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Autore: EleEmerald    06/03/2015    2 recensioni
 Dal decimo capitolo:
"Io vi maledico" disse. "Maledico tutti gli uomini di questo mondo. Tutti gli uomini che si metteranno sulla strada di mia figlia e delle sue nipoti. Quando ingannereto loro, come avete ingannato me, esse vi uccideranno. Sarà l'ultima azione sbagliata che compirete perché le mie figlie vi perseguiteranno, vi inganneranno e saranno la vostra rovina. E poi vedremo, come ci si sente a stare dall'altra parte del manico."
.
Quando Matthew Williams, un tranquillo ragazzo di diciassette anni, incontra Elizabeth, di certo non si aspetta che quella ragazza lo porterà incontro a tanto dolore. Ma, dopo averla ritrovata in un bosco ricoperta di sangue, non rimanere implicato nelle sue faccende è quasi impossibile. Le prove che dovrà affrontare si riveleranno più complicate di come sembrano e, inesorabilmente, si ritroverà a perdere molto di più che la sua semplice normalità. Implicato tra leggende e antiche maledizioni, vivrà, oltre ai momenti più brutti, anche quelli più belli della sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7: Riunioni di famiglia

Viola. Era questo il colore sulla guancia di Elizabeth quando il mattino dopo io e Thomas la incontrammo nel corridoio. Non era pittura, era il segno lasciato da un livido. Lei faceva di tutto per nasconderlo, lasciando sciolti i capelli biondi, ma si riusciva a vedere benissimo.
- Elizabeth! - esclamò Thomas preoccupato - Cosa ti sei fatta?
Lei cercò di evitare la domanda dicendo che non era niente di importante ma poi, dopo la nostra insistenza per sapere come si era procurata quel livido, sorrise e decise di rispondere: - Sono corsa troppo in fretta sulle scale, sono caduta e ho picchiato la guancia. Davvero vi ho detto che sto bene. Ho cercato di nasconderlo per evitare queste domande.
Ma sia io che Thomas sapevamo che mentiva e quando andò a lezione, io cominciai a fare supposizioni.
- Chi credi sia stato? - domandai.
- Di certo non è caduta dalle scale, ma non lo so - rispose lui.
- Quand'era con me non aveva niente. Deve esserselo fatto verso le sette di sera.
- Aspetta...Quando era con te? - chiese Thomas confuso. - Sei uscito con lei?
- È stata lei a chiedermelo! - esclamai.
- Sul serio? - Mi guardò di sottecchi.
- In qualche modo ho fatto qualcosa per cui ora si fida di me.
- Ritieniti fortunato. Sei l'unico al mondo.


 

Ero sicuro che la donna incappucciata non sarebbe venuta ad infastidirmi quel giorno. Nonostante tutto il termine non era ancora scaduto e lei mi aveva minacciato in un modo che avrebbe spaventato a morte e spinto chiunque a mettere quel pugnale al suo posto.
E invece comparve.
Mia madre era andata a lavorare, di solito disegnava i progetti da architetto a casa ma quel giorno era importante che fosse in ufficio. A causa della pioggia del giorno prima la neve si era quasi sciolta ma nel cielo il sole splendeva cercando, come meglio poteva, di ricaldare la terra dall'inverno.
Erano le 4.04 del pomeriggio quando suonarono alla mia porta. Ero in camera mia a studiare perché il giorno prima, nonostante me lo fossi ripromesso per non doverlo fare una volta tornato dal corso di nuoto, non lo avevo fatto ed ero quindi in alto mare per l'interrogazione del giorno dopo. La causa: Elizabeth.
Corsi giù per le scale lasciandomi scappare un'imprecazione.
- Chi è? - chiesi con una certa irritazione nella voce aprendo la porta.
La donna era lì, con il solito cappuccio ingombrante in testa.
Indietreggiai e lei entrò in casa.
- Matthew Williams dammi il mio pugnale - disse urlando.
Aveva un'aura strana, spaventosa e potente.
Il cielo dietro di lei si oscurò. Le nuvole si chiusero formando un ponte nell'aria che oscurava il sole e io caddi a terra.
Mi guardava dall'alto e ripeteva continuamente due parole che ero sicuro non fossero in americano.
Poi tutto intorno a me, come le nuvole, si oscurò e divenne nero.


