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Autore: rosa di vetro    08/03/2015    2 recensioni
Signori, Signore e popolo di EFP, io Rosa di vetro insieme a LilyRoseWeasley96 vi presentiamo:
Combatti con me Amore! Questa fan fiction cela il segreto del potere, il segreto della vita e il segreto dell’essere felici: questa Long svela l’Amore …
Lily è un nome che cela due persone con caratteri, segreti e profezie di una vita e di una battaglia diversa.
Lily Evans, lei che per i genitori è Lily, per gli amici è Lu e per James è Lilian. Tutti sanno chi è! Ma lei lì smente e li sorprende, sposando il suo miglior nemico.
Lily Evans si sacrifica per amore del figlio, lei muore ma salva suo figlio. La profezia si avvera.
Lily Luna Potter, lei è la principessa per il padre, la rossa per James, il piccolo giglio per Albus. Lei è l’uragano Lily per Alice, Jack e tutti i suoi amici. Lei è la luna per un ragazzo che lei chiama nel profondo del suo cuore Ius. Tutti sanno chi è! Ma ancora una volta Lily li smentirà e li sorprenderà.
Lily Luna Potter si sacrifica ma per il padre, Lily Luna Potter è in coma. I medi maghi non danno speranze ma questa volta Lily combatterà!
Storia betata da Lady Viviana
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Alice Paciock, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Harry/Ginny, Lily/Scorpius
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Chap di Scorpius: 1 parte

              Ancora un altro po'...
'Merrick' sospiro.
Più ci penso, più sto male. Va tutto come non dovrebbe andare, ma perché, non capisco. Perché sta succedendo questo? perché non mi hai ascoltato quel giorno amore mio...

È un brutto giorno, uno di quelli in cui tutto va per il verso sbagliato. Non c'è fuga, ne possibilità di cambiare ciò che attende di fare il suo corso. Seduta sulla mia scrivania, leggo il giornale come faccio sempre, con la paura dell'inevitabile nel cuore seppur la mia decisione ormai è presa. Ho deciso di farla finita una volta per tutte e lo farò. Dopo cena annuncio a tutti gli studenti che il coprifuoco sarà un'ora prima del solito, per l'esattezza tra mezz'ora da quella parte.
Poi, dopo aver placato le piccole ribellioni, mi congedo, ritirandomi nello studio. 
Sono nervosa e non riesco a calmarmi.
Il mio cuore batte all'impazzata, i miei piedi scandiscono i minuti e le miei dite si torturano a vicenda senza pietà.
Non è un comportamento della mia età, me ne rendo conto, ma nonostante ciò so quanto è importante la cosa che sto per fare. Lo so bene, per questo aspettare quei venti minuti è peggio di anni di tortura. 
Alla fine, allo scoccare dell'ora mi smaterializzo senza troppe esitazioni. 
Il mio studio viene subito sostituito da un lussuoso salone dai colori cupi.
La stanza è sobria ma imponente, il fuoco brucia nel camino e lui è lì, seduto su una poltrona a guardare le fiamme, sorseggiando del whisky inceneritore. 
Faccio qualche passo in avanti con cautela, non voglio rompere quel silenzio pacifico per paura delle conseguenze, ma anche questo è inevitabile.
Il ticchettio del tacco delle mie scarpe riecheggia nella sala, destando l'uomo dalle sue riflessioni.
Si alza di scatto e si volta a guardarmi, è come sempre padrone del controllo.
Lui è sempre calmo, l'eterno osservatore lo chiamavo un tempo quando ancora nella mia immaturità gli perdonavo tutto.
Ed è perfetto, perfetto per me nel suo essere massiccio e virile come nessuno altro può solo immaginare di essere.
Un tempo doveva essere il mio principe, il mio difensore ma all'ora non sapevo che i principi sono buoni e onesti.
'Isahaia' sospiro, lui é tutto tranne un semplice principe ma al tempo stesso lo potrebbe essere senza difficoltà.
 Possiede tutte le caratteristiche per esserlo se solo volesse.
Un brivido mi percorre, impeccabile, l'unico aggettivo che veramente parla di lui.
Alzo lo sguardo dalla sua figura, ai suoi occhi. 
I suoi occhi erano vetri, così chiari da confondersi con le iridi. A molti fanno paura ma non a me. Io li amo, lo amo. 
- Lia - mormora piano - non sapevo saresti venuta da me - posa il bicchiere lentamente e si avvicina. 
- Mi sei mancata - conclude attirandomi a sé con le braccia. 
Appoggiando le labbra sul mio collo, comincia a lasciarmi una scia di baci veloci ma devastanti. Tremo in balia alla voglia di far finta di niente lasciarmi andare a lui.  
Non riesco mai a controllarmi quando gli sono davanti. Divento un suo burattino, succube del mio amore e della passione che solo lui mi regala. 
Ma non posso, mi mordo l'interno della guardia e ci metto tutta la mia forza di volontà per riuscire ad allontanarlo e fare un passo indietro. 
Mi guarda come se non fosse sorpreso - avevo immaginato che non sei venuta qui per questo - si ferma un attimo guardandomi e poi torna alla sua poltrona - sopratutto dopo quello che era successo l'ultima volta - mi fa segno di sedermi sul divano di fronte al fuoco.
- Allora è molto chiederti perché sei venuta? - chiede ad un tratto dopo aver ripreso a sorseggiare il suo drink.
Non è arrabbiato o scocciato, lui non lo è mai. 
