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Autore: SakiJune    06/03/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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TORRE DI LONDRA, 2014

 

Malcolm irruppe nella stanza dove Kate, il capitano Magambo e altri due ufficiali erano chini ad esaminare un plastico.

- Dov’è finita Martha? Credevo fosse il suo orario. Capisco che abbia una famiglia e tutto, ma da quando è tornata si fa desiderare.

- Permesso, scusate, so che è il vostro briefing settimanale, so che potrei cercarla sul cellulare ma sai, avevo proprio voglia di rompervi le scatole - rispose Kate, ironica e visibilmente seccata. - Comunque torna fra poco, le ho chiesto io di accompagnare Osgood alla visita oculistica. È la seconda in due mesi.

- Intendi dire che ci vede peggio? - Malcolm non sembrava turbato all’idea di averli interrotti, ma appena era stata nominata la sua prediletta, ecco che aveva rizzato quelle antenne paraboliche che si ritrovava come orecchie.

- Intendo dire esattamente il contrario, ma non so perché perdo tempo a dirtelo visto che correrà a raccontartelo appena arriverà. Ora ci lasci soli, grazie?

Quando fu uscito, Erisa ebbe un “pfui” di disapprovazione. Dopo tanti anni non aveva mai mandato giù il suo atto di ribellione, anche se si era rivelato la scelta giusta e aveva permesso di salvare sia la Terra che il Dottore e i passeggeri del bus; lo considerava un elemento indisciplinato e potenzialmente pericoloso per quanto “indiscutibilmente geniale”.

Ma Kate aveva un diverso genere di apprensione nei suoi confronti. Era da un po’ di tempo che ci pensava, ma forse era il momento di affrontare la questione prima che fosse troppo tardi. Doveva metterlo in guardia, era suo dovere, era una sua preoccupazione precisa.

Solo non poteva semplicemente ordinarglielo come avrebbe fatto con un soldato o un qualsiasi altro membro della squadra. Lui era qualcosa di più, lo era sempre stato al di là della gerarchia effettiva, e lo ammirava senza condizioni, nonostante il suo ego smisurato e i gusti discutibili nel vestire… d’accordo, forse sotto certi aspetti le ricordava un certo qualcuno. Così, finita la riunione, lo raggiunse nelle sue sacre stanze e dovette persino trattenersi dal perdere subito la pazienza:

- No, passaci intorno. - Sul pavimento c’era in effetti un groviglio di cavi che portavano ad un macchinario di cui attualmente non riusciva ad indovinare la funzione. Quasi di sicuro le aveva chiesto lei stessa di costruirlo, ma non poteva certo immaginare che aspetto avrebbe avuto.

- Non ti appoggiare lì!

Lei si scostò dal tavolo. - Porca miseria, Malcolm! Devo parlarti per cinque minuti!

Lui spense la sonda elettronica e si tolse gli occhiali protettivi. - Adesso però sarei io, quello impegnato.

No, non valeva la pena perdere le staffe, era incorreggibile. - Ascolta, ti sono davvero grata per essere riuscito a comunicare con Osgood e a farmi capire come comportarmi con lei. Ho deciso che più tardi la porterò con me per la prima missione ufficiale. Solo… e non fraintendermi…

Lui guardò altrove, comprendendo sin troppo bene dove volesse andare a parare e anticipando l’imbarazzo.

- Potresti... evitare di innamorarti di lei? - Poteva solo chiederglielo al condizionale, ma così suonava ancora più ridicolo e se ne rese conto subito dopo aver pronunciato quelle parole.

Lui si rabbuiò; Kate aveva toccato decisamente un nervo scoperto, ma non era il tipo da abbassare la testa e incassare, perciò le fece il verso: - La scienza prevale, su questo siamo d’accordo, ma fino ad un certo punto. I contenuti del mio cervello sono di proprietà della UNIT, i miei sentimenti no. Vuoi licenziarmi?

- Santo cielo, Malcolm, non farla più tragica di quella che è! Ti ho soltanto...

- Vuoi trasferirmi? Mandarmi in Perù? A Ginevra? Dove?

- Vorrei solo che… comunque vada, non dovessi soffrirne. Tutto qui.

Lui si trovò spiazzato da quella risposta, ma cercò di non darlo a vedere.

- Va bene, chiariamoci. Ti sto dicendo che avevi ragione, io non avevo il coraggio di portarla fuori di qui, avevo timore che… qualcuno venisse a cercarla? Che fuggisse? Sai sempre tutto, a quanto pare, perciò puoi darmi tu una risposta.