 

Quando aprii gli occhi la donna non c'era più. La porta era chiusa e tutto sembrava tranquillo.
Setacciai ogni parte della casa, cucina, camera, salotto, bagno, senza trovare niente e nessuno. La donna se n'era andata.
Non capivo come avevo fatto a svenire. Non capivo com'era successo. Non capivo dov'era andata la donna. Non capivo.
E poi mi ricordai.
Corsi su per le scale, entrai in camera mia, buttai a terra tutti i libri e presi la chiave. Ma quando girai la chiave nel cassetto capii che non serviva perché era già aperto. Al suo interno c'era soltanto aria. Era vuoto. Aveva preso il pugnale.
Corsi fuori di casa colto da un'idea improvvisa. La neve.
Purtroppo però la neve aveva appunto iniziato a sciogliersi e riuscire a trovare impronte era impensabile. Eppure, guardardola attentamente nel punto del mio vialetto in cui era ancora alta, riuscii a notare una piccola conca della grandezza di una scarpa. Seguii la direzione che indicava e ne trovai un'altra identica pochi metri più avanti. Due. Tre. Fino ad arrivare alla strada. Facendomi guidare dall'istinto attraversai per trovare atre tre impronte. Dentro di me avevo capito dove sarebbero andate, così, lasciandomi dietro un "al diavolo l'interrogazione", presi le chiavi della macchina e mi diressi al boschetto.
La donna era lì, nella piccola radura che ormai avevo soprannominato come "radura degli avvenimenti sospetti", ma, a differenza di come mi aspettavo, non era sola.
La persona di fronte a lei era bassa, sul metro e cinquanta, a causa dell'età, aveva corti capelli bianchi, occhi verdi e un viso che, dal poco che ero riuscito a vedere, era il ritratto dell'altra, solo invecchiato.
La donna anziana si stava rigirando il pugnale tra le mani, doveva averlo appena ricevuto.
Mi nascosi dietro un albero e ascolatai la loro conversazione.
- Sei riuscita a riprenderlo tu, quindi. La ragazza era troppo impaurita per farlo? - disse l'anziana.
- Non è pronta. La morte di Malcom l'ha molto turbata - rispose la mia perseguitatrice con voce più dolce di quanto avrei immaginato fosse capace.
- Se la turba vedere una morte, come farà ad uccidere? - Cominciai a tremare. Era ormai scontato che mi trovavo ad una riunione tra due assassine e se mi avessero visto avrei fatto la fine dell'uomo trovato morto qualche giorno prima nello stesso bosco.
- È una ragazza forte, ce la farà, vedrai. Ha solo bisogno di un po' di tempo.
- Doveva farlo ora. Avrebbe dovuto essere lei ad uccidere Malcom, non tu! - Perfetto, aveva praticamente confessato. - Hai detto che si sta affezionando al ragazzo.
- Si. È per questo motivo che non ha avuto il coraggio di prendere lei stessa il pugnale.
- Devi farle capire subito in che guaio si sta cacciando, o finirà per commettere l'Errore troppo presto.
- Non preoccuparti, mamma, ieri le ho fatto capire bene quello che deve fare - disse la donna più giovane rivolgendole uno sguardo allusorio.
Mamma. Quelle due erano parenti.
L'anziana mosse il pugnale nell'aria e poco dopo tornò a guardare la figlia. - Ha combinato un grosso errore a far trovare il pugnale a quel ragazzo.
- Lo so, era spaventata, lo ha fatto cadere e lui lo ha preso. Non so come abbia fatto lui a finire qui ma non preoccuparti non ci denuncierà. Nonostante quello che voleva farmi credere, non ne ha il coraggio. - Ed era vero.
- Non era a questo che mi riferivo. Ma non è una cosa che posso dire qui...questo bosco conosce troppe cose. Ne parleremo a casa - concluse.
Quindi entrambe si voltarono verso di me e cominciarono a camminare.
Passarono di fianco all'albero senza accorgersi della mia presenza e quando arrivarono a voltarmi le spalle pregai che non si girassero mentre mi nascondevo da un'altra parte.


 