Tentenno un po' ma alla fine mi decido a parlare - Ho letto il giornale - schiarisco la voce un po' troppo tirata - non smetterai vero? - chiedo dopo una pausa, alzando lo sguardo finalmente su di lui. 
Smetto di torturarmi le dita con il laccio della tunica che un momento prima mi aveva sciolto e lo guardo negli occhi. 
Io sono la preside di Hogwarts, io sono la professoressa Lia Blackmoor, dicono che sono forte e che sono un abile dominatrice dei sentimenti ma in questo momento non riesco a essere nessuna di quelle.
Lo guardo, lasciando che i miei occhi trasmettessero tutto quello che a parole non riesco a dire.
Sono una donna infondo per quando  possa essere tutto il resto.
- No, infatti non smetterò - sguardo deciso mentre pronuncia quelle parole - lo sai il perché - aggiunge poi. 
- Possiamo vivere insieme, possiamo  prendere una casa in un posto in periferia lontano da tutto e tutti, solo io e te. - mi alzo, non riesco a controllare l'agitazione. 
Lo guardo nuovamente negli occhi, mi siedo in ginocchio accanto a lui senza distogliere lo sguardo - ti prego! - sussurro impercettibilmente - io ti amo, davvero tanto. Perché non vuoi lasciar perdere Merrick? E più importante la vendetta, di noi? - il suo sguardo non varia di una virgola.
Il silenzio risponde per lui. Mi alzo dopo un po' ancora scossa, mi ha ferita e so che me lo ha letto negli occhi, ma ho ancora un po' di dignità, a cui mi aggrappo con forza, mi volto desiderando fuggire il più lontano possibile, ma una mano stretta mi blocca. 
- Non ho risposto ancora - vibro sotto la sua voce.
- Il silenzio vale più di mille parole, una volta me l'avevi detto tu - dico con voce spezzata, triste.
Posa le mani sui miei fianchi stringendomi a sé con tale forza quasi a non volermi più lasciare. 
- Ti amo lo sai - dice al mio orecchio - a modo mio, per quando io possa amare e in modo totalmente malato e infantile, ma ti amo. - conclude.
- Oh Isa, allora perché? Perché Isahaia non dimentichi il passato e cominciamo, per il poco tempo che ci resta, una vita felice? - Chiudo gli occhi - posso lasciare il mio posto di preside se può servire - 
Mi fa voltare lentamente per potermi guardare negli occhi - No, tu devi continuare a fare la preside e io devo finire ciò che ho cominciato - il suo sguardo è così intenso che capisco che non cambierà idea.
- Finirà male - realizzo tra me stessa, guardandolo dritto negli occhi. Questa volta non vedo i suoi occhi nitidamente perché i miei occhi sono appannati dalle lacrime di disperazione e dolore.

Apro gli occhi regolarizzando il mio respiro. 'Era tutto passato, solo un ricordo' mi ripeto come una cantilena. La forza di quelle parole mi trafigge a tal punto da farmi venire la nausea.
'Isahaia ora è in prigione' realizzo 'e Lily, la mia cara ragazza, è in coma.' Sospiro 'tra non più di qualche ora tradirò il mio cuore, il mio uomo. Ma cosa posso fare? Lily è molto importante, non posso permettere che le succede qualcosa. Ha fatto tanto per me, per noi.' Sospiro nuovamente guardando dalla finestra il cielo costellato di stella e la luna. Sento le mie viscere contorcersi e mi pervade un senso di  malessere totale.
'Mi sa che oggi non dormirò'.


Non so cosa o chi ma un rumore arrivato alle mie orecchie mi desta facendomi riprendere conoscenza e risvegliando i miei sensi.
Apro gli occhi: buio.
Vedo solo il buio, che mi circonda e al tempo stesso, mi intrappola, facendomi soffocare.
Mi alzo con uno scatto, un movimento istintivo, la voglia di liberarmi da questa stretta che mi avvolge.
Nel frattempo mentre i miei pensieri vagano confusi verso un punto di salvezza, i miei sensi si affilano e anche il buio comincia a non essere tanto buio.
A poco a poco inizio a distinguere pochi oggetti.
Il divano dove dormivo pochi attimi fa, il tavolo che si erge lungo la stanza e la finestra.
La consapevolezza del posto in cui mi trovo arriva immediatamente e con essa anche i ricordi.
Un fiume di ricordi mi pervade e sento subito il bisogno di tornare alla superficie, come se per tutto questo tempo fossi stato in apnea.
Mi muovo rapidamente ed esco da quello che è il mio studio.
Ultimamente è tutto ciò che rappresenta la mia realtà.
Apro la porta-finestra con movimenti rapidi e mi affaccio al balcone.
Un ondata di vento mi fa rabbrividire, la luna illumina la città di Londra mentre questa dorme pacifica.
C'è un tale silenzio, che mi potrei pure illudere che non c'è niente a cui pensare, ma non è così.
Me lo dice l'orologio a pendolo nel palazzo, che ho di fronte.
E me lo dice anche il mio cervello, che non smette di lavorare.
Sospiro stanco, le lancette dell'orologio segnano quasi le due, mi sposto a destra e mi siedo con la schiena sul muro e lo sguardo che vaga un po' dappertutto senza una vera meta.
Un altro sospiro, infilo la mano in tasca e tirando una sigaretta l'accedo portandomela alle labbra.
Incanalo una dose di fumo, inarcando la schiena e portando la testa verso il cielo e poi mentre il fumo esce dalle mie labbra semi aperte rilasso tutti i miei muscoli.