Malcolm non diede peso al sarcasmo ostentato di Kate. - Quello che sono sicuro non temevi affatto è che fosse un nemico. Perché sai da tempo da dove viene e chi è. Puoi non dirmi nulla, puoi sventagliare livelli di segretezza e mi sta bene, per ora, e se ora stai ammettendo che hai fiducia in lei... ma non hai fiducia in me…

- Sì, dannazione, hai sempre ragione tu! Va bene così? Ma non ne so molto più di te, invece. Quell’uomo mi dirà di più, dopo che avremo sbrogliato la matassa dei quadri. Nel frattempo vorrei che riflettessi sulle tue aspettative.

Quell’uomo. Altri segreti. Si sentiva tagliato fuori, e non gli piaceva per niente, ma Kate non aveva tutti i torti. - Perché, dal momento in cui potrà scegliere, sceglierà comunque di andarsene - ammise, malgrado se stesso.

- Non conosciamo ancora la situazione, ma… tu non lo faresti?

- Un punto per te. - Era l’ultima espressione di condiscendenza che le avrebbe concesso. 3… 2… 1...

- Preferirei comunque che fossi meno coinvolto.

Boooooom. - Ma santa pace… Kate! L’hai praticamente adottata e dici a me di non coinvolgermi? Va bene, per oggi lasciamo stare.

Si abbassò di nuovo gli occhiali sul viso, nascondendo una smorfia di frustrazione.

 

Stava per andare in pausa pranzo quando lei arrivò. Qualche settimana prima avevano festeggiato il suo compleanno, o meglio l’anniversario del giorno in cui era stata trovata, in circostanze che Kate non aveva voluto rivelargli a nessun costo. Il regalo che lei aveva accolto con più entusiasmo era stato una sciarpa simile a quella del Quarto Dottore, una copia molto ben fatta dell’originale custodito nell’Archivio Nero, e da allora non se n’era più separata. Le donava. Certo, lui non era il massimo esperto in fatto di abbigliamento, si sapeva, e comunque l’avrebbe vista bellissima qualsiasi cosa avesse indossato. - Non puoi nemmeno immaginare… incontrerò il Dottore! Mi sembra un sogno, mi sembra assolutamente… oh, non ci credo, non ci credo!

Malcolm dovette fare uno sforzo per ricordare le raccomandazioni appena ricevute e non baciare quel sorriso abbagliante, come l’istinto gli gridava di fare. Per fortuna lei dovette usare l’inalatore, come sempre quando era troppo eccitata, e un poco di quella magia si offuscò, rimpiazzata da una tenera apprensione.

- Credi che ci saranno dei guai? Ci sono sempre dei guai quando lui è in giro...

- Kate non ti porterebbe in una missione pericolosa, lo sai - la rassicurò.

- Sì, sembra che dobbiamo solo accompagnarlo a vedere un quadro. Ho detto solo? È così incredibile!

- Meglio così. Ma qualunque cosa succeda, ricorda quello che ti ho detto su di lui. Ti terrà al sicuro. Verrà a salvarti anche se dovesse attraversare l’oceano.

- Non saremo in mezzo all’oceano, saremo alla... National Gallery.

Lui rise, commosso e intenerito. - Ma certo. Non vedo l’ora che mi racconti tutto. Sarai perfettamente al sicuro.

 

Osgood si vergognava spesso dei segreti che era costretta a tenere anche con lui. Gli aveva sempre confidato le sue paure, le sue congetture sulla propria identità, ma c’erano dettagli su cui Kate le aveva ordinato di tacere. Quella sorta di tatuaggio, ad esempio. C’era un collegamento fra quello e la sensazione che il battito del suo cuore sembrasse talvolta moltiplicarsi? E come era arrivata ad avere diottrie quasi normali, se i suoi primi ricordi erano offuscati dalla nebbia più fitta?

Malcolm meritava di più. La forza che aveva saputo instillare in lei… la cocciutaggine con cui aveva lottato perché le fosse riconosciuta un’autonomia che nemmeno sapeva di desiderare… oh, sì, meritava qualcosa di meglio di bugie e mezze verità. E anche a lei forse sarebbe stato dovuto, ma a tratti la paura tornava, e avrebbe preferito non sapere assolutamente nulla.

“Pensi solo allo scenario peggiore, ma se la verità fosse molto più bella? Se fossi semplicemente caduta dalle stelle per dare gioia? Dobbiamo aspettare. Un giorno saprai che strada prendere. Potresti persino volerla cambiare, toccherebbe a te. Non ho paura di te. Ho paura di me, perché non ho mai provato niente di simile prima. Ma tu sei più importante, perciò lasciamo tutto com’è adesso, d’accordo?”

Non sapeva cosa ci fosse oltre quella linea dell’adesso. Forse la stessa ragione per cui Jo Grant aveva abbandonato il Terzo Dottore, per cui McGillop arrivava al lavoro con gli occhi assonnati e trascorreva la pausa caffè a mandare bacini al telefono?

 

- Mi sento al sicuro con te, - dichiarò.

Malcolm deglutì, tormentandosi i capelli sulla nuca, la bocca improvvisamente asciutta. - Questa è una cosa bellissima, ed è più di quanto avrei mai sognato. Ma te l’ho detto, non-

Lei l’abbracciò come avrebbe fatto una bambina, ma non lo era, non lo era... Malcolm sentì quel calore dolcissimo e temette di non riuscire a resistere, l’aveva pur detto a Kate, era uno scienziato, non un Cyberman… stava per perdere il controllo, fregarsene della prudenza, del dolore che avrebbe potuto travolgerli dopo, era la prima donna a farlo sentire così e non poteva rinunciare a lei, non se anche lei stava provando tutto questo, e per capirlo gli sarebbe bastato scostarsi un poco e guardarla negli occhi, ma...

No.

Non ancora.

Forse mai.

La baciò sui capelli, ma fu tutto. Si sciolse gentilmente da quella stretta e le sorrise. - Comunque vada, chiunque tu sia… per me non cambierà niente. Sarai sempre la mia Osgood.

Troppo emozionata per rispondere, lei annuì con decisione e strinse i pugni in un gesto di trionfo.

- Ora vai, coraggio.




Nel suo ufficio, il cappotto ancora da abbottonare e il vago sospetto di aver saltato un paio di pasti, Kate rileggeva la lettera prima di piegarla con attenzione e infilarla nella tasca interna.

Chi scriveva ancora a mano, in quel secolo?

Considerata la stranezza di tali eventi, nonché per approfondire la questione rimasta in sospeso e di cui, ne sono certo, si sta occupando con ogni cura, attendo fiducioso una visita il prima possibile.

Cordialmente suo,

John Thomas Smith

Era uscita da una decina di minuti quando il suo telefonino, dimenticato sulla scrivania, iniziò a squillare con una suoneria piuttosto esclusiva.




Gordon aveva ancora qualche piuma colorata tra i capelli, ma il Dottore trovava più divertente non dirglielo. Il Carnevale di Rio era stato davvero il massimo, dopo la lunga parentesi in famiglia e l’imbarazzante ricongiungimento tra i suoi vecchi amici.

(perché di nuovo, i Guardiani)

(i maledetti Guardiani)

(il maledetto Giocattolaio... la sua Clara, credeva che non gli avrebbe più fatto così male pensandoci)

(e Jack, perché aveva dovuto nominare la Fessura?)

(e avrebbe voluto trovare un modo per rivederlo, proprio come aveva fatto Ada, ma lei era già destinata a questo, lui no, era sicuro di no)
(e ora, ora, di nuovo in questo luogo introvabile persino sulle mappe più dettagliate dell’Universo, sconosciuto a tutti tranne che a lui)

(e a lei, in qualsiasi tempo si trovasse)

- Potevi dirmelo! Stiamo facendo la fila qui da due ore e mi staranno guardando tutti! - Gordon gli stava sventolando una delle piume davanti al naso. Il Dottore ridacchiò come un cretino e gli mostrò la lingua.

- Rilassati. Guardati intorno. Non noti una certa androginia di fondo?

Era vero. La maggior parte delle persone in fila con loro avevano fattezze che racchiudevano caratteristiche di entrambi i sessi in un’armonia squisita. Vestivano in modo analogamente unisex, ma vi erano accenni di stravaganza nella mise di alcuni. In definitiva, se c’era un dettaglio che avrebbero trovato curioso in lui, erano i suoi baffi, semmai, non le involontarie decorazioni dei suoi capelli. - Comunque… cos’è che devi recuperare, qui?

- Qualcosa che andò perso molto tempo fa.

- Molto tempo fa nella tua linea temporale o in quella di questo pianeta?

