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Autore: damnregret1991    11/12/2008    1 recensioni
Ad un tratto una sorta di “palla con le ali” si avvicinò ai ragazzi -Salve digiprescelti e grazie per essere venuti- li accolse calorosamente.
Si trattava di un digimon un po' paffutello, color celeste, con un'aureola sopra il capo, ed un ciondolo che pendeva dalla zampetta destra.
-Cari digiprescelti, permettetemi di fare la vostra conoscenza e di presentarmi. Io sono Schutzmon (dal tedesco schutzengel angelo custode. Ho scritto schutzmon perchè schutzengelmon veniva troppo lungo. Nda). Alcuni digimon mi conoscono meglio come il digimon protettore, sono il guardiano di Digiworld- spiegò il buffo animaletto -siete stati convocati perché ben presto Golemon, un digimon dalle oscure intenzioni, si farà vivo a Digiworld per distruggerlo. Distrutto il nostro digimondo passerà al vostro ed è quindi opportuno fermarlo in tempo!-.
-Ma come è possibile? Cosa possiamo fare noi?- urlò stridula Hikari.
-C'è un nuovo digiprescelto, dall'ignota identità. Pare che questo abbia sembianze umane, proprio come voi, e che abbia però poteri magici dall'immensa potenza- spiegò Schutzmon -Il vostro compito è quello di scovare questo digiprescelto e l'unico modo per farlo è utilizzando i vostri digivice-.

La storia avrà come personaggi principali Sora, Taichi, Mimi, Koushirou, Takeru, Hikari e dei nuovi personaggi, da me inventati, che avranno un ruolo fondamentale nella nostra storia. Ma state bene attenti, non si parla di personaggi qualunque, ma di vere e proprie sorprese all'interno della storia.
Un racconto romantica ma drammatica allo stesso tempo, ricca di colpi di scena, dalla trama -almeno mi auguro- avvincente.
Coppie:
[Taichi-Sora]
[Koushirou-Mimi]
[Takeru-Hikari]
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Koushirou Izumi/Izzy, Mimi Tachikawa, Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La storia che vi propongo è simile quasi ad una “commedia”. Dal significato letterario: inizio tragico e fine lieta. Ma non voglio anticipare nulla. La storia avrà come personaggi principali Yamato, Sora, Taichi, il classico trio dall'ignoto futuro, Mimi, Izzy e dei nuovi personaggi, da me inventati, che avranno un ruolo fondamentale nella nostra storia. Ma state bene attenti, non si parla di personaggi qualunque, ma di vere e proprie sorprese all'interno della storia. Questo primo capitolo è giusto una parte introduttiva a quello che i nostri protagonisti andranno a vivere nel corso della storia.