Una strana pace mi circonda come se tutto dormisse e effettivamente è proprio così.
Tutti le luci dei palazzi sono spente, non c'è niente di vivo tranne quelle rare automobile che ogni tanto sfrecciavano come lampi, producendo un rumore che veloce come è arrivato se ne va, facendo tornare  la città nella sua calma iniziale.
Tengo gli occhi chiusi mentre aspiro un'altra boccata di nicotina, la mia droga preferita. Sento il suo calore avvolgermi il viso mentre svolge la sua matta corsa verso il cielo. Aspetto che il suo effetto rilassante mi sciolga i muscoli, attendo che i miei neuroni smettano di agitarsi come molle impazzite alla ricerca di una soluzione, ma per la prima volta da quando mi sono affacciato al consumo di sigarette non ricevo nessun effetto rilassante. Espiro chinando leggermente il capo, poi sollevo lentamente le palpebre. La poca luce che invade la strada è quella fornita dagli ultimi lampioni funzionanti. Spengo la sigaretta sulla ringhiera e rientro nel mio studio buio rischiarato solo un po' dalla luce della luna e dei lampioni insieme. Mi dirigo svogliatamente alla poltrona del mio scrittoio sulla quale mi abbandono con mala grazia. Mentre mi strofino gli occhi, con i gomiti appoggiati al ripiano dello scrittoio, sento il grande orologio battere l'ora. 
Di solito nelle favole, che siano per maghi o per babbani, le magie avvengono sempre a mezzanotte. A mezzanotte il cigno si trasforma in una bellissima principessa, l'incantesimo si spezza... si sbagliano, in realtà l'ora non è quella, ma alle due avvengono cose impossibili.
Quando la grande lancetta di ferro battuto si è fermato sul numero romano del due e quando anche l'ultimo rintocco si è spento nell'aria immobile, sento un lieve tintinno, come di vetro urtato. 
Alzo lo sguardo verso quel rumore inaspettato, che mi ha turbato più del battere fragoroso dell'ora, e dall'altra parte del lungo tavolo che occupa la parte centrale della stanza scorgo lei. 
Capelli scompigliati, viso sporco di polvere e fango, la tuta da auror nera le fascia stretta il corpo svelando qualche strappo lungo le braccia, i fianchi e le gambe, le lunghe dita da pianista corrono veloci tra le varie ampolle e libri disseminati per il tavolo e i grandi occhi color cioccolato osservano interessati quello che gli si para difronte, ma allo stesso tempo sembrano persi nel vuoto. Uno sguardo così suo, così tipico del suo essere. 
- Già ti arrendi Malfoy? - chiede continuando a toccare ogni oggetto presente sul tavolo.
- I tuoi genitori non ti hanno mai detto di non toccare quello che non è tuo, Potter? - domando con voce ironica.
Lanciandomi uno sguardo da dietro le folte ciglia, solleva un angolo della bocca: - Oh sì, varie volte, ma dovresti ormai saperlo che sono una inguaribile ficcanaso! -
La osservo riappoggiare un'erba sul tavolo, per poi spostarsi verso gli scaffali pieni di libri che occupano tre quarti della parete di sinistra. Avvolta dalla luce perlacea della luna, macchiata da quella gialla dei lampioni sembra quasi una visone fugace, come l'immagine di un vecchio televisore che sta per svanire. 
- Chi sei tu? - chiedo.
Continuando a girare le pagine di un libro consunto non mi degna neppure di uno sguardo - Lily -
La osservò con più attenzione: altezza uguale, viso spiccicato, modi identici, ma qualcosa, qualcosa di non ben identificato mi rimescola nella pancia. 
- No, non è vero. Tu non sei lei... Tu non sei la mi... la Potter. - 
A quelle parole si volta verso di me sorridendomi tristemente - Sono lei, ma allo stesso tempo no. Mi hai chiamato tu. -
- Io?! Ma che dici? Perché avrei dovuto chiamarti? - chiedo sconvolto, come le può essere saltato in mente una cosa del genere?!
- Non lo so, dimmi tu perchè sono qui. -
Non so cosa risponderle, la osservo con gli occhi spalancati. Non sarà lei, ma il mio essere è in subbuglio. Vorrei che fosse davvero qui, che fosse appena tornata dalla missione senza riportare nient'altro che qualche ferita superficiale, ma non era così. Lei, la vera Lily, era ancora sdraiata sul quel letto d'ospedale ed ad ogni minuto che passa la malattia la consuma sempre di più, il suo cuore batte costantemente più lentamente e ad ogni secondo il suo respiro si fa più flebile. 
Stava morendo.
La luna sarebbe scomparsa quando il suo cuore avrebbe smesso di battere.
Niente più litigi, nessuna frecciatina durante i nostri incontri, nessuna vibrazione lungo la schiena quando ci sfioriamo per sbaglio...
La scatola dove tengo incatenati quei miei sentimenti incomprensibili si agita, si riscuote cercando di liberarsi. Non sono pronto, non ancora.
- Andiamo ad uno strip club! -
Fu come lo stridere delle unghie su una lavagna.
- Cosa?? -
- Beh sembrava che fossi andato in tranche, quindi ho pensato di dire qualcosa di stupido. Però ora che ci penso non sono mai stata in uno strip club... Dai andiamoci! - afferma sorridendo felice dell'idea.
- No, assolutamente no! Insomma... Strip club... Cioè... Aaaaah!! - ringhio mettendomi le mani fra i capelli, le lancio un'occhiata esasperata - Tu sei matta! -
- Probabile, ma mi sto annoiando dovrò far pur qualcosa per distrarmi e al momento farti impazzire mi sembra la cosa più divertente. - dice ridacchiando mentre si appoggia al tavolo.
- Non ho tempo da perdere, se non lo sai sto cercando di salvarti! E smettila di toccare tutto! - esplodo quando la vedo prendere una ampolla contente una sostanza molto pericolosa quanto fondamentale.
Lily mi guarda sbigottita per qualche secondo poi riappoggia delicatamente l'ampolla sul tavolo per poi allontanarsi da esso tenendo le mani dietro la schiena come una bambina che ha appena fatto una marachella.
- Allora è per questo che sei così agitato, non riesci a creare l'antidoto - sussurra.
- Al momento, ma ci riuscirò. Ti salverò. C'è la faro e tu riaprirai gli occhi. Lo giuro... Mi manca solo un'ingrediente. - 
Un sospiro delicato le sfugge dalle labbra - Ti devi riposare allora troverai la soluzione, non puoi distruggerti così. -
- Non ho tempo, tu, cioè la vera Lily ha poche ore a sua disposizione. -
Scuotendo la testa fa qualche passo verso di me, rimanendo ancora a debita distanza, ma non abbastanza perché io non senta il suo odore di giglio baciato dal sole.
- Stai perdendo di vista il quadro generale, sei troppo analiticoi. Apri quella scatola e leggi la lettera che tieni nascosta nella tasca del camice. Datti una possibilità di essere felice. - 
- C-come fai a sapere della scatola? - chiedo alzandomi dalla poltrona.
La sua bocca rossa come una rosa si distende in un dolce sorriso, chinando il capo allontana qualche ciocca dei suoi capelli color fuoco -Anche io avevo quella scatola. -
- Avevi? Perché parli al passato? - chiedo confuso mentre un rumore fastidioso come il rombo di un tuono si propaga per la stanza.
Continuando a sorridere dirige il suo sguardo oltre la portafinestra per osservare il grade orologio - Lo hai detto tu, non c'è più tempo. Devi aprire quella scatola, solo allora troverai le risposte che tanto brami. -
- Adesso che fai? La sibillina? Non eri venuta ad aiutarmi? Non ho ancora potuto farti nessuna domanda. Sono ancora più confuso! - praticamente grido queste parole per sovrastare il rombo.
Le tende impalpabili di color bianco iniziano a danzare intorno a lei per il vento. 
- Devi muoverti. Non hai più molto tempo. - sussurra, ma sento le sue parole così chiare come se le avesse urlate.
- Cosa stai dicendo? Saranno passati pochi minuti! -
- Che ore credi che siano? - a quelle parole il vento si alza facendo muovere vorticosamente le tende che la coprono completamente. Poi all'improvviso si acquieta e lei non c'è più.
- Scorpius!! -
Spalanco gli occhi e mi ritrovo ancora seduto sulla poltrona, il capo appoggiato sulle braccia postate sulla scrivania e vedo che dalla porta finestra entra una forte luce e i rumori della città ormai sveglia per lavorare.
- Scorpius apri subito la porta altrimenti la sfondo! È successo una cosa, APRI!! -
Alzo lo sguardo verso la porta un po' attonito dal brusco cambiamento.
Lancio un ultimo sguardo verso le tende dove poco prima era appoggiata Lily e poi mi avvicino alla porta.
- Arrivo, un att... - borbotto ma il rumore della porta che cade per terra con un forte tonfo mi ammutolisce.
Contrariato e un po' sorpreso incrocio le braccia alzando lo sguardo verso quello che è la causa di questo disastro.
Jeans blu, maglietta nera attillata, nulla di nuovo il solito abbigliamento alla Albus Potter.
Lo guardo negli occhi alzando le sopracciglia e incrociando le braccia - Quello me lo rimborsi vero? - indico la porta
- È solo una porta che vuoi che sia, sei un miliardario - dice nonchalance alzando gli occhi al cielo. - Siamo maghi posso riparartela in un attimo, puoi farlo pure tu - sbuffa poi notando la mia espressione.
- Se te ne fossi ricordato qualche minuto fa avresti usato un incantesimo per aprire la porta e non l'avresti sfondata e poi lo sai che non mi piace farmi mantenere dai miei. -
Lo guardo un attimo mentre lui stufo dalla mia ramanzina si butta sul divano versandosi una buona dose di whisky
 - Illuminami! - borbotto sedendomi anch'io sul divano di fronte a lui.
- Come? - chiede confuso dal mio brusco cambio dell'argomento.
Incrocio il suo sguardo - Che cosa vuoi? - dico stufo sistemando con un incantesimo non verbale la porta.
Mi volto a guardarlo - Hai trovato qualcosa di utile per la ricerca? O sei qui per prendere un thè e parlare del più e del meno? - ripropongo la domanda insoddisfatto dall'assenza di risposte.
- Mi è arrivato un patronus dalla preside Blackmoor un'ora fa, mi chiedeva di raggiungerla il prima possibile e ha chiesto di te, devi venire pure tu. - butta giù un sorso poi riprende a parlare - Ha detto che ha informazioni che possono aiutarci con Lily  - 
Mi metto seduto composto interessato alla piega della conversazione  - Che genere di informazioni? - chiedo cercando di controllare la voce.
