Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Fiamma Erin Gaunt    06/03/2015    2 recensioni
E se i figli di Stephen Herondale fossero stati due, un bambino e una bambina? Se Valentine avesse cresciuto la piccola a sua immagine e somiglianza, se non se ne fosse mai separato? Quando Katherine incontra suo fratello gli equilibri conosciuti fino a quel momento vengono spezzati e l’epica battaglia tra il bene e il male infiamma nuovamente il mondo degli Shadowhunters.
Dal testo:
Valentine si chinò su di lei, avvicinandosi finchè le loro labbra furono sul punto di sfiorarsi.
- Vai, figlia mia, rendimi orgoglioso. –
Le scoccò un casto bacio a fior di labbra per poi allontanarsi e osservarla mentre finiva di allacciarsi impacciatamente il fodero della spada.
*
- Tu non sei sua figlia, smettila di comportarti come se lo fossi. Non sei una Morgenstern, sei una Herondale, e non sarai mai nulla più che una ragazzina orfana e impaurita che ha raccolto come avrebbe fatto con un cucciolo randagio e ha portato a casa. – concluse Jonathan, fissandola con bruciante soddisfazione. Finalmente era riuscito a ferirla, lo vedeva da come quegli occhi d’argento lo fissavano impietriti.
- Va all’inferno, Jonathan. –
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Valentine Morgenstern
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You can’t touch me

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mattina in casa Penhallow era cominciata in modo frenetico. I coniugi erano usciti di buon’ora per una riunione con il Conclave. Alec era con Isabelle e quel loro strano amico vampiro … Katherine non aveva mai visto un vampiro nerd, ma Simon lo era decisamente. Clary era tornata a casa dei Greymark e Jonathan … beh, più le stava lontano e meglio era. Dopo ciò che era accaduto la notte precedente non aveva proprio voglia di trovarselo tra i piedi.

Così, rimasta sola, girovagò per l’abitazione fino a raggiungere la cucina.

Preparò un paio di toast, delle uova strapazzate con bacon croccante e due spremute d’arancia. Poi s’incamminò verso la stanza del terzo piano, quella che era stata assegnata a Jace.

Bussò piano.

- Avanti. –

Suo fratello era seduto sul bordo del letto, a torso nudo, e si stava tracciando distrattamente una runa sull’avambraccio. Le nocche della mano destra erano scorticate come se avesse preso a pugni un muro e probabilmente era davvero così.

- Se vuoi ti do una mano, disegnare con la sinistra non è semplice. –

Gli occhi dorati si sollevarono sulla sua figura e un sorriso lieve gli increspò le labbra.

- Ah, sei tu. –

Katherine arricciò il labbro inferiore, in un’espressione a metà tra la malizia e il broncio.

- Deluso?

- No, affatto. Quella è la colazione? –

Annuì, togliendogli lo stilo dalle mani e posizionando il vassoio sul comodino accanto al letto.

- Finisco di disegnarti la runa di guarigione e poi mangiamo – disse, maneggiando lo stilo con abilità, - Hai litigato con Clary? È arrabbiata per ieri, per il fatto che ci siamo baciati? –

- È arrabbiata perché non la volevo qui. Pensa che io la voglia proteggere perché non credo che possa cavarsela. –

- Ed è così? –

Scosse la testa. – Voglio proteggerla, questo sì, ma non credo che sia debole e indifesa. –

- E questo a lei lo hai detto? –

- Avrei dovuto? –

Rise, scuotendo la testa. Ah, gli uomini.

- Ti svelo un segreto che in pochissimi sanno: alle donne le parole piacciono. Spiegale il motivo per cui fai ciò che fai, non limitarti a darle ordini. Aiutala a capirti. –

- È quello che Sebastian fa con te? –

- Io e Sebastian ci detestiamo cordialmente, non siamo un esempio fraterno da prendere in considerazione – replicò.

In realtà non siamo un esempio da imitare e basta, pensò.