PRESA DI COSCIENZA



Outer Banks, North Carolina.
A Mimi pareva quasi di soffrire di claustrofobia tanto quel luogo era serrato, piccolo e desolato. Con gli occhi scorreva ed osservava tutto ciò che le stava intorno: uno squallido bagno sporco e maltenuto di un autogrill. Le pareti erano imbrattate di terra, sangue e scritte volgari, grigie cemento ed il pavimento era piastrellato color verde scuro. Il lavandino era infangato, lo specchio che vi era sopra era rotto e chiazzato da macchie di sudore e sputi. Il water non si presentava certo meglio, anzi, era forse l'arredamento più sudicio che vi era in quei servizi: color bianco sporco, senza la tavolozza da poter alzare o abbassare, intasato con escrementi, carta igienica ed assorbenti che vi galleggiavano dentro, il catenaccio spezzato lasciato penzolare dall'alto del soffitto. L'ambiente era buio, triste e malinconico. Se solo le pareti di quel bagno potessero parlare avrebbero tanto, troppo da raccontare. Proprio di fronte al water vi era un buco rettangolare con incastonato al suo interno un pezzo di vetro rotto, spesso almeno due centimetri. Molto probabilmente si trattava di una finestrella, unico foro che permetteva di far trapelare una luce fioca all'interno di quel languido posto, ma veniva difficile stabilirlo con certezza vista la condizione con la quale i servizi si presentavano.
Una smorfia disgustata dipinse subito le ben delineate labbra della ragazza quando realizzò che razza di posto fosse quello. Mimi strinse la borsa più forte che potè al petto e si lasciò sfuggire un sospiro di tensione. I polmoni si contraevano e rilassavamo secondo un ritmo movimentato ed il cuore pareva ballare con loro. Prima ancora di fare un passo per varcare quella piccola porticina, Mimi si mise a contare. Uno, due Tre. Poi di nuovo un sospiro. Cercò di accendere la luce senza successo poiché la lampadina si era fulminata, ma per fortuna erano ancora le cinque del pomeriggio ed il sole non si era ancora del tutto eclissato. Uno spiraglio filtrava da quella finestrella nel muro illuminando la base del water. Mimi girò la chiave della porta alle sue spalle controllando che quest'ultima fosse ben chiusa e, quindi, si avvicinò al gabinetto strisciando i piedi a terra. Dalle mani le scivolò una scatoletta che si arrestò a terra pochi millesimi di secondo dopo senza fare alcun rumore irritante, ma lasciando sgomenta la ragazza, la quale subito si chinò per raccoglierla. Con una lentezza esasperante Mimi fece scivolare i jeans lungo le gambe e se ne sbarazzò con facilità. Fece poi lo stesso con le mutandine. Prese, quindi, della carta e l'appoggiò sui bordi del water ed infine ci si sedette sopra. Riprese la scatoletta in mano, la esaminò un poco ed infine si decise ad aprirla. Ora Mimi teneva tra le mani un test di gravidanza, il secondo di quel mese. Lo strinse un poco tra le mani, chiuse gli occhi e li strizzò quasi volesse svegliarsi da un brutto sogno, ma purtroppo il frastuono caotico della metropolitana che passava proprio in quel momento la riportò al presente.

La vita a Outer Banks sembrava scorrere tranquillamente. Il tempo oggi discreto regalava un sorriso a tutti quei bambini che con le loro mamme avevano deciso di trascorrere un pomeriggio in spiaggia piuttosto che rinchiusi in casa. Anziani signori sedevano all'esterno dei bar sul molo a giocare a carte e a bersi una buona birra americana, mentre le mogli tentavano invano di prendere gli ultimi raggi di sole coperte totalmente da tonnellate di creme solari ad altissima protezione. Ad un tratto la porta dell'autogrill sbatté vigorosamente contro il muro spalancandosi e agitando in un primo momento la gente del posto. Una ragazza infuriata gettò violentemente un pugno al muro, salì sulla sua moto e si allontanò velocemente dal centro città.
Mentre Mimi sfrecciava veloce in sella al suo mezzo, il vento le batteva impetuosamente sul viso quasi volesse sfregiarglielo. Lacrime calde percorrevano le guance fino a bagnarle le labbra lasciandole in bocca un retrogusto salato.
“Dio ma possibile che tutto questo sta succedendo a me? Ma come diavolo è potuto accadere?” si chiese Mimi portandosi una mano sul casco affranta “Non ho mai fatto uno sgarro in vita mia, niente alcool, niente droga, fumo e discoteche. Per una volta che provo un qualcosa di nuovo e non del tutto sicuro finisco subito nei guai!”.
La rabbia non smise di far crescere in lei quel desiderio di voler distruggere tutto e nascondersi e ben presto la ragazza dovette accostare la moto al ciglio della strada ben evitando di far incidenti. Mimi lasciò cadere la moto sulla sabbia, si tolse le scarpe e poi i calzini e quindi li abbandonò ai lati della strada vicino al suo mezzo e percorse quei pochi metri che l'allontanavano dal mare. Si sedette in riva a quest'ultimo portandosi al petto le ginocchia e cingendole poi tra le braccia. La ragazza il mare davanti a sé sognando di poter essere un gabbiano che si libera in cielo e vola verso mete sconfinate senza vincoli d'alcun genere. Purtroppo, però, il presente tornava insistente a farle notare quale fosse la sua vera condizione. Mimi riprese in mano il test di gravidanza e non poté fare a meno che guardare nuovamente il risultato: positivo.
Sorrise beffarda del suo futuro e già si immaginava la sua vita: ragazza-madre di 19 anni costretta a badare ad un figlio che le era stato imposto da Lassù, che di certo lei non aveva richiesto, non ora almeno; lavoro ignoto, probabilmente l'unico impiego che potrà permettersi sarà quello di fare la cubista la notte o la cassiera ad una qualche supermarket sconosciuto e il padre.. già, chissà che fine avrà fatto lui per all'ora.
Mimi si lasciò cadere su un fianco, portò le mani sopra la nuca e fece scivolare il suo corpo sulla sabbia umida, chiuse gli occhi e ripensò a quel giorno fatale di due mesi prima. La vergogna prevalse su tutto il corpo il quale, in segno di protesta, iniziò a contorcersi e dimenarsi. Un retrogusto ferroso si impossessò della sua bocca. La ragazza bloccò le braccia a terra e si tirò su di colpo fissando sconcertata il terreno a lei sottostante e chiedendosi che fine l'attendeva.

Tokyo, Kanto.
Una ragazza brunetta si apprestava ad uscire di casa. Guardò nervosa l'orologio. Le lancette sembravano scorrere più veloce del solito, quasi ad incuterle fretta. Aveva la stra asensazione che oggi sarebbe successo qualcosa di insolito, di inaspettato.
Sora, ormai diciannovenne, frequentava l'ultimo anno di scuola insieme ai suoi inseparabili amici, Taichi e Yamato.
“Se tutto va come dovrebbe andare, mancano solo due mesi alle vacanze estive. Speriamo di passare in fretta e senza troppi disagi gli esami, voglio godermi a fondo l'estate” pensò la ragazza tra sé mentre raccoglieva lo zaino da terra, baciava affettuosamente la madre su una guancia e usciva di casa.
Scuola. Sora raggiunse quell'edificio rosso mattone in meno di dieci minuti. Non vi era ancora nessuno all'ingresso, e, quindi, decise di sedersi sulla gradinata e di aspettare gli amici. Non ci volle molto prima che qualcuno iniziasse a varcare i confini scolastici. Tra tanti studenti, che assonnati si dirigevano verso il portone d'ingresso, Sora riconobbe un paio di loro: Takeru e Yamato.
-Buon giorno ragazzi- li salutò lei in tono solare.
-Ciao Sora- risposero entrambi all'unisono.
-Mattiniera come sempre- constatò il più piccolo dei due.
-Mi sono alzata presto anche questa mattina, ho fatto la notte insonne- spiegò lei.
-Come mai?- intervenne subito un preoccupato Yamato, innamorato dalla ragazza ormai da anni.
-Nulla di particolare- dichiarò lei -Però sto bene- aggiunse nel tentativo di tranquillizzare l'amico. “Speriamo” pensò quest'ultimo.
Era ormai suonata l'ultima campanella quando trafelato come non mai Taichi fece il suo ingresso in classe.
-Salvato all'ultimo Yagami, la prossima volta non sarà così fortunato e avrà per l'ennesima volta l'onore di incontrare il preside.- disse il professore in tono di rimprovero.
-Scusi professore, ma la sveglia proprio non è suonata questa mattina- rispose il ragazzo poggiando lo zainetto ai piedi del suo banco e lasciandosi accasciare sulla sedia.
-Ehi, ciao- bisbigliò Yamato.
-Ciao a te amico, salve Sora- salutò Taichi.
La lezione si presentò più pesante e noiosa del solito e i tre ragazzi fecero di tutto tranne che ascoltarla. Taichi era perso nei suoi pensieri e guardava fuori dalle grandi finestre dell'aula. Yamato d'altro canto era rimasto imbambolato a fissare la bella Sora che, nel tentativo di seguire la lezione, fissava sconcertata la lavagna e arricciava con la biro le ciocche che le cadevano sulle spalle.
Finalmente la campanella. Pausa pranzo.
Tutti i digiprescelti si radunarono intorno ad un tavolo, schiamazzando, salutandosi, parlando dell'ultima lezione e del più e del meno. Ad un tratto il digivice di Sora suonò. La ragazza perplessa lo prese in mano e lesse il messaggio ad alta voce.
-Ciao tesoro, sono Mimi. Domani tornerò in Giappone e pensavo che potremmo vederci nel pomeriggio, sempre se non hai troppi impegni. Ho un sacco di novità da raccontarti. Fammi sapere un bacio.-
Tutti i ragazzi si guardarono straniti.
Da quando in qua Mimi avvisava di una sua visita all'ultimo momento? Che qualcosa fosse andato storto? Che non stesse tanto bene in America come tanto affermava?
Sora e Kari si guardarono storte, quasi a pensare alla stessa cosa. Dunque la moretta le rispose. -Tesoro, che piacere sentirti. Senz'altro, domani pomeriggio va benissimo, lo sai quanto mi faccia piacere vederti. Fammi sapere gli orari e i luoghi. Bacioni-.