 Alza le spalle posando il bicchiere svuotato - Non so, prima andiamo prima lo sappiamo - si alza sistemandosi la maglietta.
- allora andiamo? - chiede poi.
Mi alzo e insieme ci smaterializziamo.
  
Lo studio non è cambiato molto nel corso degli anni. Stessi colori caldi, migliaia di libri e pergamene sparse dappertutto, il ticchettio del grande orologio posto sulla scrivania scandisce il tempo e il gufo nero ci osserva dal suo solito punto in cima alla libreria. 
- Siete in ritardo. - 
Sia io che Albus ci voltiamo verso la fonte della voce che giunge dalle nostre spalle. Da una piccola porta nascosta compare una donna dalla lunga veste blu scuro, i capelli castani con qualche ciocca grigia legati in una treccia e occhi color ambra.
- Ci dispiace, ma abbiamo avuto qualche incomprensione. - afferma Albus mentre la preside si dirige verso la sua scrivania piena di oggetti.
Uno sguardo severo ci congela sul posto: - Sedetevi, non abbiamo tempo da perdere mi risulta. -
Con la strana sensazione di essere tornati indietro nel tempo, ci sediamo su due seggiole davanti alla preside.
- Cosa ci deve dire di così importante? - chiede Albus dopo essersi schiarito la voce.
Il silenzio che cala nella stanza mi fa  sorgere una strana ansia della quale non capisco il motivo. Lo sguardo della preside è freddo e senza nessuna luce come se niente potesse toccarla, come se avesse smesso a vivere.
Prendendo un profondo respiro ci guarda in silenzio per un minuto e poi comincia: - Conosco alcune cose che vi possono aiutare sul conto di Merick? -
- chi? - 
- Isahaia. Il suo secondo nome è Merick -
- come fa... - comincia Albus ma viene subito interrotto dalla preside che gli fa cenno di no.
- ho detto che vi aiuto ma non ci dirò più di quello che vi serve e vi interessa per salvare Lily. Non siamo in un interrogatorio e non sto facendo una confessione per quella ci sono i frati e la polizia. - dichiara e suona molto come avvertimento a non chiedere cose che non i riguardano.
Stringe le mascelle come se le fosse tornato in mente una cosa spiacevole poi con calma ma senza la freddezza di prima continua a parlare:- Lily è una delle poche persone che apprezzo. - sorride - Mi ha aiutato in varie occasioni e le voglio bene. Quando ho saputo cosa le è successo ho seguito lo svolgersi della situazione. Avete trovato la madre di Merrick. -
- Sì...? - chiede Albus corrucciato per via dell'ultima affermazione.
- Niente domande. Nn le dirò come lo so signor Potter. Dovete sapere solamente che Merrick sa quello che sa da sua madre. Lei gli ha dato l'amore per la pozionistica. E se vi manca qualcosa, qualcosa come un ingrediente, - guarda me mentre parla - la tecnica di lavorazione della pozione o del l'antidoto - sposta lo sguardo verso Albus - allora dovete chiedere a lei - 
- Cosa? Questo lei lo chiama aiuto? - scatta Albus alzandosi dalla seggiola facendola cadere, mentre io mi tengo la testa fra le mani.
- cosa facciamo andiamo da lei e le diciamo senta signora io sono il fratello della ragazza che ha quasi ucciso suo figlio, una degli auror che lo hanno catturato e per cui è ora in prigione. Siamo qui perché mia sorella è stata a sua volta colpita da suo figlio e ci chiedevamo chissà vuole aiutarci a salvarla magari dandoci qualche suggerimento su come trovare un ingrediente? - continua a urlare Albus andando avanti e indietro per la sala.
Io non lo ascolto penso a questo e mi viene mal di testa, jack e Trudi sono stati chiari quando gli ho parlato hanno detto che la mamma non sta bene. Come mettersi d'accordo con una donna che sta poco con il cervello?
 Una disperazione strisciante e buia si fa largo dentro di me inghiottendomi.
Questo è un altro ostacolo, un altro problema che mi allontana da lei, come sempre del resto.
Ho paura e comincio seriamente a pensare che forse non...
La voce calma della preside si fa largo dentro, dissipando le ombre: - state calmi! Ricorda Potter che nel mio ufficio non si urla - ci fulmina con lo sguardo.
Albus chiude la bocca, solo quando c'è silenzio la preside riprende a parlare - Sono stata molto vicina a Clara vi posso aiutare a convincerla. - 
Alzo di scatto la testa guardando la preside seduta composta che mi osserva a sua volta.
- come fa a conoscerla? Lei è... -
- Mi dovete portare da lei. E io vi aiuterò. Oltre a questo non posso fare - dice.
- Perché? - chiedo con calma mentre la osservo, sentendo nel mentre Albus camminare avanti e indietro alle mie spalle.
- La conosco e di me si fida. -
Albus ferma il suo andirivieni - Perché non ne ha parlato prima? Lei sapeva dov'era e non ha detto niente togliendo del tempo prezioso a Lily! Se conosceva il suo posto perché non ce l'ha detto non sa quanto abbiamo faticato per arrivare all'indirizzo. Anzi no, lo sa ma non ci ha detto niente comunque - la accusa.
-Signor Potter, io non sapevo dove stesse. Merrick la sposta a intervalli regolare in posti diversi - ci guarda, l'uno e poi l'altro - volete il mio aiuto o avete cambiato idea? - alza un sopracciglio.