L'orario della piscina arrivò prima che io potessi rendermi conto di ciò che era successo. Filò tutto tranquillo e tra una vasca e l'altra potei rimuginarci su, finché non sentì Chuck alzare la voce.
- Ma ti togli! - esclamò spingendo Luke.
- Calmo, fratello. Cosa ti ho fatto? - disse il ragazzo alzando le mani come se Chuck fosse stato un poliziotto.
In tutto risposta lui mprecò pesantemente.
- Ooh! - si mise a urlare l'allenatore - Siete una squadra, chiaro? Non voglio liti!
Nuotai in fretta fino a loro per chiedergli cos'era successo.
- Il tuo amico è pazzo - disse Luke - Ho chiuso un attimo gli occhi in acqua e gli sono finito addosso. L'ho fatto altre volte! Non ne capisco il motivo.
- Zitto - disse Chuck. Gli rivolsi un'occhiataccia perché Luke aveva detto, per la prima volta, una cosa vera, se l'era presa troppo.
- Dai, amico, io ti voglio bene. - Luke creò un cuoricino con le mani scherzando.
Vidi l'espressione di Chuck mutare. Dall'odio divenne più dolce, quasi l'avesse perdonato poi, in fretta com'era mutata, ritornò all'odio. Senza dire una parola riprese con le sue vasche.
- Gli ho fatto qualcosa? - mi domandò Luke.
- E perché lo chiedi a me?
- Perché sei il suo migliore amico - rispose lui.
Era così? Io lo avevo sempre considerato mio fratello, il fratello fastidioso che non avevo mai avuto. Il mio migliore amico era Thomas.
- Ho scoperto che siete usciti insieme a capodanno - iniziai.
- Si, - mi interruppe - per poco. Scusa, ero ubriaco, non ricordo nulla. Ma lunedì era tranquillo quindi non penso di avergli fatto nulla.
Mark decise di mettersi ad urlare anche contro di me finché non ci rimettemmo a nuotare.


 

Quella sera volevo solo dormire e capire tutto quello che avevo scoperto. Naturalmente tutto ciò non mi fu possibile.
Il telefono squillò un'ora dopo cena segnando il nome del mio migliore amico.
- Pronto? - disse la voce all'altro capo del telefono. Appena capii che si trattava di una voce femminile mi stupii parecchio.
- Thomas? - chiesi, sapendo che la risposta sarebbe stata negativa.
- Crede che sia tu - disse la voce, rivolgendosi sicuramente al mio amico e scoppiando a ridere. - Sono Iris! Vieni da noi tra dieci minuti. - Probabilmente Thomas cercò di prenderle il telefono di mano perché la sentì gridare.
- Da noi? Iris, adesso? - chiesi.
- A casa di Thomas. Tra dieci minuti ti voglio qui - disse riagganciando.
Mi vestii in fretta e uscii dicendo a mia madre che andavo da Thomas. Lei non la prese bene perché era sicura che sarei tornato tardi ma mi fece andare da lui.

Una volta davanti a casa di Thomas suonai il campanello due volte. I miei amici non tardarono ad aprirmi la porta. Dalla sala provenì un rumore di passi che correvano e alla fine ad aprirmi la porta fu Iris. Rideva e cercava di spingere indietro Thomas, il quale faceva di tutto per essere il primo.
- Vieni! - Iris mi prese per un braccio e mi spinse dentro casa.
- Matt, scusami, è fuori di testa! Se vuoi restare, fallo pure, ma non ascoltare quello che ti dice lei - esclamò Thomas.
- Tommy! - chiamò una donna dalla sala.
La donna venne a vedere dov'erano corsi i due ragazzi con la fronte aggrottata. Doveva essere circa cinque anni più grande della madre di Thomas e fu per questo e la grandissima somiglianza che c'era tra loro che capii che dovevano essere sorelle.
- Oh! - esclamò la zia - È un altro cugino da parte di tuo padre?
- No, è un mio amico - rispose lui. - Andiamo in camera.
La zia tornò in sala, dove c'erano molti altri parenti.
- Tommy? - chiesi ridendo mentre Iris si univa a me, nonostante avesse già sentito quel nomignolo.
Tommy spiegò che quel giorno era il compleanno di suo zio e avevano deciso di riunirsi a casa sua, questo comportava un sacco di cuginetti per casa. Così aveva chiesto a Iris, che era a casa da sola con i suoi fratelli, a causa del lavoro dei genitori, di venire e lei aveva accettato. Poco dopo aveva scoperto che suo padre aveva invitato Elizabeth.
Arrivati a quel punto del racconto Iris si mise a gesticolare e a ridere. - Thomas mi ha detto che lei ti interessava, così ho pensato di invitarti.
- Cosa? No lei non mi interessa, davvero. - Lei mi interessava invece, ma avevo anche paura a starle vicino, soprattutto dopo che la donna incappucciata mi aveva detto di non frequentarla.
Ci recammo nella camera di Thomas, che si trovava due stanze dopo il salone. Era una camera grande, con un bellissimo tappeto rosso sul pavimento, sul quale erano seduti Elizabeth e un cugino di Thomas. Tenevano entrambi in mano un bicchiere di plastica pieno fino all'orlo di coca-cola e due sacchetti di patatine erano ai loro piedi, al loro interno il cibo era quasi dimezzato, una piccola bottiglia d'acqua vuota era per terra. Quando entrai in camera Elizabeth si voltò verso di me e mi sorrise. Il cugino di Thomas invece si mise in piedi e mi chiese se fossi l'amico che avevano chiamato. Aveva capelli castani, un dilatatore e uno stile molto eccentrico, portava una camicia a quadri colorati e una cravatta, e dal modo in cui si trovava a suo agio capii che la ndossava spesso.
A una risposta affermativa si presentò: - Mi chiamo Robert, ho 13 anni.
Il ragazzino però sembrava molto più grande, essendo alto quanto me.
- Cosa stavate facendo? - chiesi quando tutti ci fummo sistemati sul tappeto.
- Mangiavamo - disse Iris infilandosi in bocca dieci patatine e beccandosi più di un'occhiataccia da Thomas.
- In realtà avevamo iniziato a giocare a obbligo o verità - disse Robert sbuffando e indicando la bottiglia vuota in mezzo al tappeto. - Idea delle femmine.
- Va bene, giochiamo. - Feci girare la bottiglia.
Il tappeto non le permetteva di girare come doveva eppure riuscì a fare due giri e a farmarsi davanti a Robert.
- Verità - disse lui senza neanche farmi porre la domanda.
- Hai la ragazza? - chiesi curioso.
- Si - disse Robert tranquillo.
Per poco Thomas non si strozzò con la coca-cola. - Cosa?
Robert non ascoltò la domanda, al contrario, fece girare la bottiglia, che si fermò davanti ad Iris. Obbligo.
- Fai il sollettico a chi vuoi.
- Non so a chi - disse lei.
Si girò a guardarmi e poi fece lo stesso con Thomas. Stava scegliendo. Quando meno me l'aspettavo, Iris si buttò su Thomas, facendolo cadere tra le risate.
- Basta! Basta! - urlava. Lo sapevano tutti che Thomas non reggeva il solletico.
- Va bene, puoi smetterla, se no muore - disse Robert.
Iris si fermò di colpo e rimase per qualche secondo a fissarlo, poi, come risvegliata, si rimise a sedere. Thomas la guardò di rimando.
- Andiamo avanti! - Iris girò la bottiglia. Elizabeth.
- Obbligo - disse rispondendo alla domanda.
- Registra una suoneria sul telefono di Matt - disse.
Alla fine della serata avevo come suoneria dei messaggi la voce di Elizabeth, rideva e diceva “blu”. Il motivo per il quale aveva scelto quella parola era che "messaggio" le sembrava troppo lungo, così, dopo che uno dei cuginetti più piccoli di Thomas era entrato in camera vestito di quel colore, aveva deciso che era molto bello avero come suoneria. Mi piaceva, ed ero convinto a tenerla.