Outer Banks, North Carolina.
La situazione pareva presentarsi un po' imbarazzante. Le novità di cui Mimi aveva accennato prima via messaggio erano sicuramente inerenti alla gravidanza. Ma come l'avrebbero presa gli amici? Per non parlare dei genitori. La ragazza si rabbuiò in sé. Raccolse più fiato che poté, gonfiò a pieno i polmoni e poi cacciò tutto fuori.
Raccolse la moto che prima aveva accostato al ciglio della strada, si mise in sella e sfrecciò veloce lungo la strada. Notò come le gomme aderivano all'asfalto, come tutto intorno a lei scorreva veloce e le dava quasi l'impressione che non era lei a correre tanto rapida, ma che fosse tutto il contrario, tutto sbagliato.
Quando tornò in college Mimi notò che la sua stanza era l'unica ad essere tanto in disordine. Preda di una collera che voleva scacciare via da sé iniziò a riordinare tutto, vestiti, libri, scarpe. Tutto era scaraventato sulla scrivania, vicino al letto o nell'armadio. Ma come aveva fatto a non accorgersi prima di che razza di vita stesse vivendo? E com'era possibile che tale vita le fosse scivolata via dalle mani tanto facilmente? Solo ora le si erano aperti gli occhi, solo ora aveva la capacità di vedere ciò che prima le sembrava tanto giusto.
Non era così giusto, anzi, era tutto sbagliato. Il college, gli amici, la sua camera, la sua vita ma soprattutto quel viaggio che aveva deciso di intraprendere. Per cosa poi? Ormai neanche più lo ricordava.
Prese velocemente una valigetta ed iniziò a gettarci dentro cosmetici, vestiti e un paio di libri, unica fonte di compagnia per quel viaggio di ritorno in patria. Raccolse, quindi, il digivice e rilesse il messaggio che poco prima aveva mandato all'amica più cara che aveva, Sora. La ragazza le aveva risposto subito, in tono gentile, cordiale, come sempre era stata. Mimi sapeva bene di aver fatto insospettire l'amica a causa del suo messaggio. La Mimi di un tempo era una persona così precisa, non avrebbe mai avvisato con così poco anticipo il suo ritorno in Giappone. Purtroppo, però, aveva bisogno di tempo per riflettere circa quello che le stava accadendo, aveva bisogno di amici veri accanto e non semplici compagni di classe. Raccolse quindi il giaccone, la valigetta, chiamò un taxi e si apprestò a raggiungere l'aeroporto.
“Certo che crescere non è affatto uno scherzo. Ed io che pensavo che andarmene di casa, vivere e studiare all'estero significasse crescere. Ora ho capito il vero senso di diventare adulti. Crescere significa prendere decisioni ragionevoli, fare scelte appropriate e non scappare dai proprio problemi. Ora ho finalmente preso coscienza del vero significato che un semplice verbo come crescere comporta.” rifletté Mimi mentre salutava per l'ultima volta l'America.

FINE PRIMO CAPITOLO



Eccoci alla fine di questo primo capitolo, spero proprio vi sia piaciuto. Secondo voi che intenzioni avrà Mimi riguardo alla gravidanza? Che le diranno Sora, Kari e tutti gli altri digiprescelti? Sapranno accettare la “novità” che Mimi porterà dall'America? Le cose ora che si sono complicate a tal modo cambieranno nuovamente? Nel prossimo capitolo alcune di queste domande troveranno risposta ma andiamo a gradi, non è ancora il momento di rivelare tutto. Vi aspetto al prossimo capitolo: Caro diario, ho delle rivelazioni da farti.
  
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