Ci guardiamo io e Albus a vicenda per qualche secondo, poi mi alzo e con voce ferma dico: - Allora andiamo. -

- Siamo sicuri di essere nel posto giusto? -
- È questo l'indirizzo che mi ha dato Trudi... - borbotta Albus rigirandosi per poi riavvicinarsi il foglietto agli occhi - C'è scritto così... -
La risata soffocata della preside ci fa voltare verso di lei - Cosa vi aspettavate? Un edificio fatiscente, con lampi e persone dall'aspetto sospetto che si aggirano nelle vicinanze? -
- Beh no, sì, forse..? Comunque non un posto del genere - replica imbarazzato Albus girandosi verso la casa di cure.
Io sinceramente mi aspettavo la scena descritta, solo con l'aggiunta del filo spianto intorno al perimetro, non di certo un posto così... luminoso. La facciata di un grande villa bianca con il tetto rosso scuro si staglia di fronte a noi, le enormi finestre occupano tutto il muro, il quale ha degli intricati disegni di fiori e piante negli spazi vuoti e il portone a due battenti è di un color mogano scuro. Il giardino è ben curato, l'erba è perfettamente tagliata, dei coglievi incorniciano la facciata e dell'edera rampicante occupa una piccola parte del muro a est. Il cancello rosso mela non cigola sotto la mano della preside la quale, prima di superarlo, sussurra: - Merrick ama sua madre follemente non l'avrebbe messa in un luogo spaventoso. Siate gentili per favore. -
Ci sorride dolcemente, come fa una madre speranzosa che i suoi bambini per quella volta non combinino qualche guaio. Io e Albus assentiamo con la testa e ricambiamo il sorriso imbarazzati. 
Raggiunto il portone la preside tira una cordicella sulla destra, un suono delicato di campanellini si propaga per qualche secondo poi il portone si apre e sulla soglia compare un uomo alto, sulla sessantina, capelli neri brizzolati, vestito completamente di bianco e due occhi blu notte che ci osservano indagatori.
- Desiderate? -
- Ci scusi per il disturbo ma siamo venuti a parlare con Carla Merrick. - dice Albus
- Non è orario di visite, andate. - risponde impassibile chiudendo il battente.
Spazientito lo blocco infilando metà del mio corpo oltre la soglia e appoggiando una mano sul battente - Non siamo qui per una vista di cortesia, è urgente. - ringhio.
- Non siete dei familiari. -
- No, è vero, non lo siamo però io conosco Isahaia Merrick. - risponde la preside da dietro le spalle di Albus.
- Chi siete voi? - chiede sempre impassibile l'uomo.
- Il mio nome Lia Blackmoor. - afferma risoluta abbassandosi il cappuccio verde del mantello.
Un lampo di riconoscimento passa negli occhi dell'uomo sentendo il suo nome e vedendo il suo viso. Rimane in silenzio qualche minuto poi si scosta e esclama: - Seguitemi. -
Con passo spedito l'uomo ci conduce attraverso vari corridoi e sale, incontrando pazienti, personale e alcuni visitatori che ci sorridono cordiali. L'uomo non rallenta l'andatura finché non raggiungiamo una semplice porta alla fine di un lungo corridoio. Prima di aprirla l'uomo si volta e lancia uno sguardo criptico alla preside che gli fa un cenno. Rassicurato spalanca la porta svelando una sala enorme piena di fiori, di vari tipi e colori. Seduta su una seggiola a rotelle con una imbottitura rossa c'è una donna anziana dai lunghi capelli bianchi, le piccole mani delicate le tiene occupate tagliando delle foglie secche e le labbra sottili mimano delle parole senza che da esse uscisse alcun suono.
Rimaniamo qualche secondo a guardarla mentre il sole entra dalle grande vetrate poi la preside si allontana da noi avvicinandosi lentamente alla donna.
- Ciao Clara. - sussurra dolcemente la preside poco lontana dalla sua seggiola.
Al suono di quella voce la donna alza lentamente lo sguardo, come se l'avessero appena tirata fuori a forza da un sogno. Gli occhi così azzurri da sembrare bianchi osservano spaesati la preside che le sorrise incoraggiante. Poi di colpo il viso le si illumina.
- Lia! Sei tu! - gracchia con voce da bambina sorpresa.
La preside con pochi passi la raggiunge e inginocchiandosi al suo fianco le prende le piccole mani fra le sue.
- Sì sono io, mi dispiace di non essere venuta prima. -
- Ti stavo aspettando da un po' di tempo sai? Ho piantato i tuoi fiori preferiti, guarda! Le primule sono sempre così belle... - dice con voce cantilenante mentre il suo sguardo si concentra sui fiori. - Però ora non mi ricordo dove li ho piantati... No, non mi ricordo proprio... - borbotta con voce stridula.
- Non è un problema, sono sicura che ne hai piantate tante e saranno bellissime. - la distrae la preside.
Clara però le lancia uno sguardo sofferente e con voce piagnucolosa dice: - Sono bellissimi e io... io volevo che li vedessi! -
L'uomo di prima compare vicino a loro con in mano un piccolo vaso con delle primule e le porge all'anziana.
- Guarda! Grazie Tom. Guarda quanto sono belle!! - dice esultante accarezzando i petali.
- Sono i più belli che abbia mai visto. - concorda la preside accarezzando a sua volta i fiori.
- Clara... - 
- Ad Isahia manchi lo sai? - sussurra l'anziana donna guardando con aria assente i germogli.
- Come? - chiede smarrita.