 

Del modo in cui andai via non ricordo più niente, solo il terrore che mi pervarse quando trovai la porta di casa aperta. In salotto mia madre era stesa a terra, la gonna che indossava formava un semicerchio sul pavimento, le braccia erano piegate lungo il corpo e i capelli castani le circondavano il viso.
- Mamma! - mi misi ad urlare prendendo il suo corpo tra le braccia.
Mi affrettai ad ascoltarle il cuore e mi tranquillizzai quando lo sentii battere, tranquillo ma forte.
Sospirai e la strinsi tra le mie braccia mentre lei apriva gli occhi.
- Matt? Cos'è successo? - chiese con una voce fiebile.
- Quando sono arrivato eri per terra. Perché me ne sono andato!? - dissi a me stesso. - Avrei dovuto rimamere con te!
- Non è colpa tua. - Mi accarezzò la guancia.
- Si è colpa mia, è colpa mia.
- Non mi ricordo nulla, Matt - disse lei alzandosi in piedi.
- Perché la porta era aperta? Te lo ricordi?
Lei scosse la testa. - E se fosse stato l'assassino che gira in città?
Il mio cuore perse un battito. La donna incappucciata, era stata lei. Non metterti contro di noi.
- No, mamma, no. Non preoccuparti.
- Io stavo bevendo un the e poi non mi ricordo più nulla.
Mille frammenti della tazza preferita di mia madre erano sparpagliati per terra. Poteva sembrare un semplice malore se la porta di casa non fosse stata aperta.
- Forse ho lasciato aperta io la porta. Ti sarai sentita poco bene. - L'accompagnai nella sua camera.
Pulii il the per terra. Soltanto quando iniziai a raccogliere i frammenti di tazza mi accorsi che essi formavano una frase: Mi dispiace tanto Matthew Williams, il pugnale ti ha scelto.



Angolino dell'autrice: Eccomi! Sana e salva. Ho creato suspence? Ci ho provato quindi vi prego ditemi se ci sono riuscita perchè ho questo dubbio! Mi raccomando recensite e continuate a seguire la storia, è grazie a voi se mi vengono idee per continuarla. Vi aspetto nelle recensioni ;)

  
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