Jace rise, per poi commentare ironicamente: - Beh, non è colpa tua. Sebastian è una testa di cazzo mentre tu sei … beh, sei fin troppo intelligente. –

- Sono sicura che anche Clary sia una ragazza molto intelligente … quindi parlale, Jay. –

Le lanciò un’occhiata incuriosita. Già, probabilmente anche lei si sarebbe stranita se una quasi sconosciuta le avesse affibbiato un soprannome così amichevole.

- Scusa, magari non ti piace sentirti chiamare così. –

Fece per alzarsi dal letto, ma una mano alabastrina si chiuse sul suo polso e la costrinse a rimanere dove si trovava. Gli occhi dorati la osservavano con una scintilla dolce e sorpresa nello sguardo.

- No, non fa niente, mi piace. –

- Bene. Allora, Jay, farai come ti dico o no? –

Le sorrise malandrino. – Forse. –

- E da che dipende? –

- Dal fatto che il sottoscritto riceva o meno un altro bacio. –

Suo malgrado indietreggiò appena, di riflesso, perché per quanto inaspettatamente piacevole fosse stato il contatto del giorno prima non era affatto desiderosa di provare nuovamente l’esperienza.

- Guarda che se non vuoi non fa niente, non me la prendo mica – aggiunse poi, ma si vedeva che quella non era stata affatto la reazione che si era aspettato.

Quell’espressione. Che l’angelo la perdonasse, ma quando la guardava così non riusciva a negargli nulla. Erano stati lontani tanto a lungo e lei voleva davvero aiutarlo a cancellare tutto il dolore che aveva provato in quei diciassette anni. Avrebbe fatto qualunque cosa per lui, per  alleviare un po’ la sua sofferenza.

Così, semplicemente, si sporse in avanti e lo fece. Lo baciò, chiudendo gli occhi e rilassandosi un po’ quando sentì le sue braccia cingerle i fianchi e ricambiarla con trasporto. Le mani di Jace corsero nuovamente sui suoi fianchi, accarezzandoli con il tocco delicato di una farfalla, sollevando la maglietta per poterle lasciar vagare più su. Le accarezzò il ventre piatto, la schiena e risalì lungo il costato.

Le tolse l’indumento con un movimento fluido e rapido, facendola sdraiare sul materasso. Si chinò a baciarle il lobo dell’orecchio, il collo, la clavicola e seminò una scia di baci bollenti lungo tutto il busto fino al ventre e poi più giù … finchè la sua bocca non si scontrò con il bordo dei pantaloni in pelle.

Fu allora che Katherine si rimise seduta, allontanandosi un po’ da lui.

- Non avevi detto che volevi solo un bacio? – replicò, con la stessa ironia che poco prima aveva utilizzato lui.

Jace sorrise sghembo. – Sono abbastanza sicuro di non aver mai detto di non volere altro. Ma se vuoi che ci fermiamo va bene. –

Questa volta diceva sul serio. Non le avrebbe fatto alcuna pressione per spingersi oltre. Era un gentiluomo, il suo fratellino. Clary era fortunata.

- Sì, credo che sia meglio se ci diamo una calmata – confermò, recuperando la t shirt e infilandola proprio mentre la voce di Isabelle, al piano inferiore, annunciava l’arrivo di Clary.

- Sarà meglio che non mi trovi qui e, mi raccomando, parlale – concluse, fissandolo seria, per poi uscire alla svelta dalla stanza.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Quando rientrò nella sua stanza, sussultò trovando Jonathan sdraiato sul copriletto.

- Pensavo che fossi uscito. –

- Hai la maglietta al contrario – le fece notare gelidamente per tutta risposta, per poi avvicinarlesi come un predatore a caccia non appena la porta si fu richiusa dietro di lei. La inchiodò contro il muro, proprio come aveva fatto la sera precedente, ma la furia nei suoi occhi era nuova e ancora più terrificante del solito.