- Già, gli manchi e tanto anche. Però è troppo cocciuto per ammetterlo anche solo con se stesso. Tu eri l'unica a poterlo portare fuori dai suoi strani ideali. - continua a guardare il fiore con aria assente. Ho la strana sensazione che la donna di prima sia stata sostituita da un'altra.
- Ci ho provato, però lui ha scelto il potere. Ha scelto di intraprendere quel percorso da solo, senza di me. - afferma la preside guardando dal basso la madre del suo innamorato.
Sbattendo le palpebre varie volte stordita sorride divertita quando posa il suo sguardo luccicante su Lia e ridacchiando dice: - Lo sai che hai tante piccole fatine in torno alla testa che saltellano? Sono così carine... - allunga una mano per afferrarne una, però quando la ritira e la apre scopre che è vuota e con aria desolata si guarda in giro cercandone delle altre.
- Cara ho bisogno del tuo aiuto. - dice sommessamente la preside.
Gli occhi quasi bianchi si posano sul volto preoccupato e con voce desolata dice: - Che succede? Perché sei così triste? Non mi piaci triste! -
Facendo un tentativo di sorriso Lia dice: - Una mia cara amica, che si chiama Lily, è stata ferita gravemente da Isahia. La devono salvare, ma per l'antidoto ci manca un ingrediente essenziale che non riusciamo a trovare... Ci serve il tuo aiuto. -
- Ma...ma mi avete già preso i libri... Io...io non posso più aiutarvi... Isahia... - borbotta stringendosi le braccia intorno al corpo mentre il suo sguardo si perde di nuovo nel nulla.
- Non posso aiutarvi. - ripete con voce fredda.
- Invece io so che puoi, sei una donna di grande intelligenza Clara. Ti prego, lei sta morendo... - sussurra Lia afferrando la spalla sinistra di Clara.
- Signora! - mi intrometto avvicinandomi, la mia voce le fa girare il capo e il suo sguardo vuoto e freddo mi esamina - Lo so che non vuole tradire Isahia e non le stiamo chiedendo di farlo, ma di aiutarci a salvare una vita. -
- Una vita molto importante a quanto pare. - sussurra.
- La più importante di tutte. - afferma Albus avvicinandosi.
Un silenzio pesante scese nella stanza, poi la preside lentamente appoggia la mano sulla guancia di Cara che si volta nella sua direzione: - Clara, ti prego... Deve ancora vivere, è così giovane... -
- Signora per me, per tutti, Lily è molto importante. I suoi familiari, i suoi amici e i suoi colleghi stanno lentamente impazzendo. Io sto perdendo la ragione. La prego, se può almeno fare un tentativo... - dico inginocchiandomi al suo fianco e porgendole il foglio con tutti gli ingredienti necessari - La prego la salvi, non potrei...vivere in un mondo dove lei non c'è. La odio, santo cielo se la odio, però al contempo sento questo strana sensazione di desiderio nei suoi confronti. La sua voce, il suo sorriso, il suo modo di attorcigliarsi i capelli intorno al dito quanto è agitata, la piccola fossetta che si forma sulla guancia sinistra quando ride, i suoi occhi che lampeggiando quando si arrabbiano, le sue guance che diventano color cremisi sfidando i capelli quando è in imbarazzo, le sue mani perennemente fredde al contrario del suo cuore... Tutto di lei mi attrae, mi incanta, mi rendono confuso. La prego se lei può la salvi, devo poter avere la possibilità di dirle, di litigare con lei per poter capire quello che provo. - sussurro verso lo sguardo che da freddo si trasforma in uno pieno di lacrime. Afferra il foglio e legge attentamente gli ingredienti, poi dopo qualche singhiozzo e lacrima sfuggita dice: - Vi serve una Middlemist camellia. Un camelia così rara che esistono soltanto due esemplari in tutto il mondo: una in Nuova Zelanda e una qui in Inghilterra. Io però sono riuscita a riprodurla e ve la darò, Teo potresti andarla a prendere? - chiede dolcemente Clara allungandosi verso l'uomo che non si era mai spostato dal suo fianco. Teo assente e si allontana spedito.
- E come dovremmo utilizzarla? - chiedo guardando il viso elegante della donna seduta di fronte a me.
- È un processo molto delicato, dovrete spremere fuori la linfa, vi avverto non ne ha molta, per poi mescolarla con i suoi petali tritati. Aggiungetela alla fine della pozione, poco prima di somministrala. - conclude poco dopo che ricompare Teo con in mano una piccola cupola di vetro tra le mani che contiene la primula. A prima vista sembrerebbe una comunissima rosa, ma se si osserva meglio ha petali più piccoli e fitti fra loro, grande quanto un pugno e il colore è un rosa pallido alle estremità e inteso all'interno. 
- Salvate la ragazza... - prega, poi i suoi occhi tornano ad essere illuminati da una gioia fanciullesca.
Lia le da un dolce bacio sulla fronte e le sussurra qualcosa all'orecchio che la fa ridere divertita. Si scambiano un sorrisetto complice e poi la preside dice: - Tornerò presto a trovarti, te lo prometto. -
Fa per allontanarsi quando Clara la afferra e con uno sguardo pieno di preoccupazione dice: - Redimilo. -
- Non credo che voglia essere salvato. - afferma Lia regalandole un sorriso tirato.
- Per favore... - si lagna l'anziana.
Lo sguardo della preside si fece ad un tratto serio: - Ci proverò. -
Un sospiro le scappa dalle labbra secche: - Grazie - e la libera.
