You can’t touch me
La
mattina in casa Penhallow era cominciata in modo
frenetico. I coniugi erano usciti di buon’ora per una
riunione con il Conclave.
Alec era con Isabelle e quel loro strano amico vampiro …
Katherine non aveva
mai visto un vampiro nerd, ma Simon lo era decisamente. Clary era
tornata a
casa dei Greymark e Jonathan … beh, più le stava
lontano e meglio era. Dopo ciò
che era accaduto la notte precedente non aveva proprio voglia di
trovarselo tra
i piedi.
Così,
rimasta sola, girovagò per l’abitazione fino a
raggiungere la cucina.
Preparò
un paio di toast, delle uova strapazzate con bacon
croccante e due spremute d’arancia. Poi
s’incamminò verso la stanza del terzo
piano, quella che era stata assegnata a Jace.
Bussò
piano.
-
Avanti. –
Suo
fratello era seduto sul bordo del letto, a torso nudo, e
si stava tracciando distrattamente una runa sull’avambraccio.
Le nocche della
mano destra erano scorticate come se avesse preso a pugni un muro e
probabilmente era davvero così.
-
Se vuoi ti do una mano, disegnare con la sinistra non è
semplice. –
Gli
occhi dorati si sollevarono sulla sua figura e un
sorriso lieve gli increspò le labbra.
-
Ah, sei tu. –
Katherine
arricciò il labbro inferiore, in un’espressione a
metà tra la malizia e il broncio.
-
Deluso?
-
No, affatto. Quella è la colazione? –
Annuì,
togliendogli lo stilo dalle mani e posizionando il
vassoio sul comodino accanto al letto.
-
Finisco di disegnarti la runa di guarigione e poi mangiamo
– disse, maneggiando lo stilo con abilità, - Hai
litigato con Clary? È arrabbiata
per ieri, per il fatto che ci siamo baciati? –
-
È arrabbiata perché non la volevo qui. Pensa che
io la
voglia proteggere perché non credo che possa cavarsela.
–
-
Ed è così? –
Scosse
la testa. – Voglio proteggerla, questo sì, ma non
credo che sia debole e indifesa. –
-
E questo a lei lo hai detto? –
-
Avrei dovuto? –
Rise,
scuotendo la testa. Ah, gli uomini.
-
Ti svelo un segreto che in pochissimi sanno: alle donne le
parole piacciono. Spiegale il motivo per cui fai ciò che
fai, non limitarti a
darle ordini. Aiutala a capirti. –
-
È quello che Sebastian fa con te? –
-
Io e Sebastian ci detestiamo cordialmente, non siamo un
esempio fraterno da prendere in considerazione –
replicò.
In
realtà non siamo un esempio da imitare e basta,
pensò.
Jace
rise, per poi commentare ironicamente: - Beh, non è
colpa tua. Sebastian è una testa di cazzo mentre tu sei
… beh, sei fin troppo
intelligente. –
-
Sono sicura che anche Clary sia una ragazza molto
intelligente … quindi parlale, Jay. –
Le
lanciò un’occhiata incuriosita. Già,
probabilmente anche
lei si sarebbe stranita se una quasi sconosciuta le avesse affibbiato
un
soprannome così amichevole.
-
Scusa, magari non ti piace sentirti chiamare così.
–
Fece
per alzarsi dal letto, ma una mano alabastrina si
chiuse sul suo polso e la costrinse a rimanere dove si trovava. Gli
occhi
dorati la osservavano con una scintilla dolce e sorpresa nello sguardo.
-
No, non fa niente, mi piace. –
-
Bene. Allora, Jay, farai come ti dico o no? –
Le
sorrise malandrino. – Forse. –
-
E da che dipende? –
-
Dal fatto che il sottoscritto riceva o meno un altro
bacio. –
Suo
malgrado indietreggiò appena, di riflesso, perché
per
quanto inaspettatamente piacevole fosse stato il contatto del giorno
prima non
era affatto desiderosa di provare nuovamente l’esperienza.
-
Guarda che se non vuoi non fa niente, non me la prendo
mica – aggiunse poi, ma si vedeva che quella non era stata
affatto la reazione
che si era aspettato.
Quell’espressione.
Che l’angelo la perdonasse, ma quando la
guardava così non riusciva a negargli nulla. Erano stati
lontani tanto a lungo
e lei voleva davvero aiutarlo a cancellare tutto il dolore che aveva
provato in
quei diciassette anni. Avrebbe fatto qualunque cosa per lui, per alleviare un po’
la sua sofferenza.
Così,
semplicemente, si sporse in avanti e lo fece. Lo
baciò, chiudendo gli occhi e rilassandosi un po’
quando sentì le sue braccia
cingerle i fianchi e ricambiarla con trasporto. Le mani di Jace corsero
nuovamente sui suoi fianchi, accarezzandoli con il tocco delicato di
una
farfalla, sollevando la maglietta per poterle lasciar vagare
più su. Le accarezzò
il ventre piatto, la schiena e risalì lungo il costato.
Le
tolse l’indumento con un movimento fluido e rapido,
facendola sdraiare sul materasso. Si chinò a baciarle il
lobo dell’orecchio, il
collo, la clavicola e seminò una scia di baci bollenti lungo
tutto il busto
fino al ventre e poi più giù …
finchè la sua bocca non si scontrò con il bordo
dei pantaloni in pelle.
Fu
allora che Katherine si rimise seduta, allontanandosi un
po’ da lui.
