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Autore: Northeast    06/03/2015    1 recensioni
“…E non riesco più a sopportarlo. Sei dall’altra parte dell’Oceano e ti comporti come se la mia assenza non ti scalfisse, e a me la tua, di assenza, mi lascia senza fiato. Io non posso più sopportarlo e non ce la faccio più Mike. Mi sento come se tu fossi il centro del mio mondo e io solo un piccolo, insulso sassolino sulla tua strada. E mi è sempre andato bene, davvero. Ma ora tu non sei più qui, non ho più certezze e non mi va bene più.”
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA Rieccoci. Buongiorno a tutti (ciertooo come se con la febbre 38 e un compito di greco da recupere a scuola fosse un buongiorno). Purtroppo sono quì con un'altra OS malinconica. La storia è piuttosto breve ma sepero che possa lasciarvi qualcosa. Protagonista è senza dubbio il mio Mike, l'unico che mancava alla serie di OS depresse. E niente, spero possa piacervi. 
Come sempre, per qualsiasi cosa, lasciatemi una recensione. 
Buona lettura e baci, 

East. 

 


Soffitti grigi.


“…E non riesco più a sopportarlo. Sei dall’altra parte dell’Oceano e ti comporti come se la mia assenza non ti scalfisse, e a me la tua, di assenza, mi lascia senza fiato. Io non posso più sopportarlo e non ce la faccio più Mike. Mi sento come se tu fossi il centro del mio mondo e io solo un piccolo, insulso sassolino sulla tua strada. E mi è sempre andato bene, davvero. Ma ora tu non sei più qui, non ho più certezze e non mi va bene più.”

Lo ha lasciato così, quindici giorni fa. Trecentosessanta ora senza la sicurezza di qualcuno che lo ami per quello che è.
E Michael è nella camera di un albergo qualsiasi, in Spagna, a fissare un soffitto grigio chiaro che sa così poco di casa. E pensa che è tutta colpa di quel soffitto che non decide e non sa se essere bianco o nero. È colpa di quel soffitto se non sa più chi è, ed è sempre colpa di quel soffitto se è diventato anche lui grigio, pensa.
Perché Michael non riesce ad essere triste perché la sua vita va alla grande. Ha tutto ciò che ha sempre sognato: una bella chitarra, soldi, fama, uno stuolo di fan pronte ad urlare il suo nome. Ma una bella donna, quella non ce l’ha più ed è per questo che non può essere felice.
E piangere sarebbe molto più facile. Preferirebbe un viso umido e gli occhi che bruciano a quel peso che sente sullo stomaco al solo pensare ai suoi occhi verdi, e alle sue labbra rosee e al suo sorriso così dannatamente bello. E non può fare a meno di pensare che – Dio! – lui è proprio un idiota.
E pensa a tutte le volte che avrebbe voluto scriverle “Mi manchi” ma poi sarebbe diventato tutto più difficile perché Amarsi è una cosa, Mancarsi ne è un’altra ed è ben più dolorosa. E lui non voleva che lei gli mancasse, voleva solo amarla.
Voleva amarla con quel modo un po’ strano che ha Michael di amare. Voleva amarla come ama la sua chitarra, la prima, con la quale aveva imparato tutto ciò che sa. Voleva amarla come ama il cappuccino alle otto di mattina, ma non alle nove ‘ché alle nove ci vuole un caffè, come la sua collezione di fumetti abbandonata sugli scaffali della sua libreria. Voleva amarla con quel modo strano e forse sbagliato ma che è il solo che conosce.
Voleva amarla perché lei gli faceva - gli fa - venire voglia di essere qualsiasi cose lei volesse che lui fosse.
E si sente vuoto perché in vent’anni ha amato solo e soltanto lei, da quando ne aveva quindici.

Poi sente degli schiamazzi, delle risate.
Si alza e si avvicina alla porta della camera di Luke e sta per aprirla ma poi qualcosa lo blocca e si limita ad appoggiare l’orecchio al legno chiaro.
“Io sto – sente la sua voce e sente che arranca a cercar le parole - … starò bene.”
Immagina il suo viso contratto in una smorfia delusa, attraverso i pixel di un computer.
“Ma tu sei sicura della tua decisione? Insomma lui ti ama. Solo che sappiamo tutti quanto sia strano.” Luke.
“Penso sia la strada più facile.”
“Non sempre la strada più facile è quella migliore.”
“Lo so.”
“Perché non cerchi di chiarire con lui?”
“Perché lo amo, Luke. E sentirlo ancora mi ucciderebbe perché sarebbe tutto come prima e io non riesco più a farcela.”
Interminabili secondi di silenzio in cui Michael si appoggia alla porta.
“E lui?”
“Lo conosci. Fa finta di stare bene ma non è così. Lui ti ama, non puoi metterlo in dubbio.”
“Non lo faccio. Solo… spero che io possa dimenticarlo e che lui possa dimenticare me.”

E Michael non vuole sentire niente più di quest’assurda conversazione. E ritorna nella sua camera a fissare il soffitto grigio.
Ma lui non è più grigio, pensa mentre le lacrime gli bagnano le guance.
Nero. 
 
  
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