- Eri da Jace? Ti sei fatta sbattere da tuo fratello? –

Non urlava, non lo faceva mai quando si arrabbiava. Parlava a bassa voce, in modo quasi sibilante tanto era furente, e proprio per questo era ancora più inquietante.

- Non è successo nulla, sei paranoico, e poi ti ho già detto che a te non devo rendere conto di nulla – replicò, determinata a tenergli testa.

Era una Herondale, dopotutto, doveva ancora nascere il ragazzo capace di ridurla a una ragazzina frignante e tremante.

Jonathan però la colse di sorpresa, agganciando con un dito lo scollo a V della t shirt e strappandola con un unico movimento potente.

Sulla pelle chiara, cosa che in precedenza era stata troppo occupata per notare, c’erano una decina di piccoli segni di un rosa un po’ più intenso in corrispondenza di dove Jace aveva posato la sua bocca.

- Non è successo niente, eh? –, la schernì aspramente, - Hai semplicemente deciso che volevi farti scopare da qualcun altro per toglierti dalla testa Valentine. –

- Veramente con Jace non ho pensato nemmeno per un secondo a Valentine. –

Lo disse per provocarlo, farlo arrabbiare, ma in realtà perché era anche la verità. Non aveva pensato a nulla mentre era stesa sotto suo fratello, intenta a ricevere i suoi baci, semplicemente perché quel contatto non le aveva fatto nessun effetto. Era difficile avere fantasie sessuali mentre non avvertivi la minima eccitazione.

Ottenne la reazione sperata perché Jonathan la schiacciò ancora di più contro il muro mentre una mano scostava una coppa del reggiseno e la rimpiazzava stringendo con un po’ più di forza del necessario mentre l’altra si faceva strada in mezzo alle gambe della ragazza, senza alcun pudore.

- E adesso? Adesso a che stai pensando? – le ringhiò a fior di labbra, chinandosi su di lei per baciarla.

A che pensava? Era facile.

Pensava che fosse un dannato psicopatico, un vero e proprio stronzo dal cuore di ghiaccio. Pensava però che fosse bello, di una bellezza tremenda e spaventosa, e sexy. Sì, non poteva negare che fosse tremendamente sexy persino mentre la fissava con furia cieca.

Pensava che non voleva fare sesso con lui. Non di nuovo, non per accontentare quel suo stupido ego né per sentirsi sputare addosso di nuovo parole come quelle della notte precedente.

Strinse l’impugnatura del coltello che portava assicurato al sistema ascellare, sfoderandolo e puntandolo contro quella pelle candida in un balenio d’argento.

- Penso che se non mi togli le mani di dosso immediatamente ti squarcerò la gola da parte a parte. –

Sorpreso, si ritrovò inaspettatamente ad accontentarla. Probabilmente perché nei suoi occhi lesse la conferma alle sue parole. L’avrebbe fatto, l’avrebbe davvero ucciso se non le avesse tolto le mani di dosso.

- Non provarci mai più, Jonathan, perché la prossima volta non sarò così clemente – asserì, rinfoderando la lama e sgattaiolando fuori dalla finestra.

Aveva bisogno di un po’ d’aria e un momento di calma senza che qualcuno le andasse dietro per scoprire cosa ci fosse che non andava. E per qualcuno intendeva Jace.

Si rifugiò sul tetto, chiudendo gli occhi e assaporando la sensazione piacevole della luce calda del sole che s’infrangeva sulla sua pelle.

Finalmente un po’ di pace.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Lo so, neanche a dirlo sono in ritardo come al solito. Non so perché ma scrivere su Shadowhunters mi riesce sempre abbastanza difficile, però sono testarda quindi insisto e resisto u.u

Della serie chi insiste e resiste raggiunge e conquista *ride*

Vabbè, visto che non so più che dire, facciamo che passo la palla a voi e mi fate sapere che ne pensate di questo nuovo capitolo … eh? *sorride supplichevole*

Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Fiamma Erin Gaunt