-
Non avevi detto che volevi solo un bacio? –
replicò, con
la stessa ironia che poco prima aveva utilizzato lui.
Jace
sorrise sghembo. – Sono abbastanza sicuro di non aver
mai detto di non volere altro. Ma se vuoi che ci fermiamo va bene.
–
Questa
volta diceva sul serio. Non le avrebbe fatto alcuna
pressione per spingersi oltre. Era un gentiluomo, il suo fratellino.
Clary era
fortunata.
-
Sì, credo che sia meglio se ci diamo una calmata –
confermò, recuperando la t shirt e infilandola proprio
mentre la voce di Isabelle,
al piano inferiore, annunciava l’arrivo di Clary.
-
Sarà meglio che non mi trovi qui e, mi raccomando, parlale
– concluse, fissandolo seria, per poi uscire alla svelta
dalla stanza.
*
Quando
rientrò nella sua stanza, sussultò trovando
Jonathan
sdraiato sul copriletto.
-
Pensavo che fossi uscito. –
-
Hai la maglietta al contrario – le fece notare gelidamente
per tutta risposta, per poi avvicinarlesi come un predatore a caccia
non appena
la porta si fu richiusa dietro di lei. La inchiodò contro il
muro, proprio come
aveva fatto la sera precedente, ma la furia nei suoi occhi era nuova e
ancora
più terrificante del solito.
-
Eri da Jace? Ti sei fatta sbattere da tuo fratello? –
Non
urlava, non lo faceva mai quando si arrabbiava. Parlava
a bassa voce, in modo quasi sibilante tanto era furente, e proprio per
questo
era ancora più inquietante.
-
Non è successo nulla, sei paranoico, e poi ti ho
già detto
che a te non devo rendere conto di nulla –
replicò, determinata a tenergli
testa.
Era
una Herondale, dopotutto, doveva ancora nascere il
ragazzo capace di ridurla a una ragazzina frignante e tremante.
Jonathan
però la colse di sorpresa, agganciando con un dito
lo scollo a V della t shirt e strappandola con un unico movimento
potente.
Sulla
pelle chiara, cosa che in precedenza era stata troppo
occupata per notare, c’erano una decina di piccoli segni di
un rosa un po’ più
intenso in corrispondenza di dove Jace aveva posato la sua bocca.
-
Non è successo niente, eh? –, la
schernì aspramente, - Hai
semplicemente deciso che volevi farti scopare da qualcun altro per
toglierti
dalla testa Valentine. –
-
Veramente con Jace non ho pensato nemmeno per un secondo a
Valentine. –
Lo
disse per provocarlo, farlo arrabbiare, ma in realtà
perché
era anche la verità. Non aveva pensato a nulla mentre era
stesa sotto suo
fratello, intenta a ricevere i suoi baci, semplicemente
perché quel contatto
non le aveva fatto nessun effetto. Era difficile avere fantasie
sessuali mentre
non avvertivi la minima eccitazione.
Ottenne
la reazione sperata perché Jonathan la schiacciò
ancora di più contro il muro mentre una mano scostava una
coppa del reggiseno e
la rimpiazzava stringendo con un po’ più di forza
del necessario mentre l’altra
si faceva strada in mezzo alle gambe della ragazza, senza alcun pudore.
-
E adesso? Adesso a che stai pensando? – le ringhiò
a fior
di labbra, chinandosi su di lei per baciarla.
A
che pensava? Era facile.
Pensava
che fosse un dannato psicopatico, un vero e proprio
stronzo dal cuore di ghiaccio. Pensava però che fosse bello,
di una bellezza
tremenda e spaventosa, e sexy. Sì, non poteva negare che
fosse tremendamente
sexy persino mentre la fissava con furia cieca.
Pensava
che non voleva fare sesso con lui. Non di nuovo, non
per accontentare quel suo stupido ego né per sentirsi
sputare addosso di nuovo
parole come quelle della notte precedente.
Strinse
l’impugnatura del coltello che portava assicurato al
sistema ascellare, sfoderandolo e puntandolo contro quella pelle
candida in un
balenio d’argento.
-
Penso che se non mi togli le mani di dosso immediatamente
ti squarcerò la gola da
parte a parte. –
Sorpreso,
si ritrovò inaspettatamente ad accontentarla.
Probabilmente perché nei suoi occhi lesse la conferma alle
sue parole. L’avrebbe
fatto, l’avrebbe davvero ucciso se non le avesse tolto le
mani di dosso.
-
Non provarci mai più, Jonathan, perché la
prossima volta
non sarò così clemente –
asserì, rinfoderando la lama e sgattaiolando fuori
dalla finestra.
Aveva
bisogno di un po’ d’aria e un momento di calma
senza
che qualcuno le andasse dietro per scoprire cosa ci fosse che non
andava. E per
qualcuno intendeva Jace.
Si
rifugiò sul tetto, chiudendo gli occhi e assaporando la
sensazione piacevole della luce calda del sole che
s’infrangeva sulla sua
pelle.
Finalmente
un po’ di pace.
Spazio
autrice:
Lo
so,
neanche a dirlo sono in ritardo come al solito. Non so
perché ma scrivere su
Shadowhunters mi riesce sempre abbastanza difficile, però
sono testarda quindi
insisto e resisto u.u
Della
serie chi insiste e resiste raggiunge e conquista *ride*
Vabbè,
visto che non so più che dire, facciamo che passo la palla a
voi e mi fate
sapere che ne pensate di questo nuovo capitolo … eh?
*sorride supplichevole*
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt