando le fronde degli ulivi e le tue ossa scricchiolano. Di pena, di dolore, di compassione. Par la tendrure, avrebbe detto Dégel, che adesso è sabbia tra le pieghe del tempo, granello tra altri gemelli nella clessidra. Ormai ci siamo, si ripete da giorni il vecchio Santo dell’Ariete. Eppure, non è ancora arrivato nessuno a reclamare gli scrigni d’Oro. Come se questa volta le cose non debbano scendere rimbombando a valle come torrenti impetuoi, ma andare più adagio. Con calma. Come se entrambe le divinità volessero gustarsi gli attimi precedenti all’inizio della battaglia. All’inizio del concerto.

C’è qualche sparuto Santo d’Argento ed un paio di Santi di Bronzo a fargli compagnia. Ma se si eccettua Doko, fermo a meditare davanti alla cascata del dragone sui Monti Lu, l’unico Santo d’Oro presente è lui. E questo inquieta il vecchio Ariete, che non ha la stessa stoffa del Nobile Sage o del suo maestro, Hakurei dell’Altare. Lui è calmo, saggio e paziente. E duecentoquarantacinque anni sono un peso insopportabile se ti ritrovi da solo a trascinarlo per le strade del mondo.

Un altro anno è passato. Un altro foglio di calendario da staccare prima di passare oltre.
Sion entra nella Sala delle Udienze. Rémy di Boote lo aspetta in ginocchio, il capo chino quasi a sfiorare il terreno. Accanto a lui, un bambino. Capelli impomatati, gli abiti buoni appena usciti dalla tintoria. Quanto avrà? Cinque, sei anni? Lo sguardo smarrito del ragazzino fissa il Sacerdote mentre questi avanza sulla guida rossa. Dovremmo farle cambiare, pensa distrattamente Sion. Sa cosa sta guardando quel ragazzino con gli occhi smarginati. Il suo elmo d’oro, il copricapo del Sacerdote, quello che Manigoldo gli ha portato affinché lo consegnasse al saggio Hakurei. E che Sasha gli ha affidato prima di incamminarsi con Tenma e Aron verso il suo destino.

Iniziare un nuovo anno col cuore gonfio di melanconia non è il massimo, si dice Sion sedendosi sul trono. E si concede qualche minuto per osservare quel monello ripulito. Non è stato Rémy, no. Uno come lui, coll’aria perennemente arruffata di chi si è appena alzato dal letto ma che ha lasciato lo spirito a sonnecchiare sul cuscino, non può aver pensato a certi particolari. Lui stesso ha dato una spolverata alla propria corazza e si è presentato all’udienza. Non è forse fango quello che gli macchia il mantello?
Certo che sì, pensa Sion, prima di concentrarsi sul ragazzino. E provare uno stranissimo déjà vu. Lui conosce quel bambino, ma come? Dove ha visto quegli occhi, quel viso, quelle fattezze? Quando? Quanto tempo fa?

«Avvicinati», gli dice, con la voce più roca del dovuto.
Il bambino tentenna. Guarda Rémy, come se lui potesse trarlo d’impaccio in qualche modo, ma Rémy è una statua. Sion lo sente mormorare un qualcosa come: «Spicciati, su!», in quel suo accento impossibile dalle vocali tutte sbagliate. E il bambino si muove. A scatti, come un automa che avrebbe bisogno di qualche goccia di lubrificante sulle giunture arrugginite. E mentre lui si avvicina al trono, Sion lo osserva col cuore gonfio, sì, ma non più di melanconia, densa e scura come melassa troppo cotta; ma pronto a cantare, il sangue come contrappunto che scorre gioioso nelle vene.

Il bambino si ferma ai piedi del trono, qualche scalino che lo separa da quell’uomo con l’abito bianco, la collana di pietre preziose e quel bizzarro copricapo sulla testa.
«Vieni», gli dice Sion, sporto in avanti, la voce che non riesce a nascondere l’impazienza. Il bambino si avvicina timoroso, indeciso se fidarsi o no di quell’uomo bislacco. Non spaventarlo, si ricorda Sion, ma non riesce a seguire quel consiglio perché non appena il bambino è a portata, allunga una mano e se lo trascina davanti. Il bambino grida. Di spavento, stupore e sorpresa. Sion non nasconde un sorriso. Sono forti le mani del Sacerdote. È ancora salda la sua presa. Rémy ha alzato la testa ed osserva incuriosito e perplesso quello che sta accadendo. Gli occhi acquosi del vecchio Ariete l’ignorano, scandagliando il viso del bambino, riconoscendo in lui i tratti familiari di un suo compagno. Di un amico. Dell’uomo che più di tutti ha amato Athena – ha amato Sasha.
Sisifo del Sagittario. Che sembra guardarlo, adesso, sotto quei vestiti cui hanno appena staccato il cartellino, ed i capelli pettinati all’indietro, un velo di brillantina per renderli lucidi ed eleganti.

Sembra uno di quei bambolotti da mettere sulle torte nuziali, pensa Sion prima di calargli la mano sulla testolina e scompigliargli un po’ i capelli. E chiedergli:«Come ti chiami, ragazzo?».
«A… Aiolos», dice – sussurra – «come il dio», aggiunge poi.
Come se io non lo sapessi, pensa Sion. Che ricorda quanto Sisifo amasse sentire il vento scompigliargli i capelli ed accarezzargli le ali dell’armatura. «Chi vola ha bisogno del vento sotto le ali», diceva a Sasha per farla sorridere, e ride adesso Sion, mormorando quelle stesse parole.
«Benvenuto al Santuario, Aiolos», gli dice, lasciandogli il polso e mostrandogli un sorriso sincero. Bentornato a casa, Toxotis. «E buon anno nuovo», aggiunge, come se si fosse ricordato all’improvviso di che giorno sia, oggi.
«Buon… buon anno», risponde Aiolos. Educato e compito. Un piccolo principe con i calzoni di fustagno e la giacca di velluto verde scuro.
«Abbiamo molte cose di cui parlare e si conversa meglio seduti a tavola. Non credi anche tu?», e il Sacerdote si alza, in un frusciare di vesti. Arriveranno. Arriveranno tutti, si dice Sion uscendo dalla Sala del Sacerdote. Aiolos lo segue, titubante, ma le spalle del vecchio sono adesso larghe e ben distese. Come se quell’incontro fosse per lui il movimento della bacchetta del direttore d’orchestra che i musicisti aspettavano per dare inizio al concerto.



Saint Seiya, ® Masami Kurumada, Toei Animation, 1986. Disegno: Korin2b. Grafica ® Francine.

Note:
Nella mia testa i Santi di Lost Canvas si sono reincarnati in quelli della serie classica. Ci sono stati altri santi, sì, che uno mica può salvare il mondo da solo; ma mi rifiuto di riconoscere gente come Ionia come precedente Santo del Capricorno. Scusate. È un mio problema, me ne rendo conto.
Rémy di Boote esce dritto dritto dal mio headcanon, è il Santo d'Argento della Costellazione di Boote. Ne trovate traccia qui e qui e qui.

Par la tendrure è come muore Isotta alla vista del corpo esanime di Tristano.
   
 
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