Mentre ci allontaniamo sentiamo Clara intonare una strana ninna nanna su una capra che si è persa ad una festa.
- Era ora! - afferma Albus.
Lo guardo corrucciato.
Mi sorride sornione: - Che ammettessi i tuoi sentimenti! -
Lo guardo sorpreso e gli tiro uno scappellotto, però non dico nulla.
Perché in fondo non so cosa mi stia accadendo.

La luce del sole è così calda e rilassante che non ho la forza di muovermi e resto a galla nell'acqua.
Non ricordo molto di come sono arrivata in questo posto ma mi piace tanto.
È così pacifico e calmo. Mi sento così rilassata e non voglio andare da nessuna parte.
Mi fa venire sonno.
Ho le palpebre pesanti, ma ogni volta che provo a dormire sento che qualcosa me lo impedisce.
Come se una parte di me non lo volesse fare e cercasse di combattere il sonno.
Ma non ne capisco il senso.
È così bello qui, e poi c'è calma e il posto ideale per dormire.
Sono così stanca, e ho tanto sonno, così tanto sonno che l'unica cosa che vorrei veramente e quella di dormire.
Resto a galla, a guardare in alto le mani aperte sull'acqua calda e i capelli rossi bagnati.
Aspettando di poter finalmente dormire... Ma poi inizia ad esserci del rumore. Troppo rumore, un rumore assordate.
La luce è diventata troppa, troppo accecante.
Il battito cardiaco aumenta e mi sento sprofondare nell'acqua.
Sempre verso il basso, sempre di più.
L'acqua mi tira e io non so ribellarmi.
Scivolo piano e mentre chiudo gli occhi sento delle voci:
- Non si deve svegliare. - 
- Fate qualcosa dannazione -
- La rivoglio di nuovo in coma, ora. La pozione non è pronta -
- Oguh sonium next -


NDDA: ossia note di due autrici

Furia bianca: Ciao a tutti!
Rosa di vetro: Ciao...ma tu chi sei? Scusa ma non ti conosco.
Furia: O.O Ma come? Sono io!!
Rosa: Ho capito questo. Ma io non ti conosco quindi esci da questo posto. Questa è la direzione e qui ci posso entrare solo io e Lilyrose che siamo le autrici della storia. 
Furia: Infatti tu e io. Mi hai fatto venire un colpo pensavo non ti ricordassi di me. Un infarto, ti giuro!
Rosa di vetro: Ehm no... Forse non mi sono spiegata. Non io e te ma io e Lilyrose. Per favore signorina esca fuori altrimenti sarò costretta a chiamare la sicurezza.
Furia: Ma Rosa ragiona sono io Lilyrose.
Rosa: Non sono ceca (ancora no almeno u.u) io vedo scritto FuriaBianca. Cara mia non mi incanti.
Furia: Lo so, ma furia bianca è il mio nuovo nome.
Rosa di vetro: Ohi è vero, me lo potevi dire prima però eh? 
Furia: Ma ma ma...
Rosa di vetro: Niente ma, non è il momento.
Furia bianca: Ma ma ma...
Rosa di vetro:Comunque ora che sei arrivata parliamo seriamente di cose importanti.
Furia: Parli della crisi aziendale?
Rosa di vetro: Eh già. 
Furia: Molti operai si sono licenziati 
Rosa: 120 per l'esattezza.
Furia: Così tanti? 
Rosa: Eh già. Ma la causa è nostra come direttori. Abbiamo perso tempo e abbiamo guidato il lavoro tre volte in gattabuia. 
Furia: Che brutti ricordi! Ma ricorda che poi siamo riusciti a ritrovare la strada, no?
Rosa: Hai ragione ma siamo sotto di 120 lavoratori come facciamo a gestire il lavoro?
Furia: Ci rimbocchiamo le maniche che dici? E lavoriamo tutti insieme!
Rosa: Lo sai che non mi tiro mai indietro, ma ho paura che poi il lavoro non verrà letto da nessuno.
Furia: Ci può essere pure questa possibilità.
Rosa: Tecnicamente é un anno che non aggiorniamo.
Furia: Ma nooo! In pratica sono 6 mesi da settembre.
Rosa: Quindi nell'anno scorso. Ci ammazzano e poi ci buttano le cipolle.
Furia: I pomodori.
Rosa: Le cipolle, invece, sono dure e puzzano. Penso che non sprecheranno i pomodori manco quelli meritiamo.
Furia: Speriamo di no. O.o Poi come si toglie quel fetore?
Rosa: Che facciamo?
Furia: Speriamo. 
Rosa: Lo sai che odio aspettare io!
Furia bianca: Mettila così: non lasceranno la storia in sospeso, se non per noi, non lo faranno per curiosità di conoscere il finale.
Rosa: Beh può darsi.
Furia: No è sicuro.
Rosa: Comunque ho qui il capitolo e indovina un po è completo e sistemato ma é venuto fin troppo lungo. Credo che se lo pubblichiamo per intero nessuno riuscirà a finire la lettura. 
Furia: Che ne dici di dividerlo? Così è meno pesante.
Rosa: Buona idea. Allora andiamo al lavoro che non c'è molto tempo.
Furia: Bene. Allora a presto vado a dividere il lavoro e a parlare con il gruppo di lavoro. Sono sicura che anche loro sono d'accordo.
Rosa: Ok, perfetto. Aspetto vostre notizie. A presto! Ci vediamo a prestissimo.
  
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