Il ragazzo aveva stoffa, se ne stava rendendo conto sempre di più. Era schietto e aperto ma sapeva tenersi abbottonato, all’occorrenza; era sensibile e non privo di empatia, eppure aveva sangue freddo a sufficienza. D’accordo, non avevano ancora mai incontrato dei nemici davvero pericolosi - i mutanti su Trion erano stati una bazzecola, suvvia - eppure era sicuro che…

- Tocca a te.

Il Dottore si riscosse nuovamente. - Uh. Oh. Già. - Si avvicinò al bancone e spiegò chi fosse e cosa cercasse, intavolando una conversazione fitta fitta con la donna che vi stava dietro.Lei sorrise con gentilezza, batté qualche tasto sul display olografico e dal bancone stesso uscì una sorta di scontrino. A Gordon sembrò che filasse tutto troppo liscio, ma rimase comunque ad aspettarlo poco distante. Tornò a guardare, oltre le porte a vetri automatiche, la zona attorno a cui l’edificio - che aveva la forma di un ferro di cavallo - era stato costruito. Sì, doveva per forza essere preesistente: aveva l’aspetto di un sito archeologico, con quelle pietre al centro… di moderno aveva solo la cupola che la sovrastava  per intero.

- Quella me l’hanno copiata, maledetti. Andiamo, abbiamo circa quattro minuti per prendere ciò che ci serve dal magazzino, prima che ci prendano! - Il Dottore l’aveva afferrato per un braccio. - Schnell!

Nessuno li aveva disturbati nel magazzino (“Oggetti Smarriti”, era scritto sull’ingresso), ma una volta che il Dottore ebbe messo le mani sul suo bottino ed erano tornati nell’ingresso, una voce suadente comunicò dagli altoparlanti un messaggio all’apparenza innocuo,

- Il Dottore è gentilmente atteso al chiosco informativo della Clinica per compilare un breve sondaggio al fine di aiutarci a migliorare i servizi offerti dalla nostra struttura…

- Lo sapevo! Filiamocela! - Seguì una corsa rocambolesca verso la TARDIS, al termine della quale Gordon scoprì con sorpresa di non avere nemmeno il fiatone.

- Cosa volevano da te? Arrestarti? Farti fuori? - Considerava quelle idee con un po’ troppa vivacità, il ragazzo.

- Ma no. Non li hai sentiti? Avrei dovuto compilare un sondaggio. Dopo un secolo, non si sognano di lasciarmi in pace. Breve, pfui! La conosco, questa gente, ho meglio da fare io!

Gordon avrebbe potuto indignarsi come al solito, invece scoppiò a ridere di gusto. La corsa l’aveva messo di buon umore. - Ben detto! Senti, com’è che si chiamava questo pianeta? Alla fine non me l’hai detto. E nemmeno cosa sei andato a recuperare...

Mentre a sua insaputa il randomizzatore impostava le coordinate su New York, 1927, il Dottore piroettò mentalmente lungo gli argini della memoria. Era scivolato per un attimo oltre il parapetto, ma era riuscito ad aggrapparsi al presente. Non poteva più concedersi di traballare. Ma strinse più forte la sfera, avido e geloso del suo contenuto, e non parlò.



Uscirono dal guardaroba vestiti di tutto punto. Al Dottore davano fastidio le scarpe, fondamentalmente: troppo strette. Troppo scarpe. E il cappello, perché tutti erano fissati con l’indossare un cappello, in quell’epoca? Gordon invece si sentiva a suo agio, si era pavoneggiato davanti allo specchio e in effetti aveva un’aria piuttosto distinta. Se Billie l’avesse visto adesso…

- Oh, no no no no no! No! - Il display stava mostrando al Dottore qualcosa che non andava affatto bene. - Siamo a New York, prima della Crisi, prima dei Dalek, ma non è… non dovevamo, non possiamo interferire-

Il Dottore sembrava così sconvolto, quando si fu reso conto di quell’errore madornale nella destinazione, che Gordon emise l’unico parere che gli sembrasse sensato: - Ripartiamo, allora.

Udirono un grido dall’esterno e un piccolo terremoto investì la TARDIS, facendoli aggrappare alla console. La sfera rotolò a terra, finendo ai piedi del Dottore, e una volta tornata la normalità egli la raccolse come se non l’avesse mai vista prima, ficcandola in uno dei tanti bauli.

- Woops. Beh, penso che non usciremo a controllare. Ripartiamo o no?

- Eh? Vuoi scherzare? Non ci siamo mica infiocchettati così per niente!

