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Autore: KokoroLilium    06/03/2015    1 recensioni
"Le voci che corrono sono così, parlano della polvere depositata su vecchie valigie mai disfatte come di pericolosa polvere da sparo.
E così del ragazzo in cima al faro si diceva fosse figlio delle stelle, dagli occhi argentei sempre rivolti verso il cielo in nostalgici sospiri, o che addirittura fosse un fantasma solitario, lo spirito del figlio di un qualche marinaio o pescatore spinto troppo a largo dalla corrente impetuosa.
[...] le voci erano arrivate anche alle orecchie di un ragazzo curioso ed appassionato di antiche leggende. Si chiamava Kyungsoo e la sua curiosità lo avrebbe portato molto lontano o molto vicino, sul ciglio della scogliera. In cima al faro."
{KaiSoo | side! Sekai}
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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IX.
L’acqua era fredda.
Ogni suono pareva distante, ogni movimento era fermo nel tempo eterno e la quiete perpetua scandiva la profondità del fondale.
Perso in quella pace disperata ed umida, Kyungsoo fluttuava senza poter respirare e senza poter soffocare.
L’oceano era terrificante. Il gelo dell’acqua gli spezzava le ossa, corrodeva la mente e i polmoni facevano male, così tanto male, ma Kyungsoo amava quell’eterno morire, amava sentire acqua scorrere in lui, nel suo corpo, nelle sue vene, acqua salata a pulirgli il cuore dalla malinconia.
Kyungsoo stava fermo e lasciava gli arti in balia delle correnti, nudo, e i raggi del sole erano troppo distanti per poterlo rincuorare nel freddo dell’abisso.
Kyungsoo aveva gli occhi socchiusi e bruciavano, ma amava quell’intenso bruciore, così come il lento e perpetuo soffocare. Era immobile nel tempo, statico in una perenne attesa, ed il suo cuore sembrava fatto d’acqua fresca e leggera.
Kyungsoo aspettava.
Aspettava.

Aprì gli occhi.
La stanza calda e famigliare era illuminata dal bagliore soffuso del sole del mattino. Le lenzuola erano sfatte e nella mente del ragazzo riaffiorarono violenti flashback della notte appena trascorsa. Pensò che girandosi avrebbe trovato Jongin che dormiva placidamente e gli avrebbe scostato i capelli dal viso, piano, senza svegliarlo, un sorriso sarebbe comparso sulle labbra di Kyungsoo ed avrebbe pensato che la sua vita stava cambiando per il meglio.
E invece si voltò e Jongin non c’era.
Si rizzò in piedi e tese le orecchie.
- Jongin? -, chiese ad alta voce alla casa vuota senza ottenere risposta se non il quieto scricchiolio delle vecchie tubature. Perlustrò l’appartamento, tremando infreddolito, e chiamandolo a gran voce, timoroso di non ottener risposta.
Arrivò in salotto, dove ancora sul pavimento giacevano quei pochi e quasi vuoti scatoloni contenenti gli effetti personali di Jongin. Neppure lì Kyungsoo trovò sue tracce, se non la vaga consapevolezza della sua presenza in quei contenitori sottili ed impregnati di salsedine. Esasperato e sentendo l’ansia montargli dentro, si lasciò cadere sul soffice divano a fronteggiare il piccolo scaffale sul quale stavano impilati disordinatamente vecchi libri appartenenti alla precedente generazione. Kyungsoo ricordava il giorno in cui si era rimboccato le maniche, qualche estate prima, ed aveva costruito quella libreria per poter contenere le datate enciclopedie dei suoi nonni ed il piccolo televisore perfettamente incastrato tra la terza e la quarta mensola.
Fu proprio sullo schermo nero del piccolo televisore che Kyungsoo notò uno dei piccoli post-it gialli con cui aveva visto Jongin giocare il giorno prima.
Sperando ingenuamente di trovarvi un messaggio positivo, ma consapevole dell’improbabilità della sua speranza, Kyungsoo si tuffò a staccare il biglietto e, col fiato sospeso, lesse il messaggio:
“Io lo aspetto al faro. Gliel’ho promesso”.

L’auto sfrecciava nella rada nebbiolina del mattino e la mente di Kyungsoo pareva offuscata dai fitti pensieri e l’angosciante sensazione di pericolo. Sperava che i lavori nel cantiere non fossero iniziati, che non facessero del male del male a Jongin o che non fosse costretto ad assistere alla distruzione di ogni suo rimasuglio di speranza, ad ogni suo ricordo di quell’attesa tanto assidua.
Un pensiero più cupo gli balenò in mente. Sperò che Jongin non avesse intenzione di essere abbattuto assieme al faro e si diede immediatamente dello stupido per aver solo ipotizzato che gli addetti ai lavori non si accorgessero di un essere vivente all’interno della struttura.
Dove si sarebbe mai potuto nascondere Jongin?
Si potrebbe anche solo pensare ad un rifugio invisibile all’interno di una costruzione del genere?
Ed improvvisamente il piede di Kyungsoo reagì alla risposta del proprio cervello e schiacciò l’acceleratore.
Gli addetti ai lavori non avrebbero mai pensato che ci fosse un nascondiglio nel faro. Non loro, ma Jongin sì, e così pure Kyungsoo che premeva sul pedale ed intanto pregava di arrivare in tempo.

