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Autore: Francine    08/03/2015    4 recensioni
Toutes les grandes personnes ont d'abord été des enfants. (Mais peu d'entre elles s'en souviennent.)
(Antoine de Saint-Exupéry,
Le Petit Prince, dedica a Léon Werth, 1943)
[Note:Baby!Saint]
Genere: Avventura, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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II.
Mentre cantano le cicale
(Sagittarius Aiolos)



31 Luglio 1972
 

Ci sono giorni in cui vorrebbe essere una freccia e schizzare via dal proprio arco, fendendo l’aria e il tempo e lo spazio; sorvolando paesi e città e mari e laghi e fiumi e montagne. Andare. Lontano. Lontano, lontano, lontano.
Ma Aiolos non può, perché sulle sue spalle magre grava il peso oneroso dell’armatura del Sagittario; perché Aiolia guarda a lui come Clizia seguiva Apollo; perché il Sommo Sion si fida di lui. Altrimenti non gli avrebbe affidato i marmocchi, giusto?
«Sei l’unico a cui posso chiederlo, Aiolos», gli ha detto il sant’uomo camminando nel pomeriggio inoltrato dei viali del Santuario, e il giovane Sagittario ha subodorato puzza di fregatura. Sono l’unico rimasto, ha pensato.
«Da un grande potere deriva sempre una grande responsabilità», ha aggiunto il Sacerdote quando ha visto la sua espressione colorarsi di perplessità. Ma allora perché inviare Saga a monitorare le mosse di Poseidone? Perché non rifilare a lui i marmocchi? Non ha forse il Santo dei Gemelli un potere pari al doppio del suo? E allora perché non affidare a Saga questo – ingrato – compito? Questo avrebbe voluto chiedere quel giorno Aiolos. E questo si domanda adesso il giovane Sagittario sul ramo più alto dell’albero più solitario del Santuario, mentre le cicale continuano il loro zir zir zir con un ritmo sempre più ossessivo. Lassù è il suo rifugio, una gamba a dondolare nel vuoto, il vento che gli accarezza la fronte, lo sguardo riempito di azzurra immensità. Lassù pensa. A tutto e a niente. Al peso che poggia sulle sue spalle gracili. Alle responsabilità che comporta indossare quella tenia rossa. E lassù, solo lassù, Aiolos si prende una pausa da tutto. Dalle responsabilità, dal Santuario, da Aiolia, da Saga, da Athena. Lassù – dove non conta se l’Armatura che indossi è d’oro, d’argento o di bronzo – Aiolos è solo un ragazzo in cerca di un posto tutto per sé, mentre osserva il Santuario riposare avvolto nel caldo impossibile del primo pomeriggio. Alla Nona Casa non avrebbe pace, requie, quartiere. Cinque minuti da passare da solo a solo con i propri pensieri, questo vuole Aiolos. Che si sente come un falco dalle ali spezzate che guarda al cielo con struggente melanconia. Perché oggi il desiderio di andarsene è insopportabile. Perché oggi è uno di quei giorni in cui Aiolos si sveglia con le migliori intenzioni possibili a gonfiargli il cuore, ma in cui le migliori intenzioni possibili non bastano.
Se solo potessi davvero volare, si dice, mentre sente qualcuno chiamarlo. Un suono fastidioso che lo strappa ai suoi pensieri, come una zanzara che ti ronza accanto all’orecchio mentre cerchi di riposare. Una voce che si avvicina. Correndo. La voce di Aiolia. Che lo sta chiamando, le mani attorno alla bocca a formare un megafono improvvisato.
Aiolos spera – prega – che non lo trovi. Che passi oltre. Perché nella voce di suo fratello c’è urgenza, quella vera. È successo qualcosa, mentre lui se ne stava per i fatti suoi. Qualcosa di grave, o Aiolia non lo starebbe chiamando a squarciagola ai piedi dell’albero, il naso all’insù e lo sguardo allargato dal panico.
Athena, ti prego!
Ma Athena sembra sorda ai richiami del suo Santo. Solo il vento scuote un po’ le fronde degli alberi, come a dirgli: Va’.