- Ma hai appena detto… - Gordon s’interruppe, valutando che era fiato sprecato.

Uscirono a respirare l’aria fumosa e a guardarsi intorno. - E quindi, il nome del pianeta dove siamo stati fino a poco fa?

Il Dottore lo guardò istupidito, cercando di ricordare. Vuoto. Nient’altro che vuoto.

- Io… beh… mi è passato di mente.

A indagare meglio, aveva dimenticato anche cosa fosse andato a cercare là. Ma là dove? Nemmeno gli importava, alla fine.

Gordon sbuffò di nuovo. - Ma come sarebbe a dire? Mi stai pigliando per...

Qualcos’altro attirò la sua attenzione. Sul ciglio del marciapiede, umido della pioggia di qualche ora prima, era seduto un ragazzino dall’aria malconcia. Aveva il faccino sporco e il naso sanguinante, le ginocchia sbucciate che sbucavano dai calzoni corti e fissava con aria sconsolata la bicicletta su cui stava evidentemente viaggiando prima di…

- Ehi, tu, non mi avrai ammaccato la TARDIS?

Gordon superò il Dottore, lanciandogli un’occhiata fulminante. - Tutto bene? Niente di rotto?

Il ragazzino scosse la testa. - No, ma la bici è andata, credo. Il padrone andrà su tutte le furie. Se solo riuscissi a consegnare i fiori, almeno… ma il biglietto si è bagnato e non riesco più a leggerlo.

Era proprio un disastro. C’era almeno il cognome della signorina a cui erano destinati, Abernathy, e la strada, ma si riuscivano a dedurre solo due cifre del numero civico. Ci sarebbe voluto un po’... sempre che il Dottore avesse voluto collaborare nel riparare al danno, il che non era affatto scontato, altrimenti ci sarebbe voluto molto di più.

- Facciamo così. Dimmi chi li ha ordinati, andiamo a parlargli e vediamo di sistemare tutto senza che tu debba perdere il posto.

- Oh! Oh, grazie, grazie! Sono per la fidanzata del procuratore distrettuale, ma prima li portava sempre Sammy, ma poi è andato a stare da sua zia a Harrisburg… - Tacque, rendendosi conto che stava parlando troppo. - Davvero farebbe questo per me, signore? - L’appellativo faceva sorridere, ma a Gordon fece piacere.

- Sicuro. Vero, Dottore?

- Sicuro, già. Andate pure, io potrei dilettarmi ad aggiustare questa simpatica bicicletta. Quando tornerete, sarà come nuova. Come ti chiami, giovanotto?

- Harry, signore. Dio vi benedica! A quest’ora il procuratore Markham pranza sempre allo Stuyvesant Club, comunque.

 

La reazione di Gordon fu composta, ma non indifferente.

La reazione del Dottore fu nulla.

Mentre si allontanavano, però, Gordon si sentì chiamare e credette che avesse superato quel momento di confusione, se di tale si trattava. D’accordo, avevano deciso di non parlare di quel qualcuno, ma c’era pure un limite! E se prima dell’urto con la bici di Harry il Dottore era entrato in panico, per poi tranquillizzarsi fin troppo in fretta, forse c’era un collegamento… forse quel cognome non era affatto una coincidenza...

Il Dottore li aveva raggiunti, imprecando per via delle scarpe. - Avrai bisogno della carta psichica, o dubito che ti lasceranno entrare. E hai abbastanza soldi per il taxi?

- Andremo in taxi? - squittì il ragazzino, ma Gordon gli porse il proprio fazzoletto e gli consigliò di darsi una ripulita.

- O quello o la TARDIS - propose il Dottore. - Non mi scandalizzo per un po’ di fango. - Sembrava averlo preso in simpatia, finalmente.

- Vuoi causargli un trauma irreparabile? Il taxi andrà benissimo, grazie.

Forse era proprio una coincidenza, invece. Scansò una pozzanghera e fece dondolare il bastone da passeggio, fingendo di trovarsi in un vecchio film. Il ragazzino gli stava appresso, felice di aver incontrato due gentiluomini tanto comprensivi e generosi, anche se proprio non riusciva a capire da dove fosse spuntata quella cabina di legno blu e come avesse fatto a non vederla prima di capitombolarvici addosso.

- Gordon Stewart! Non fare niente che io non farei! - si sbracciò il Dottore prima di tornare alla TARDIS. - E lascia perdere le ostriche, sei delicato di stomaco, tu!

   
 
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