Quando Kyungsoo vide il cantiere, gli sembrò l’inferno, e la palla demolitrice un gigantesco mostro, un demonio guidato da altri e più terreni demoni.
Il cuore di Kyungsoo batteva forte, forte, forte, e le gru erano sempre più vicine e facevano sempre più paura. La palla demolitrice era carica, pronta, ondeggiava velocemente e quando prese lo slancio parve una tigre famelica.
Kyungsoo uscì dall’auto con il cuore in gola e si protese verso il direttore dei lavori che se ne stava quasi trionfante appoggiato di schiena contro una gru, con una cartellina tra le mani.
- Fermate i lavori! – urlò Kyungsoo, mentre il demone veniva caricato.
Il direttore lo guardò come se fosse pazzo, ordinò a due aiutanti di tenerlo fermo mentre cercava di scavalcare la recensione e, freddo come un pezzo di ghiaccio, impassibile e fiero come un direttore d’orchestra, tornò ad osservare il demonio che si lanciava famelico contro il vecchio, malinconico faro.
E Kyungsoo, che in quel momento piangeva ed urlava il nome di Jongin, per la prima volta capì davvero il suo dolore e, chiudendo gli occhi per risparmiarsi la straziante visione, rispose silenziosamente al messaggio del ragazzo del faro.
- Allora aspetterò con te.

Basta un sussurro e le voci corrono.
Il mondo accosta le orecchie al bicchiere premuto contro la parete e sbircia con l'occhio socchiuso nella serratura sui segreti del mondo.
Stringe le pupille e sorride, si interessa dei misteri dell'universo, convinto di coglierne l'essenza, e se invece vede granelli di polvere fluttuare davanti ad una finestra fa caso a quelli più che alla luce del sole, limpida e pura, che filtra pallida tra le tende.
Le voci che corrono sono così, parlano della polvere depositata su vecchie valigie mai disfatte come di pericolosa polvere da sparo.
E così del ragazzo sulla scogliera si diceva che fosse lo spirito inquieto di un’amante in attesa del ritorno del proprio amore dal mare, che fosse un ragazzo dagli gli occhi limpidi sempre rivolti verso le onde in nostalgici sospiri, o il fantasma del figlio del pescatore che ogni giorno si sedeva silenziosamente per qualche minuto accanto a lui, sul ciglio della scogliera, dove ora si ergeva un modesto ristorante, per poi alzarsi ed andare via senza dire nulla.
Qualche volta il fantasma spariva, forse per cercar riparo dai giorni di tempesta, o forse per comparire nella camera di una clinica di periferia. Parlava ore intere con una donna dagli occhi stanchi e silenziosi, e le raccontava del ragazzo in cima al faro, del ragazzo che non esisteva più, del faro che non esisteva più, e di promesse infrante. E intanto un cagnolino bianco abbaiava e gli strappava una flebile carezza.
E le voci che corrono sono così, si alimentano di loro stesse, ed è un continuo autosuggestionarsi ed, in questo modo, accrescersi. Così, in quel paesino marittimo dove nulla più di qualche casa di legno con adorabili portici si ergeva dalla terra poco fertile se non quel faro in cima alla scogliera, quel faro che ora non era che un ricordo, le voci erano arrivate anche alle orecchie dello stesso fantasma e sulle sue labbra nostalgiche era apparso un leggero sorriso.
Il fantasma si chiamava Kyungsoo e la sua curiosità lo aveva portato molto lontano o molto vicino, sul ciglio della scogliera. In cima al faro.












Poche parole: Quindi finisce così.
Non avete idea di quanto mi abbia fatto soffrire scrivere le ultime righe e pensare di dovermi allontanare da questa fanfiction. Non perché sia scritta bene, non perché sia infinitamente lunga (ché naturalmente non lo è), ma per la situazione che mi ha ispirata a scriverla. Spero vi sia piaciuta, ringrazio ognuno di voi, fedeli lettori (pochi ma buoni), che avete seguito la storia fino alla fine.
Se qualcuno di voi volesse aggiornamenti su altre storie in corso o anche solo farmi compagnia - giusto per suonare più pietosa lol - potete trovarmi su fb come KokoroLilium EFP.
Grazie ancora a tutti, di tutto.
Ko~

  
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