Aiolos stringe un sospiro ed un’imprecazione tra i denti e si affaccia oltre le fronde verdissime. «Checcè?», chiede. Seccato. Un’unica emissione di fiato, come solo lui riesce a fare, nemmeno fosse un vecchio isolano, uno di quelli che sputano tabacco all’ouzeria e parlano tutto attaccato che non si capisce niente.
«Aiolos! Scendi!!», grida Aiolia, con lo stesso tono che si usa quando qualcosa – il Santuario, tipo – va a fuoco.
Aiolos aggrotta le sopracciglia. E gli chiede: «Si può sapere checcè?».
«Vieni! Presto!», e balzando di ramo in ramo Aiolos atterra accanto al fratello minore.
«Cosa. Succede?», gli chiede, lo sguardo serio e le braccia conserte.
«È successa una cosa…»
«Che genere di cosa?» Non ti dovrò cavare le parole di bocca, vero?
«Una cosa come l’altra volta!», gli dice Aiolia. E Aiolos trema.
L’altra volta, quale?, si chiede. Perché non è la prima volta, quella, e di certo non sarà l’ultima in cui qualcuno ha una bella alzata d’ingegno. Perché gli scherzi sono all’ordine del giorno, tra i marmocchi, come li chiama il Sacerdote. Ed è anche normale che sia così. E sia ringraziata Athena, per questo. Scherzi, sberleffi e facezie servono a fare gruppo, a cementare un sodalizio, a creare cameratismo, ad alleggerire lo spirito. Perché si combatte meglio assieme ad un amico. Perché muori con minor rimpianto, se hai accanto un amico. Ma questi mostriciattoli giocano al rialzo. L’ultima volta qualcuno ha cosparso di colla il cuscino di Aldebaran. Che diamine è successo, stavolta?, si chiede Aiolos. Osservando la testolina da pulcino di suo fratello.
«Avanti», dice con un sospiro. Inginocchiandoglisi davanti.«Raccontami tutto…»
«Qualcuno ha messo le pulci nel letto di Aphrodite!», esclama Aiolia. Tutto d’un fiato. Lì per lì Aiolos non vuole capire. Sbatte le palpebre una volta, due, tre. Poi sorride. E se una mano invisibile – quella di Athena, forse – non gli fermasse le spalle, Aiolos starebbe già risalendo sul suo ramo preferito a dondolare una gamba nel vuoto, le nuvole nello sguardo e il silenzio nella mente, ignorando tutto e tutti. Aphrodite, il Santuario e le pulci.
Invece no. Athena non glielo consente. E Aiolos questo lo sa.
«Andiamo…..», sospira. «Mi racconterai tutto strada facendo. Con calma», aggiunge, prendendo per mano Aiolia e incamminandosi verso il Santuario.
Il vento riprende a soffiare tra le fronde degli ulivi. E Aiolia racconta.
«Devi vederlo! Aphrodite si contorce come un ossesso. Si gratta dappertutto. Fa impressione», ed Aiolos ride. Di cuore, di pancia e di anima mentre un cosmo caldo e gentile entra in risonanza con la sua allegria. Andiamo, Toxotis. C’è bisogno di te, lo esorta una voce di bambina. La voce di Athena. Che ride con lui. Di cuore, di pancia e di anima nella luce del primo pomeriggio, mentre cantano le cicale. Zir zir zir.



Saint Seiya, ® Masami Kurumada, Toei Animation, 1986. Disegno: Korin2b. Grafica ® Francine.

Note:
Anche Aiolos è stato un ragazzetto, dopo tutto.
Lo sfortunato caso della colla sul cuscino lo trovate raccontato qui ad opera di Camus dell'Acquario. Milo di Scorpio ringrazia.

Toxotis significa Sagittario in greco. Nella mia testa Athena chiama i suoi Santi con il loro nome celeste. Ed ovviamente, quando vuole sentirli più vicini, lo fa in greco. Noblesse oblige, n'est-ce pas?

"Da un grande potere derivano grandi responsabilità" è la battuta cardine che zio Ben ripere sempre a suo nipote Peter (Parker). Se non sapete di chi sto parlando, molto probabilmente sarete degli alieni. Se avete tempo, guardatevi la trilogia di Spiderman. La prima, quella di inizio nuovo millennio. Se avete coraggio, avvicinatevi ai fumetti. E tanti auguri.
   
 
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